Omofobia al Julius bar. Ma il 21 aprile 1966…

… Mattachine Society scompiglia le carte

ripreso da bizarrecagliari (*)

21 aprile 1966 –  Colazione da Tiffany’s, Sip-in al Julius Bar

Con il semplice atto di sedersi al bancone del Julius bar ordinando normalmente da bere, alcuni membri dell’organizzazione Mattachine Society di New York smascherano pubblicamente la pratica discriminatoria e anticostituzionale di non servire clienti omosessuali nei bar.

Dick Leitsch, Craig Rodwell, John Timmins e Randy Wicker – gli avventori del Julius bar – appartenevano alla nuova generazione della sezione newyorchese della Mattachine Society, tra le prime organizzazioni statunitensi per i diritti della comunità omosessuale. Fondata a Los Angeles nel 1950 da Harry Hay, originariamente la Mattachine Society era organizzata come una società segreta per i gay basata sull’anonimato dei membri, che si riunivano in cellule autonome per discutere le varie forme di discriminazione inflitte loro dalla società ed escogitare eventuali strategie per abbatterle o anche solo per sopravvivere. Fin dagli anni Trenta, con la fine del Proibizionismo, le istituzioni pubbliche avevano messo in atto una serie di pratiche pretestuosamente legittime al fine di imporre una certa idea di moralità che costringeva le persone omosessuali a nascondere la loro identità sessuale, pena lo scrutinio da parte delle forze dell’ordine con conseguente perdita del lavoro e isolamento sociale, determinando di fatto la loro condanna a vivere sempre con una maschera addosso. Fu proprio da questa constatazione che la Mattachine Society prese il nome, ispirandosi al gruppo di artisti girovaghi francesi Matachines che nella Francia rinascimentale inscenavano mascherati le loro satire sociali contro l’oppressione dei potenti.

Nel corso degli anni Cinquanta la Mattachine Society aveva visto crescere il numero di sezioni sparse in diverse città degli Stati Uniti, ognuna delle quali portava avanti iniziative autonome che offrivano varie forme di supporto ai membri che subivano discriminazioni, prevalentemente in forma di consulto psicologico e, in maniera sempre crescente, di appoggio legale. Con conferenze e pubblicazioni cercavano di sensibilizzare la cultura contro il pregiudizio verso i gay. Il loro operato fu fondamentale per ricostituire un senso di comunità e appartenenza in un’epoca in cui il tasso di suicidi tra gli omosessuali era altissimo. Ma con l’arrivo degli anni Sessanta e con l’ondata di attivismo per i diritti civili, i membri più giovani delle sezioni indipendenti, specie a Washington e New York, spingevano per forme di attivismo più radicali, che non si limitasse ad offrire supporto all’interno di uno status quo discriminatorio ma che fosse in grado di svelarne l’ingiustizia e l’illegalità per cambiarlo per sempre.

Quando Dick Leitsch si trasferì a New York dal nativo Kentucky, nel 1962, non era in nessun modo coinvolto nella causa dei diritti civili per gli omosessuali, voleva solo “essere a New York a fumare sigarette e bere cocktails come Bette Davis”. E anche fare nuovi incontri. Ma bere liberamente cocktails e fare incontri era ancora rischioso per i gay. Per le strade e nei locali, le forze dell’ordine in borghese organizzavano metodicamente imboscate, fingendo interesse sessuale in modo da smascherare l’omosessualità del loro bersaglio, che veniva prontamente fermato con l’accusa di ‘incitazione alla sodomia’. Contemporaneamente la State Liquor Authority, l’ente che aveva il potere di concedere e revocare la licenza per gli alcolici ai locali, aveva reso automatica l’associazione tra la presenza di omosessuali in bar e ristoranti e l’accusa di disturbo della quiete pubblica che metteva a rischio la licenza per i proprietari dei locali. Questa consapevolezza e l’incontro con Craig Rodwell, un giovane membro radicale della Mattachine Society, furono la chiamata alle armi per Dick Leitsch. Di mattina Leitsch lavorava come commesso da Tiffany’s dove vendeva orecchini, ma nelle ore libere prestava servizio alla Mattachine Society di New York, raccogliendo le testimonianze di vittime di discriminazione e invitandole all’azione legale. Nel frattempo, insieme ad altri giovani attivisti come Craig Rodwell e Randy Wicker, studiava forme d’azione che si ispiravano al movimento per i diritti civili e che miravano a colpire e indignare l’opinione pubblica. In barba al suo iniziale disinteresse, nel 1964 Dick Leitsch diventa il nuovo presidente della Mattachine Society di New York.

Colpiti dalla svolta decisiva che i sit-in negli stati del Sud avevano dato alla lotta per i diritti civili dei neri, Leitsch, Rodwell e Wicker insieme a John Timmins si inventano l’azione del sip-in, dal verbo inglese to sip (sorseggiare): identificato un locale dove veniva rifiutato il servizio ai gay, vi si ordina un drink dichiarando la propria omosessualità e insieme l’intenzione di non creare nessun disturbo alla quiete pubblica in modo che il rifiuto venga smascherato di fronte ai media, preventivamente coinvolti nell’azione, come palesemente illegale e intriso di assurdo pregiudizio. La scelta ricadde sull’Ukranian American Village Hall, un ristorante del West Village che aveva all’ingresso un cartello con su scritto “if you’re gay, please go away” (se siete gay, siete pregati di andarvene). Ma quel pomeriggio del 21 aprile la comitiva dei Mattachine arrivò al ristorante in ritardo, dopo che i giornalisti del New York Times e del Village Voice che seguivano l’azione avevano già allertato il proprietario di quanto sarebbe dovuto succede, col risultato che il ristorante chiuse prima per non trovarsi nell’occhio del ciclone. Leitsch, Rodwell, Wicker e Timmins, stampa al seguito, deviarono allora prima all’Howard Johnson, dove inscenarono la loro richiesta ma vennero comunque serviti, e poi al Waikiki dove poterono degustare il loro cocktail e dove ai giornalisti che obiettavano il servizio a persone omosessuali il proprietario rispose: ‘non stanno facendo niente di apertamente gay, come diavolo potrei sapere se lo sono?’. Inebriati dai cocktail e quasi sconfitti nei loro propositi, gli attivisti stavano per demordere ma i giornalisti li convinsero a fare un ennesimo tentativo. Si diressero allora al Julius bar, uno dei più antichi bar gay di New York, dove si esibivano Fats Waller e Billie Holiday, che era meta abituale di Tennessee Williams e Truman Capote, e dove – nella settimana precedente al sip-in – una retata aveva portato all’incriminazione di un prete, ovviamente incastrato dalla polizia e accusato di sollecitazione omosessuale. Il Julius era quindi nel mirino della New York State Liquor Authority.

Un cartello della polizia appeso sulla porta segnalava: ‘questo locale è soggetto a retate’. Con questa premessa, quando i quattro giovanotti abbigliati a puntino in stile Mad Men sedettero al bancone e ordinarono da bere vennero serviti, ma appena dichiararono: siamo omosessuali, siamo qui per un drink e non vogliamo creare disturbo alla pubblica quiete, la mano del barista corse ai bicchieri per ritirarli, momento esattamente immortalato dallo scatto di Frank McDarrah, il fotografo del Village Voice.

La storia venne pubblicata nel New York Times l’indomani e, nonostante il tono ‘scandalistico’ e discutibile dell’articolo, l’attenzione dei media e della pubblica opinione era catturata. Ma Dick Leitsch non poteva accontentarsi della copertura mediatica e volle portare il caso in giudizio, offrendo in qualità di presidente della Mattachine Society supporto legale al proprietario del Julius. Chiamata in causa, la State Liquor Authority di New York si vide costretta a rinunciare a qualsiasi azione contro il bar, dal momento che – non essendoci stato nessun disturbo della pubblica quiete – non servire una persona per la sua omosessualità era una pratica palesemente discriminatoria e, soprattutto, illegale.

Il sip-in al Julius Bar fu pietra miliare per l’embrionale movimento per i diritti gay, il suo successo galvanizzò la comunità LGBT e creò un importante esempio di attivismo senza il quale è difficile immaginare che tre anni dopo la forza propulsiva di Stonewall sarebbe esplosa con altrettanta potenza.

VIDEO: Fats Waller, I Ain’t Misbehavin’ https://www.youtube.com/watch?v=-FIqTX6SSRY

 (*) RIPRESO da www.bizarrecagliari.com ovvero «Storie della Beat Generation, della Controcultura e altro»: da gennaio racconta OGNI GIORNO vicende, persone, movimenti che il pensiero cloroformizzato e sua cugina pigrizia preferiscono cancellare.Questo testo viene pubblicato in simultanea con Diatomea.net

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *