Il vero nemico e vero obiettivo

Il vero nemico e vero obiettivo

di Mauro Antonio Miglieruolo

Nel dibattito attuale il vero obiettivo da perseguire e sul quale spendere il meglio della propria inventiva, è del tutto assente. Non subordinato, assente. E se appare, appare quasi di sfuggita.
Mercé anche la “novità” Grillo, che poi non è una così grande novità,

sembra che il problema assoluto e decisivo sia costituito dai servi del Capitale, non dalla realtà del Capitale. Abbattere i servi per abbattere il Capitale?
No. La prima cosa è prendere atto che tutto ciò che appare nel teatrino della politica (nei bassifondi della politica) non è che la realtà deformata e mistificata della spietata lotta di classe che la borghesia conduce contro il Lavoro. Alla quale corrisponde una sempre più debole (perché condotta all’interno di un panorama politico e normativo sempre più sfavorevole) lotta di classe del Lavoro contro la tendenza allo sfruttamento, all’oppressione e all’alienazione.
Il problema è che spesso non appare neppure nei luoghi, i nostri luoghi, in cui gli oppressi cercano di organizzarsi, anche solo ideologicamente, contro gli oppressori.
Niente di cui particolarmente meravigliarsi. È l’espressione sul piano politico di quello che un secolo e mezzo fa Marx definiva “idee dominanti” (che erano appunto quelle della classe dominante); e che più tardi Gramsci avrebbe tradotto come “egemonia” (nel suo caso, egemonia delle idee proletarie su quelle borghesi).
Questo breve articoletto ha appunto il compito di ricordare, a chi voglia ricordare, che il richiamo a questa realtà dell’intensificazione dello sfruttamento dovrebbe costituire il leit motiv implicito o esplicito di ogni nostro discorso. La fonte stessa dei discorsi. Per meglio intenderci il “delenda Cartago” di noi contemporanei, noi che non abbiamo, considerate le ripetute esperienze storiche, alcun vero motivo di illuderci su quello che ci riserva il Capitale. Su noi che ne sosteniamo il peso e subiamo le conseguenze; e che aspiriamo alla costruzione di un mondo migliore. Perché altrimenti il futuro che ci aspetta è l’accentuazione del mondo fondato sull’ultra benessere materiale per pochi; e le angustie, la miseria, le sofferenze spirituali per molti.
Perché altrimenti continueranno a moltiplicarsi le soluzioni antipopolari che i funzionari del capitale via via inventano; continueranno a moltiplicare le sciagurate scelte di uscire dalla contraddizioni del sistema per mezzo di guerre, la polverizzazione dei diritti, l’autoritarismo politico, l’ingiustizia e la moltiplicazione dei conflitti interpersonali quale soluzione delle storture sociali (un esempio per tutti, la sciagurata gestione della legge Basaglia).
Se non ricorderemo o non saremo coerenti con il nostro ricordo, l’attuale temporaneo trionfo del Capitale si intensificherà al punto da distruggere in noi e contro di noi i pochi elementi di civilizzazione che l’uomo nella sua millenaria ascesa verso la propria umanità è riuscito a raggiungere. Sarà la barbarie immaginata dai fantascientisti o qualcuna ancora peggiore a condensare.
Per evitarlo non basta fare appello a un generico ottimismo della volontà. Occorre anche la consapevolezza, temperata dal pessimismo della ragione, che l’anarchia, la distruttività e l’irrazionalità dell’attuale sistema produttivo offrono continue occasioni di cambiamento, che solo coscienze consapevoli del continuo riemergere di queste contraddizioni, di là da ogni possibile misurato pessimismo (che possiamo riassumere nello stare con i piedi ben piantati in terra), sono in grado di cogliere al volo. Non però al fine esclusivo di costruire un lontano futuro radioso di armonia sociale di splendore (a imitazione dell’aldilà cristiano cattolico); ma per la trasformazione del quotidiano di tutti nel quale possa riconoscersi e ritrovarsi ognuno.
Ricordo quanto ha contato l’attività condotta in questa prospettiva, negli ormai lontani anni sessanta/settanta, all’interno del pur reazionario personale dell’INPS (non dimentichiamo che all’origine era, e per molto tempo, anche dopo il cambiamento del nome,continuò a essere Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale); che provocò un cambiamento epocale nella mentalità dei lavoratori, nonché un miglioramento straordinario nelle condizioni di lavoro e nel potere di autodifesa rispetto all’autoritarismo dirigenziale.
Lavorare nella prospettiva del socialismo e solo lavorare nella prospettiva del socialismo equivale a lavorare nelle prospettiva del miglioramento delle materiali condizioni di vita.
Occorre crederci. Anche solo iniziare a crederci comporterà un miglioramento delle possibilità di lottare e perciò stesso di ottenere quello per cui si lotta.

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