Le ali della libertà

di Maria G. Di Rienzo

«Dobbiamo credere nei miracoli, nulla è impossibile»: sono le parole di He Peirong, “Perla”, dopo la sua liberazione. Come avevo scritto in un post precedente, Perla era stata arrestata il 27 aprile scorso a causa del suo ruolo nella fuga dell’attivista per i diritti umani Chen Guangcheng – che forse dovremmo chiamare «attivista per i diritti riproduttivi delle donne»: la repressione nei suoi confronti è dovuta al fatto di aver esposto al mondo gli orrori della «politica del figlio unico» cinese. Perla è stata rilasciata il 4 maggio e ha avuto modo di raccontare con maggiori dettagli, via Skype, alla tv New Tang Dynasty come sono andate le cose.

La fuga di Chen Guangcheng è stata progettata per un anno intero. Detenuto illegalmente agli arresti domiciliari, Chen aveva un totale di 66 guardie attorno a casa propria, che si davano il cambio in tre turni da 22. L’intero villaggio, Dongshigu nella provincia di Shandong, era monitorato da altre guardie (malfattori locali) che impedivano l’accesso ad amici o sostenitori dell’attivista. Telefono, computer e televisione gli erano stati confiscati. Nessuno poteva raggiungerlo. In più, era sofferente per le conseguenze dei pestaggi subiti. Chen usò quest’ultimo fattore (convincendo i suoi carcerieri di stare ancora peggio di come stava) affinché allentassero la sorveglianza, e passò mesi disteso a letto.

Il 22 aprile, con tempismo perfetto, scalò un muro e cominciò a correre, sbagliando strada parecchie volte e cadendo in un fiume a causa della sua cecità. Nel frattempo, Perla riceveva un’e-mail dalla famiglia dell’attivista: «L’uccellino ha lasciato la gabbia». La donna si mise immediatamente al volante e guidò 20 ore per incontrare Chen. Travestita da corriere ingannò le guardie e riuscì a entrare nel villaggio, dove soccorse Chen ancora fradicio per la caduta, e guidò altre 8 ore per portarlo a Pechino. Il piano fu eseguito così bene che le autorità non si accorsero della scomparsa di Chen per quattro giorni di fila.

«La fuga è interamente merito dei suoi sforzi» ha detto Perla nell’intervista televisiva: «Chen è rimasto solo durante le prime 17 ore, senza avere accanto nessuno che lo aiutasse. Si è nascosto in un porcile, nei campi del villaggio, non aveva da bere o da mangiare. Noi, i suoi sostenitori, temevamo a un certo punto che fosse impossibile farlo uscire dal villaggio, ma ecco che lui aveva già saltato il muro. E’ stata una fuga nello stile «Le ali della libertà» (in Italia questo film del 1994 è noto così ma il il titolo originale era «Shawshank Redemption»)». Perla per il momento è tornata a casa e speriamo che non debba soffrire altre conseguenze per il suo coraggio. Chen per il momento è al sicuro, ma le donne per cui ha rischiato tutto non lo sono: aborti forzati (persino a 7 e 9 mesi) e sterilizzazioni forzate, con il corollario degli abusi nei confronti dei familiari, pendono ancora sulle loro teste. Mantenere libere le voci di Chen Guangcheng e He Peirong-Perla è indispensabile anche per loro.


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