Narrator in fabula – 15

dove Vincent Spasaro incontra Angelo Marenzana e riparte così una nuova serie di interviste (*)

AngeloMarenzana

Ciao a tutte/i! Eccomi per una nuova infornata di interviste ad autori, curatori, editori di genere (ma esiste ancora il genere?) per dimostrare soprattutto a me stesso che l’Italia delle lettere e della creatività è viva e vegeta. Per iniziare… Angelo Marenzana. Il suo ultimo romanzo giallo per Rizzoli, «L’Uomo dei Temporali», è stato definito dal critico letterario Gian Paolo Serino come una delle migliori uscite dell’anno scorso anche a livello mainstream. Angelo ha spaziato dal giallo classico all’horror sia sulla lunga distanza che su quella breve.

  1. Ciao, Angelo! Partiamo subito con una domanda pesante. Noto nel tuo bel romanzo “L’uomo dei Temporali” (Rizzoli 2013) echi del romanzo novecentesco neorealista, probabilmente per la descrizione di Alessandria nel periodo bellico, e in generale della narrativa impegnata del secolo scorso. Sei vicino a questo modo di scrivere storie, da Calvino a Cassola a Bassani eccetera, o è solo il tema del romanzo a richiamarlo?

«Anche se ho letto e apprezzato gli autori che hai nominato, credo che, a influenzare questa impronta neorealista, sia stato determinante il “mondo narrativo” che avvolge gli eventi dei miei romanzi. La prima metà del secolo scorso permette di sviluppare uno stile che forse non troverebbe identica forza nella rappresentazione della società più contemporanea. L’oggi a me pare essere molto più spigoloso, freddo, forse per l’impianto tecnologico che pervade la società stessa (anche proprio in termini più linguistici), per l’eccesso di edonismo collettivo e per la logica “finanziaria” che hanno occupato ogni singolo spazio del nostro quotidiano. Certamente più di quanto non fosse quella della metà del secolo scorso. Credo che fossero anni che si nutrivano anche di una sorta di “artigianalità” di relazioni oggi finite un po’ in disparte».

  1. Sento trapelare dalla tua scrittura un impegno politico o mi sbaglio?

«Non sbagli. L’impegno politico ha occupato un grosso spazio nella mia vita e quindi è inevitabile che trapeli anche nella scrittura. Ho dovuto farci i conti per evitare di infarcire con la mia impostazione culturale tutto il lavoro di scrittura. La retorica era in agguato. Così ho scelto di raccontare gli avvenimenti del ventennio in romanzi quali Tre fili di perle, Legami di morte, Ora segnata o L’uomo dei temporali provando a interpretare personaggi all’ “opposto” che, come il commissario Bendicò, entrano in crisi non tanto di fronte all’ideologia dell’epoca (del resto a un poliziotto era richiesta fedeltà assoluta e maniere forti) quanto piuttosto di fronte al dramma della guerra.

  1. Quali sono i tuoi autori preferiti?

«I francesi. Ho iniziato negli anni del liceo leggendo i romanzi di Camus (Lo straniero e La peste) e il Bel Ami di Maupassant per farmi poi coinvolgere piano piano dall’intera narrativa e dalla poetica di fine Ottocento e del secolo scorso. Poi, dopo Simenon, è fiorito il polar e non posso non citare autori come Izzo, Manchette, Fajardi, Héléna.

  1. Sulla base della tua affermazione di una scrittura cinematografica, vuoi parlarmi del tuo rapporto con i film?

«Grande divoratore e, forse, poco conoscitore. Per me il cinema resta (magari in maniera superficiale) il grande strumento per raccontare storie, e a me piace “ascoltarle con gli occhi”, immedesimarmi negli avvenimenti, sentirmi protagonista, immaginare le mie azioni e reazioni stando nei panni di altri magari in situazioni estreme da cui mi tengo distante nella vita di tutti i giorni.

  1. Ultimamente sei approdato all’horror, genere apparentemente un po’ distante dalla tua scrittura novecentesca e rigorosa. Per me che, come sai, sono un vampiro, la notizia è ghiotta. Ne vuoi parlare?

«Quando, agli albori, ho messo mano la prima volta per iniziare a dare corpo a un’idea, il mio obiettivo era l’horror. Un interesse maturato fin dall’incontro con i fumetti anni 60, da Satanik a Zora la Vampira, a zio Tibia per proseguire con i KKK da edicola fino al primo Stephen King. Due decenni che hanno formato una generazione di appassionati. L’horror mi dava (e mi dà tuttora) un senso di libertà, dove tutto è possibile perché (apparentemente) saltano tutti gli schemi di trama e struttura. Poi, quando ci provi, a essere protagonista della scrittura, vengono fuori le magagne e la vera personalità. Un conto è leggere, un altro è scrivere. La mia vena mi porta da un’altra parte. Piedra Colorata è stata una bella occasione per confrontarmi con l’horror (e ringrazio di cuore tutti gli amici delle Edizioni Nero Press per l’opportunità offerta con l’ebook) così come le partecipazioni a Onryo (Urania) e Bad Prisma (Mondadori Epix). E mi auguro che di esperienze simili me ne vengano offerte altre.

  1. Mi piacerebbe sapere dove si sta dirigendo l’autore Angelo Marenzana.

«Verso la pensione. Dopo 42 anni di onorato servizio vorrei mettermi finalmente a disposizione del mio tempo. Vorrei recuperare la lettura, troppe volte sacrificata o affrontata con leggerezza. In termini di scrittura, e dopo l’uscita del mio prossimo romanzo (Alle spalle del cielo, prevista per il prossimo febbraio marzo con Baldini e Castoldi) forse è giunto il momento di sganciarmi dal ventennio e saltare nel mondo degli anni cinquanta. Ma questo, per il momento, è un pensiero».

(*) Per 14 settimane Vincent Spasaro ha intervistato per codesto blog-bottega autori-autrici, editor, traduttori, editori del fantastico, della fantascienza, dell’orrore e di tutto quel che si trova in “qualche altra realtà”… alla ricerca dei misteri, se possibile anche del loro mondo interiore. I nomi? Danilo Arona, Clelia Farris, Fabio Lastrucci, Claudio Vergnani, Massimo Soumaré, Sandro Pergameno, Maurizio Cometto, Lorenza Ghinelli, Massimo Citi, Gordiano Lupi, Silvia Castoldi, Lorenzo Mazzoni, Giuseppe Lippi e Cristiana Astori. «Non finisce lì» giurava Spasaro: «perciò restate sintonizzati sul Marte-dì della blottega». E siccome Spasaro è uomo d’onore (come il Bruto shakespeariano?) eccolo. Posso dirvi che il prossimo “torchiato” – fra 7 giorni – sarà Gian Filippo Pizzo. Poi… Mi ha confidato il vento che Vincent Spasaro sta pedinando (in disordine alfabetico) Alberto Panicucci, Edoardo Rosati, Sergio Altieri, Sabina Guidotti, Stefano Di Marino, Luca Barbieri, Francesco Troccoli, Silvio Sosio, Michele Tetro… ma anche giovanissim* e “mostri sacri”. Sarà credibile il vento? Boh, bih, bah. Se è vero come diceva un vecchio film che «il vento non sa leggere»… c’è poco da fidarsi. Ma invece io di Spasaro mi fido, perciò son qui – seduto sulla riva del blog – che attendo altre 14 puntate… almeno. (db)

 


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