Portorico: quale futuro con Trump alla Casa Bianca?

di David Lifodi

 

Gli ultimi progetti del Congresso Usa per risolvere la situazione politica di Portorico non sembrano essere entusiasmanti, anche alla luce della presidenza Trump alla guida degli Stati Uniti. In questo contesto, sotto la pressione delle banche, l’amministrazione portoricana ha scelto la strada di un ulteriore taglio alla spesa pubblica, su indicazione di Washington. I dati più recenti provenienti dall’isola delle Grandi Antille, politicamente associata agli Stati Uniti, parlano di un alto tasso di disoccupazione e di buona parte della popolazione che vive sotto il livello di povertà.

Il rapporto tra gli Usa e Portorico non è mai stato dei migliori. L’isola centrale di Vieques è stata sempre considerata dagli Stati Uniti un avamposto militare per sorvegliare i Caraibi ed evitare la diffusione del socialismo come avvenne a Cuba e, solo in parte, a Grenada. Da Vieques gli Stati Uniti potevano controllare le inquietudini e le ribellioni dell’America centrale e dell’America latina. Tuttavia, la presenza militare statunitense ha costretto buona parte degli abitanti ad abbandonare Vieques e l’isoletta di Culebra. Gli addestramenti militari hanno provocato nel corso tempo problemi ambientali e di salute irreparabili, a partire da un sensibile aumento dei casi di cancro. Alcuni anni fa una lettera del Colegio de médicos y Cirujanos de Puerto Rico evidenziava una crescente contaminazione da mercurio e piombo per gli abitanti di entrambe le isole. Inoltre, l’inquinamento ambientale ha causato il crollo dell’economia locale, basata principalmente sull’attività di pesca, e anche del turismo. La popolazione di Vieques e Culebra si è sempre opposta alla presenza dei militari Usa soprattutto quando, il 19 aprile 1999, la guardia di sicurezza David Sanes Rodríguez rimase uccisa e altre tre persone furono ferite da due bombe sganciate da un aereo a stelle e strisce che, durante un’esercitazione militare, aveva fatto fuoco sull’obiettivo sbagliato. E ancora, nel 2000, all’epoca della presidenza Clinton, gli Stati Uniti cercarono di compensare Portorico con 40 milioni di dollari in cambio della permanenza della base militare a Vieques. Di fronte alla resistenza di gran parte della popolazione alla presenza Usa a Vieques e Culebra, Clinton propose allora di effettuare un referendum per decidere sullo status di Portorico come territorio “non incorporato” agli Usa, fin quando, nel 2003, si rassegnò a chiudere la base militare, di fronte alle richieste crescenti di abbandonare Vieques provenienti dalla maggioranza dei portoricani, che nel frattempo avevano stabilito un solido legame con le donne giapponesi di Okinawa, l’isola occupata dagli Stati Uniti per oltre 60 anni.

Attualmente si parla di contatti già avviati tra il governatore Ricardo Rosselló e l’entourage di Donald Trump, ma nell’isola non si è ancora spenta l’eco dei fatti dello scorso novembre, quando la leader del Partido Independentista Portorriqueño, María de Lourdes Santiago, è stata arrestata insieme a decine di manifestanti che si opponevano al deposito di rifiuti tossici e radioattivi nella cittadina di Peñuelas. La lotta per evitare che la città si trasformi nel deposito di rifiuti tossici emessi dal carbone per la produzione di energia elettrica, che da tempo vede coinvolti gli abitanti delle regioni collocate a sud del paese, si è trasformata in una nuova occasione per chiedere l’indipendenza di Portorico. La battaglia ambientalista è stata sostenuta, tra gli altri, dal leader lgbtt Pedro Julio Serrano, il quale ha invitato a battersi non solo per la causa di Peñuelas, ma anche per l’uguaglianza di genere e, soprattutto, per l’autonomia di Portorico.

In questo contesto, un atto distensivo è venuto dall’ex presidente Usa Barack Obama che, proprio pochi giorni prima di lasciare la Casa Bianca, ha concesso la grazia a Óscar López Rivera, simbolo della lotta per l’indipendenza di Portorico. L’uomo uscirà di prigione il prossimo 17 maggio, dopo aver trascorso 35 anni in carcere. Senza l’intervento di Obama, López Rivera sarebbe dovuto rimanere in carcere fino al 2023, quando avrebbe avuto 80 anni di età. Solo pochi giorni prima del 17 gennaio, giorno in cui Obama ha concesso la grazia, la Casa Bianca aveva ricevuto un appello corredato da oltre centomila firme (tra cui quelle di uomini del mondo dello spettacolo, della cultura, dell’ex presidente Usa Jimmy Carter e dei governatori di Portorico Padilla, uscente, e Ricardo Rosselló, entrante). Il militante indipendentista, da sempre impegnato a migliorare i diritti della comunità portoricana, scelse la strada della clandestinità nel 1976, quando si unì alle Fuerzas Armadas de Liberación Nacional (Faln). Fu nel 1981 che l’Fbi lo accusò di cospirazione per aver aderito ad un gruppo armato, nonostante Óscar López Rivera si fosse appellato al Protocollo I della Convenzione di Ginevra del 1949, che riconosce i diritti dei detenuti coinvolti in conflitti contro l’occupazione coloniale e non li assimila ai criminali comuni. La prima condanna inflitta fu a 55 anni di carcere, ma un suo tentativo di fuga finito male gli provocherà un aumento della pena fino a 70 anni, di cui 12 di isolamento totale.

La scarcerazione di Oscar López Rivera, unico militante delle Fuerzas Armadas de Liberación Nacional rimasto ancora dietro le sbarre (senza che gli fossero mai state imputate azioni armate, ma esclusivamente il reato di cospirazione sediziosa), potrebbe servire ad aprire un dialogo nella crisi tra Portorico e Stati Uniti, di cui è responsabile esclusivamente la Casa Bianca. Ovviamente, Trump permettendo.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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