«Suonerie» 22: illimitati sax, vento di memoria e LudwigVan

Ascolti suggeriti da Daniele Barbieri, Giovanni Carbone e Mauro Antonio Miglieruolo. (*)

In questa puntata:

«Eve of I» del James Brandon Lewis Trio

«Live a Sant’Anna di Stazzema» della Casa del vento

Tutte le sinfonie di Bethoven dirette da Toscanini

Umano è il sax di JBL – di Daniele Barbieri

Ovvio che gli strumenti musicali, prima grezzi e poi perfezionati, miravano almeno all’inizio a riprodurre, ampliare, mettere in gioco voci umane e suoni del mondo intorno. Però bisogna andare molto in là nel tempo, al 1846, perchè un geniale belga, Antoine-Joseph (detto Adolphe) Sax, costruisca una scalinata in cui si possa – ovviamente con fatica e studio, genio e pazzia – reinventare i nostri pianti e i sussurrii, l’intonazione da coccole che fa sciogliere tutto intorno ma anche la rabbia che esplode in un grido tale da spaventare.

Erano sette – come i giorni della creazione biblica – i sassofoni “brevettatati” dal padre (in tutti i sensi, visto che come ricordava un irriverente film «Dio esiste e vive a Bruxelles»): sopranino, soprano, contralto, tenore, baritono, basso e contrabbasso…. bravo chi li distingue. Salvo poi andare in confusione ascoltando alcuni strumentisti (Roland Kirk o Eugenio Colombo, per nominarne due) che riescono a suonarne due o più… con lo stesso fiato.

Chi ama il sassofono e in particolare il jazz conoscerà i maestri (tutti uomini finora ma adesso un’ondata femminile potrebbe scompigliare anche questo angolino) e forse penserà: “cosa più di Lester Young o John Coltrane, di Coleman Hawkins o di Ornette Coleman?”… Ma gli scettici dovranno stupirsi e accettare di percorrere buovi sentieri. Per quel che mi riguarda sono un sasso-filo da sempre ma ascoltando il recente «Eve of I» del James Brandon Lewis Trio ho avuto la sensazione di risentire, con nuove orecchie, molta della miglior musica che credevo di conoscere. Il sax tenore di JBL (James Brandon Lewis), le diverse percussioni di Max Jaffe e il violoncello condito da elettronica di Chris Hoffman – con vari ospiti in alcuni brani – un po’ alla volta confermano che anche le sperimentazioni più ardite sono godibili e quasi ballabili… ma perfino l’opposto, cioè quello che sembra musicalmente semplice e/o antico nel riascoltarlo svela nuove profondità.

Negli 11 brani c’è sempre lo zampino di JBL. Poco più che quarantenne, è sulla scena da anni, leader eclettico, catalizzatore, compositore instancabile e strumentista d’eccezione, a ogni album (quintetti o quartetti, pensati in studio o realizzati a caldo) JBL conferma che il miglior jazz d’oggi resta particolarmente capace di innovazioni pur restando legato alle tradizioni ed è quasi sempre riconoscibile nonostante le crescenti contaminazioni. Blues sempre ma in ogni declinazione.

Non ho avuto la fortuna di ascoltare JBL ma credo sulla parola che sia “uno stregone”. Dunque corro dietro a questo nuovo incantatore ma sempre rigraziando il “padre” belga che ha arricchito le possibilità di mettere in musica ciò che esce dalla nostra gola con quel che c’è intorno.

Un live molto «partigiano» – di Giovanni Carbone

Avevamo già parlato su Suonerie, un anno fa, del bellissimo lavoro in studio «Alle Corde» della Casa del Vento. La band aretina torna a pubblicare un album (cd e vinile): il secondo dal vivo dopo «Semi nel vento» del 2015. Si intitola «Live a Sant’Anna di Stazzema» ed è un omaggio ai 560 innocenti che furono massacrati dalla violenza nazifascista in quel maledetto 12 agosto 1944. Quest’ultimo lavoro della Casa del Vento non tradisce le aspettative, dopo oltre 30 anni di carriera musicale. Un lavoro militante che racconta in musica, senza retorica ma con il consueto ispirato lirismo. I 13 brani (nel CD, nel vinile solo 8) diventano narrazione degli ultimi, memoria, archivio di resistenze vecchie e nuove per una giustizia sociale. «Girotondo a Sant’Anna», già presente in «Alle corde», è il brano che ha ispirato il progetto del live nel luogo della strage. Il pezzo è impreziosito dalle suggestioni degli archi del Quartetto Euphoria presente in altri 6 brani.

https://www.youtube.com/watch?v=Ydwuk9hBUWg

«Notte di San Severo» racconta di un eccidio nazifascista (il 14 luglio 1944) in terra di Arezzo, dove perse la vita anche Silvestro, il nonno di due membri della band, Luca e Sauro Lanzi. Nel testo due versi che sono forse un manifesto per l’intero album: «Noi saremo soli a portare la croce e la storia, noi saremo soli contro uomini senza memoria».

Poi l’immaginifica «Mare di mezzo», racconto poetico delle migrazioni disperate nel Mar d’Africa, alla ricerca di una speranza dopo immense disperazioni. La sua riproposizione definisce quel fil rouge che lega le vicende degli ultimi in ogni pezzo di storia di cui furono vittime innocenti e sacrificali.

https://www.youtube.com/watch?v=ILqIBezz0XA

Gli altri brani sono «Danza del mare», «La tua vita», «I cinque fuori della speranza», «Alberi rami e foglie», «Il pane e le spine», «Terra nella terra», «Circus la Pauvreté», «Carne da cannone», «Il fiore del male» sino a una versione sorprendentemente evocativa di «Bella Ciao». Un viaggio foriero d’avventure, di compagni incontrati in cammini comuni artistici e sociali: fra gli altri gli operai della Thyssenkroup, la gente di Emergency, quelli di Mediterranea Saving Humans, e poi Ginevra Di Marco, Elisa, la Banda Osiris, David Rhodes, Cristiano Lucarelli, Ascanio Celestini, Finaz ed Erriquez della Bandabardò, Haidi Giuliani, Violante Placido, Lenny Kaje, Stefano Tassinari, Neri Marcorè. E l’incontro magico con Patti Smith che li volle al suo fianco in concerti a Firenze, Milano, Bolzano, Arezzo, Siena, Roma e Parigi. Pure ne chiese la presenza nel suo «Banga», unici italiani, in due autentiche chicche come «Seneca» e «Costantine’s Dreams».

https://www.youtube.com/watch?v=NBEDTeFzDQE

La loro è musica folk nel senso più autentico del termine, ne definisce senza equivoci la natura popolare, dal basso. Ma è anche rock di impegno continuo, che non ammette cedimenti o ammiccamenti d’alcun tipo a ragioni che non siano quelle degli ultimi. Alla voce, alla chitarra acustica e al banjo c’è Luca Lanzi; ancora al banjo, alla chitarra elettrica, mandolino e bouzuki c’è Francesco “Fry” Moneti; di fisarmonica, piano, tastiere, tromba e tin whistle si occupa Sauro Lanzi; il basso lo suona Massimiliano Gregorio; a dividersi la ritmica con batteria e percussioni di Fabrizio Morganti; al violino scudiscia invece Andreas Petermann.

https://www.facebook.com/p/Casa-del-Vento-100057214789579/?locale=it_IT

Le “none” sinfonie di Ludwig – di Mauro Antonio Miglieruolo

C’è davvero un periodo dell’anno in cui i regali sono d’obbligo? Chissà, ma per me i doni musicali rinfocolano piaceri e ascolti che ho creduto non sarebbero mai tramontati. Intorno ai 20 anni, credevo novivo o impossibile consumare un solo giorno senza ascoltare Beethoven, Bach o altro nel gran mare della musica classica. Mi era preso fitto allora con le 9 sinfonie di Beethoven, l’integrale diretta da Arturo Toscanini. Nel 1963, quando per lavoro fui costretto a trasferirmi a Belluno, continuai ad ascoltarle prima da solo e poi con un romano (come me al primo impiego) che mi aveva chiesto di condividerle. Avevamo alloggio in una pensione ai margini della cittadina, in due sottotetti contigui, gelidi d’inverno. Sopravvivemmo. Ci aiutò l’ineffabile potenza della musica beethoveniana: furia, ire funeste che ci mandavano al settimo cielo. Decidemmo di inaugurare il dì con (almeno) il primo movimento di una sinfonia; antidoto mirabile al grigiore della mattinata da mezzemaniche che ci toccava scontare. Ascolti approssimativi, mi rendo conto adesso. Un altoparlante collocato nella mia cameretta, l’altro in quella del vicino. La cassa fatta passare con tutto il filo attraverso le finestrelle contigue, per poco più di un metro di cavo lungo le tegole del tetto abbandonato all’intemperie. Finestrelle tanto vicine che potevamo persino stringerci la mano. Posseduti da una passione che ci sembrava esclusivamente nostra. Noi con Beethoven. Non sapendo d’altro, appassionati ma sostanzialmente ignoranti, ci contentavamo di ciò che fortuna apportava.

Oggi ripetere il trasporto di quell’esperienza è impossibile. Neppure il semplice ascolto. Su YouTube non ho trovato l’integrale delle sinfonie diretta da Toscanini, e mi contento di segnalare – suggerendola come regalo – quella uscita poco tempo fa per merito della Brilliant Classics, che propone una versione in cinque cd con la Royal Flemish Philharmonic sotto la direzione di Philippe Herreweghe.

Eccola: https://www.youtube.com/watch?v=USHg3KypLv8

(*) Una imprescindibile quanto impossibile occasione per far risuonare le note attraverso le parole. Sognando e tentando di attraversare la musica in tutte le sue variegate manifestazioni. Daniele Barbieri, Giovanni Carbone e Mauro Antonio Miglieruolo nel gran mare delle proposte sonore pescheranno spigole (cioè spigolature) mensili adatte a fornire un’idea di quel che si muove ed è subito fruibile da coloro che alle musiche si volgono per migliorare la qualità della vita. Il trio suggerisce solo dopo che quei suoni hanno acceso una qualche luce fra orecchie, cuore e mente.

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danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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