Sotto un diverso cielo

di Park Yong-mi (traduzione e adattamento di Maria G. Di Rienzo)

«La gente chiede diritti umani in Corea del Nord, ma non c’è una risposta semplice. Se lo chiedete a me vi risponderò: “Il modo in cui i diritti umani sono maneggiati nella Corea del Nord è inconcepibile e non ha paragoni in nessun altro luogo al mondo.” Persone che vivono come schiave in una gigantesca prigione non sono neppure consce delle parole “diritti umani”. Lo stato delle donne e dei bambini, in particolare, è indescrivibile. Le famiglie sono fatte a pezzi dalla carestia: i bimbi sono abbandonati, genitori e figli si separano, sorelle e fratelli si separano. Questo fa parte della realtà della Corea del Nord, dove sulle colline non crescono alberi e neppure un filo d’erba: sono vuote come un deserto. Per procurarsi un pasto i bambini nordcoreani spesso sgusciano furtivamente in Cina, ma poiché ovviamente non possono lavorare quel che fanno è mendicare nelle strade. Innumerevoli donne sono state vendute come schiave sessuali in Cina. Se tornano in Corea del Nord, gli uomini le picchiano e le umiliano, soprattutto se tornano incinte di “stranieri”. Nei campi e nelle prigioni le fanno lavorare così duramente che abortiscono, oppure uccidono il neonato davanti ai loro occhi. Ho sempre desiderato parlare al mondo di queste atrocità, è ciò che mi ha spinto a partecipare al film. Ognuno ha segreti, credo. Una volta pensavo che avrei tenuto le cose che non volevo ricordare sepolte per sempre. Ma ogni giorno continuo a sentire le grida di dolore, a vedere i volti dei bambini che vagano per le strade in cerca delle loro madri. Non sono riuscita a cancellare i miei ricordi. Perché mai le donne nordcoreane non dovrebbero avere il diritto di essere felici? Attualmente in Cina vi sono centinaia di migliaia di donne e bambini della Corea del Nord spinti sull’orlo del tracollo. Questi bambini dovrebbero avere il diritto di ricevere conforto fra le braccia delle loro madri, proprio come ogni altro bambino nel resto del mondo. Ho incontrato Betsy Kawamura (fondatrice e direttrice dell’ong «Women4NonViolence» cioè “Donne per la nonviolenza”) mentre lei stava lavorando per aiutare le donne nordcoreane e sono stata ispirata dalla sua generosità, dal suo impegno, dalla sua profonda empatia per la loro sofferenza. Da allora mi sono unita a lei nel condividere il dolore della mia gente. Quello che mi auguro per il film è che chi lo vede, anche se poi non sarà coinvolto in alcuna azione o movimento per i nordcoreani, si interessi di loro, si preoccupi di loro. Mi sono decisa a partecipare al film pensando questo. Credo che se sono in mille, piuttosto che uno solo, a condividere la sofferenza altrui sia meglio, credo che condividendo i loro travagli possiamo dare speranza e forza ai nordcoreani. Il progetto è solo un inizio, parla solo di me e della mia famiglia, ciò che noi abbiamo da dire e ciò in cui speriamo, ma io mi auguro che raggiunga tante altre famiglie in tutto il mondo e dia loro speranza». Così Park Yong-mi.

Park Yong-mi è lo pseudonimo di una donna nordcoreana che ora vive in Gran Bretagna. L’ong inglese Panos, assieme a Betsy Kawamura di Women4NonViolence, ha prodotto un breve documentario sulla sua vita dal titolo «Under a Different Sky» (“Sotto un diverso cielo”).

http://panos.org.uk/resources/video-under-a-different-sky/

Si stima che circa 23.000 rifugiati dalla Corea del Nord si trovino in quella del Sud, mentre circa un migliaio sono sparsi nell’Europa occidentale, in maggioranza in Gran Bretagna, Germania e Olanda. Dalla seconda metà degli anni ’90 mezzo milione di nordcoreani hanno passato clandestinamente il confine con la Cina. Il documentario è in inglese, ma poiché Yong-mi parla in coreano e viene tradotta nei sottotitoli anche chi non maneggia perfettamente la lingua può seguire la storia. Che è una storia di miseria, abusi e violenze, ma anche di incredibile perseveranza e di amore resistente; è la storia di due donne che hanno saputo ascoltarsi l’un l’altra, trovare in ciò sollievo e comprensione facendo del dolore uno strumento di lotta, ed è anche la storia di un uomo intelligente e sensibile, l’attuale marito di Yong-mi. Dei tre bimbi della donna, il primogenito è figlio del contadino cinese a cui era stata venduta come schiava. Quando Yong-mi riuscì a fuggire in Corea del Sud e si sposò con un sudcoreano non fu circondata da soverchia simpatia; chiunque conoscesse la sua storia badava a dirle che l’uomo non avrebbe trattato bene il bambino, perché non era figlio suo, e di conseguenza sotto sotto disprezzava anche lei: che Yong-mi aspettasse un poco e avrebbe visto come andava a finire il suo matrimonio. Poiché teneva più alla sua nuova famiglia che a tutto il resto (nel frattempo era nato il secondo figlio) ed era deciso a vivere con Yong-mi una vita normale, il marito mandò all’aria lavoro e relazioni e la famiglia si trasferì nel Regno Unito, dove la terzogenita, una bimba adorabile che vedrete danzare in abiti tradizionali nel documentario, è nata. Yong-mi dice che la bambina è la figlia della quieta felicità che la famiglia sperimenta ora.

BREVE NOTA

Le traduzioni di Maria G. Di Rienzo sono riprese – come i suoi articoli – dal bellissimo blog lunanuvola.wordpress.com/.  Il suo ultimo libro è “Voci dalla rete: come le donne stanno cambiando il mondo: storie drammatiche ma anche allegre, di un mondo che comunque lotta e cambia di continuo… Lo consiglio davvero: una mia recensione è qui alla data 2 luglio 2011. (db)

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