“Storie clandestine” in scena

Questo testo di Pier Paolo Piludu è andato in scena ieri (e di nuovo vi andrà stasera) al teatro nell’ex Vetreria di Pirri (Cagliari). Ho lasciato le indicazioni di scena perché mi sembra che non ostacolino – anzi – la lettura (db)

SCENA 1: VECCHI MIGRANTI NOSTRANI

Buio. Si sente una musica Klezmer. Prima un piccolo chiarore, poi una luce sempre più intensa, illumina un gruppo di uomini legati uno all’altro che girano in tondo. Ognuno ha in mano una valigia malandata. Caronte (Cinzia), su una sedia-biga trainata da una serva cavallina (Monica), ha in mano una frusta di bambù e incita i migranti ad andare avanti.

CARONTE: Avanti, sulla destra! Tenetevi sulla destra, poi per altri 300 km. sempre dritti! Prossime fermate: Amburgo, Buenos Aires e New York! Forza sfaticati! (la serva le porge un nerbo di bue, Caronte lo prende, premia la serva facendole mordere una carota, le rende la frusta e colpisce le valigie dei migranti col nerbo di bue) Dite che avete voglia di lavorare, e poi… se non vi infilano il peperoncino nel sedere non vi muovete! (al pubblico) Scusate l’espressione un po’ colorita. Io cerco di trattarli come degli esseri umani, ma sin quando non sentono il bruciore in fondo, in fondo al culo, questi merdosi non si muovono! (ai migranti) Avanti, avanti ho detto! (la serva le porge un mazzo di peperoncini, Caronte rifiuta, la serva le propone un bastone dove prova a inserire un fico d’india, ma neanche quello va bene; si rivolge al pubblico) C’è poco da fare, non sono come noi! Sono ladri, sono delle bestie ignoranti. Puzzano, sono avidi e senza scrupoli! Sapete come li chiamano? Topi di fogna, zingari, feccia del pianeta! State a sentire (ai migranti) Forza! Salutate i signori, presentatevi. Mi raccomando, solo due parole, e non fate i soliti piagnistei, che qui non è come nel vostro lurido paese! Qui non riuscite a imbrogliare nessuno! (a una migrante) Tu, vieni qua!

 

UNA DONNA VENETA (FRANCESCA): Me ciamo Francesca. Me toca partire in freta e furia par andar in Austria dove me marìo Daniele el se casca’ da un’impalcatura. El ga na gamba rota e nol poe usar a man destra. Ghe toca star fermo par forsa, e così no ghe se’ né lavoro né paga.

Mi, mi spero de trovar da lavorare come sarta o magari come dona dee pulisie, me contentaria de qualsiasi lavoreto, sempre che el sia onesto se capise.

 

CARONTE: E dove lo vorresti fare, in Austria, questo lavoro onesto? In un viale alberato alla periferia di Vienna o in una casa d’appuntamento sul bel Danubio blu?! (Caronte ride. Si rivolge al pubblico. La donna fa cenno di no con la testa) Sono donne che sono abituate a vendersi per un piatto di polenta! (La donna, scandalizzata, continua a negare con la testa) Nella loro nazione fanno tutte così!

 

UNA DONNA VENETA (FRANCESCA): Ma cosa dìsito!!!! Ma sito mato? (La donna si fa il segno della croce.) Che Dio me mande all’inferno de boto anche al soo pensar che se possa guadagnar el pan fasendo pecato!

 

CARONTE: Basta così! (si rivolge ad altri due migranti) Forza voi due, marito e moglie! Facciamo finta che abbiate tutti i documenti in regola!

 

UN UOMO BERGAMASCO (ALESSANDRO): Devum n’da al’estero, cari miei… emigrare… perché che in muntagna la tera d’arà l’è poca… non c’è terra da coltivare. Ta laurat cum’è un mat, da la matina ala sira e po’… ta ghe gnanca da mangià. Sem in bal a parté in sce, senza savè nigot… partiamo all’avventura. Ma sa podum fa cusè? Cosa possiamo fare?… Ghem cinq bagai, cari miei, cinque figlioli! Sa ga dem cusè da mangià? Oscia! Cosa gli diamo?! Sa ga dem cusè?!

 

CARONTE: Non pensate che a mangiare voi! (al pubblico) Hanno questo chiodo fisso! Non pensano che a quello! Ogni giorno: a mangiare, a mangiare, a mangiare! Non fatevi incantare. Questi l’hanno imparato a memoria il piagnisteo!

 

UNA DONNA BERGAMASCA (DANIELA): Me e al me spus non volevamo partire. L’è triste lasà al propri paes…E poi, può anche andare a finire male, come a mio padre. Al mè pà, la laurà trì an in India. Pensa che raza da viacc la fa. L’è partì che ero ancora piccinina. Mi ricordo ancora il giorno ala staziun, al tramvai cal partes, il treno che si allontana, e lù cal ma dis “Pianc minga Maria, pianc minga ninin, che quand al tò pà al turna al ta porta un elefantino indiano.”

… Ma l’elefantino indiano ma l’ha mai purtà. E anca lù… l’è minga turnà… la miniera dua’l laurava l’è crulada… e lù l’è rimast sota.

 

UN GIOVANE SARDO (SERGIO): Io sono partito da paese per raggiungere Costantino, mio fratello, che ha trovato lavoro a Marcinelle, nel Belgio. Mi faccio quattro o cinque anni in miniera e si Deus cheret, se Dio vuole, me ne ritorno, mi costruisco la casa in paese e mi sposo con Pitzalis Salvatorica, la mia fidanzata.

 

CARONTE: Pitzalis Salvatorica sta proprio aspettando te! Ma cosa mi tocca sentire! Forza clandestini, si riparte! Tenetevi sulla destra che senò vi spiaccicate! (li colpisce col nerbo di bue; la serva le porge il bambù, Caronte lo prende e la premia con un altro morso di carota. Colpisce con forza i migranti, poi si rivolge al pubblico) Non preoccupatevi, ci sono abituati e poi non provano il dolore come noi. (ai migranti) Avanti, avanti! (la serva le porge un cappio, Caronte vorrebbe qualcos’altro. La serva le propone un trapano ma neanche quello va bene. Le porta un grosso smeriglio. Caronte si scoccia, solleva il bambù per minacciarla e la serva riesce a scappare: la frustata si scarica per terra. Caronte ora colpisce nuovamente i migranti, subito dopo si rivolge al pubblico) Ve l’immaginate se da un giorno all’altro la vostra città si riempisse di pezzenti come questi! 27 milioni! Dal 1876 al 1976 ne ho traghettato 27 milioni! E’ chiaro che la gente per bene si esaspera! Sapete cosa dicevano sino a pochi anni fa in America, in Svizzera, in Australia?… “Non esiste al mondo un popolo più ladro, più schifoso, più vile, più traditore… degli italiani!!!” (La serva si mette nuovamente in posizione da cavallino e Caronte riparte facendo un ultimo giro prima di uscire)

 

(Escono. La musica finisce.)

 

SCENA 2: LETTERE DAI CPT

Compaiono sul proscenio una donna, poi un uomo, tutti e due con gli occhi bendati

 

MARIANNA (entra in scena da una quinta a sinistra sul proscenio, ha in mano un telefonino. Digita nervosamente un numero, attende la risposta):

Pronto Jamila, mi senti? Si sono Ribka, come state? (breve pausa) In Italia. Ho solo un minuto ti prego rispondimi in fretta. Cosa è successo dopo la mia fuga? (breve pausa) La milizia ha perquisito la nostra casa? (breve pausa) Meno male, avevo paura che per colpa mia avessero arrestato qualcuno di voi. Senti, devi dire a tutta la famiglia e anche agli zii di Asmara che il viaggio è andato bene, che qui tutto è bello che io sono contenta e sto bene. (breve pausa) Sì, devi dire così (breve pausa) come?! (pausa) Hai ragione, non sono brava a dire bugie.(breve pausa) No, ti sto chiamando da una prigione italiana che chiamano CPT (breve pausa) No, non so perché mi hanno arrestata, non lo so. Jamila, voglio andare via da questo paese che non mi vuole! Spero che la guerra nella nostra Eritrea finisca in fretta e così tornerò a casa.. (pausa) mi senti? (breve pausa) Pronto! Pronto Jamila! Jamila!

 

(Buio su Marianna che rimane in posizione. Si illumina una zona del palco sulla destra)

ANTONINO: Ciò che mi fa scoppiare il cervello è che sono in galera e non so per quale motivo. Perché mi avete arrestato?! Perché devo stare in una gabbia rinchiuso dietro alte sbarre di ferro, in una cella dove i letti e i tavoli sono imbullonati per terra, dove l’armadio è un cubo di cemento e non ci sono finestre? Che cosa ho fatto? Che cosa ho fatto?! (Buio su Antonino che rimane in posizione)

 

MARIANNA: (Si illumina nuovamente la zona del palco sulla sinistra)

Come faccio ora a raccontarvi cosa succede qui?! E voi, come fate a non vedere? Cosa risponderete ai vostri figli quando vi chiederanno: “Ma come è possibile che non abbiate visto? Ma come è possibile che non abbiate sentito?” (la luce sfuma, la scena si conclude al buio)

Fermate uno straniero, un clandestino, uno qualsiasi che è stato anche un solo giorno in un CPT. Chiedetegli cosa ha visto… e ascoltate. Ascoltate.

 

ANTONINO: (Si illumina nuovamente la zona del palco sulla destra) Non sono andato via dal mio paese per fame, né per ragioni politiche, ma perché sono un uomo libero! Sono un uomo libero! Voglio telefonare! E’ un mio diritto poter telefonare! (Due guardie, Alessandro e Sergio lo afferrano, lo trascinano via) Dovete restituirmi il telefonino! Voglio dire a mia moglie, ai miei figli che sono vivo, che non sono annegato! (Escono)

 

SCENA 3: IL CIRCOLO “CON AMOR… MA FORA DA LE BAL!”

(si illumina la parte alta della platea. Si sente la musica della canzone “con amor ma fora da le bal” Applausi registrati. Entrano Ines, Riccarda e Paola che stringe una grande mano come quelle utilizzate nelle trasmissioni televisive per far applaudire il pubblico)

INES E RICCARDA: (scendendo le scale) Grazie! Grazie a tutti voi! Grazie! (si fermano in platea, vicino al palco, di fronte al pubblico)

INES: Grazie! (fa cenno di far cessare gli applausi) Abbiamo accolto con piacere l’invito a presentare un breve estratto delle nostre citazioni qui, in questa bellissima pizzeria della Vetreria!

RICCARDA: Come sapete, noi amiamo la schiettezza, gli slogan. Come voi combattiamo l’ipocrisia.

INES: (con tono da comizio) Come voi siamo stufi di quei signorini intellettuali che ci spiegano come dovremo comportarci!

RICCARDA: Basta! Basta con i salotti culturali! (scandendo bene le parole, come se stesse arringando il pubblico) La cultura non si mangia!!! (Paola invita ad applaudire; applausi registrati)

INES: Anche perché, quando ci hanno costretto a mangiarla, diciamo la verità… ci è sempre rimasta un tantino sullo stomaco!! (ridono. Si sentono risate registrate)

RICCARDA: Quindi, signore e signori, questa sera non vi tedieremo (Riccarda e Ines si mettono una mascherina triste e parlano lentamente come se stessero nominando qualcosa di schifoso) con presìdi letterari,

INES: quaderni piacentini…

RICCARDA: o Cahiers du Cinema,

INES: con il Circolo Pick-wick… uickik?…

RICCARDA: quick quick… (si tolgono le mascherine e riprendono a sorridere)

INES: Gentile pubblico, abbiamo l’onore di presentare, per la prima volta in questa accogliente pizzeria, il Circolo che, fuor di metafora, abbiam voluto chiamare…

RICCARDA: “Con amor… ma fora da le bal!!!”

(Paola batte le mani con grande energia e invita il pubblico ad imitarla.)

PAOLA: Avanti, avanti! Benvenuti!! Un bell’applauso!!

(Applausi registrati Musica. Canzone “con amor ma fora da le bal!” I soci del circolo scendono dalle scale facendo una semplice coreografia. Cantano: “Fora da le bal! Fora da le bal! Con amor, ma fora da le bal!” Ognuno ha in mano una mascherina con un grande sorriso. A conclusione di ogni strofa si girano verso il pubblico e si fermano mettendo la mascherina sul viso.

I due gruppi sulle scale si preparano alla sfida delle citazioni. Patrizia o Susi, davanti ai due gruppi cercheranno di dare la risposta giusta.)

SOCIO CLUB SALVATORE: (ha in mano un grande libro e un foulard, si mette al centro, di fronte al pubblico.) Carissimi amici, possiamo iniziare! Potremo rompere il ghiaccio, che so?… (Salvatore solleva il foulard) Con una vecchia citazione di… Giancarlo Gentilini!… (Patrizia arriva prima e prende il foulard. Parla velocemente)

SOCIO CLUB PATRIZIA: “Io voglio aprire una fabbrica di tappeti per regalarli agli islamici… così potranno andare a pregare nel deserto e non a casa nostra!” (Applausi registrati)

SOCIO CLUB SALVATORE: Benissimo! (rivolto a Susi) Prego.

SOCIO CLUB SUSI: Bisognerebbe sparare contro le carrette del mare o, in alternativa, buttare in mare tutti gli immigrati! (Applausi registrati)

SOCIO CLUB ROSALBA: Mi permetto di aggiungere che in alcune occasioni il Nostro è stato anche più esplicito: “I gommoni degli immigrati devono essere distrutti a colpi di bazooka. Occorre però puntare ad altezza d’uomo!” (Applausi registrati)

SOCIO CLUB SALVATORE: Molto bene! Ricordate qualcosa (apre il libro) vediamo un po’… (Rita S. e Tonina si preparano) dell’europarlamentare Erminio Boso?

SOCIO CLUB RITA S.: (parte solo lei e prende il foulard) “Per me questi negri bisognerebbe metterli tutti sul Monte Bianco: da una parte potremo contarli tutti bene e dall’altra potrebbero macinare il ghiaccio per fare granite alla menta!” (Applausi registrati)

SOCIO CLUB SALVATORE: Benissimo! A proposito di questi signori abbronzati… c’è una bella frase che parla… della giungla!

SOCIO CLUB TONINA: (solleva la mano) E certo! Non possiamo mica assegnare le case al primo bingo bongo che arriva! O vogliamo che il futuro nostro e dei nostri figli sia in mano a quelli che sino a 5 anni fa parlavano con Tarzan e Cita! Umberto Bossi quando era ministro della Repubblica!(Applausi registrati)

SOCIO CLUB MASSIMO: Perché noi… come dice l’Umberto, ce l’abbiamo duro!! (Applausi registrati)

SOCIO CLUB SALVATORE: E se vi chiedessi qualcosa di ancora più esplicito? Che so (sfoglia il libro) Ecco qui… assessore Regionale della Lombardia, Gianni Prosperini!

SOCIO CLUB GIANNELLA: (solleva la mano, stando sul posto) Me ne ricordo solo una, ma molto intensa.

SOCIO CLUB SALVATORE: Sentiamo.

SOCIO CLUB GIANNELLA: Garrotiamoli, ma non con la garrota di Francisco Franco. Alla maniera degli Apache: cinghia bagnata legata stretta attorno al cranio. Il sole asciuga il laccio umido, il cuoio si ritira, il cervello scoppia!!».(Applausi registrati)

SOCIO CLUB CARLO: E questo detto con grande pacatezza e moderazione.

SOCIO CLUB SALVATORE: (mostra il libro) Come avrete notato questo primo tomo raccoglie solo frasi virgolettate sull’argomento “padroni a casa nostra”.

SOCIO CLUB MARIELLA: Noi non siamo razzisti. I più nero dei neri ha gli stessi diritti del mio vicino di casa… ma a casa sua!! (Applausi registrati)
SOCIO CLUB
PAOLA: “E sì, ci sono troppe palandrane del cazzo che circolano liberamente, che organizzano terrorismo e attività sovversive. Ma che paese è questo? Il paese di Pulcinella?!” (Applausi registrati)

SOCIO CLUB MATTEO: Beh, se vogliamo citare Borghezio, vi dico solo che: “Anche io non sono razzista… Le katanghesi, ad esempio! Le ho provate quando sono stato in Africa… Prodotto notevole! Mica come le bruttone nigeriane che battono nelle nostre strade!” (Applausi registrati)

SOCIO CLUB MASSIMO: Perché io e l’Umberto… ce l’abbiamo duro!! (Applausi registrati)

SOCIO CLUB INES: Carissimi amici! (rivolta al pubblico e indicando il libro di Salvatore) Potremo andare avanti per delle ore. Ma adesso, (rivolta ai soci) prego, accomodiamoci!

(I soci si dirigono verso una piccola tribuna sul fondo del palco.)

 

SCENA 4: SAMIR

 

MUSICA “MALAIKA” BUIO Si sentono delle voci fuori campo.

Che vergogna!

Che vergogna!

Che vergogna!

 

(Entrano in scena tre persone, Sergio, Benedetta e Alessandro. Tutti gli attori di questa scena hanno degli abiti simili. Ognuno di loro ha appeso al collo un bidone. Il gruppo dei “soci” si è accomodato sulla tribuna. Ascoltano con attenzione, interromperanno spesso il racconto con fragorose risate.)

 

ALESSANDRO: Si vergognava… sì, Samir si vergognava… da quando era arrivato nel “ghetto dei Migranti”, a Kidal. Il ghetto di Kidal: un groviglio di baracche e casupole fatiscenti pieno di centinaia di rifugiati, di disperati, di falliti, come lui…Kidal, nel Mali, 350 km. a sud del confine con l’Algeria.

(entrano in scena, sul proscenio, altri sette attori. Stanno fermi, formano un unico gruppo insieme agli altri quattro attori già presenti: guardano il pubblico come se stessero sperando che qualcuno li scelga per offrirgli un lavoro)

 

SERGIO: A Kidal il massimo che si possa fare è cercare di sopravvivere. I migranti, “les aventuriers”, arrivano con le vesti lacere, spesso malati. Non hanno neanche i pochi centesimi necessari per pagarsi un pasto.

 

BENEDETTA: Samir, da quando era arrivato a Kidal, aveva accettato di fare qualunque cosa gli avessero proposto: l’imbianchino, il manovale, il saldatore… persino il venditore di acqua fresca nella piazza del mercato…

 

ROSALBA: (entra in scena da una quinta sul proscenio) Ma da qualche mese, trovare lavoro a Kidal, era sempre più difficile.Tutte le mattine i migranti, sempre più numerosi, aspettavano, davanti alla porta del ghetto, aspettavano i signori di Kidal: speravano di essere scelti per fare qualsiasi lavoro. Ma erano troppi e ogni giorno solo uno o due venivano chiamati.

 

FRANCESCA: E Samir… (abbassa il capo) si vergognava.

 

UNO DOPO L’ALTRO, TUTTI, TRANNE ALESSANDRO: Si vergognava… (la musica sfuma; ognuno dopo che dice la battuta abbassa il viso; dopo il sesto o settimo intervento, risate degli “onorevoli”)

 

ALESSANDRO: Samir si vergognava… si sentiva debole, affamato e senza un soldo in tasca… da dieci giorni mangiava a credito, un piatto di cuscus, da uno della Costa d’Avorio, un ivoriano come lui, che era riuscito a sistemare una casa diroccata nel ghetto e lì ospitava i rifugiati… Gli diceva “Non ti preoccupare, mi pagherai. Non c’è fretta. Mi pagherai. So bene come stanno le cose… ci sono passato pure io. Non ti preoccupare.” Ma Samir si vergognava. Lui voleva lavorare. Qualsiasi cosa. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non dover tornare dalla sua famiglia. Non sapeva nemmeno quanto fosse distante. Duemila chilometri? Forse di più. In ogni caso, no, in quelle condizioni non voleva… non poteva ritornarci.

 

(Gli attori che raccontano la storia dei migranti afferrano un legno che tenevano dentro l’abito e suonano battendo sui bidoni. Benedetta canta.)

RITMO BIDONI

 

CINZIA: Samir era partito da un villaggio della Costa D’Avorio. Studiava ingegneria e lavorava la terra, come suo padre, come suo nonno, come tutti. Ma era sempre più dura. Prima la guerra, poi la carestia, poi un giorno, dopo il raccolto, due uomini bianchi erano arrivati con un fuoristrada.

 

MONICA: Avevano riunito i contadini e avevano detto “Avete prodotto tanto caffè, tanti semi di cacao… avete lavorato bene… forse troppo bene! Quest’anno in Costa D’Avorio tutti i contadini hanno prodotto troppo. E ora non c’è mercato. Per i semi di cacao possiamo arrivare al massimo a 2.000 franchi.” (tutti gli attori, tranne Monica e Sergio, che si dispongono ai lati, ascoltano come se fossero contadini che stanno subendo un’ingiustizia)

 

MARIANNA: Duemila franchi?!… Ma eravamo d’accordo per 4.500…

 

SERGIO: Non ci siamo capiti! Abbiamo i magazzini pieni! Non ce ne facciamo niente! Nessuno se ne fa niente del vostro caffè e del vostro cacao! (Risate)

 

MONICA: 2.000 franchi solo perché vogliamo venirvi incontro...

 

SERGIO: … altrimenti tutti questi semi li vedrete marcire… (Risate)

 

DANIELA: Suo padre aveva sputato tre volte per terra, (Risate)poi la sera aveva riunito la famiglia.

 

MARIANNA: Il giorno dopo Samir aveva venduto i libri di ingegneria.

 

DANIELA: Un cugino aveva portato a casa sua una grande carta geografica e avevano studiato il percorso che dal loro villaggio portava a nord, sino al mare: era lunghissimo e di sicuro pieno di pericoli, ma Samir si sentiva forte; sarebbe riuscito ad arrivare in Europa!

 

ANTONINO: Era partito. I genitori, i fratelli, le sorelle si erano indebitati per trovare i soldi per il viaggio. Sua madre aveva impegnato anche gli orecchini e l’anello d’oro del matrimonio… ma erano tutti sicuri che Samir non li avrebbe delusi…

 

FRANCESCA: Ogni giorno, durante il viaggio, continuamente si toccava il bordo dei pantaloni dove sua madre gli aveva cucito i soldi per la traversata… li aveva nascosti proprio bene! Pensava a suo padre, ai fratelli, alla telefonata che avrebbe fatto al cugino, appena arrivato in Italia o in Spagna: “Vai, corri a casa e dì a tutti che Samir ce l’ha fatta!!”

 

ROSALBA: E invece il suo sogno era finito li, a Kidal. Non aveva più niente! A Samir l’Europa sembrava più distante che mai… irraggiungibile.

 

RITMO BIDONI

(Benedetta e Monica cantano; verso la fine della seconda strofa, il ritmo viene interrotto da un “socio del club”)

 

SOCIO CLUB ANGELA: (alzandosi bruscamente e avvicinandosi ai migranti) E Basta!! Libertà! Libertà! Fanculo a questi islamici di merda! Bisogna mandarli via a calci in culo! Mario Borghezio, europarlamentare a Strasburgo!! (mette la mascherina, gli altri soci applaudono, lei fa un inchino e va via)

 

SOCIO CLUB CLARA: Ne abbiamo le scatole piene di tutti questi mangiapane a tradimento, gente che con i nostri soldi se ne sta tranquilla nei centri di accoglienza e che per campare viola sistematicamente la legge! Giovanni Torri, senatore della Repubblica italiana. (anche lei dopo gli applausi, mette la mascherina, fa un inchino e va via)

 

DANIELA: Erano ormai passati sei mesi da quando aveva comprato un passaggio su un camion che andava verso nord, verso l’Algeria…

 

SERGIO: Era partito di notte, sul cassone, con altri dieci uomini che, come lui, sognavano l’Europa… Aveva attraversato la Costa D’Avorio, il Mali, buona parte dell’Algeria.

 

(In platea si sentono voci concitate di uomini africani che discutono, una portiera che sbatte.)

MARIANNA: Ma in pieno deserto però, cinque nigeriani sbucati dal nulla, li avevano bloccati. Erano armati di pistole e bastoni: uno, il capo, brandiva un grosso machete… (BUIO) Gridava, mentre li trascinava giù dal camion, agitando il machete come se dovesse colpirli ad uno ad uno.

 

MONICA: Il capo aveva afferrato il viso di Samir con una mano ed appoggiato la lama sulla gola… Urlava a pochi centimetri dal suo viso… Samir era terrorizzato… poteva sentire il suo alito… poteva vedere i suoi occhi iniettati di sangue… e poi quella lama… piegava il collo sempre più per sfuggire… In un attimo aveva rivisto suo padre quando sgozzava le capre… (Risate. Ritorna la luce)

 

ALESSANDRO: Alla fine il nigeriano lo aveva lasciato cadere a terra… Samir singhiozzava,

Avevano portato via loro tutto ciò che avevano: anche vecchi orologi, scarpe, magliette… I soldi! A Samir avevano rubato anche i soldi per la traversata, quelli che aveva nascosto così bene nel bordo dei pantaloni…

 

SERGIO: Li avevano lasciati lì, di notte, nel deserto, con poco pane e un solo bidone d’acqua… disperati. Non sapevano che direzione prendere. Non volevano separarsi… ma alcuni volevano procedere verso ovest, altri verso nord.

 

MUSICA Malaika (Le persone formano tre o quattro gruppi. Ognuno vorrebbe andare in una direzione diversa. Daniela è alla ricerca del suo bidone; si avvicina a controllare quello di Benedetta che, per paura che Daniela possa rubarglielo, allontana il bidone e la caccia via. Risate)

 

CINZIA: Forse se avessero avuto acqua a sufficienza sarebbero spariti nel deserto in undici direzioni diverse. E invece si erano messi in marcia tutti insieme, senza meta. Avevano vagato per due giorni, sin quando avevano visto in lontananza… sembrava… sembrava…

 

(Vanno tutti verso il proscenio. Guardano lontano, sollevano i bidoni, fanno gesti per farsi notare.)

 

ANTONINO: Sì, è un camion! Un camion!! Ehi! Ehi!! Ci ha visto! Ci ha visto!! Sta venendo verso di noi!! (gioiscono, si abbracciano) Ci hanno riconosciuti! (all’improvviso si sente uno sparo che gela l’entusiasmo)

 

BENEDETTA: La polizia! La polizia algerina! Via! Via!!!

 

(Si sentono altri spari; tutti provano a scappare, poi arrivati al limite della scena si voltano, sollevano le braccia. Attendono terrorizzati che i poliziotti li raggiungano e che inizino a colpirli. La luce sfuma, le braccia cercano di proteggere i visi, nel buiosi sente il rumore di bastoni che colpiscono con forza) (Risate)

 

Ritorna la luce. Musica Malaika

 

Marianna entra in scena da sinistra. Si volta: dietro ci sono due attori-poliziotti (Monica e Daniela). Si guardano, i poliziotti avanzano, impugnano dei bastoni. Gli attori che interpretano i poliziotti si mettono il bidone dietro la schiena. Fanno delle domande a Marianna. Lei risponde. Mostra loro un certificato. I poliziotti glielo prendono. Gli danno un’occhiata, si guardano, ridono. Strappano il certificato e lo buttano via. Marianna rimane immobile, basita. Francesca va a consolarla. Escono a sinistra. La stessa scena si ripete con un altro migrante (Alessandro) e con altri poliziotti (Sergio, Benedetta e Rosalba) che lo spintonano e lo fanno entrare in scena da destra. Stavolta, dopo che i gendarmi gli strappano il permesso di soggiorno e vanno via, Alessandro cerca di raggiungerli. I poliziotti si voltano, lo minacciano coi bastoni, Alessandro solleva le braccia per proteggersi. Lo fanno indietreggiare a sinistra. Buio. Si sentono altri colpi. (Sergio e Rosalba colpiscono una valigia in quinta)

 

ALESSANDRO: Je suis un réfugié politique! J’ai le droit d’asile! (Risate)

 

UNA VOCE DI UN GENDARME NEL BUIO (ANTONINO): Un rèfugié politique?! Nous ne sommes pas l’ONU! Nous sommes des agents de police! (risate)

VOCI DI GENDARMI NEL BUIO (SERGIO E FRANCESCA): Nous sommes des agents de police! (Grandi risate)

 

(Ritorna la luce.)

 

DANIELA: (rientrando in scena da una quinta) Samir aveva sentito un dolore terribile al ginocchio destro… gridava disperato mentre due poliziotti lo trascinavano via… i compagni lo avevano dovuto issare di peso sul camion militare… gemeva e gridava ad ogni buca, ad ogni sobbalzo…

 

FRANCESCA: Piangeva Samir, piangeva sul camion della polizia mentre vedeva l’Europa che si allontanava, piangeva per sua madre, per il suo anello e i suoi orecchini, piangeva di rabbia!

 

MONICA: Era più forte di lui: forse era troppo giovane… forse non era ancora riuscito ad abituarsi… alle ingiustizie.

 

FRANCESCA: Erano arrivati sino a Tamanrasset. Insieme ai suoi dieci compagni di sventura lo avevano sbattuto in prigione.

 

ALESSANDRO: Tamanrasset… nel cuore del Sahara, 2000 chilometri a sud di Algeri. Il cielo è sempre bianco a Tamanrasset a causa della sabbia dispersa nel cielo da un vento incessante…

 

DANIELA:è uno dei luoghi più caldi della terra: la temperatura di giorno supera sempre i 50 gradi… è forse il carcere più terribile dell’Algeria…

 

ANTONINO: Stavamo in cinquanta, rinchiusi in una cella, senza aria, senza luce… senza poter mai uscire… non c’era neanche lo spazio per stare tutti sdraiati… Mangiavamo croste di pane e l’acqua era razionata.

 

ROSALBA: Eravamo infestati da pidocchi e pulci.(Risate)Avevamo la pelle fra le dita delle mani e dei piedi ridotta ad una piaga sanguinante a furia di grattare per il prurito insopportabile che ci provocava la scabbia… (Risate)Ce l’eravamo presa tutti: in quelle condizioni era inevitabile…

 

MONICA: Alla fame e alla sete si aggiungevano continue umiliazioni … Un giorno Samir aveva chiesto alle guardie il permesso di andare al gabinetto; ce n’era uno per ogni cento detenuti, fuori dalla cella…

 

(Durante la scena tutti si avvicinano a Monica che sta al centro come se fossero delle guardie carcerarie. Si mettono il bidone dietro la schiena. Guardano Monica.)

 

SERGIO: Se domani vuoi mangiare devi farla qui davanti a tutti…

 

ANTONINO: Forza, dai, cos’è ti vergogni?! (Risate)

 

BENEDETTA: Dai, che siamo tra amici!

 

FRANCESCA: Prendi il bidone, così se hai il cazzo troppo grande te lo nascondi! (Tutti ridono)

 

ANTONINO: E se invece ce l’hai troppo piccolo, tieni, (gli porge un tappo) questo dovrebbe bastare! (Tutti ridono)

 

MONICA: La cella era piena… davanti a lui una donna, alta, magra, la pelle nerissima, il bianco degli occhi segnato da sottili venuzze teneva per mano un bambino… si sono guardati negli occhi, a lungo… lei aveva capito e aveva girato lo sguardo… e lui…

 

RITMO BIDONI (tutti i migranti cantano la canzone)

 

ANTONINO: Da Tamanrasset, Samir era stato trasferito a Tinzaouaten, con altri 450 prigionieri, su camion completamente chiusi, usati per il trasporto del bestiame. Sulle pareti del cassone, strette fessure chiuse da griglie metalliche permettevano a stento di fare entrare un po’ di aria ed uno squarcio di luce…

 

ALESSANDRO: (Si sente un rumore metallico come di un portellone di un camion che viene chiuso con forza e poi l’accensione di un motore.Tutti gli attori stanno in uno spazio ristretto.) Quando hanno chiuso il portellone, non potevo crederci… Perché ci trattate così?! Le donne hanno iniziato a piangere mentre gli uomini urlavano e battevano le pareti metalliche con i pugni e le scarpe…

 

SERGIO: Quando il camion è partito siamo caduti all’indietro schiacciando quelli sul fondo…

 

ALESSANDRO: Cercavamo di stare in equilibrio aggrappandoci l’uno con l’altro… Dopo qualche minuto l’uomo che mi stava davanti mi ha vomitato addosso; (Risate)(lentamente la luce diminuisce. Sino alla fine della scena del camion attori e pubblico sono in penombra. Da due casse acustiche sistemate in platea si sentono i sospiri di diversi uomini e donne stipati in un camion e rumori metallici. Per alcuni secondi i migranti non parlano, cercano di respirare e di non essere schiacciati all’interno del camion)

 

MONICA: Chi non resisteva si accasciava a terra, sul piscio ed il vomito… (Risate)

Abbiamo viaggiato così, per ore ed ore, senza cibo, con pochissima acqua, nell’oscurità, nel caldo asfissiante e fetido addossati gli uni sugli altri,(Risate)

 

BENEDETTA: Il viaggio era durato diciotto ore senza potersi mai riposare… (un improvviso forte fascio di luce abbaglia gli attori che sono costretti a ripararsi il viso con le braccia e con le mani. Restano fermi, abbagliati.) Quando i soldati hanno aperto il portellone siamo stati investiti da una vampata di aria torrida, ancora più calda di quella sul camion… siamo saltati giù fra le urla e le bastonate dei soldati… (Grandi risate)

 

SOCIO CLUB ANTONELLA: Chiedo scusa per l’interruzione, ma, se mi consentite, vorrei citare il numero uno, il più grande. (Salvatore fa cenno ai soci di alzarsi) “Ci sono culture più o meno diverse, ma comunque (guarda i migranti) inferiori! (applausi registrati) E poi… perché la parola xenofobia deve avere un significato negativo?” (applausi registrati. Risate)

 

SOCIO CLUB RITA A.: Ci vuo… vuole una be… bella testa di legno per dare il vo… vo… (si rivolge a Massimo che la incita) voto agli immigrati! Um… Um.. Umberto Bo… Bo… Bossi!!

 

SOCIO CLUB MASSIMO: Perché io, l’Umberto e tutti noi… ce l’abbiamo duro!!

 

(Paola invita il pubblico ad applaudire. Applausi registrati. Musica “Con amor… ma fora dale bal!”)

 

SOCIO CLUB INES: Grazie! Grazie di cuore a tutti voi! (i soci, con la mascherina sul viso, si inchinano per ringraziare poi si dirigono verso l’uscita) Un momento. Vi ricordate? (osserva il gruppo dei migranti ancora immobili, abbagliati) Per fare esercitare i cacciatori, potremo vestire gli extracomunitari da leprotti e… pum pum pum!

 

(Alcuni soci con una mano tengono la mascherina, con l’altra sparano, con grande divertimento, al gruppo di migranti-leprotti abbagliati.)

 

SOCIO CLUB CARLO: E sempre con grande rispetto e moderazione!

 

(I soci escono di scena; Ida esce per ultima, continuando a sparare, la musica sfuma, i migranti abbassano le braccia.)

 

FRANCESCA: Ho aperto gli occhi: solo enormi crateri, colmi di sabbia e pietrame, punteggiati da grossi sassi neri arrotondati… a perdita d’occhio…

 

MARIANNA: Eravamo arrivato nel campo di detenzione di Tinzaouaten…

 

ROSALBA: “La prigione più grande del mondo”: invece dei muri e delle sbarre, il deserto.

 

MARIANNA: Il “luogo dove Dio non esiste”, regno di serpenti e scorpioni velenosi, dove il sole cocente brucia, stacca la pelle, uccide… Il campo di detenzione di Tinzaouaten, nel Mali, appena oltre il confine con l’Algeria, dove la polizia algerina abbandona i migranti clandestini sorpresi ad attraversare il deserto del Sahara……

SERGIO: Nel campo di detenzione di Tinzaouaten i clandestini vivono nascosti fra la sabbia e le rocce, sotto baracche improvvisate, in case diroccate o in grotte.

ROSALBA: Nel campo non c’era niente da mangiare: a volte riuscivano a rubare una capra ai pastori nomadi… ma l’unico modo per sopravvivere era lavorare, in condizione di schiavitù, a servizio dei tuareg, in un villaggio vicino, 45 minuti a piedi dal campo… Per pochi dinar al giorno c’era chi faceva le pulizie nelle case, chi lavava i panni, chi accudiva gli animali…

CINZIA: Samir, insieme a Kalil, un giovane ivoriano, aveva trovato da lavorare come spaccapietre per 40 dinari (meno di 40 centesimi di euro al giorno) ed un piatto di cuscus. Con un pesante martello dovevano spaccare le grosse pietre del deserto. Lavoravano dalle prime ore del giorno fino a che il sole non era così alto e cocente che lo sentivi pesare sulla testa, ti schiacciava… Allora mangiavano, quasi sempre l’unico pasto della giornata, e poi aspettavano che il sole calasse per fare ritorno al campo…

 

FRANCESCA: Era un lavoro disumano, per la fatica e per il caldo… a stento riuscivano a sollevare il martello… Ad ogni colpo schegge affilate schizzavano da tutte le parti colpendoli alle mani ed al viso… i loro occhi erano ridotti a due macchie di sangue…

 

(Gli altri migranti ascoltano e guardano davanti come se stessero tutti osservando Kalil)

 

MONICA: Andavano avanti così… sempre più stanchi e sempre più disperati… fino alla mattina che Kalil non ce l’aveva fatta più. Samir era già al riparo e vedeva Kalil battere, e batteva… batteva… batteva… ad ogni colpo con un gemito sempre più forte… sempre più forte… sempre più forte… “Basta!” gli urlava Samir “Fermati!” (si sente un battito cardiaco che diventerà sempre più veloce)Ma Kalil continuava anche se la pietra era ormai ridotta ad un mucchio di polvere che volava via ad ogni colpo. Kalil batteva sempre più forte… sempre più forte… sempre più forte…

 

ALESSANDRO: Poi Kalil scaglia via il martello, si solleva con un grido disumano… le braccia tese contro il cielo, la faccia contro il sole… lo sfida… sfida il sole del deserto e gira… gira su se stesso… e urla come… come un folle.. Samir cerca di portarlo al riparo… ma Kalil lo scaccia… non ne vuole sapere… continua a girare… a girare… e ride… ride mentre si allontana nel deserto…

Sparisce dietro un avvallamento.. poi riappare molto più in là, barcolla… continua ad urlare e ad agitare le braccia… e poi corre, corre, Kalil, non si ferma più, corre via, “fermati Kalil, fermati!”. (ancora qualche battito cardiaco nel silenzio, poi stop) Ma Kakil non sente più niente. Continua a correre, a correre, sin quando diventa un puntino all’orizzonte…

 

SERGIO: Per il terrore di impazzire Samir aveva smesso di lavorare… preferiva soffrire la fame piuttosto… viveva rintanato nella grotta… viveva nell’attesa che accadesse qualcosa, che qualcuno lo strappasse via da quell’inferno… era un deportato… uno schiavo… e stava sempre peggio… la diarrea lo stava consumando…

CINZIA: Sin quando un giorno: “Avete visto, lì in fondo… (Avanzano tutti verso il proscenio. Guardano lontano) due fuoristrada… due fuoristrada bianchi con le bandiere blu, le bandiere dell’ONU! Ehi! Ehi! Siamo qui!!” (Agitano le braccia, i bidoni.)

MARIANNA: Ci hanno visto! Ci hanno visto!! Sì! Stanno venendo a salvarci! Si stanno dirigendo verso di noi!! (Guardano tutti verso destra i fuoristrada che si allontanano)… Ma… cosa fanno?!… Dove vanno?!!… Ehi! Ehi!! Siamo qui! Siamo qui!!

FRANCESCA: Era capitato tante volte: le auto dell’ONU li vedevano… ma non si fermavano. Non si fermavano mai. Si dirigevano verso un altro campo dove stavano i rifugiati tuareg, tornati dall’esilio dopo la ribellione del 1994.

MARIANNA: Per lui, per loro, clandestini senza diritti, invece, non c’era nessuno che corresse in aiuto…

BENEDETTA: Dopo trentanove giorni era riuscito a nascondersi su un grande camion diretto verso sud che si era fermato ai bordi del campo per un guasto. E così era arrivato a Kidal.

 

ALESSANDRO: All’inizio, a Kidal, era riuscito a lavorare. Ma ora era malato, senza un soldo in tasca: si vergognava… (tutti abbassano lo sguardo) Però… no, non sarebbe tornato da suo padre… dopo aver fallito… Il “viaggio della vergogna”, non lo avrebbe fatto: tornare a mani vuote, senza essere riuscito… senza un soldo, senza un futuro… Piuttosto la morte. MUSICA “MALAIKA” In fondo… per suo padre, per sua madre, per tutta la famiglia, lui era al sicuro in Europa… O era morto!

 

Buio. I migranti escono di scena.

 

SCENA 5: I SOCI CANTERINI

 

Entrano nuovamente in scena i soci.

 

IDA: Io invece dico no! (la musica sfuma) Io dico no agli spacciatori, no alle merde extracomunitari e clandestine, noi i terroristi islamici, li mandiamo via a calci in culo… e con lo scarpone chiodato!

 

RICCARDA: Per quanto mi riguarda questa è l’ultima manifestazione senza bastoni. Cominciamo a dare segnali, e un bel segnale è una scarica di legnate!

 

CARLO: E questo sempre detto con grande pacatezza e moderazione.

 

(Salvatore prende posizione sul palco. Per qualche secondo si sente la musica del Piave)

 

SALVATORE: Carissimi amici, forza, prendiamo posizione!

 

Tutti prendono posto, in piedi, sui praticabili. Si dispongono come se fossero un coro. Si accingono a cantare con grande solennità. Si mettono la mano sul cuore.

 

SALVATORE: Maestro, noi siamo pronti. (la musica sfuma)

 

MATTEO:Bene. Chi siamo noi?

 

CORO E MATTEO: Siam gente che…

 

SALVATORE: Mi raccomando, con tutto l’amore che abbiamo nel cuore!

 

PATRIZIA: … Con amore!

 

TONINA: … Con amore!

 

PAOLA: … Con amore!

 

Uno dopo l’altro tutti i soci, come se si stessero presentando, fanno uno o due passi per raggiungere una stessa posizione e ripetono tutti le stesse parole. E’ come una gara a chi riesce a sorridere di più e a dire con maggiore enfasi “con amore!” Quando, alla fine, arriva il turno di Massimo, lui sorride, prende posizione e fa una lunga pausa prima di parlare molto lentamente

 

MASSIMO: … Perché noi, come dice il ministro… sempre… ce l’avremmo… (ha un dubbio) ce l’ave…mmo… (?)

(Guarda Ines che gli suggerisce qualcosa all’orecchio) … perché noi… ieri… oggi… e domani… (sta per pronunciare il verbo, ma si interrompe, si rivolge a Ines) ce l’avessimo?…

 

INES (sottovoce, si vede solo il labiale) Ce l’avremo per sempre…

 

MASSIMO: Perché noi… nonostante… i congiuntivi… romani… ladroni… ce l’avessimo per sempre… ce l’avre…bbero… (tra se) ma com’è cazzo è che ce l’avevamo?!

 

INES: Venga carissimo, che ci sistemiamo…(Lo aiuta a prendere nuovamente posizione)

 

MASSIMO: (a Ines) Perché noi… mi creda, anche quando saremo defunti…

 

INES: Certo, certo carissimo socio, certo!

 

MATTEO: Allora, siamo pronti?

 

CORO: Sì!!

 

(Si sente nuovamente, per qualche secondo, la musica del Piave)

 

MATTEO: (con enfasi) Siete caldi?!

 

CORO: Sì!!!

 

MATTEO: Chi siamo noi?!

 

CORO E MATTEO: Siam gente che!!

 

 

 

Si sente la musica della canzone del Piave

 

CORO: Siam gente che produce, che fatica e che lavora

che studia, va allo stadio e s’innamora

noi siamo grassi e ricchi, quindi ricacciamo in mare

il bingo bongo che viene a rubare!

 

In fasce lo giurammo a nostre madri,

lo ripetiamo ai figli, ai nonni e ai padri:

siam cavalieri di un’antica giostra

per sempre noi padroni a casa nostra!”

 

Noi siamo per la vita e per l’amore

con la pelle bianca e il nostro buon odore!

 

 

Voi gialli, rossi e neri, tutti quanti voi cercate

lavoro a casa nostra… ma puzzate!

Siete proprio ignoranti, brutti e poco raffinati

nel Sàhara o nella giungla siete nati.

 

Rumeno, slavo, zingaro o albanese

ucraino, fillippino o cinese

te ne vai in giro come un vagabondo

dicendo a tutti “la mia patria è il mondo!”

 

amico mio sei davvero saggio

ma ora tu ci hai rotto: ritorna al tuo villaggio!

 

 

Alla fine della canzone battono le mani entusiasti.

 

TUTTI IN CORO: Amore! Amore! Amore!

 

Buio.

 

SCENA 6: LETTERE DALLA LIBIA

 

Dai due lati del proscenio entrano in scena Monica, Rosalba e Benedetta. Sono vestite di nero. Hanno una benda sugli occhi. Si sistemano proprio al limite del palco)

 

MONICA: Ottobre 2010 Mi hanno violentata ripetutamente in tre o quattro; anche se ero sfinita e gridavo pietà loro continuavano e sono rimasta incinta.

 

ROSALBA: Ho lasciato il mio villaggio nel gennaio del 2009. Sono arrivata al confine quattro mesi dopo, e lì ci hanno vendute ai trafficanti e ai poliziotti.

 

MONICA: Non so chi sia il padre di mia figlia; voglio soltanto dimenticare e chiedo a Dio di farla vivere in pace.

 

BENEDETTA: Ci hanno torturate, picchiate, stuprate, trattate come schiave per mesi.

 

ROSALBA: Ci hanno messo dentro dei container, la sera venivano a prenderci, una ad una, e ci violentavano. Non potevamo fare nulla, soltanto pregare perché quell’incubo finisse.

 

MONICA: Vivere in Libia era impossibile, soprattutto per chi aveva la pelle nera. Bisognavascappare. Scappare prima possibile.

 

BENEDETTA: Per una donna migrante era meglio morire nel deserto. Finire in fondo al mare.

 

Dal fondo compare Sergio. Ha una giacca che ricorda quelle dei militari delle motovedette della Guardia di Finanza. Si ferma anche lui sul proscenio, al limite del palco.

 

SERGIO: Molti stavano male, alcuni avevano delle gravi ustioni, le donne incinte erano quelle che ci preoccupavano di più, ma non potevamo fare nulla, gli ordini erano quelli e li abbiamo eseguiti. Quando li abbiamo presi a bordo dai tre barconi ci hanno ringraziato per averli salvati. Anche se erano sfiniti, si sono messi a cantare per noi. In quel momento, sapendo che dovevamo respingerli, il cuore mi è diventato piccolo piccolo. Non potevo dirgli che li stavamo portando di nuovo nell’inferno dal quale erano scappati a rischio della vita. È l’ordine più infame che abbia mai eseguito. Me ne vergogno. (come termina di parlare, anche lui si benda gli occhi. Esce insieme alle altre tre donne.)

 

Si sente una fanfara militare e dopo pochi secondi una voce fuori campo. Due socie-veline (Serenella e Susy) si alzano e dalla tribuna srotolano un tappeto azzurro che arriverà sin giù dal palco. Gli altri soci si dispongono su due file che delimitano il tappeto, come per dare il benvenuto a un personaggio importante. Quando inizia il discorso della voce F.C. i soci fanno un inchino e rimangono in posizione “ a 90 gradi” per alcuni secondi.

 

VOCE F.C: “Bene sono qui a dare un caloroso benvenuto al leader libico Gheddafi. In questi 15 anni io ho avuto modo di incontrare più volte il leader e di legarmi a lui da una vera e profonda amicizia… al leader riconosco una grande saggezza… una grande saggezza… una grande saggezza.. una vera e profonda amicizia… una vera e profonda amicizia…

Si sente una musica circense. (Alcune donne salgono sopra dei cubi, in alto sulla tribuna e accennano uno striptease; anche le altre donne si tolgono i cappotti, si sbottonano le camicette, rimangono in abbigliamento succinto. Gli uomini si allentano la cravatta, tolgono la camicia da dentro i pantaloni; c’è un crescendo di felicità ed eccitazione che si interrompe quando entra in scena una donna in camice bianco. Potrebbe essere un medico.

 

INFERMIERA: Ma cosa state facendo?! Non si fa così!!…. (cambia tono, passando dal serio allo scherzoso;) Si fa così!! (si sbottona il camice e si spoglia; la festa ricomincia con eccitazione ancora maggiore. Entrano in scena tutti gli attori migranti tranne Francesca e Marianna. Sono vestiti di nero e con gli occhi bendati. Si fermano nella parte centrale del palco, sul tappeto, tra le due file degli “onorevoli. Al centro Cinzia. Si danno la mano: formano una catena. I soci escono. La musica sfuma.

 

SCENA 7: DIRITTI E RISATE

(quando ogni attore parla avanza verso il proscenio, come se volesse andare verso la platea; viene trattenuto dai compagni)

 

DANIELA: Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato e ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese. (Risate)

 

CINZIA: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, (Risate)senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. (Risate)

 

MONICA: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana… (Risate)

 

BENEDETTA: … e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. (Risate)

 

ROSALBA: Tutti sono eguali dinanzi alla legge (Risate)e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. (Risate)

 

ANTONINO: Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. (Risate)

 

ALESSANDRO: Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. (Risate)

Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. (Risate fragorose, buio sia sul palco, sia in platea)

 

SCENA 8: FRAMMENTI DI “SOLO ANDATA” DI ERRI DE LUCA

 

Musica Malaika che sfuma dopo le prime parole di Marianna. La luce si affievolisce sino a sparire del tutto. Marianna e Francesca parlano stando in platea ai due lati del pubblico.

 

MARIANNA: Siamo gli innumerevoli, raddoppio a ogni casa di scacchiera

lastrichiamo di scheletri il vostro mare per camminarci sopra.

Non potete contarci, se contati aumentiamo

figli dell’orizzonte, che ci rovescia a sacco.

 

FRANCESCA: Siamo venuti scalzi, invece delle suole,

senza sentire spine, pietre, code di scorpioni.

Nessuna polizia può farci prepotenza

più di quanto già siamo stati offesi.

 

MARIANNA: Faremo i servi, i figli che non fate,

nostre vite saranno i vostri libri d’avventura.

Portiamo Omero e Dante, il cieco e il pellegrino,

l’odore che perdeste, l’uguaglianza che avete sottomesso.

Musica Malaika

 

FINE

Principali testi di riferimento: “Lager italiani” di Marco Rovelli, “Mamadou va a morire” di Gabriele del Grande “Bilal” di Fabrizio Gatti, “Solo Andata” di Erri De Luca, “L’orda” di Gian Antonio Stella, il film “Come un uomo sulla terra” di Riccardo Biadene, Dagmawi Yimer e Andrea Segre, la puntata di Presa Diretta: “Respinti di Riccardo Iacona e le numerose testimonianze di migranti raccolte dal vivo e da diversi siti, in particolare Fortress Europe. Abbiamo inoltre utilizzato numerose frasi poco “onorevoli” pronunciate da parlamentari, senatori, assessori regionali, sindaci, ministri della Lega Nord e dall’ex capo del governo italiano.

 

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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