Le api di Quadruppani

Sono tutti “fuori di testa” in montagna? Tranne i fratelli Gnone, che gestiscono una libreria a Torre Pellice, nel romanzo «La rivoluzione delle api» (Verdenero edizioni: 176 pagine per 15 euri) di Serge Quadruppani tutte le altre persone sembrano in preda a un delirio più o meno permanente: gli ecologisti (o forse tecnofobi) come Minoncelli e i tecnofili come Anna, «la bella guardia forestale», il maresciallo Calabonda (che qualcuno ribattezza per sfregio «Cacabonda») e il giornalista Giuseppe Felice per tacere del dottor Pasquano (della polizia scientifica) e di Martini, «studioso di api riconosciuto a livello internazionale». Un posto di matti. O almeno così pensa il commissario capo Simona Tavaniello in vacanza da quelle parti con il marito Marco, questore in pensione e geloso in servizio. Ma andarsene in Sicilia e lasciare quel manicomio è improbabile visto che Simona trova il primo cadavere e che, dopo poche pagine, scoprirà che qualcuno le ha rubato la pistola, un aperto sfregio alla «sbirra» della Direzione antimafia «con 420mila citazioni» su Internet .

Proprio un bell’eco-noir questo del francese Quadruppani come tradizione di una collana che nasce sotto l’ombrello delle Edizioni Ambiente ma ha ormai il suo invidiabile catalogo di fiction.

Sin dalle prime pagine chi legge ha qualche informazione in più sulla pur astutissima Tavaniello. Per esempio che un tipo armato e in mimetica si aggira in zona e che un uomo dei Servizi (si sottintende: segreti) è lì più che a rimestare nel fango… a produrlo. In qualche punto Quadruppani rompe volutamente il ritmo e le regole del giallo per dialogare con il lettore o per caustiche riflessioni sugli stereotipi della scrittura e della vita.

Fra un delitto e l’altro la Tavaniello sospetterà che qualcuno dei “fuori di testa” non lo sia tanto, che il maresciallo Calabonda meriti più rispetto dei suoi capi e il giornalista locale potrebbe essere «meno bestia di quanto sembri». Ma intanto scoprirà che intorno alle api si gioca una battaglia scientifica e politica a partire da sigle misteriose come Nbic che sta per Nanotecnologie, Biotecnologie, Informatica o come Ccd (Colony Collapse Disorder o «sindrome di disgregamento delle colonie di api domestiche»). Fra un colpo di scena e una scenata di gelosia del marito, chi legge si appassionerà alla trama – originale a dir poco – ma si innamorerà anche di luoghi (siamo dalle parti di Pinerolo) che Quadruppani descrrive con amore e minuzia.

Molte le perle di saggezza o di ironia che Quadruppani infila qua e là. La scorrettezza del giornalista Ciuffani e del suo cameraman potrebbero finire in un manuale del (cattivo) giornalismo ma è utilissimo anche il consiglio che Simona dà a se stessa («aspetta che passi») quando qualcuno prova a metterle in bocca una frase.

Vicenda, personaggi, complotti e crimini sono saldamente piantati nel reale ma nelle ultime quattro pagine Quadruppani si aggancia a un futuro forse non vicinissimo e insinua un dubbio, tra fantascienza e metafora: e se tutte quelle api sparite invece che morte fossero in qualche altrove?

La copertina (magnifica) è di Gipi.

Due condsiderazioni ancora per i-le fans di Quadruppani. Io lo amo molto ma ogni tanto il suo mix di violenza e pessimismo (che in questo «La rivoluzione delle api» per fortuna è sostituito da ironia e speranza) mi ha intimorito. Per esempio lreggendo «Y» (marsilio 2008 ma il romanzo in Francia era uscito nel 1991) mi sembrava che Quadruppani fosse stato morso da un Tarantino – intendo il regista non un pugliese – più che dallo scorpione a cui il romanzo leva un’ode (vedi pagg 113-114). Anche «La notte di Babbo Natale» (Giallo Mondadori 2863) era troppo cupo per i miei gusti. Se invece non siete già nel fcq – fan club Quadruppani – e «La rivoluzione delle api» vi ha intrigato il mio consiglio è di frequentarlo cercando «In fondo agli occhi del gatto» (Marsilio 2007) e due vecchi gialli Mondadori («La breve estate dei colchici» e il famoso «L’assassina di Belleville») ma anche il curiosissimo «Alla tavola di Yasmina» (Oscar 2004) cioè «Sette storie e coinquanta ricette di Sicilia al profumo d’Arabia», scritto a quattro mani con Maruzza Loria. Se poi leggete il francese cercate un suo vecchio saggio («L’antiterrorisme en France») più magnetico – ma anche desolante – di ogni polar.

Redazione
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Un commento

  • Marco Pacifici

    …fate li bravi che Marco Tavaniello è in pensione,ma nun dimentica come se usano le armi…nun ce provate pischelli con la Simona………. Notteeeeeeeeee

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