Lettera aperta a chi lavora in ferrovia
di Vito Totire con Ezio Gallori e Savio Galvani (*)
MACCHINISTI DI TUTTO IL MONDO…UNIAMOCI
LA SALUTE PSICOFISICA NON E’ UNA MERCE, QUNDI NON E’ IN VENDITA NE’ CI PUO’ ESSERE SOTTRATTA CON GLI ABUSI
Lettera aperta a macchinisti, personale viaggiante e a tutti/e lavoratori/lavoratrici
Uso il plurale nel dire «uniamoci» in quanto nominato “macchinista onorario” titolo di cui sono fiero.
Ma vengo al nocciolo. C’è una questione che i padroni non hanno chiara o, meglio, che non vogliono capire. La questione è che i lavoratori contrattano – o, considerata la situazione sindacale attuale, cercano di contrattare – dando la loro forza lavoro e la loro professionalità in cambio del salario. Chi lavora mette ovviamente a disposizione anche il suo tempo e su questo già nasce un grave problema che riguarda orari e ritmi costrittivi e non fisiologici. Quello che però i lavoratori non intendono mettere a disposizione è la loro salute psicofisica e la loro sicurezza.
Non siamo certo noi i primi ad occuparci della gravità dei danni alla salute. Oltre che essere chiaramente percepita dalla “soggettività operaia” è ben descritta dalla letteratura scientifica (stendiamo un velo pietoso sulla “scienza del padrone”) ma , anche, per la sua netta evidenza, ha debordato anche nella letteratura umanistica ed antropologica. Come nelle pagine di Carlo Cassola (nota 1) un grande scrittore che, non facendo parte del “ceto politico” colluso col potere economico, già decenni fa descriveva il lavoro del ferroviere come usurante. Anche in altre fonti di letteratura si fa riferimento (nota 2) ai danni alla salute psicologica del lavoro in ferrovia (se organizzato senza rispettare criteri ergonomici).
Oggi sul tema della salute si evidenziano gravi contraddizioni.
- La più macroscopica è quella che riguarda l’amianto; i dati epidemiologici relativi ai tumori asbestocorrelati sono impressionanti ma ancora più spaventose sono le pratiche ostruzionistiche sulla strade dei dovuti e giusti riconoscimenti che Inail e padroni mettono in campo : ostruzionismi persino per tumori da amianto “tabellati” in Lista I e persino per casi definiti «certi» in quanto ad eziologia professionale dal REGISTRO MESOTELIOMI ; i dati Renam sono drammatici (nota 3) senza dimenticare i “casi” precedenti al 1993; nel 1991 il governo DC boicottò la ipotesi di includere nel registro TUTTI I TUMORI ASBESTOCORRELATI; una delle conseguenze è che non sappiamo oggi quanti sono gli altri tumori da amianto (ancora più disconosciuti da Inail se cosiddetti “non tabellati”).
- – Ovviamente l’amianto non è stato l’unico fattore di rischio cancerogeno per i ferrovieri; ricordiamo l’allarme che ha riguardato i tumori mammari che, per il momento, non ha portato a riconoscimenti significativi ma che deve essere riconsiderato alla luce della diffusione delle nuove tecnologie e dei campi elettromagnetici; su questo c’è attenzione da parte di molti ferrovieri ma c’è molto ancora da lavorare; tra i cancerogeni ricordiamo anche il fumo passivo (fino quantomeno al 2004) anche questo disconosciuto da Inail e Ctu “poco informati” ma anche dai tribunali
- Come l’amianto non è stato l’unico rischio oncogeno così il rischio oncogeno non è unico; importante infatti il rischio cardiovascolare che ha provocato danni persino ancora più misconosciuti di quelli da amianto; di recente un centro studi sindacali ha evidenziato che in Europa (UE allargata alla GB) ogni anno vi sono 10.000 lavoratori (non parliamo ovviamente dei soli ferrovieri) morti a causa di distress lavorativo e costrittività della organizzazione del lavoro; si tratta di una “epidemia” di morti quasi totalmente disconosciuti; in Italia, grazie al nostro supporto tutte le volte che è stato rivendicato un riconoscimento di causa lavorativa per infarto cardiaco ABBIAMO VINTO LE CAUSE CONTRO INAIL IN PRIMO E SECONDO GRADO E ANCHE CONTRO IL PADRONE; ma purtroppo molti casi non giungono alla nostra osservazione.
- Sul tema del distress si sta lavorando da più parti (vedi le ricerche pubblicate da «Ancora in marcia») ma purtroppo, al momento, le istanze dei lavoratori finalizzate ad ottenere ritmi di lavoro rispettosi delle esigenze fisiologiche e necessari per il mantenimento di condizioni di lavoro accettabili non sono state recepite né dal padrone né da certi vertici sindacali che continuano ad avallare condizioni di lavoro usuranti; è doveroso qui ricordare la mai risolta questione del “macchinista unico” , una imposizione sadica nei confronti dei lavoratori che amplifica la condizione di distress e sulla quale comunque la avanguardia operaia giustamente non ha ancora mollato, mettendo in campo un esempio di resistenza anche per i lavoratori di altri comparti contro il rischio da “lavoro isolato” (pensiamo in particolare ad agricoltura, edilizia e altro).
- Il contesto generale fa apparire le ferrovie più che come una “azienda normale” (in cui sia possibile il rispetto dei diritti dei lavoratori) come una istituzione totale a cui è stata concessa la autodichia e quindi immune da efficaci interventi di controllo; ciò è confermato da un particolare, apparentemente marginale ma significativo : il decreto 247/2010 il quale prevede che le valutazioni di idoneità alla guida vengano fatte dal “medico competente” aziendale contro il cui parere il lavoratore può ricorrere ma non ad un organo di vigilanza indipendente bensì ad una commissione medica interna alle ferrovie ! Questo “piccolo” particolare – peraltro in palese violazione dello Statuto dei lavoratori – evidenzia che le aziende ferroviarie non sono sottoposte alla vigilanza di un ente pubblico ma sono una “repubblica indipendente” o meglio un ducato medievale che si autogestisce col principio dell’autodichia, cioè dell’autogoverno; non si tratta in verità dell’unico caso… un altro “caso” per intenderci è il sistema carcere/CPR.
- Che fare? Partiamo da un presupposto: LA STRADA MAESTRA RESTA LA PREVENZIONE ! Ci tocca però puntare i piedi sui giusti risarcimenti. Ancora una premessa: facciamo una grande fatica mentale a ragionare su quale possa essere un risarcimento “giusto” ; in effetti un risarcimento giusto è impossibile ma non possiamo abbandonare il campo perché il padrone coglierebbe la occasione per continuare a commettere omicidi sul lavoro gratis; infatti la nostra insistenza sui risarcimenti è rafforzata dalla consapevolezza che la violenza padronale può esser mitigata solo col far comprendere che i danni alla salute devono essere risarciti con sanzioni ragionevoli e non restare sempre impuniti.
- Sui veri danni che le organizzazioni del lavoro nocive e costrittive hanno causato AL MOMENTO CONOSCIAMO ED ABBIAMO SCOPERTO SOLTANTO LA PUNTA DELL’ICEBERG.
QUESTA LETTERA APERTA è UN APPELLO A SCOPRIRE L’ICEBERG per INTERO. Non è la prima volta che un appello di questo genere viene lanciato: i risultati ottenuti non sono stati sufficienti ma mostrano che siamo sulla strada giusta.
La UE ha sentenziato più volte che l’onere della prova della malattia professionale non deve essere a carico del lavoratore! BELLE PAROLE disconfermate però tutti i giorni dai fatti! Chi è quella persona ragionevole che può tollerare il disconoscimento della causa professionale per un macchinista che ha guidato per decenni treni massicciamente coibentati di amianto? Un disconoscimento perseguito dall’Inail nonostante che il caso sia classificato «professionale certo» dal RENAM ! Una situazione kafkiana di cui il ceto politico (che rifiuta di esautorare l’Inail dalla valutazione della eziologia professionale) dovrà prima o poi render conto.
- PROPOSTA: UNA MANIFESTAZIONE A ROMA ENTRO IL 2025 PER PORTARE QUESTI TEMI SUI TAVOLI ISTITUZIONALI E INDURRE A NON CONTINUARE A NASCONDERE LA TESTA SOTTO LA SABBIA
- LA REPUBBLICA ITALIANA APPARE ORMAI INVECE CHE FONDATA SUL LAVORO, FONDATA SULLE STRAGI SUL LAVORO: OCCORRE TIRARE IL FRENO DI EMERGENZA !!!!
CUORE COLLETTIVO PULSANTE PER LA PALESTINA AL CANTO DI “BELLA CIAO”
Pistoia 26.9.2025
(*) Vito Totire è portavoce della RETE NAZIONALE LAVORO SICURO; Galvani e Gallori sono gli altri riferimenti per info e contatti a livello nazionale.
NOTE
- Carlo Cassola, Il taglio del bosco (1950): «Faceva servizio su merci da Saline a Pisa….Stava fuori anche 36 ore di fila. Non aveva orario. A lungo andare riprese Amelia – il lavoro che fa Guglielmo di notte con qualunque tempo. Si capisce è un lavoro che logora… ».
- Lucia Borsatti, Le indemoniate: «Egli (l’uomo) era in primo luogo vittima di incidenti traumatici sul lavoro frequenti in particolar modo nelle ferrovie al punto che si era coniata la definizione clinica di railway spine o railway-brain» . Si trattava di disturbi nervosi provocati da infortuni se non della stessa qualità del lavoro e che colpivano anche soggetti apparentemente normali robusti nel fisico e forti nel carattere”» .
- VIII Renam (mesoteliomi diagnosticati 1993-2021): macchinisti 106 persone, capotreno 20, manovratore e deviatore scambi 35, cantoniere ferroviario 16, capostazione 10, più altri lavoratori di altre mansioni: quanti sono stati riconosciuti?