La caduta senza paracadute di Draghi

di Gianluca Cicinelli

Da homo novus alla vecchia politica in 7 settimane. Tanto è bastato a Mario Draghi per cadere nei sondaggi e mostrare ai cittadini italiani che non solo il re premier è nudo, ma non sa dove comprare altri vestiti. Nell’attuale capo dell’esecutivo erano riposte le speranze di un superamento della litigiosità del governo Conte 2 in un momento di crisi drammatica per l’Italia. Anche chi lo considera un avversario politico, o ritiene che gli interessi di un banchiere europeo quasi mai coincidano con quelli della popolazione, sull’efficienza e la lucidità della persona non aveva dubbi. Finalmente uno che sa cosa fare e come farlo, che ha una visione chiara e sistematica delle necessità economiche e per la distribuzione delle risorse del Recovery Plan. Invece …

Mario Draghi, dopo le prime settimane in cui nelle veline dei giornali italiani mancava soltanto che venisse indicato come il vero autore del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, ha fatto, nel migliore dei casi, le stesse cose del governo precedente, ma con due aggravanti decisive: un’incapacità indifendibile nella gestione della campagna vaccinale e una crisi economica per la quale non ha indicato nessun intervento strutturale. Al 6 aprile 2021 il totale delle prime dosi erogate è di 7.955.663, il 13,34% della popolazione, e sono 3.555.242 le persone che hanno fatto anche la seconda dose, il 5,96% della popolazione. La situazione economica intanto precipita: un milione di posti di lavoro persi dall’inizio della pandemia, senza contare il lavoro nero. Ci sono poi insufficienza e ritardi sia sui Ristori che sulla erogazione della cassa integrazione. Il tutto unito al dato dei 5 milioni e 600 mila italiani ufficialmente al di sotto della soglia di povertà.

L’homo novus sui vaccini aveva tentato la carta dell’uomo forte: un generale degli alpini al comando delle operazioni. Se la mancata consegna delle dosi è imputabile alla cupidigia delle aziende, la mancanza di una strategia efficiente e unitaria sulle categorie, per età e fragilità di salute, è opera del governo. Era prevedibile che la millantata autonomia sanitaria delle Regioni, Lombardia su tutte, che hanno tagliato negli anni i bilanci del pubblico – in favore di privati, amici, parenti e mamme inconsapevoli che aprono conti in Svizzera per il figlio governatore – non avrebbe portato a una campagna efficace. Lunedì scorso 40 persone, tra cui una centenaria, si sono presentate in un ospedale romano dove avevano appuntamento trovando chiuso l’ambulatorio senza essere stati avvisati. E il Lazio è persino un modello rispetto alle altre Regioni; possiamo immaginare altrove cosa accada o, senza immaginarlo, leggere le denunce pubbliche di anziani, disabili, persone con fragilità di salute.

In politica estera abbiamo assistito ieri a un altro capolavoro. La visita di Draghi nella Libia che con i soldi italiani fa morire i migranti o in mare o nei centri di detenzione dopo averli torturati, ha ribadito la linea Minniti-Salvini sul Mediterraneo: un accordo sulla transizione energetica e le fonti rinnovabili nel Fezzan, in soldoni petrolio, in cambio della prosecuzione nella complicità italiana per la strage continua di chi fugge da fame e guerre. Sui media compiacenti però in politica estera troviamo soltanto notizie (che non esistono per gli altri giornalisti europei) sulla rinnovata centralità dell’Italia in un Europa che guarda con ammirazione a Draghi. Si sa, i fatti sono soltanto un fastidioso ostacolo fra il giornalismo italiano e il suo totale asservimento al potere.

Si potrebbe pensare che il vero Draghi strategico e chirurgico emergerà nella fase 2, quella che deve assegnare i fondi del Recovery Plan riscritto dai “Draghi boys”. Anche i suoi avversari politici si aspettano interventi strutturali, in un Paese che – dopo aver ricevuto mancette di sopravvivenza riducendo il welfare a beneficenza e filantropia – dovrebbe strutturalmente creare posti di lavoro a breve e medio termine colmando il gap digitale che ci allontana dal resto d’Europa. Ma l’unica certezza al momento è che nel piano allo studio del governo c’è il progetto d’incrementare la capacità militare attraverso i fondi del NextGeneration, che si aggiungeranno ai 36,7 miliardi di euro già stanziati per le spese militari, risorse sottratte all’investimento e allo sviluppo infrastrutturale dell’Italia.

Che l’aria inizi a diventare malsana per Draghi lo hanno capito i suoi consiglieri per la comunicazione, dopo aver letto i sondaggi che danno in forte calo la popolarità del premier. Palazzo Chigi è alla ricerca di un miracoloso “social media manager” che inverta la caduta libera dell’ex presidente della Bce nel gradimento degli italiani. Se a metà febbraio “piaceva” al 61,4% in poche settimane è sceso al 56,1% e anche il governo è passato dal 59% di giudizi favorevoli al 52,1% nello stesso breve periodo. Ma se l’aria è (soltanto) malsana per Draghi è diventata invece irrespirabile per milioni di persone che non sanno più dove sbattere la testa per unire il pranzo alla cena.

La pandemia ha moltiplicato le diseguaglianze, da quelle economiche a quelle dell’accesso all’istruzione, mentre è evidente l’iniquità dei sussidi a persone e piccole imprese. L’esecutivo attuale continua a governare a colpi di Dpcm esattamente come il precedente. Tranne che per le spese militari non è ancora chiaro quali manovre di bilancio saranno predisposte per intervenire sulla crisi. Il cambiamento non c’è stato nè sembra prospettarsi nel futuro immediato. L’imposizione politica del presidente Mattarella ai partiti con cui è nato questo governo è già messa in discussione dal leghista Salvini, che a giorni alterni minaccia l’uscita dalla maggioranza, rendendolo instabile nonostante i numeri formali dell’esecutivo. Grande è il disordine sotto il cielo ma la situazione non è sotto controllo.

ciuoti

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