Pena di morte: due storie da Pennsylvania e Iran
Il nuovo numero del foglio di collegamento del «comitato Paul Rogeau»
ACCUSATO ERRONEAMENTE DI 6 OMICIDI LIBERATO DOPO 30 ANNI
Sono passati 30 anni prima che ci si accorgesse che Christopher Williams, un nero condannato a morte in Pennsylvania per sei omicidi, è innocente.
Christopher Williams appena liberato abbraccia i suoi cari
Il 9 febbraio Christopher Williams è uscito dal carcere in Pennsylvania. La sera del giorno prima tale Theophalis ‘Bilal’ Wilson ha incontrato i familiari di Williams per consigliarli.
“È stato in prigione per 30 anni. Non potete aspettarvi che sia normale” ha detto Wilson. “Dovete essere molto amorevoli, ma allo stesso tempo molto forti con lui, perché ci sono un sacco di cose che non sa, un sacco di cose che deve imparare. Mostrategli amore, ma dategli spazio. Non tiratelo in tutte le direzioni. … Ora è libero. Per 30 anni altre persone gli hanno detto che cosa doveva fare”.
Wilson si trovava in una posizione unica per dare consigli. Lui e Williams furono accusati di un triplice omicidio avvenuto nel 1989. Entrambi hanno passato trent’anni in prigione. Entrambi sono stati scagionati dopo che l’Ufficio del procuratore distrettuale di Filadelfia ha esaminato i documenti del caso e vi ha trovato una “tempesta perfetta” con informatori bugiardi, cattiva condotta dell’accusa e prove a discarico nascoste.
Wilson è stato rilasciato un anno fa. Ma Williams – un falegname di Germantown, etichettato come mente criminale, accusato di 6 omicidi – è rimasto in prigione per un altro caso di omicidio (era stato assolto al processo per 2 omicidi).
“C’era un po’ di cinismo in me, come essere umano, che un individuo potesse essere erroneamente condannato più di una volta” ha detto Patricia Cummings, che lavora nell’ufficio del Procuratore distrettuale di Filadelfia per verificare che le condanne siano giuste e ha scagionato 18 accusati nell’arco di 3 anni. Ma alla fine la sua squadra ha scoperto che “il fulmine ha colpito due volte”.
Il 9 febbraio la giudice Tracy Brandeis-Roman della Corte di Appello di Filadelfia, che ha definito la situazione “sbalorditiva”, ha accettato di annullare la condanna per il sesto e ultimo omicidio, cioè aver sparato al 19-enne Michael Haynesworth nel 1989. Ha esteso le sue scuse ai membri della famiglia di Haynesworth per il “pugno nello stomaco” del fallimento del sistema. Il fratello di Haynesworth che ha partecipato all’udienza, tenuta via Zoom, non ha rilasciato dichiarazioni alla stampa.
Christopher Williams, che ora ha 61 anni, ha espresso profonda gratitudine agli avvocati che hanno indagato sul suo caso. “Non hanno fatto nulla di spettacolare: hanno fatto il loro lavoro”. Ma – ha aggiunto – questo ha portato a un risultato spettacolare: “Mai nella storia del sistema giudiziario della Pennsylvania qualcuno è stato accusato di 6 omicidi, assolto per 2 e ora scagionato per 4”.
Tutti i casi contro Williams erano basati sulle accuse di un certo James White che – rischiando la pena di morte per una serie di 6 orribili omicidi – fece un accordo per denunciare i suoi complici. Gli accusatori avevano promesso a White di aiutarlo a chiedere la commutazione della pena dopo 15 anni.
Ora, gli avvocati dicono che è evidente che James White e un altro testimone, tale David Lee, hanno entrambi fornito una falsa testimonianza. Gli avvocati rilevano che i procuratori non hanno reso noto che David Lee aveva precedentemente accettato un accordo per testimoniare in 2 casi di omicidio.
“La condanna di Williams è stata costruita su un castello di carte che ha cominciato a crollare nel 2019 quando la Pennsylvania ha aperto i suoi archivi alla difesa”, ha scritto nei suoi documenti la Conviction Integrity Unit (CIU) che ha il compito di investigare nei casi in cui vi siano legittime rivendicazioni di innocenza. “Una volta che è stato permesso alla luce di brillare, la Pennsylvania è stata costretta a vedere che la struttura di base della condanna è stata costruita sul comportamento senza scrupoli di diversi cattivi attori”.
Un terzo testimone, una ragazza che all’epoca aveva solo 13 anni, aveva testimoniato contro Williams. Questa testimone ricevette una sentenza leggera in cambio della sua testimonianza.
L’avvocato Victor Abreu – che difende Williams da 30 anni – chiede scusa alla famiglia Haynesworth “perché dopo 31 anni ancora non abbiamo la risposta su chi ha ucciso il loro caro”.
Nel frattempo, guardando il procedimento via Zoom dalla sua casa di Olney, la sorella di Williams, la 62-enne Maxine Matthis, ha tirato un grande sospiro di sollievo perché finalmente la storia è arrivata alla fine.
Lei e i suoi figli hanno appeso uno striscione “Ben tornato a casa” e palloncini festosi sul portico anteriore della loro dimora per una modesta celebrazione in linea con i protocolli di sicurezza del COVID-19.
Christopher Williams ha 5 figli. “I suoi figli sono cresciuti e hanno avuto figli, e alcuni di loro hanno a loro volta figli propri” ha detto la sorella di Christopher, che ha perso il conto di circa 18 nipoti e pronipoti, sparsi in tutto il Paese.
Quando finalmente è arrivato martedì sera, Williams è stato accolto da una folla in lacrime di parenti e familiari, compresi alcuni degli uomini che sono stati portati a considerarlo come figura paterna e faro di positività in decenni di incarcerazione insieme. Williams aveva una cartella contenente 2 mandati di esecuzione, entrambi firmati nel 1999. “Se la Pennsylvania fosse uno stato come il Texas, ora non saremmo qui a fare questa conversazione”.
Ha detto di aver visto molti uomini intorno a lui nel braccio della morte arrendersi, abbandonare i loro appelli o togliersi la vita. Si è concentrato sul rimanere in contatto con la sua famiglia, ricordando a se stesso che la verità tende a prevalere. “Non potevo rinunciare a me stesso, perché non potevo rinunciare a loro”.
Maxine Matthis ha abbracciato suo fratello e poi Theophalis ‘Bilal’ Wilson, che era, ha detto, “solo un bambino” quando è stato incarcerato. Piangendo, gli ha detto: “Ora siete tutti a casa. Ora sto bene”.
Christopher Williams spera di ritornare a fare il carpentiere. Vorrebbe creare un programma di apprendistato per aiutare altre persone precedentemente incarcerate a entrare nel settore dell’edilizia.
Williams ha detto che vuole essere una voce per coloro che ha lasciato indietro. “Se tutto questo è stato fatto a me, rimane la domanda: A chi altro è stato fatto?”
IN IRAN IMPICCATO IL CADAVERE DI UNA DONNA INNOCENTE
Una donna innocente, che si era autoaccusata per salvare la figlia adolescente, è stata condannata a morte. La donna è morta di infarto dopo aver assistito all’impiccagione di 16 uomini, mentre era in attesa di essere uccisa a sua volta. Ciò non ha impedito che la sua “esecuzione” fosse portata a termine.
Il 17 febbraio a Karaj in Iran è stato impiccato il corpo esanime di una donna, la 42enne Zahra Esma’ili, madre di due figli. La donna era stata condannata a morte per essersi presa la colpa dell’omicidio del marito, commesso in realtà dalla figlia adolescente per difendersi dalla violenza del padre.
Zahra Esma’ili è morta di infarto dopo aver assistito all’impiccagione di 16 uomini, mentre lei stessa era in attesa dell’esecuzione. Ciò non ha impedito alla cinica crudeltà del sistema giudiziario iraniano di far impiccare il suo corpo. È stata anzi la suocera, la madre della vittima, a far cadere con un calcio lo sgabello sul quale erano appoggiati i piedi del cadavere di Zahra.
Zahra – la 114esima donna messa a morte da quando Rouhani è presidente del regime clericale in Iran – era la moglie di un alto funzionario dell’intelligence dei mullah. Il funzionario maltrattava e picchiava continuamente sua moglie, portava a casa altre donne alla presenza dei familiari, aveva minacciato di uccidere la moglie e tentò di violentare sua figlia. Come conseguenza di tutta questa brutalità, la figlia lo uccise con l’aiuto del fratello, sparandogli un colpo alla testa. La madre si assunse la colpa dell’omicidio e fu condannata a morte.
Il suo caso è emblematico e deve scuotere l’opinione pubblica mondiale contro l’atteggiamento misogino e corrotto del regime iraniano. I leader e i funzionari del regime clericale devono rispondere davanti alla giustizia internazionale di 40 anni di crimini contro l’umanità.
L’avvocato di Zahra ha dichiarato che sul certificato di morte della sua cliente l’amministrazione carceraria ha scritto giustamente che la causa del decesso è stata un “attacco di cuore” e non “impiccagione”.
Appendere il suo corpo è solo la dimostrazione dello spregio della dignità umana in cui vengono tenuti i condannati a morte e in particolare le donne.
Desidero aggiungere a una mia riflessione personale.
Nei civilissimi e democratici Stati Uniti d’America una cosa del genere non sarebbe accaduta, e tutti inorridiscono alla sola idea, ma sappiamo bene che in America, nelle settimane che precedono le esecuzioni, i condannati sono tenuti sotto sorveglianza 24 ore su 24 per impedire loro di suicidarsi, privando così lo Stato e i parenti delle vittime della soddisfazione di vederli ammazzare. Sappiamo anche di casi di persone che hanno tentato il suicidio, sono state salvate in extremis e rimesse in sesto per essere poi uccise secondo la legge. I malati di mente vengono curati perché possano rendersi conto del motivo per cui li si ammazza e poterli così giustiziare. C’è poi davvero tanta differenza con il terribile e crudele sistema giudiziario iraniano? (Grazia)
PRESENTAZIONE E SOMMARIO DEL NUMERO 280 DEL “FOGLIO DI COLLEGAMENTO”
Questo numero, a differenza del precedente, non parla di grandi personaggi e di avvenimenti politici importanti ma, soprattutto, di singole persone. Avvenimenti per lo più positivi, salvo quelli – quasi incredibili – che accadono in Iran.
Vi ricordo che gli articoli comparsi nei numeri precedenti del Foglio di Collegamento, ai quali rimandano le note in calce ad alcuni articoli di questo numero, si trovano nel nostro sito www.comitatopaulrougeau.org
Giuseppe Lodoli
per il Comitato Paul Rougeau
SOMMARIO
Riuscirà Raymond Riles a uscire dal braccio della morte del Texas?
Sospesa un’esecuzione in Alabama per motivi religiosi
Accusato erroneamente di 6 omicidi liberato dopo 30 anni
Ormai certa l’abolizione della pena di morte in Virginia
In Iran impiccato il cadavere di una donna innocente
Almeno 27 esecuzioni in Iran a gennaio
In Pakistan non verranno più messi a morte i malati mentali gravi
Nel 1859 l’ultima esecuzione pubblica in Canada
Notiziario: Iraq, Italia, Texas
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Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 28 febbraio 2021
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