«Senza Chiesa e senza Dio»

Daniele Barbieri riflette sul libro di Brunetto Salvarani (*)

«La crisi di Dio» è manifesta. Forse è in marcia un post-cristianesimo o un pluralismo religioso. O magari si annuncia un divertente spezzatino con molto Gesù (pare fosse un tipo ganzo), con il gran ritorno dell’antica Dea Madre cancellata dal patriarcato, il contorno di Buddha, sincretismo africano qb, suggestioni di Manitù e magari pizzichi di sufi e dervisci danzanti.

Senza dubbio l’Europa sta perdendo il suo storico Dio maiuscolo mentre però la maggioranza delle istituzioni statali si genuflettono a preti (e talvolta a imam) con interessante incoerenza. In questa cornice per tanti cattolici si è acceso un faro: «L’irruzione di papa Francesco» come la chiama Brunetto Salvarani. L’attuale capo della Chiesa di Roma piace a certe sinistre e rianima i vecchi innamorati del Concilio Vaticano (o della “Chiesa dei poveri”) mentra spaventa i cattofascisti. Il teologo Salvarani però è troppo intelligente e informato per credere che Bergoglio farà il gran miracolo o almeno un “miracolino” come avrebbe chiesto Massimo Troisi. Ovvio che resuscitare i morti e rendere vispi i morenti sarebbe semmai prerogativa dei “superiori” di Bergoglio. O di qualche sospetta Madonna piangente e muta.

Si vedrà. Se comunque la novità dell’ultimo pontificato è evidente (quanto ambigua, aggiunge il recensore) bisogna però vedere i tempi della semina e del raccolto non sul prossimo lustro ma sull’arco dei decenni; del resto le tre grandi religioni si contano come millennarie e tali vorrebbero restare, salvo Apocalisse prematura. Se chi legge si chiede come collocare il laicismo nell’Europa “secolarizzata” beh, è una parolaccia; ma dipende più dalla “sacralizzazione politica” degli Stati che dalla teologia, perciò non è il luogo per approfondire.

Per chi scrive è sempre corretto schierarsi, invece di nascondersi dietro l’impossibile oggettività. Io ho letto l’ultimo libro di Salvarani – il sottotitolo suona «Presente e futuro dell’Occidente post-cristiano» ed è ottimamente scritto come i precedenti – da giornalista mai neutrale. Sono un vecchio non credente (o forse ateo-panteista) e se «le Chiese si trovano come sospese tra affanno e depressione» per me è una buona notizia. E’ probabile che Salvarani, un’ottima persona presa a sé, mi collocherebbe fra coloro che in questa stagione fanno riemerge «antichi e mai del tutto sopiti furori anticlericali». Effettivamente io sono furente quando, per esempio il Vaticano, prende soldi dallo Stato e decide se le leggi italiane vanno bene o no.

Pur con tutto il rispetto verso quei credenti – piuttosto rari – che non vogliono limitare le mie scelte di vita (o di morte) e ai quali credo giusto dare la massima libertà come persone mentre si dovrebbero imporre ferrei limiti alle lobby e, per inciso, processare laicamente migliaia di impuniti stupratori, pedofili e ladri in tonaca.

Ciò chiarito consiglio di leggere questo libro e poi meditarlo. Nel segno di Giorgio Gaber (1994) citato da Salvarani: «E pensare che c’era il pensiero». Perchè credenti o no da tempo ragioniamo tutte e tutti pochino.

Ma i giovani? Ho chiesto a mio figlio di dio e lui (31 anni) mi ha risposto con il poeta-rapper Willie Peyote nell’album «I cani» . Parole dure che tante/i fanno proprie: «Togliti il palo dal culo / E lascia stare il catechismo / Che tanto non fa effetto, no / Non sono neanche battezzato / E se Dio esiste è pure peggio / Perché è evidente che ha cazzeggiato».

Brunetto Salvarani

«Senza Chiesa e senza Dio»

Laterza

2023, 20 euro

(*) recensione pubblicata a settembre sull’edizione italiana di «Le Monde Diplomatique»

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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