Gli aiuti umanitari vanno in profitti

redazione Diogene (*)

Bill Gates afferma che la crisi alimentare globale è così immensa che gli aiuti umanitari non possono risolvere completamente il problema. Ciò che è necessario, sostiene Gates, sono le innovazioni nella tecnologia agricola. Processi che lui stesso, tramite The Bill e Melinda Gates Foundation, ha finanziato da molto tempo a questa parte.

Le affermazioni del fondatore di Microsoft, predatore di mercati spesso sanzionato per abuso di posizione dominante dall’Unione Europea, ma adesso convertito alle cause per migliorare l’umanità, in apparenza sembrano logiche, ma alcuni studi recenti, al contrario, smentiscono la sua tesi.

Daron Acemoglu, un influente economista del Massachusetts Institute of Technology, ha sostenuto ciò che descrive come “automazione eccessiva”. Secondo alcune delle sue recenti ricerche, la metà o più del crescente divario salariale tra i lavoratori americani negli ultimi 40 anni è attribuibile all’automazione di compiti precedentemente svolti da lavoratori umani, in particolare uomini senza diplomi universitari.

Naturalmente nel primo caso, quello proposto da Gates, parliamo di processi di base dell’agricoltura mentre nel secondo di un’economia nei paesi ad alto tasso di sviluppo. Se restiamo però sulla metafora, tanto cara agli economisti liberisti, di come sfamare il pescatore, che se gli regali il pesce mangerà un giorno ma se vuoi che si sfami da solo in futuro devi procurargli la canna da pesca, capiamo che il rimedio proposto da Gates ha corto respiro.

Gates indica, in particolare, una svolta che chiama “semi magici”, colture progettate per adattarsi ai cambiamenti climatici e resistere ai parassiti agricoli. Lo ha fatto pubblicando una mappa che indica come il cambiamento climatico influenzerà le condizioni di crescita delle colture. Proposte in conflitto con gli sforzi mondiali per proteggere l’ambiente, in quanto i cosiddetti “semi magici” necessitano di pesticidi e fertilizzanti a base di combustibili fossili per crescere.

Al contrario di Gates il professor Acemoglu, uno degli economisti più citati nelle riviste accademiche, sostiene che le macchine e il software hanno contribuito in modo significativo agli sbalorditivi divari di reddito a cominciare dagli Stati Uniti. Anche il premio Nobel Paul Romer ha spesso evidenziato come il mercato sia finito fuori controllo a causa dell’influenza delle grandi aziende tecnologiche, quelle che Gates vorrbbe far intervenire sul problema della fame nel mondo.

Per quanto “magici” siano i semi di Bill Gates, avranno comunque bisogno di anni per maturare e crescere e nel frattempo i paesi più colpiti da fame e carestia continuano a dipendere dalle importazioni di cibo. Inoltre l’aumento del commercio internazionale tende a incoraggiare le aziende nell’adottare strategie di automazione. Ad esempio, le aziende preoccupate dalla concorrenza a basso costo del Giappone e poi della Cina hanno investito in macchine per sostituire i lavoratori. Un processo che aggiunge una domanda alla proposta di Gates: chi raccoglierà i frutti dei semi magici nei Paesi in cui verranno piantati?

L’idea alla base del Gates “buono”, quello che non si preoccupa più di sopraffare i mercati con un prodotto di scarsa qualità e pratiche scorrette che uccidono la concorrenza, è vedere la tecnologia come un ingrediente magico che aumenta le dimensioni della torta economica e rende le nazioni più ricche. Un quadro contrapposto a quanto dimostrato dagli studi del professor Acemoglu, secondo cui la metà o più del divario salariale crescente negli ultimi decenni deriva dalla tecnologia.

Sempre Acemoglu, insieme agli economisti che con lui hanno analizzato i dati degli ultimi 40 anni di presenza delle aziende tecnologiche sui mercati, ritiene che la tecnologia vada reindirizzata in modo che funzioni per le persone e non contro di loro. Un aspetto su cui Bil, Gates, a cui comunque va riconosciuto lo sforzo per affrontare il problema della fame nel mondo, non ha soffermato per nulla la sua attenzione.

Eppure l’ipotesi di lavoro di Acemoglu assomiglia più alla teoria di dare la canna da pesca per far mangiare sempre il pescatore anzichè il pesce per farlo mangiare soltanto un giorno. Oltre ai dati economici su cui si basano le sue proposte è possibile riscontrare un buon senso umanitario nel progetto di far marciare di pari passo formazione umana e sviluppo tecnologico.

Chi vincerà alla fine? Chi ha più soldi e interessi naturalmente, come sempre, inutile pensare che le aziende tecnologiche fonderanno un mercato umano contrapposto alla spietata logica del profitto. La Bill and Melinda Gates Foundation è la più grande fondazione privata al mondo, ha speso 1,5 miliardi di dollari soltanto in sovvenzioni incentrate sull’agricoltura in Africa. E’ un caso in cui la beneficenza apre la strada a interessi che benefici non sono, anche al di là delle buone intenzioni di partenza.

(*) articolo in origine pubblicato su https://diogeneonline.info/passano-per-gli-aiuti-umanitari-le-strade-del-profitto-delle-aziende-tecnologiche/

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Un commento

  • CLAUDIO MAZZOLANI

    Le affermazioni del predatore sono da predatore.
    Se investi in aziende mediche e aziende che hanno a che fare con la produzione agricola, che poi sono sempre le stesse vedasi il caso Bayer/Monsanto, è ovvio che che fai pubblicità (o ti auguri) in malattie, epidemie o nella fame del mondo.
    A questo proposito cito sempre il dato “ci sono sempre meno persone che muoiono di fame e sempre più persone che muoiono per problemi di obesità. Il rapporto dovrebbe essere di 1 a 3!”.
    Tutto ha inizio dalle grandi fusioni nel campo agro-alimentare a partire, più o meno dal 2015.
    Quando due aziende si fondono il significato è uno solo VANNO MALE TUTTE E DUE E LA SOMMA ANDRÀ PEGGIO.
    La Monsanto è la somma di tante acquisizioni e si fa assorbire dalla Bayer che pensa di aver fatto l’affare del secolo.
    Confrontate i bilanci Bayer pre e post acquisizione … …

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