Morire di lavoro: tutti i giorni

Un articolo e un appello di Marco Bazzoni (*)

Si chiamavano Alessandro Brigo, 50 anni e Andrea Lusini, 51 anni. Facevano gli operai. Sono morti  asfissiati dai vapori tossici, a causa di una tubatura che si e’ rotta. Lavoravano in una ditta, che lavora gli scarti della macellazione. Alessandro Brigo aveva appena compiuto 50 anni. Lascia la moglie e due figli.
Sono le ennesime vittime sul lavoro.
Sono persone e non numeri (non mi stanchero’ mai di dirlo), questo non lo si ricorda mai.
Che purtroppo finiranno nelle fredda statistica quotidiana delle troppe morti sul lavoro.
Oramai il dramma delle morti sul lavoro e’ un bollettino di guerra che non conosce sosta.
Vorrei far capire al governo Draghi, che servono i fatti per fermare questa mattanza quotidiana, non e’ piu’ il tempo delle parole.
Queste tragedie non fanno solo morti, rovinano famiglie e rendono tanti giovani orfani e soli. La si smetta, inoltre, di chiamarle morti bianche, non c’e’ nulla di bianco o candido in una morte sul lavoro. Sono tragedie inaccettabili. 

Ho deciso di lanciare un appello, perche’ queste tragedie inaccettabili non vengano piu’ chiamate morti bianche, ma con il termine piu’ appropriato, cioe’ morti sul lavoro o omicidi sul lavoro. Perche’ il termine morti bianche e’ un termine ipocrita, ed e’ una presa in giro per i familiari e per le vittime del lavoro. Non sono mai morti bianche.

Le parole sono molto importanti ed ogni morte sul lavoro merita rispetto. Chiedo ai mezzi d’informazione di aderire a questo appello e di rilanciarlo sui loro siti web. Chi vuole aderire a questo appello, invii un’email a:

marco.bazzoni01@libero.it

con nominativo, azienda, qualifica e città.

Le chiamano “morti bianche”, come avvenissero senza sangue. Le chiamano “morti bianche”, perchè l’aggettivo bianco allude all’assenza di una mano direttamente responsabile dell’accaduto, invece la mano responsabile c’è sempre, a volte più di una. Le chiamano “morti bianche”, come fossero dovute alla casualità, alla fatalità, alla sfortuna. Le chiamano “morti bianche”, ma il dolore che fa loro da contorno potrebbe reclamare ben altra sfumatura cromatica. Le chiamano “morti bianche” per farle sembrare candide, immacolate, innocenti. Le chiamano “morti bianche”, fanno clamore, giusto il tempo di una prima pagina. Poi le vittime e le loro famiglie finiscono spesso nel dimenticatoio. Le chiamano “morti bianche”, per evitare che si parli di omicidi sul lavoro. Le chiamano “morti bianche”, bianche come il silenzio, come l’indifferenza che si portano dietro. Le chiamano “morti bianche”, ma quasi sempre dipendono dal fatto che in quell’azienda non si rispettavano neanche le minime norme per la sicurezza sul lavoro. Le chiamano “morti bianche”,  un modo di dire beffardo, per delle morti che più sporche di così non possono essere. Le chiamano “morti bianche”, come il lenzuolo che copre le coscienze dei colpevoli. Le chiamano “morti bianche”, ma sono tragedie inaccettabili per una paese che si definisce civile, che non può permettersi di avere tutte queste morti sul lavoro. Le chiamano “morti bianche”, ma in realtà sono nere,  non solo perchè ogni morte è “nera” ma perchè spesso, quasi sempre, le vittime non risultano nemmeno nei libri paga dei loro “padroni” : padroni della loro vita. E della loro morte. Le chiamano “morti bianche”, ma non fanno solo morti, rovinano famiglie e rendono tanti giovani orfani e soli. Le chiamano “morti bianche”, un eufemismo che andrebbe abolito, perchè è un insulto ai familiari e alle vittime del  lavoro. Le chiamano “morti bianche”, pochi ne parlano, ma sono tragedie sottostimate nei dati ufficiali. Le chiamano “morti bianche ma non lo sono mai.

(*) Marco Bazzoni è operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per sicurezza a Barberino Tavarnelle. Questi testi sono ripresi da www.articolo21.org

In “bottega” segnaliamo Il lavoro per vivere, non per morire ma anche Lavoro: omicidi in guanti bianchi , Primo maggio 2021: vivere a rischio e (più indietro nel tempo) Morire di lavoro, ogni giorno

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

8 commenti

  • Fino a quando il profitto vale più delle nostre vite, sarà cosi.

  • domenico stimolo

    Un’interessante ricerca pubblicata sul quotidiano La Stampa

    “ MORTI SUL LAVORO”
    “ Un luogo, una data, un incidente, un nome, una vita persa: chi sono i lavoratori deceduti nel 2021. La mappa degli infortuni”

    https://lab.lastampa.it/2021/morti-sul-lavoro-la-mappa-degli-infortuni/?ref=LSHSP-DF-S1-T1

  • così DORIANA GORACCI sulla morte (oggi) di LAILA EL HARIM.

    Accartocciata. Accade a Camposanto (si chiama tragicamente così un comune italiano di 3. 197 abitanti della provincia di Modena) che una donna di 41 anni abbia perso la vita la mattina di martedì 3 agosto 2021, verso le le 8.30 in un incidente sul lavoro avvenuto all’interno dell’azienda Bombonette, uno scatolificio che si occupa di packaging e lavorazione della carta. La vittima, originaria del Marocco e residente da tempo in Italia, sarebbe rimasta incastrata in un grosso macchinario, una fustellatrice. Laila El Harim, questo è il suo nome , lascia un compagno e una figlia di 4 anni. Era di origini marocchine, risiedeva da molti anni a Bastiglia ed aveva iniziato da poche settimane il nuovo lavoro presso l’azienda di Camposanto.
    Non trovo altre notizie.
    Guardo meglio e la trovo su Facebook, era di Larache, in Marocco, si dichiara fidanzata ufficialmente,126 amici, le piace la pagina “Ce la farai”, le piace il blog “Art and Travels”, che ha in copertina una donna con la valigia. Laila non ha fatto in tempo a prepararla, sarebbe voluta andare in vacanza come nella foto che la ritrae al mare, bellissima. Le piace Conad e le piacciono i gatti come a me. Le piace come personaggio politico Leonardo Cecchi, e poi le piaceva ChicaBand Salva… sono certa che le piaceva ballare spensieratamente e sarà stata anche una brava ballerina. Tutte le foto che erano prima visibili, sono scomparse, massimo rispetto.
    Chissà se è volata via come quella farfalla di una pagina che tanto le piaceva. Spero di avere dato qualche informazione in più, sulla sua enorme smisurata normalità, finita in maniera tragicamente anormale. E’ il mio modo per salutarla, lei che non era una mia amica su Facebook e mi spiace…
    Un bacio alla sua piccolina e il compagno, a tutta la sua grande famiglia in Italia e in Marocco.
    Doriana Goracci

  • Doriana Goracci

    la notizia di questa giovane donna, rimasta uccisa nel macchinario della fabbrica ieri…non è più una notizia che corre on line, allora vorrei ricordarla ancora una volta, nella prima mattina in cui non bacerà più la sua piccola di 4 anni, il compagno…andando al lavoro. Ciao Laila El Harim
    https://www.agoravox.it/Laila-El-Harim-non-eravamo-amiche.html

  • Franco Astengo

    ETERNA MARCINELLE di Franco Astengo
    Continuano i giorni del nostro lutto: ieri Laila El Harim, operaia precaria di 40 anni è stata uccisa, risucchiata dalla macchina sulla quale lavorava in una fabbrica di confezioni vicino Modena.
    Due mesi fa nel Pratese in analoghe circostanze la morte delle ventenne Luana D’Orazio.
    Dispregio della sicurezza e libertà di licenziare accompagnano la cosiddetta “ripresa e resilienza” da un’epidemia causata prima di tutto dal ritmo folle e dalla distruzione ecologica voluta da un meccanismo di accumulazione incontrollata che distingue questo capitalismo del XXI secolo.
    Tutte questo (e molto altro) avviene nei giorni in cui ricorre il 65° anniversario della strage di Marcinelle.
    Un ricordo che cerchiamo di perpetuare ad ogni scadenza proprio allo scopo di elevare – ancora e nonostante tutto – un monito contro lo sfruttamento e che proprio adesso assume un valore molto particolare.
    L’8 agosto di 65 anni fa, 262 minatori, di cui molti italiani, morirono nelle miniere di carbone a Charleroi, in Belgio, nella miniera di Marcinelle a causa di un incendio.
    Ricordare oggi quei caduti deve significare ritrovare nel quotidiano le ragioni della nostra ostinata ricerca per “abolire lo stato di cose presenti”.
    Non si può allora far altro che ritornare a quanto descritto da Marx e Engels nel “Manifesto”:” il proletario è senza proprietà, il moderno lavoro industriale, il moderno asservimento al capitale, identici in Francia, come in Inghilterra, in America come in Germania lo hanno spogliato di ogni carattere internazionale”.
    Ebbene quella tragedia di Marcinelle, quell’ 8 Agosto 1956 dimostrò per intero la veridicità dell’analisi marxiana: i morti, i sacrificati all’idea dello sviluppo anche quella volta, anzi mai come quella volta non avevano nazione, erano soltanto degli sfruttati portati all’estremo sacrificio come Laila e Luana.
    Nella modernità di oggi tutto questo è ancora ben presente, da Modena a Prato, da Dacca a Città del Messico.
    In trent’anni la forza lavoro globale è aumentata di un miliardo e duecento milioni di donne e uomini. Quaranta milioni in un anno. Più di centomila la giorno. Settantacinque al minuto. E’ il ritmo con il quale crescono le fabbriche in Cina e si affollano le periferie : da Giakarta a Hanoi, da Mumbai a Lagos, da Johannesburg al Cairo.
    Si ascolta qui il respiro del mondo, si misura l’idea di uno sviluppo capitalistico globale che intensifica lo sfruttamento, scuote le relazioni tra le potenze, modifica i rapporti di forza tra le classi, spinge i padroni a schiacciare i proletari.
    Nell’Occidente sviluppato e maturo emergono tratti di vero e proprio “ritorno all’indietro” alle condizioni sociali della prima rivoluzione industriale, quelli descritti dalle pagine di Dickens o di Zola.
    E’ sempre attuale e presente il “nostro Germinale”.
    Aumenta la pressione sulla condizione operaia in Europa come in America, il Sud del mondo viene usato per esasperare la concorrenza e costruire le condizioni dell’esercito di riserva, si sviluppa la politica imperialista contro i salari, le grandi potenze si contendono i territori nel cui sottosuolo si ritrovano i materiali per far funzionare il crudele meccanismo del modello consumistico proposto dall’hig -tech senza alcun rispetto verso chi è nato e chi vive quelle terre.
    Non si possono coltivare illusioni localiste, nazionaliste, protezioniste: la sola strategia per ricostruire, in Occidente come altrove, la forza di una politica di contrasto alla sfruttamento e di nuova coesione sociale attraversa i popoli, la grande massa degli sfruttati, quanti si muovono nell’incertezza più assoluta alla ricerca di una vita appena appena più accettabile e, nella gran parte dei casi, viene brutalmente respinta dal mondo dei ricchi.
    La memoria di Marcinelle, momento storico esemplare nell’idea della ferocia dello sfruttamento, deve servire prima di tutto a ricordarci questo.

  • Sono 6 i morti sul lavoro – cioè DI lavoro – nelle ultime 24 ore. La “bottega” condivide (in ogni senso) questo editoriale di Michele Michelino; grazie ad Angelo Gaccione per avercelo segnalato.
    PER IL PROFITTO SI MUORE OGNI GIORNO
    di Michele Michelino
    Il capitalismo continua a uccidere, altri operai sono stati uccisi
    sul posto di lavoro. Un rituale che avviene ogni giorno.
    Le chiacchiere e i proclami sulla sicurezza di governo, padroni e sindacati confederali in Italia non impediscono la mattanza di operai. La modernità del capitalismo basata sullo sfruttamento sempre più intensivo dei lavoratori provoca ogni giorno morti, feriti e invalidi, come nell’Ottocento. Due operai sono morti intossicati all’interno del Campus dell’università Humanitas di Pieve Emanuele. Si chiamavano Emanuele Zanin di 46 anni e Jagdeep Singh di 42 anni. Sono morti mentre cercavano di caricare una cisterna di azoto liquido usato nei laboratori dell’Ateneo e per alimentare l’impianto antincendio. Entrambi lavoravano per la ditta “Autotrasporti Pe” di Costa Volpino che lavora in subappalto per la monzese Sol Group spa. La nuova legge del governo draghi su appalti e subappalti ha già cominciata a produrre vittime. Ora come sempre mentre le famiglie piangono la loro morte, si aprirà l’ennesima inchiesta della procura di Milano con l’ipotesi di omicidio colposo e dell’ATS per verificare se ci siano stati errori nella manovra, mancanze strutturali o responsabilità di chi non ha fornito ai lavoratori i Dispositivi di Protezione Individuali e collettivi. L’azoto liquido per il raffreddamento dei frigoriferi che custodiscono farmaci o reperti biologici può raggiungere una temperatura di 200 gradi sotto lo zero.
    Come sempre in questi casi si sprecano le lacrime di coccodrillo delle istituzioni. L’Humanitas ha espresso “profondo cordoglio e vicinanza alle famiglie delle due vittime”, il Pd scrive sui social che “Non si può e non si deve morire di lavoro, nessuno dovrebbe perdere la vita mentre lavora”, intanto invece di spendere qualche euro in prevenzione si continua a mandare i lavoratori a macello.
    Questa società che per il profitto distrugge gli esseri umani e la natura è una società barbara e inumana che merita di essere distrutta dalle fondamenta.
    I morti sul lavoro sono delitti contro l’umanità e verrà il giorno in cui padroni governi e sindacati complici pagheranno caro, pagheranno tutto.

  • Gian Marco Martignoni

    Di fronte alle morti quotidiane che si susseguono tutti i giorni, a ritmi alternanti ma sempre impressionanti, si tratta di comprendere perchè non si determina quell’inversione di tendenza che tutti auspicano, almeno a parole.Le semplificazioni non servono, soprattutto quando Michele Michelino, per non smentirsi, fa riferimento ai sindacati confederali complici. E’dal 1979, quando fui eletto delegato sindacale, che mi occupo di sicurezza nei luoghi di lavoro ( in particolare nei cantieri edili , nelle imprese artigiane, nelle scuole con i tetti in amianto, nelle verniciature delle carrozzerie, ecc.), per cui due sono le cause di questa incredibile situazione. La prima è conseguente al totale depotenziamento degli organi di vigilanza e controllo nei luoghi di lavoro, a partire da quelli dei servizi preposti alla prevenzione, per non parlare di quelli in forza all’Ispettorato del lavoro, all’Inps e all’Inail. L’ultimo concorso all’Ispettorato del lavoro si è svolto nel 2006. Nel frattempo , ma vale per tutti gli enti, chi è andato in pensione non è stato sostituito, per cui a Prato dove il Ministero del Lavoro Nazionale ha deciso un sopralluogo specifico, che è in corso stante la gravità della situazione locale, gli ispettori provengono anche da altre regioni, poichè senza competenze specifiche ( e anni di formazione sul campo ) la regione Toscana da sola non ce la fa ad eseguire un comito di quelle dimensioni sul piano preliminarmente degli organici Nel 2018 era stato indetto un concorso per nuovi ispettori del lavoro, ma ad oggi lo stesso non è ancora decollato. Quindi è necessario che le richieste di rafforzamento degli organici si realizzino concretamente e a breve – come in tutti gli altri enti – altrimenti da questa spirale non ne usciamo, al di là delle rituali lacrime di coccodrillo del giorno dopo, senza un incremento della deterrenza sui vari territori che compongono il nostro paese. La seconda causa riguarda l’intervento sul controllo de ciclo produttivo, per riprendere la storia che ha condotto anche alla formazione Medicina Democratica e alle grandi battaglie per la prevenzione nei luoghi di lavoro, con l’istituzione dei servizi di prevenzione , ecc. .Nel nano-capitalismo all’italiana , ovvero il capitalismo molecolare descritto da Aldo Bonomi, il controllo del ciclo produttivo ha a che vedere con la polverizzazione della forma impresa, l’autoimprenditorialità, la de-sindacalizzazione totale dei luoghi di lavoro, gli appalti e i sub-appalti, ecc .Una realtà totalmente diversa dall’impresa sindacalizzata, con tanto di Rsu e delegati alla sicurezza, che quotidianamente possono intervenire sul ciclo produttivo.

  • da Umberto Franchi già dirigente sindacale Cgil
    OMICIDI SUL LAVORO: CHI SONO GLI ASSASSINI ? COSA FARE ?
    Nelle ultime 24 ore 10 morti sul lavoro: sono stati schiacciati, caduti, decapitati, stritolati, affogati, congelati… Ogni anno i morti sul lavoro continuano ad aumentare… secondo i dati INAIL nei primi 8 mesi del 2021 ci sono stati quasi 700 morti, quasi 4 al giorno , con un incremento dell’13,4% rispetto all’anno precedente.
    Ai morti per infortuni sul lavoro vanno aggiunti quelli che muoiono a causa delle malattie professionali per patologie dovute alle esposizioni di sostanze tossiche presenti sul lavoro di varia natura … e, se poi si aggiungono quelle differite per infortunio e quelli non denunciati perché lavoranti a nero, i morti diventano ogni anno oltre 3000.
    Questa vera guerra non è dovuta al destino cinico e baro , ma rappresenta lo scontro in atto tra capitale e lavoro !
    A seguito di questo continuo massacro , il Governo Draghi si è degnato di ricevere le OO.SS. ma per fare cosa ?
    Ancora non è stato definito un preciso Piano di Intervento , ma da quello che è scaturito dai colloqui con Draghi e CGIL CISL UIL, sembra che sarà avviata una verifica più approfondita con una banca dati sugli infortuni, un piano di formazione per datori di lavoro e dipendenti, una verifica sulla quantità degli Organismi preposti ai controlli (Ispettorato del lavoro, Inail, ASL) che agiscono all’interno dei 4.400.000 piccole, medie e grandi aziende esistenti in Italia, per un totale di oltre 17 milioni di lavorator dipendenti .
    Gli ispettorati del lavoro che nel 2005 erano circa 5.000 , oggi sono dimezzati circa 2,500 ,ed il governo parla di assunzioni di 600 nuovi ispettori per fare i controlli nei i luoghi di lavoro… ma questo può bastare ? è quello che serve ?
    NO ! l’ipotesi del piano per la sicurezza, annunciato da Draghi ai sindacati a me sembra “un brodino caldo dato a chi è moribondo”… ed anche se dovessero assumere altri 10.000 ispettorati anziché 600 per fare i controlli nelle aziende… non cambierebbe niente…. i controlli sono utili ma non bastano se non si affrontano le cause di fondo , che stanno a monte !
    QUALE SONO LE VERE CAUSE DELLE MORTI SUL LAVORO? CHI SONO I VERI ASSASSINI ?
    Dobbiamo dire la verità: la grande sanguinosa tragedia di cui non si vede la fine , non dipende dal destino cinico e baro, ma da un tipo di sviluppo economico ed organizzativo, che mette in conto anche oltre 1000 morti di operai sul lavoro ogni anno . Quello che avviene è il frutto di precise scelte e responsabilità imprenditoriali e politiche, perpetuate da lungo tempo.
    I 1000 morti sul lavoro ogni anno, sono legati ad una organizzazione del lavoro finalizzata ad incrementare i profitti dei datori di lavoro !
    Gli aspetti fondamentali della causa delle morti sono questi:
    – la maggioranza dei datori di lavoro ( anche se non tutti) pensano che la prevenzione e sicurezza sul lavoro sia un costo che vada ridotto al minimo… quindi fanno fare la valutazione dei rischi come previsto dalla normativa “Testo Unico Sulla Sicurezza”, sulla carta, in termini burocratici senza interventi tesi a prevenire gli incidenti;
    – cercano di ridurre tutti i costi del lavoro, senza fare investimenti di prevenzione sugli impianti e spesso per incrementare la produzione tolgono anche i dispositivi di sicurezza esistenti;
    – cercano di incrementare carichi e ritmi di lavoro, far fare ore di straordinario per non assumere nuovo personale;
    – non fanno formazione, informazione ed addestramento dei lavoratori…. e, soprattutto nelle piccole imprese, non solo non fanno prevenzione sui macchinari, ma non danno nemmeno i Dispositivi di Sicurezza Individuale, tanto che dai controlli fatti emerge che l’80% delle aziende non sono in regola ;
    Ma la rincorsa alla riduzione dei costi sul lavoro con la riduzione della sicurezza e l’aumento dei morti sul lavoro dipende anche dalla legislazione perversa fatta dai governi di centrodestra e centrosinistra negli ultimi 30 anni con :
    La depenalizzazione del Testo Unico sulla Sicurezza voluto dall’ultimo governo di Berlusconi e lasciato invariato da tutti gli altri governi , con la conseguenza che i datori di lavoro preferiscono pagare la multa piuttosto che investire sulla sicurezza…investendo invece sempre più i loro captali in attività speculative , anche dislocando le fabbriche come nel caso della GKN;
    La tendenza ad aumentare a livello legislativo i morti sul lavoro , è proseguita con Renzi con la legge Jobs Act, con una situazione divenuta sempre più drammatica, perché essendo stato abolito il diritto al reintegro in azienda del lavoratore licenziato senza giusta causa (con abolizione art. 18 per i nuovi assunti), il lavoratore, sempre più spesso è costretto a lavorare in condizioni di sempre minor sicurezza e a volte anche a dichiarare (come richiede l’azienda) malattia quella che invece è una patologia da infortunio, per paura di essere licenziato…;
    la legge n. 30 detta “Biagi” è ancora in atto e prevede 45 forme di lavoro precario, flessibile, falso autonomo… con lavoratori sempre ricattati e costretti a subire di lavorare con ritmi e carichi di lavoro impossibili, salari “di merda”, 10/12 ore di lavoro giornalieri, ed anche senza gli strumenti di protezione sugli impianti altrimenti vengono licenziati ;
    Il lavoro è stato frantumato in termini legislativi anche dall’ultima legge sugli appalti, voluta da Draghi, con le aziende “madri”, che possono dare in appalto e subappalto attività lavorative con gare al massimo risparmio (prima dell’ultima legge si chiamava “massimo ribasso”) e quindi tagliando sui costi della prevenzione e sicurezza (la maggioranza dei morti sul lavoro sono dipendenti da aziende in appalto)
    In Italia ci sono circa 800 contratti pirata : cioè, non essendoci una legge sulla rappresentanza e rappresentatività dei lavoratori, le aziende fanno costituire sindacati di comodo dei lavoratori e con loro fanno contratti nazionali con salari e normative capestro che dopo applicano ai propri dipendenti .
    Quindi quello che avviene con le morti sul lavoro ,non è per colpa della sfortuna… oggi sotto accusa c’è un intero meccanismo di sviluppo distorto. I datori lavoro (anche quelli che avrebbero le risorse per fare innovazione e prevenzione) investono poco nell’innovazione “alta”, nella prevenzione sugli impianti “alla fonte”, ma preferiscono investire i loro capitali in attività speculative più vantaggiose, e cercano di essere competitivi sui mercati , oltre che con salari bassi, anche riducendo i diritti, con un mercato del lavoro frantumato e precario, dove chi lavora è costretto ad accettare carichi di lavoro sempre più stressanti, e spesso a lavorare a rischio infortuni e morire.
    E’ sparito il senso sociale del lavoro stabilito dalla nostra Costituzione con una classe capitalista che non solo non ha il senso della solidarietà ed utilità sociale del lavoro, come stabilisce la nostra Costituzione…ma ignorano di proposito il bisogno di sicurezza e prevenzione della salute nei luoghi di lavoro, considerano i danni psicofisici di chi lavora , i 600.000 infortuni sul lavoro ed i 1000 morti annui, come un prezzo inevitabile da pagare non per più competitivi nella globalizzazione sui mercati mondiali… cosa che potrebbe avvenire solo tramite investimenti intensi anche sulla sicurezza… ma al solo fine di fare più profitti ed investire i propri capital in attività speculative senza rischio di impresa.
    Dobbiamo quindi prendere atto che gli “omicidi bianchi” sono causati dal sistema economico patologico, illecito, cinico, incostituzionale del neoliberismo.
    Ma per combattere i massacri che stanno avvenendo nei luoghi di lavoro oltre a cambiare completamente il sistema legislativo sopra menzionato, abrogando (anche tramite un referendum) la legge Iobs Act e la legge n. 30 , la legge sugli appalti, i contratti pirata, perché altrimenti (come già detto) i lavoratori precari sono soggetti ad accettare ogni vessazione , lavorando in condizioni di insicurezza … credo che sia necessaria anche e soprattutto un’azione sindacale straordinaria diretta e coordinata , con :
    una diffusa iniziativa di lotta sui luoghi di lavoro che, da una parte, deve creare una nuova cultura di rifiuto di ogni lavoro a rischio da parte di chi lavora, sviluppando una contrattazione continua giornaliera da parte delle RSU/RLS su tutta l’organizzazione del lavoro…;
    una diffusa iniziativa di lotta a livello generale sulle cose che ho sopra elencato … ma il sindacato oggi appare molto debole si accontenta delle cose dette da Draghi (non riesce nemmeno a proclamare uno sciopero generale nazionale) ma soprattutto è ridotto a cercare di gestire in termini assistenziali le ricadute negative sui lavoratori delle scelte fatte dai datori di lavoro e governi ;
    Il Sindacato deve tornare nelle aziende e ripartire come facevamo negli anni 70, dalle indagini sulla soggettività operaia in merito ai rischi esistenti, e tornare a contrattare tutta l’organizzazione del lavoro andando a decidere come si lavora, con quale sicurezza, con quanti organici con quali orari , per cosa si lavora, con quali investimenti… senza delegare (come invece sta avvenendo) la questione della prevenzione e sicurezza agli Organismi di Controllo (ispettorati, Inail, ASL) che sono necessari ma del tutto insufficienti.
    Umberto Franchi già Dirigente Sindacale CGIL

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