La «grande» guerra che nessuno racconta

     6 maggio: doppio appuntamento a Roma al «Laboratorio sociale autogestito 100celle»

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Conoscere le menzogne sulle guerre del passato ci aiuta a costruire una memoria del presente e a capire gli inganni del militarismo che prepara nuovi massacri per il domani prossimo.

Al «laboratorio sociale autogestito 100celle» – ex casale Falchetti: viale della Primavera 319, vedi locandina – di Roma il 6 maggio c’è un doppio appuntamento.

Alle 19 per discutere con Valerio Gigante, Luca Kocci e Sergio Tanzarella, autori di «La grande menzogna»; alle 21 con Sarina Aletta e Daniele Barbieri per la lettura di «Ancora prigionieri della guerra». Una serata con un libro e uno spettacolo teatrale per svelare gli inganni della prima guerra mondiale e per conoscere, e contrastare, le nuove guerre del nostro tempo.


«LA GRANDE MENZOGNA»

All’alba del 24 maggio 1915, centouno anni fa, l’esercito italiano sparò i primi colpi di cannone contro le truppe austriache. Quel giorno è citato nel primo verso della “Canzone del Piave” («Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio / dei primi fanti il 24 maggio») che, in questi primi 12 mesi del “centenario”, è stata rilanciata dalla retorica patriottarda di casa nostra.
Ma sono tanti i falsi miti della prima guerra mondiale: la nascita della nazione grazie a una mobilitazione popolare senza precedenti, la “quarta guerra di indipendenza” che ha portato a compimento l’unità d’Italia, l’identità nazionale costruita nelle trincee.
Così come sono tante le cose che non si sanno. Per esempio che mentre i cappellani militari italiani benedivano le armi che servivano ad uccidere o intonavano Te Deum di ringraziamento per le stragi perpetrate nei confronti dei nemici, plotoni di prostitute venivano inviate dagli Stati maggiori al fronte per tenere alto il morale della truppa. Che nonostante la martellante propaganda e l’esaltazione dell’eroismo dei soldati, suicidi, automutilazioni, disturbi mentali di ogni tipo e alcolismo erano tra i fenomeni più diffusi tra i militari in trincea. Che i fanti che esitavano a lanciarsi all’assalto del nemico venivano trucidati dai carabinieri appostati alle loro spalle. Che ai prigionieri di guerra italiani, considerati vili, imboscati e disertori, il nostro governo, unico fra i Paesi belligeranti, non inviò alcun aiuto che ne alleviasse le terribili condizioni di detenzione.

«ANCORA PRIGIONIERI DELLA GUERRA»

Una lettura a due voci scritta da Daniele Barbieri e Francesca Negretti; messa in scena da Sarina Aletta e Daniele Barbieri; immagini e suoni montati dal centro sociale «Brigata 36» di Imola.

Quante bugie ci dicono – ancora 100 anni dopo – sul macello che fu chiamato «prima guerra mondiale». E quante verità scompaiono nelle commemorazioni di comodo: dai massacri alle rivolte, dai pescecani che si arricchivano alle “tregue spontanee”, dalle pratiche di “decimazione” agli stupri di massa.

Un esercizio di memoria contro il militarismo e i nazionalismi che – come avvoltoi – si riaffacciano ai giorni nostri.

 

 

Redazione
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