«Secretshow» di Andrea Marinelli
di Susanna Sinigaglia
Secretshow
di
Andrea Marinelli
Con le percussioni
di
Tiziano Tononi
Questa performance s’inserisce nell’ambito della V edizione di Apache, una rassegna dedicata alla contaminazione dei linguaggi artistici su un’idea di neo-studio.it per incarico del Teatro Litta e inserita nella programmazione di Manifatture Teatrali Milanesi, che intende esplorare il rapporto fra suono e performance. Più in generale, si vuole avvicinare un pubblico più ampio alla sperimentazione di nuovi linguaggi, in modo che non resti relegata negli angusti spazi di un’audience di addetti ai lavori.
Il pubblico viene accolto al bar del Teatro Litta per poi essere accompagnato dal personale preposto, dopo diversi minuti d’attesa, alla sala della Cavallerizza, uno dei luoghi magici del complesso all’interno del quale è inserito il teatro. La sala non è molto grande, ha il soffitto affrescato e le pareti di mattoni a vista. Sulla destra c’è una pedana – su cui è appoggiato un oudo, strumento musicale usato soprattutto in Nigeria – sormontata da uno schermo non molto grande, come quello di una tv di media grandezza; sul fondo invece troneggia in tutta la sua complessità la batteria, affiancata da uno schermo più grande del primo.
Di fronte alla pedana, sopra e sotto un piano di lavoro sono sistemati strumenti vari illuminati da una lampada da tavolo: un proiettore, una chitarra elettrica, un sintetizzatore, una tastiera e materiali di diversa natura fra cui è possibile riconoscere una serie di fogli acetati di dimensione e colore diverso.
La performance inizia con la proiezione di immagini prima sulle pareti, poi sul soffitto della sala mentre Tiziano Tononi percuote sommessamente l’udu;
sono semplici figure geometriche, un cerchio e un parallelepipedo, che si sviluppano e arricchiscono attraverso l’interposizione degli acetati colorati fra il proiettore e le immagini per poi concentrarsi sullo schermo piccolo a destra, dove cominciano a comparire alcuni personaggi. Instancabilmente Andrea Marinelli sviluppa i suoi paesaggi scomponendo e sovrapponendo le immagini le une alle altre – soprattutto volti, di profilo, di fronte, e figure geometriche create con i materiali a disposizione –
con gesti quasi compulsivi; suona la chitarra elettrica, usa il sintetizzatore e la tastiera
mentre Tiziano Toninoni nel frattempo è passato alla batteria da cui trae effetti acustici in un crescendo pari al moltiplicarsi delle immagini e degli interventi di Marinelli. Le proiezioni sullo schermo piccolo si amplificano su quello grande rivelando figure nascoste, come parvenze fantasmatiche, in un avvicendarsi continuo di forme e colori. Mi evocano il cammino dell’arte moderna; dagli impressionisti – con la scomposizione della luce ed esplosione dei colori – ai cubisti, con la scomposizione delle forme fino al loro disfacimento totale realizzato dall’informale, che suggerisce la possibilità di creare figure non esistenti in natura.
L’irruenza del suono fa eco all’esplosione delle immagini e dei colori. I riferimenti musicali abbracciano un ampio spettro di generi. Sono sonorità che vengono da lontano: gong africani, bastoni della pioggia, voci con accenti dialettali che così vanno a far parte della partitura musicale. Suoni e immagini s’intrecciano nello spazio in una tessitura inedita e originale.