Non dar retta a nessuno

di Mauro Antonio Miglieruolo
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Capita sempre più spesso di imbattersi nell’affermazione, espressa a volte da persone intelligenti ma per lo più poco creative, che i governi non sarebbero altro che un’espressione concentrata delle caratteristiche del popolo che li elegge o li sopporta (li sopporta sempre, ma a volte senza averle eletti; o se li vede affibbiati dopo che è stato consultato con finte elezioni: vedi il caso Italia).festa sulla terra di nessuno NATALE 1914gNulla da obiettare. È sufficiente effettuare una rapida panoramica delle figure (più spesso figuri) che godono dell’onore di rappresentare i loro popoli per convincersene.
Ma, è d’obbligo porsi l’interrogativo, per rappresentare che? L’intero o la parte? E nel secondo caso, quanta parte delle peculiarità dei vari popoli possiamo ritrovare in loro? A mio parere si tratta della parte peggiore, poco o quasi niente di quella migliore. Mi verrebbe da dire che essi ben rappresentano la pancia delle persone, o ancor meglio, utilizzando la schiettezza che qui si rende necessaria, il loro culo. Il che spiega abbastanza i loro comportamenti e la solerzia con cui disattendono ai loro doveri. Ma io avverto la necessità di andare oltre. Costoro benché essere lo specchio di coloro che “rappresentano”, in effetti non sono altro che il riassunto a dismisura dei soli difetti (o, nel caso ottimale, prevalentemente dei difetti). Le masse in genere, prese nel loro insieme, su quasi tutte le questioni assumo atteggiamenti più avanzati e ragionevoli dei loro governanti. Dei quali accettano la direzione non solo per quel poco in cui possono riconoscersi (esempio, il gallismo di Berlusconi e il bullismo di Renzi), ma anche per l’abilità con cui politicanti e mas media riescono a inventare ipotetiche convergenza di idee tra lider e popolo. Il liderismo consiste appunto in questo, nell’immaginaria comunanza di obiettivi tra le due parti; e si distingue dal dirigente politico proprio perché quest’ultimo si fa portatore di interessi che non sono esclusivamente suoi personali, ma di coloro che intende rappresentare.
Illustrated_London_News_-_Christmas_Truce_1914È vero inoltre che le masse, specialmente le masse piccolo borghesi, in certe particolari situazioni, in genere perché spinte dal potere, sono in grado di compiere atrocità paragonabili a quelle che costantemente i loro lieder commettono. Esempio, il pogrom di massa scatenato dagli italiani ad Addis Abeba contro gli etiopi dopo l’attentato a Graziani; ma è vero anche che sono in grado di assumere, contro la volontà dei grandi capi e con scandalo di quest’ultimi, iniziative meravigliose come quelle sul fronte di guerra nel Natale del 1914. Quando per iniziativa dei tedeschi, il 25 dicembre divenne giorno di tregua e di fraternizzazione (con soldati che si erano sparati l’un l’altro fino al giorno prima e ricominciarono a farlo il giorno dopo): un miracolo che solo le masse possono realizzare.
Il problema effettivo che si pone allora e del quale i commentatori televisivi si guardano bene anche solo dall’accennare e come rendere se non del tutto almeno un po’ più vera l’affermazione che descrive i politici come “un’espressione concentrata delle caratteristiche del popolo”. La democrazia borghese, anche la più avanzata, democratica non è. O lo è nella misura in cui è la sua volontà dei grandi della terra a prevalere (si fa per dire: per lo più sono personaggi piccoli e meschini), altrimenti il piano della democrazia viene abbandonato e il carattere puramente formale dei riti politici viene svelato. Lo è tantomeno la democrazia per cooptazione (e finte libere elezioni) verso la quale si avvia con crescente risolutezza la borghesia del XXI secolo. Ci si può avvicinare a questa democrazia riprendendo le file di quella varata dalle masse (contro lo stesso Partito Bolscevico) nel 1917. Ma anche in questo caso gli episodi di liderismo, come la storia ha mostrato, sono possibili. La realtà è che nessuno è in grado di rappresentare nessuno, nemmeno un caro amico che si conosce da anni e al quale si vuole molto bene.
tregua-di-natale1914-inglesi e francesifraterniozzanoLa risposta pertanto non può essere quella suggerita dagli ideologi dell’ufficialità (quelli di marca “progressista”), preoccupati della deriva in atto verso il peggio. Un freno certo si deve tentare di mettere, tentare anche di recuperare qualcosa del vecchio proporzionale, che permetteva una meno iniqua rappresentanza delle masse popolari. Bisogna però prendere atto che, almeno attualmente, ben poco è possibile fare per invertire la tendenza; e che dopotutto non è tanto importante farlo. Chiunque sia chiamato a rappresentarci, fosse anche il miglior, non potrà mai farlo con la medesima efficacia e fedeltà di chi, in prima persona, difende se stesso. Se comunque sponde istituzionali a noi favorevoli dovessero emergere, bene, dovremo essere pronte a approfittarne. Loro (le sponde) cercheranno di strumentalizzarci per i loro scopi di parte, noi li strumentalizzeremo a nostra volta. E se si troverà qualcuno che invece di ascoltare solo il culo, salirà fino al cuore e anche cervello, gliene saremo grati. E lui grato a se stesso, per agire con quel minimo di sincerità e correttezza che si chiede a chiunque stia da uomo tra gli uomini.
L’importante però non dimenticare che ognuno, in ultima istanza, dipende da se stesso e che deve contare prima di tutto su se stesso; che i destini personali e collettivi saranno determinati da tale decisione. Contare non sul rappresentante, ma sull’aiuto del vicino, del campagno di lavoro e di lotta e da chi è in sintonia con un comune sentire. Non deleghe, non rappresentanze di viscere o di cervello, ma impegno diretto, in prima persona.
La decisione e l’iniziativa tua che anticipa quella degli altri. E con quella degli altri s’accorda.

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NB – Le tre immagini illustrano la trague di Natale del 1914, un evento (nascosto a lungo dai media) che ha pochi altri riscontri nella storia.

Mauro Antonio Miglieruolo

Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

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