Noterelle sulla filosofia di Philip Dick

di Mauro Antonio Miglieruolo

(a seguire alcune info di db sulla “riforma” del Marte-dì)

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Dick ci pone alcuni interrogativi.

Anzitutto: cosa è ciò che chiamiamo Mondo? una illusione dei sensi oppure qualcosa di indefinibile esterno ai sensi che i sensi traducono, con modalità arbitrarie o nei limiti propri alla percezione?

Cosa è la memoria? Un costrutto soggettivo indipendente dalle esperienze o sono le esperienze, tra le quali primeggiano rapporti umani e rapporti sociali, a determinare il gradiente di esattezza con le quali vengono immagazzinate?

Esiste una soggettività individuale o tale soggettività è stata assorbita dalla volontà generale del capitale attraverso l’apparente (i media, i talk show, le convenzioni sociali, la pubblicità ecc.)?

Noi siamo o siamo schegge d’informazione impazzite, sperdute nel furore del mondo?

Esiste il sogno, la fantasia, il volo pindarico, emanazioni di un reale concreto; o abbiamo a che fare con pure illusioni, illusioni di secondo grado, illusioni dentro altre illusioni? Perché altrimenti, se non si tratta di evanescenze emanate da evanescenze, dobbiamo necessariamente credere all’esistenza di una realtà oggettiva nella quale possono esserci esperienze soggettive a carattere aleatorio. Il che costituirebbe la prova paradossale dell’esistenza di un qualcosa esterno a noi (paradossale: l’aleatorio che si fa garante del concreto).

La risposta che si ottiene leggendo Dick sembrerebbe essere che no, non esiste un continuo al quale tornare dopo il volo pindarico. Poiché si scopre che il ritorno alla quotidianità è mera illusione, così come l’apparente ritorno successivo e il seguente ancora (Atto di Forza). In conseguenza di manipolazioni del cervello, mediante macchine del futuro (o droghe) che sono già quasi del presente; o in conseguenza delle automanipolazioni con le quali, sotto la spinta delle circostanze esterne, ci rendiamo vittime di noi stessi.

Dunque saremmo schegge impazzite, sotto il dominio del Capitale, che produce e guida questa pazzia (impropriamente si dice Sistema: ma il sistema non è altro che la struttura con la quale si manifesta il Capitale).

Per comprendere quanto sopra basterebbe ricordare, per esaminarla nei suoi velenosi effetti, la storia indegna del debito pubblico, ideato da Ciampi e Andreatta. Viviamo dentro una menzogna abissale come se fosse l’assoluta verità, la opprimente verità di una menzogna costruita su un bilancio che, nelle condizioni date, è sempre obbligatoriamente in rosso. Lo stesso vale per gli economisti onnipresenti sui media. La loro competenza sulla materia è spesso indiscutibile, ma la cui morale, per l’uso che ne fanno, è sotto quella dei molestatori dei bambini.

Com’è possibile vivere dentro le frottole che raccontano? E lasciarsi dissanguare per volerle credere vere?

Sembrerebbe dunque che nell’individuo sia scomparsa l’intelligenza, la capacità di farsi portatore di una propria visione del mondo e da quella risalire faticosamente allo stato effettivo delle cose. Praticarne la possibilità, almeno. Gran parte della capacità autodecisionale sarebbe stata assorbita da una volontà aliena alle persone, una volontà generale che è anche volontà del singolo, anche quando contro di lui. Le necessità dell’accumulazione capitalistica sono diventate le illusorie costrizioni entro cui i singoli accettano di muoversi. Illusione su illusione, ognuna che si arrampica sull’altra, l’incubo domina nella notte della ragione, ma domina anche dopo il risveglio.

La possibilità di costruire questo dominio di castelli in aria risiede nella perdita della memoria. Incalzati dalle troppe cose con cui ci distraggono, incalzati dalla risonanza dell’esperienza immediata fusa a volte, ed è già tanto, con quella del giorno precedente, non c’è possibilità di pensare e considerare l’oggettività, la realtà, lo stato di cose presenti che chiede a gran voce di essere cambiato. Il che retrocedendo per l’ultima volta, alla domanda iniziale, torniamo al tema dell’esistenza del un mondo oggettivo.

Le angustie del pensiero, angustie che suggeriscono disperazione, impediscono di sanare le ferite, chiudono gli orizzonti e girano vorticosamente su sé stesse, sono il prodotto della relativa invisibilità del mondo oggettivo, invisibilità che ha effetti anche sulla capacità dei più attenti di guardare e vedere il mondo. La realtà ha interamente ricoperto il concreto materiale, con aspetti mutevoli di sé stessa, costringendo gli uomini ad affrontare un deserto di fantasmi. Menzogna su menzogna la struttura illusoria del mondo letterario di Dick ha preso consistenza.

Viviamo ormai all’interno di uno spettacolo dei burattini permanente. Al meglio il Mondo può essere considerato un teatro, un teatro in cui la recita è continua, in cui tutti siamo attori e tutti spettatori, costretti a recitare il copione attagliato ai bisogni di un unico regista (non più il Dio crudele e incoerente del Vecchio Testamento; e nemmeno il nuovo del Dio Danaro. Il Dio vero, quello per la cui volontà tutto s’invera: il Dio Capitale, che di evanescenza in evanescenza diventa sempre più potente e rischia di mangiare sé stesso, dopo essersi mangiato l’Umanità).

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Il mondo tuttavia esiste. Esiste il cibo che fornisce e ci mantiene vivi; esiste il petrolio, per il quale si commettono delitti a non finire; esistono i metalli, le pietre, gli alberi, l’acqua del mare, la sabbia e l’aria; esiste ogni bene che abbiamo usato e abusato per portarci dove siamo. Esiste la nostra avidità, il MIO, per il quale da diecimila anni ci scanniamo. Esiste il Grande Complotto del quale tanto si parla, il complotto che attribuiamo a protagonisti che, nonostante anch’essi si considerino tali (la falsa coscienza è di tutti), non sono che servi inconsapevoli. Esiste la volontà del Capitale, un aleatorio che domina ogni realtà, le cui esigenze sovrastano ogni volontà o occorrenza differente; sovrastano la stessa volontà dei suoi agenti, i proprietari del capitale produttivo, i gestori di quello speculativo, i prestigiatori dei servizi. I quali sono e si ingrandiscono come proprietari finché si fanno portatori della Sua Volontà. Se non osservano rigidamente, senza scarti, le norme di tale volontà vengono spietatamente eliminati (per la verità vengono eliminati anche quando osservano tale volontà. L’espropriazione degli espropriatori procede anche nel caso di un ideale mondo di abilissimi operatori di borsa o capitani d’impresa. A un numero sempre più ristretto di aguzzini è affidato il compito di sfruttare e opprimere il proletariato).

La presenza di questa volontà è invasiva, ostinata, insopprimibile. Può essere rimossa, non soppressa. Per quanto la si allontani da noi e noi ci si allontani da lei, finirà sempre con il tornare. Ha un solo vero nemico che non può vincere, la presenza di un mondo esterno agli individui la cui ostinazione è tale da vincere la credulità delle persone e l’abilità degli agenti del capitale. Il miraggio d’essere in un mondo passabile e immodificabile cade perché sotto i nostri piedi torna a farsi sentire la Terra, madre nostra che è nel concreto. Benvenuti. Siamo tornati ad essere enti tra le cose.

Pure Dick, al modo di Dick, al mondo sempre torna. Le fughe nella droga, nella paranoia, nel rifiuto (universale) di assumersi le proprie responsabilità, non sono bastate a allontanarlo dalla verità dei processi che ha descritto, i percorsi attraverso cui l’oggettività diventa invisibile; mentre di quel che resta, la realtà mobile che s’intravede attraverso i molteplici inganni, la manipolazione ininterrotta renda difficile diventi un punto di riferimento. Bravo Dick d’averlo compreso e averci dato la possibilità di scoprirlo a nostra volta.

Non solo il Re è nudo, ormai lo è anche il Capitale. Nudi gli illusi e collusi agenti del capitale.

Nuda tutta l’umanità.

CHIEDO SCUSA SE VI PARLO DEL MARTE-DI’

alcune info di db a chi passa spesso di qui

UNO, il “cappello”

Difficile definire cosa sia il Marte-dì (qui in bottega per abitudine intendiamo fantascienza e dintorni). Questo post di Mauro Antonio Miglieruolo parla molto più di politica, filosofia ed economia che di fs, anche se nel farlo usa Dick per grimaldello. Da noi capita spesso. Evviva. E’ sempre Marte-dì? Sì e no. A chi rimproverava la “confusione” (e scappava di fronte alla fantascienza) io e Riccardo Mancini rispondevamo quasi sempre con questa frase di Paul Watzlawick: «Fra tutte le illusioni la più pericolosa è credere che esista una sola realtà».

DUE, una lettera-appello

Questo segmento del Marte-dì bottegardo è spesso affollatissimo. Così qualche giorno fa ho scritto un msg alla mia piccola (60 nomi circa) lista “fs e dintorni”. Ecco il testo.

care e cari della mia piccola lista martediana “FS e dintorni”

la bottega è sepolta di post per il MARTE-DI’

di nuovo? di nuovo

tre post non basteranno, porca la galassia centrale

Mumble:

– impensabile mettere 6 post in un giorno (concordate?)

– antipatico fare aspettare

– voi siete favorevoli che in una prox settimana ci siano due Marte-dì?
tipo abolendo temporaneamente il giovedì’ ?

db

PS: lo dicooooo così chi è “in attesa” (tipo db, avete presente? oppure K. Sage che, in ordine d’arrivo, dovrebbe essere il numero 4 oppure 5…) intanto se fa ‘na camomilla

TRE, il mini-referendum

Sei (più del previsto, meno però dei “peccati capitali”) le risposte arrivate. Dopo l’iniziale «Minchia signor tenente (citazione cinematografica, Gabriele Salvatores in “Mediterraneo”) Bianca scrive: «si proceda». Francesco è per 2, non più di 2. Al contrario Carlo: «sì, sì, due martedì, un’altra settimana accorciamo il numero di giorni, un’altra li moltiplichiamo. Incasiniamo tutto!! Basta coi calendari e le regole temporali». Sintetico (e un poco ermetico?) Alberto: «sì, due martedi è perfetto». La formichina risparmiosa, cioè Gian Filippo, scrive: «A volte avrai carenza di materiale, quindi meglio conservare gli interventi».

Articolata e piena di faccine sorridenti la risposta di Giulia: «Ti dico la mia, solo perché l’hai richiesta. Tre post a martedì sono anche troppi, ne basterebbero anche due (data anche la complessità e profondità degli argomenti trattati). Programmali piano piano, così copri più tempo e abbatti il rischio di trovarti, magari, con un martedì vuoto dopo due martedì di sei. Se butti giù un banalissimo calendario editoriale fatto anche con un foglio excel hai anche la possibilità di dire ai/alle blogger QUANDO di preciso uscirà il post, e tanti saluti. Far aspettare non è antipatico se in cambio dai al post il suo giusto respiro e la gente se lo può leggere con agio e calma. E così anche tu non impazzisci. Ciao e buona programmazione!»

QUATTRO, l’ardua decisione

Udite-udite, popoli delle galassie. Nel consueto scarso possesso delle mie facoltà mentali (e dopo aver inteso l’ornitorinco e Severo De Pignolis) decido per ora di accogliere la proposta di Giulia. Due post dunque ogni Marte-dì terrestre e nella qui presente, famigerata bottega resterà un solo Marte-dì ogni settimana. Mentre mi informo di cosa sia un foglio excel, però mi appresto già a una contro-riforma. O meglio suggerisco questa sola eccezione: i post u-r-g-e-n-t-i (tipo gli Urania che stanno in edicola un solo mese o i film che arrivano in sala) saranno “terzizzati” oppure passeranno avanti e/o sforeranno. E adesso avanti: per aspera ad Asterix. Però non dite che devo mettermi a dieta perchè sembro Obelix.

LE IMMAGINI sono state scelte da Mauro Antonio Miglieruolo e dovrebbero essere tutte di Jacek Yerka… ma se sbaglio correggetemi. Oppure annullate questa sequenza temporale cliccando in alto sul tessaratto – pulsante 42 – dell’infundibolo cronosinclastico vonnegutiano che dovreste avere collegato sotto l’ascella. [db]

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

Un commento

  • Ci arrivi a fare il paio con i peccati capitali, db… ci arrivi.
    Basta che al computo aggiungi la mia risposta (peggio per te che mi hai tenuto in considerazione!) Mi riferisco alla mail di ieri sera che ti ho colpevolmente inviato senza oggetto (10 scudisciate e 4 Ave Maria).

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