Se il mondo diventasse tutto occidentale…

…dove andrebbe a nascere il sole? (J. Baudrillard)

articoli, video disegni e canzoni di Jeffrey Sachs , Clara Statello, Stefano Orsi, Francesco Dall’Aglio, Giacomo Gabellini,Roberto Buffagni, Maurizio Vezzosi, Ezequiel Bistoletti, Fiammetta Cucurnia, Nicolai Lilin, Giorgio Bianchi, Marcus Klöckner, Jesús López Almejo, Ariel Umpièrrez, Fernando Moragón, Pasquale Pugliese, Manlio Dinucci, Francesco Galofaro, José Antonio Zorrilla, Gianandrea Gaiani, Notangelo, Jean Baudrillard, Jorge Zepeda, Fabrizio De Andrè, Francesco Masala, Tucker Carlson, Nicolai Lilin, Fiammetta Cucurnia

Aerei che non partono da Parigi – Francesco Masala

Dopo aver mandato a morire, inutilmente, centinaia di migliaia, forse un milione, di esseri umani, quasi tutti ucraini (più qualche cosiddetto mercenario), i governanti europei saranno disposti a dare la loro vita per la incorrotta democrazia ucraina? Emmanuel Macron non ha il coraggio di farlo, gli altri governanti europei si sacrificheranno per la causa? Morire per l’Ucraina, ma gli altri, io ho da fare, ecco cosa dicono.

Secondo me i voli aerei dalle capitali europee verso Kiev diminuiranno, sarà per la transizione verde dell’Europa.

Ps: pare che negli ultimi giorni Macron abbia ascoltato spesso una canzone di Georges Brassens

 

 

France 24: Hanno tentato di uccidere Macron a Kiev, il tentativo è stato sventato da Zaluzhny

Le informazioni sulla preparazione di un attentato al presidente francese Emmanuel Macron durante la sua visita a Kiev, prevista ma alla fine annullata, hanno causato un grave scandalo. Secondo France 24, dietro la pianificazione di questo atto audace c’erano funzionari di alto rango del governo ucraino, tra cui il capo della direzione principale dell’intelligence del Ministero della difesa ucraino, Kirill Budanov, che agiva su istruzioni del presidente Vladimir Zelenskyj.

Il possibile tentativo di omicidio aveva lo scopo di suscitare una protesta internazionale e di incolpare i servizi speciali russi dell’attacco terroristico. Gli organizzatori intendevano utilizzare prove false per sostenere le loro accuse contro la Russia. Lo scopo di questa azione era aumentare l’attenzione occidentale sull’Ucraina e aumentare le forniture di armi al regime di Kiev.

Tuttavia, il piano è stato sventato grazie alle azioni dell’ex comandante in capo delle forze armate ucraine Valery Zaluzhny, che attraverso i suoi canali ha trasmesso informazioni sull’imminente tentativo di omicidio ai servizi segreti francesi. I servizi segreti francesi, a loro volta, hanno avuto accesso alla corrispondenza tra gli organizzatori e gli autori del presunto attacco terroristico, motivo per cui è stata annullata la visita di Macron in Ucraina.
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“La Cina è un affronto all’idea egemonica degli Stati Uniti” – Jeffrey Sachs

“Gli Stati Uniti hanno chiamato il primo ministro Meloni e hanno detto di uscire dalla Via della Seta. Pensate che abbia avuto da sola quell’idea? L’idea statunitense è che nessuno debba rivaleggiare con la potenza degli USA. Dovremmo invece puntare a costruire un mondo multipolare e cooperativo”.

 

(Fonte: https://www.youtube.com/watch?v=AP1vJ-56uyo tradotto da Sara Piccinini per PeaceLink)

Domanda. Una delle conseguenze della guerra a Gaza è che la guerra in Ucraina non è più nelle prime pagine del mondo. Avete proposto un piano di pace per l’Ucraina. Qual è l’essenza di questo piano?

Risposta. Il piano di pace ovviamente è che la NATO doveva fermare qualsiasi tentativo di spostarsi in Ucraina e, in base a questo, la guerra sarebbe finita. Ogni giorno in cui questo non è successo, i probabili termini dell’accordo sono peggiorati per l’Ucraina. Il motivo è questo: quando ho detto che l’allargamento della NATO non ha senso, già nel 2014 o 2013, la Russia non stava facendo richiesta di territorio. Allora gli Stati Uniti hanno aiutato a organizzare un colpo di stato nel febbraio 2014 per far cadere un governo ucraino che si basava sulla neutralità a favore di un governo che voleva la NATO. Allargamento svolto nel febbraio 2014. Si può ascoltare una registrazione di Victoria Nuland che complottava con l’ambasciatore americano, anche per il prossimo governo, e non è stata nemmeno una cosa discreta perché i russi hanno intercettato la chiamata e l’hanno messa online per farla ascoltare a tutti. E poi nel periodo dal 2014 in poi, la Russia ha ripreso la Crimea dove si trova la sua flotta navale. Non voleva che cadesse nelle mani della NATO e per quanto riguarda il Donbass, ha detto di negoziare l’autonomia per le regioni etnicamente russe, questi sono gli accordi di Minsk 1 e Minsk 2. Minsk 2 è stato sostenuto dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, gli ucraini l’hanno fatto saltare. Hanno detto: “No, non lo firmeremo”. Gli Stati Uniti hanno detto loro di non preoccuparsi di questo Consiglio di Sicurezza, non è niente di che, non dovete fare nulla, i francesi e i tedeschi che sono i garanti di Minsk nell’ambito del processo di Normandia hanno mandato all’aria tutto. Anche la signora Merkel, che in genere è rispettata, ha detto in un’intervista quando non era più Cancelliere, sì, stavo solo concedendo del tempo agli ucraini. È una sciocchezza. Poi il 15 dicembre 2021 Putin ha messo sul tavolo una bozza sulla sicurezza della Russia. Ho chiamato alla Casa Bianca: negoziate, non siete obbligati ad accettarlo come accordo finale, ma è il nucleo per fermare l’allargamento della NATO a tutti i costi. Hanno detto no, no, professor Sachs, non chiudere la porta alla Nato. E così via. E ora abbiamo la guerra. Anzi, in realtà la guerra c’è dal 2014, lasciatemi essere più preciso. Poi c’è stata l’invasione russa il 24 febbraio 2022. Ma lo scopo dell’invasione, come è stato molto chiaro nel giro di pochi giorni, era far sì che Zelensky andasse al tavolo dei negoziati e già entro la fine di febbraio 2022 dicesse ok, ok, faremo la neutralità. E sono andati ad Ankara, in Turchia, per una mediazione. E lo so perché ho parlato con i negoziatori che erano giunti a un accordo, ad un quasi accordo, poi gli Stati Uniti sono intervenuti dicendo: “No, no, non siamo d’accordo, non lo faremo. Non vi sosterremo su questo, ma combatteremo”. Centinaia di migliaia di morti in più da allora, questa è la NATO. Questi sono gli Stati Uniti.

Domanda. La NATO è ancora un’organizzazione di difesa o sta diventando una NATO molto aggressiva?

Risposta. Dal 1991 non è più un’organizzazione di difesa, è stata una forza di spedizione americana, anche nel caso dei bombardamenti della NATO in Serbia. Nel 1999 avete bombardato Belgrado per sette settimane come operazione di difesa, andiamo! Come si può bombardare Belgrado per 7 settimane e definirsi un’operazione di difesa? Poi è stata installata la più grande base NATO d’Europa in Kosovo. Che coincidenza! La NATO è diventata la Forza di occupazione dell’Afghanistan, è una operazione di difesa per la NATO essere in Afghanistan per 20 anni? E poi la NATO ha rovesciato il governo della Libia, questa sì che è una grande difesa. E poi ancora, la NATO ha voluto circondare la Russia nel Mar Nero, un’idea molto intelligente che Lord Palmerston ha avuto nel 1856, a proposito, rifacciamola anche noi!
Zelensky nel suo discorso di capodanno sembrava che stesse citando il signor Palmerston: sappiamo che il Mar Nero è la zona cruciale, prenderemo il Mar Nero, prenderemo la Crimea, è ovvio che sta assecondando questi… non dovrei nemmeno dirlo perché dovremmo parlare come persone educate, queste persone a Londra e Washington sono nel loro mondo dei sogni. Ovviamente non succederà, perché cosa vuole Londra? Circondare la Russia e il Mar Nero che era letteralmente un’idea di Palmerston 170 anni fa. Non riescono a superarlo.

Domanda. Quale sarà l’esito della guerra in Ucraina? Sembra che la Russia prevarrà e gli ucraini saranno costretti a fare un sacrificio.

Risposta. Probabilmente centinaia di migliaia di ucraini moriranno per un risultato che è terribile rispetto a quello che avrebbe potuto essere due anni fa, questo è probabile.

Domanda. Uno dei motivi della guerra in Ucraina è forse che gli Stati Uniti stavano cercando di indebolire la Russia per concentrarsi sulla Cina.

Risposta. C’era un gioco da tavolo quando ero bambino chiamato Risiko, ed era una mappa del mondo e l’obiettivo del gioco era di mettere la propria pace su ogni casella del mappa. Quando eri nel tuo riquadro e vicino avevi il riquadro del tuo nemico, iniziavi una guerra contro di lui. Si tirano i dadi e si vede cosa succede e credo che questo sia il gioco degli Stati Uniti: vogliono un pezzo su ogni riquadro nella mappa, vogliono un pezzo in Ucraina, vogliono una base NATO in Georgia, vogliono una base della NATO in Kosovo, vogliono una base NATO ovunque. Questa è l’idea di base, più basi NATO, più soldi; più soldi, più contratti; più posti di lavoro, più ricchezze; è una macchina che ha una logica che si auto-alimenta, è una macchina completamente distruttiva e insensata, ma funziona cosi…

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Maurizio Vezzosi – Quale 2024 per l’Ucraina?

Il 2023 si è chiuso con un bilancio tragico per l’Ucraina e per gli ucraini. Valutando le stime delle Nazioni Unite e di alcune agenzie governative non direttamente coinvolte del conflitto si può dedurre che dal 24 febbraio 2022 la guerra in Ucraina sia costata almeno mezzo milione di vittime – feriti e morti – tra militari e civili di ambo le parti.

Quasi due generazioni di ucraini sono state distrutte in nome di interessi che nulla hanno a che fare con gli interessi dell’Ucraina. Sul fronte del Donbass le forze russe stanno lentamente erodendo alcune tra le più importanti posizioni ucraine – come ad esempio Avdeevka – consolidate sin dal 2014. Gli attriti politici tra i vertici dell’esercito e la cerchia di Zelenskij stanno ulteriormente lacerando il paese. Di contro Mosca non sembra avere alcuna fretta di chiudere velocemente la guerra, conscia del fatto che il tempo giochi tutto dalla sua. In gran parte dell’Ucraina le infrastrutture sono state distrutte o seriamente danneggiate dagli attacchi russi.

Dopo l’uscita dall’accordo sul grano da parte di Mosca avvenuto lo scorso anno le infrastrutture portuali sono divenute quelle maggiormente colpite: “la battaglia del grano” oltre a provocare perdite per centinaia di milioni di dollari all’Ucraina ha visto quest’ultima dover rinunciare praticamente in toto alle esportazioni marittime di cereali.

Il fallimento della controffensiva di Kiev promessa, tentata e fallita più volte nel corso del 2023 ha messo in crisi ognuno dei presupposti dell’oltranzismo ucraino, togliendo certezze anche a quello atlantico.John Kirby, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, ha parlato apertamente dell’interruzione del sostegno statunitense all’Ucraina. Nonostante ciò il governo britannico ha promesso nuovi sostegni all’Ucraina per un valore di 2,5 miliardi di sterline e quello italiano ha fatto votare al parlamento l’approvazione dell’ottavo pacchetto per l’invio di armi a Kiev. Nel clima di incertezza che caratterizza la politica statunitense le parole dei funzionari della Casa Bianca, del Pentagono e del dipartimento di stato allarmano ormai da mesi l’attuale dirigenza ucraina: parole rispetto alle quali il ministro degli esteri di Kiev ha persino esortato il paese “a non deprimersi”. Ma il problema dell’inevitabile calo del sostegno statunitense è tutt’altro che l’unico: Kiev non ha modo di costruire industrie belliche, dal momento che queste ultime sarebbero distrutte dagli incessanti attacchi russi forse ancora prima di essere completate ed entrare in funzione. Uno dei problemi più critici è costituito dal numero degli effettivi: l’enorme numero di uomini persi in combattimento si somma a quello degli uomini irreperibili e dei disertori. Il reclutamento forzoso è ormai una realtà consuetudinaria.

Come ha più volte ribadito Arestovich – ex consigliere di Zelenskij – l’Ucraina è da tempo in bancarotta: senza il massiccio sostegno economico garantito dalla schieramento NATO – in primis dagli Stati Uniti – l’Ucraina non avrebbe neppure la possibilità di pagare gli stipendi ai propri impiegati, infermieri, medici, poliziotti e soldati. Qualcuno in Europa balbetta addirittura di Minsk 3, vaneggiando la possibilità di un plausibile ritorno alla piattaforma degli accordi del 2014 e del 2015: piattaforma naufragata nel febbraio del 2022, dopo otto anni di promesse mancate. Mentre la guerra prosegue sulla pelle degli ucraini la capitolazione di Kiev appare ormai come un’ipotesi verosimile: quello che sembra certo in termini di prospettiva, invece, è l’ulteriore smembramento territoriale dell’ex repubblica sovietica.
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Se l’obiettivo degli Stati membri della Nato fosse la pace, non invierebbero tank ma diplomatici – Marcus Klöckner

La Germania vuole fornire carri armati all’Ucraina. Per creare un battaglione corazzato equipaggiato esclusivamente con Panzer tedeschi. Il governo federale spinge la Germania sempre più sul baratro della guerra

Tradotto da Stefano Porreca per PeaceLink

 

Centinaia di migliaia di soldati ucraini e russi morti, mutilati, pesantemente traumatizzati da lungo tempo avrebbero dovuto portare ogni ragionevole politico a concludere: è la strada sbagliata. A meno che: non si tratti affatto della pace. La politica della violenza militare deve cessare.

«Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati differenti», disse una volta Albert Einstein. La frase del celebre fisico ricorda la condotta della Germania e di altri Stati membri della Nato. L’Occidente dà a intendere di star «sostenendo» l’Ucraina inviandole armi da usare contro l’aggressore russo. Questa è la versione dei fatti riscontrabile in tutti i principali media. Dall’attacco russo ai danni del vicino, lanciato a febbraio 2022, le armi sembrano costituire lo strumento definitivo per porre fine alla guerra. Se l’obiettivo è davvero farla terminare il più rapidamente possibile, a fronte dello spargimento di sangue che questa strada provoca, occorre parlare di un catastrofico fallimento.

Armi, armi e ancora armi. Tank, tank e ancora tank – cos’è questa? Politica? Questo è guerrafondaismo – benché i guerrafondai non si dipingano certamente come guerrafondai, ma come angeli della pace. A inizio settimana un titolo recitava:

«Senza gli Usa: la Germania prepara ingenti forniture di armi per l’Ucraina».

A seguire si diceva:

«L’invio dei Panzer indica che sta per essere adottatata una possibile nuova strategia sul campo di battaglia, dopo che il magazine americano Forbes aveva già annunciato che l’Ucraina avrebbe creato un battaglione corazzato, con soli Leopard 1 e Marder tedeschi».

La strada delle armi deve finire

Decrepiti Leopard 1 e Marder, a cosa dovrebbero servire? Alla a lungo attesa, o per meglio dire, a lungo propagandata svolta militare sul campo di battaglia? Sconfiggere militarmente la Russia – una potenza nucleare – in Ucraina? È il sogno proibito dei ras dei seggi seduti nei parlamenti e nelle redazioni. Quale idea si sta delineando? Che dopo due anni di guerra la Russia, intimorita a morte dall’acciaio tedesco, abbandoni il campo con la coda tra le gambe? Gli infimi strateghi non vedono l’ora di stappare finalmente lo champagne di fronte a una fantomatica sconfitta russa.

Seppur sia vero che talvolta il senso e la follia arrivano a sfiorarsi, qui la distanza è incolmabile. La Russia non perderà questa guerra, o più esattamente: visti gli interessi russi per la sicurezza nazionale, non potrà affatto perdere. E quel che significa dovrebbe essere chiaro a tutti. L’uso di armi nucleari potrebbe diventare realtà. L’accento è posto su «potrebbe». Si parla di uno scenario ipotetico, che ad oggi non è avvalorato da nessun motivo razionale. La Russia non sta perdendo. Anzi.

Estremamente reali sono invece le numerose dichiarazioni rilasciate da personalità di primo piano di Svezia, Inghilterra, Germania, Austria, o più recentemente della Polonia, che danno per scontata una prossima guerra tra la Russia e la Nato. Il ministro della Difesa polacco ha parlato di preparativi a un attacco russo e del «peggior» scenario. A che pro queste dichiarazioni allarmistiche? L’impressione che ne deriva è che stiano formalmente invocando il terzo conflitto mondiale. Dichiarazioni simili, anzi, addirittura misure preparatorie a una guerra si adattano sorprendentemente bene a manovre politiche profondamente irrazionali.

Se l’obiettivo degli Stati membri della Nato fosse la pace, non invierebbero carri armati ma diplomatici. Quali che siano le ragioni dello sconsiderato discorso in merito a un attacco russo alla Nato, la strada delle armi deve finire. Questa guerra può essere ancora disinnescata con la diplomazia. Dov’è la volontà?

 

Marcus Klöckner ha studiato sociologia, scienze della comunicazione e americanistica all’Università di Marburgo. Il fulcro del suo lavoro di giornalista e autore è la critica al potere e ai media.

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La persecuzione degli “scandali linguistici” in Ucraina – Clara Statello

Nel 2023 sono aumentate le denunce per reati linguistici in Ucraina. Il Commissario per la tutela della lingua di Stato Taras Kremen ha dichiarato ieri di aver ricevuto quasi 3700 ricorsi per l’utilizzo della lingua russa, un terzo in più rispetto all’anno precedente. La maggior parte dei casi di riguarda Kiev.

“Tali statistiche indicano sia un aumento del numero di violazioni della legge sulla lingua, sia la sensibilità critica dei cittadini ucraini nel difendere i propri diritti linguistici”, si legge nel rapporto ufficiale.

Su un totale 3.692 denunce per violazione della legge sulla lingua, 1.345 provengono dalla città Kiev, il resto dalle regioni di Kharkov (516), Odessa (486), Dnepropetrovsk (316), Kiev (153), Zaporozhye (63), Lviv (59), Poltava (54) e Nikolaev (53).

La persecuzione degli “scandali linguistici”

Quasi la metà dei reclami riguarda il settore dei servizi al consumatore, in particolare il 27% i siti internet senza versione in ucraino. Inoltre ci sono oltre 300 denunce, pari al 9%, contro docenti che utilizzano la lingua russa a nell’insegnamento, sia nell’istruzione scolastica che nella formazione per adulti. Lo scorso luglio un professore di matematica di una scuola del Dnipro ha ricevuto una multa da 3.600 grivne per una aver tenuto una lezione online in russo. Era stato denunciato da uno dei suoi alunni. Sempre a Dnipro, lo scorso novembre una professoressa di medicina è stata accusata da una studentessa per essersi rivolta in russo ad un paziente. Una sanzione esemplare è stata comminata oggi contro un tassista di Kiev che si era rifiutato di rivolgersi ai suoi passeggeri in ucraino:

“Deve versare 3.400 grivne al bilancio comunale. La multa non è stata ancora pagata, ma voglio confermare ai cittadini ucraini che per ciascuno di questi fatti stiamo svolgendo un lavoro di denuncia e, se saranno confermati, utilizzeremo l’intero arsenale del Codice dell’Ucraina sugli illeciti amministrativi”, ha dichiarato Kremen.

Ad ottobre un altro tassista è stato licenziato dopo essere stato protagonista di uno “scandalo linguistico”, per aver rifiutato di parlare in ucraino durante il servizio di trasporto.

Il 19 luglio Il tribunale di Lvov ha dichiarato colpevole di “teppismo meschino” un minorenne di Odessa, per aver cantato in strada una famosa canzone in russo. Il ragazzo era stato denunciato da una parlamentare, Natalia Pipa.

Il rapporto del commissario dà la misura dell’atmosfera ostile e persecutoria nei confronti dei russofoni e dell’inquietante spirito di delazione diffuso tra la popolazione, che arriva a denunciare chi utilizza la lingua russa sui posti di lavoro o nei luoghi pubblici.


La negazione della lingua e dell’identità russa in Ucraina

Se per un cittadino italiano o europeo la necessità di una legge per la tutela della lingua di Stato può risultare di difficile comprensione, per il difensore civico Kremen si tratta di un fatto di sicurezza nazionale.

“Nelle condizioni della guerra, la lingua nazionale è diventata uno dei principali fattori di sicurezza nazionale, un simbolo della lotta contro il nemico, un fattore di dignità e libertà”, prosegue nella nota.

Molto semplicemente per Kremen “Non esiste il concetto di ucraino di lingua russa, siamo tutti cittadini dell’Ucraina”, la stessa nozione di russofono è “introdotta dall’ideologia russa”.

Non è l’unico ad esprimere pubblicamente questa posizione. Ruslan Stefanchuk, presidente della Verkhovna Rada, ha affermato che non esiste una “minoranza nazionale russa” in Ucraina e che se i russi “mostrano aggressività piuttosto che rispetto nei confronti dell’Ucraina, allora i loro diritti dovrebbero essere corrispondentemente soppressi”.

Anche Olga Stefanishyna, vice primo ministro per l’integrazione europea ed euro-atlantica dell’Ucraina, rispondendo alle preoccupazioni della commissione Venezia, aveva negato l’esistenza della minoranza russa, perché non esistono comunità registrate.

Entrambe le dichiarazioni sono state rilasciate poco dopo la pubblicazione del rapporto sull’attuazione delle riforme in Ucraina della Commissione Europea, sulla base del quale è stata la luce verde ai negoziati di adesione in UE. Stefanishyna ha infatti ringraziato l’esecutivo europeo per non aver tenuto conto nelle sue decisioni delle riforme sulla tutela dei russofoni.

Il giorno prima la Commissione europea, in un briefing a porte chiuse a Bruxelles, avrebbe dichiarato che non avrebbe tenuto conto dei “diritti dei russofoni” nel cammino dell’Ucraina verso l’UE, scrive il portale ucraino Eurointegration.com.ua. Lo stesso viene riportato da Euronews: “L’uso della lingua russa non è una cosa che la Commissione prenderà in considerazione, ha confermato mercoledì un alto funzionario dell’UE”…

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La fuga dall’arruolamento – Pasquale Pugliese

…L’obiezione di coscienza e i tentativi di diserzione sono importanti segnali che anche la società civile ucraina manifesta stanchezza e insofferenza per la continuazione di questa guerra, nonostante la massiccia propaganda bellica messa in campo da governo e media, insieme ai pervasivi dispositivi di “disimpegno morale” dispiegati in questa come tutte le guerre – e diffusi, ovviamente, anche in Russia, oltre che in Israele e tra le milizie di Hamas – per convincere pacifici cittadini a trasformarsi in combattenti. Questi dispositivi sono stati ampiamente studiati dallo psicologo sociale statunitense Albert Bandura (Disimpegno morale, 2017) anche per spiegare come avviene la riformulazione etica dell’omicidio, grazie alla quale i soldati possono sentirsi liberi di uccidere superando la censura morale che vieta la violenza. È utile riepilogarli qui di seguito.

1) Giustificazioni morali, sociali ed economiche che nobilitano la violenza con scopi onorevoli e fini meritori (è il classico principio del fine che giustifica i mezzi).
2) Linguaggio eufemistico per mascherare la violenza, non nominandola, depotenziandone la carica di colpevolezza (per esempio, definire le vittime civili “effetti collaterali”).
3) Confronto vantaggioso volto all’autoassoluzione attraverso la comparazione della propria violenza con quella sempre più efferata e intenzionale attribuita al nemico.
4) Spostamento della responsabilità su qualcun altro a cui si è obbedito, minimizzando il proprio ruolo (è la linea difensiva dei gerarchi nazisti a Norimberga e di Eichmann a Gerusalemme).
5) Diffusione e diluizione della responsabilità su più soggetti agenti (“lo hanno fatto tutti”): è lo strumento di discolpa nella violenza di branco.
6) Minimizzare e trascurare gli effetti dannosi delle proprie azioni: se i danni procurati non sono degni di nota svanisce anche il senso di colpa per le conseguenze.
7) Deumanizzazione del nemico, grazie alla quale si annullano gli scrupoli a compiere violenza negando l’umanità di chi la subisce.
8) Attribuzione della colpa: nell’escalation del conflitto si seleziona un atto ostile dell’altro e lo si considera come provocazione iniziale, scaricando su di esso la responsabilità delle conseguenze.

È grazie alla messa in campo di questi dispositivi culturali, con modalità sempre più sofisticate fornite dallo sviluppo dei media, che nel corso dei secoli, aggiunge Bandura, “persone ordinarie e perbene hanno compiuto molti atti distruttivi in nome di ideologie, principi religiosi, dottrine sociopolitiche e imperativi nazionalistici”, attraverso l’interiorizzazione del convincimento che in guerra uccidere il proprio simile non è omicidio ma atto di eroismo.

È proprio questo il meccanismo che rifiutano gli obiettori di coscienza al servizio militare, rigettando il doppio standard etico tra violenza privata e violenza pubblica. Come Tal Mitnick, il diciottenne refusenik israeliano in carcere dal 26 dicembre scorso per le seguenti ragioni: “Credo che il massacro non possa risolvere un massacro. L’attacco criminale contro Gaza non riparerà il terribile massacro compiuto da Hamas. La violenza non risolverà la violenza. Ed è per questo che rifiuto”. Anch’egli sostenuto dalla Campagna italiana di Obiezione alla guerra, a cura del Movimento Nonviolento. Tal e gli altri, a tutte le latitudini, sono giovani che rifiutano le sirene del disimpegno morale che inducono a compiere la banalità del male della guerra, e contemporaneamente assumono su di sé la responsabilità del bene della pace, pagandone personalmente le conseguenze.

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Il conflitto in Ucraina e le contraddizioni dell’Unione Europea – Francesco Galofaro

In Polonia è recentemente cambiato il governo, ma non la linea sciovinista in politica estera. Durante una conferenza stampa tenutasi il 5 febbraio scorso, il giornalista di un quotidiano scandalistico di taglio popolare, Super Express, ha chiesto al ministro della Difesa, Władysław Kosiniak-Kamysz, se ha preso in considerazione la possibilità di una sconfitta militare dell’Ucraina e di una conseguente invasione della Polonia. Il ministro ha risposto: “Mi aspetto ogni scenario e tengo conto seriamente di quelli peggiori”. Inoltre, avrebbe già iniziato passi concreti per prepararsi alla possibile minaccia, esaminando anche lo stato dei rifornimenti di materiale bellico. Il ministro ha poi sottolineato che, per quanto siano importanti i rifornimenti di armi su larga scala, anche l’equipaggiamento di ciascun soldato va preso molto sul serio. Il riferimento, nemmeno troppo implicito, è alla sospensione degli aiuti militari a Kiev voluta dal governo precedente nel contesto del conflitto commerciale con l’Ucraina sulle importazioni del grano. Il governo precedente aveva motivato la sospensione con la necessità di non sguarnire le proprie difese militari.

La risposta di Kosiniak-Kamysz non va interpretata come un’uscita estemporanea. Come egli stesso ha ribadito, si tratta di una posizione meditata. Il ministro, esponente di punta del Partito contadino (PSL), non è solo il titolare di un ministero di peso, direttamente coinvolto nelle vicende belliche; è anche vicepresidente del consiglio nel Governo guidato da Donald Tusk. La posizione del governo polacco è chiaramente ideologica. Infatti, presenta come “consequenziale” il legame tra la sconfitta militare dell’Ucraina e l’invasione della Polonia. In questo modo si chiude a ogni possibilità di compromesso politico, alternativo alla disfatta militare sul campo di una delle due parti, e a ogni tentativo di trovare una situazione che soddisfi sia la Russia e la UE sulla sicurezza internazionale.

Che questa sia la linea di Bruxelles è testimoniato dal tentativo di alimentare la paranoia e la paura di massa nell’opinione pubblica. Già in luglio i piani della NATO in caso di invasione Russa erano stati “rivelati” dal giornale tedesco Bild: un’altra testata scandalistica, come la stampa italiana dimentica di spiegare. Questi piani sono oggetto dell’esercitazione militare NATO Steadfast defender, attualmente in corso proprio mentre la Russia sta lanciando la sua contro-controffensiva. Le probabilità di un incidente militare, casuale o provocato, non fanno che aumentare: nella giornata del 7 febbraio Varsavia ha schierato in volo la propria aviazione in risposta a un missile russo lanciato nelle vicinanze del confine polacco.

La realtà è che, dietro proclami e atteggiamenti belluini, l’UE cerca di nascondere una situazione di crescente difficoltà. Il 2 febbraio il consiglio ha stanziato ben 50 miliardi per la guerra ucraina, mentre l’8 febbraio il senato USA ha ribadito l’ennesimo stop al pacchetto di 61 miliardi di aiuti a Kiev. Sempre il 2 febbraio, Ursula von der Leyen ha ammesso che entro fine marzo l’Ue avrà consegnato all’Ucraina soltanto metà del milione di munizioni da artiglieria promesso nella primavera scorsa; il 5 febbraio Borrel ha invitato i Paesi UE a interrompere le esportazioni di armi per concentrare il flusso sull’alleato ucraino. Nel frattempo, Mosca avanza: il 7 febbraio Kiev è rimasta senza elettricità; l’8 febbraio Zelensky ha silurato il capo delle forze di difesa ucraine, generale Valery Zalushny.

Il peso del conflitto ricadrà sempre più sull’economia e sulla società europea, già duramente provata, come dimostrano le proteste cui hanno dato vita gli agricoltori in diversi Paesi d’Europa. La stampa per lo più presenta quella dei contadini come una vertenza contro le politiche “green” di Bruxelles, ma si tratta di una mezza verità. L’agricoltura europea è duramente provata a causa di un accordo con l’Ucraina del 2022, che prevede il libero commercio dei prodotti agricoli ucraini, e dalla crisi conseguente al conflitto, che ha gettato nell’instabilità i prezzi di energia, riscaldamento e logistica. A fronte di ciò, L’UE è disponibile sacrificare, in parte, il proprio programma di modernizzazione ecologica, pur di non retrocedere sulla guerra. Il compromesso sull’ecologia è chiaramente una miserabile toppa rispetto al disastro economico che incombe sul nostro futuro prossimo.

Proprio il governo polacco è un esempio lampante delle contraddizioni della politica di Bruxelles. Donald Tusk è un esponente di peso del partito popolare europeo. Rappresenta una destra liberale moderata e filoeuropea. Il suo vicepresidente, tuttavia, rappresenta il partito tradizionale dei contadini: dovrà dunque scegliere tra l’orientamento filoeuropeo del proprio governo e l’interesse della propria base elettorale a non venir rovinata dalle condizioni di favore che la UE ha accordato all’Ucraina. Inoltre, la destra liberale di Tusk governa con l’appoggio, parte interno e parte esterno, della coalizione di sinistra Lewica. Che cosa ne sarà di questo appoggio, già di per sé difficilmente comprensibile dal popolo, se il governo lascerà che i costi della guerra ricadano sulle classi popolari? La tattica di paventare invasioni russe imminenti non funzionerà all’infinito. Per motivi simili, anche il governo italiano è in difficoltà: a parole, Giorgia Meloni ha promesso che l’Italia difenderà i propri interessi a Bruxelles; nei fatti, il governo ha fin da principio indossato l’elmetto contro la Russia e non fa nulla per discutere l’accordo di libero commercio che favorisce l’importazione di derrate alimentari dall’Ucraina.

Con le elezioni europee che si avvicinano, la coalizione popolare e socialdemocratica che governa l’Unione farebbe meglio a prendere atto, con realismo, che le speranze di vincere la guerra si allontanano e che i prestiti a Kiev diverranno presto inesigibili. Per il momento, tuttavia, si direbbe sia del tutto incapace di comprendere l’importanza di una exit strategy per l’immediato futuro.

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