Votare o rivoltare? Riflessioni quasi a caldo

di Angelo Maddalena

Mi dicevi che se non voto sono corresponsabile della vittoria di Giorgia Meloni e delle destre. «Poi non ti puoi lamentare». Però cara Paola, non è una questione così semplice. Discorsi sensati, in parte, ma anche “datati” o comunque mal posti. Io ti voglio bene e questo porta a sviluppare discorsi importanti, come quando mi dicevi «i nostri orticelli» e io ti ho citato don Lorenzo Milani (*). Ma andiamo per gradi.

Comprando il quotidiano (chissà quanti ne leggono almeno uno a settimana e come votano) ho trovato un articolo sul «riesame che smonta il caso Piacenza», coè l’incriminazione dei Cobas. Criminalizazzione dei sindacati di base e delle lotte operaie negli ultimi mesi: cosa ne sappiamo?

Altro giro altra corsa: ho appena finito «Fogli dal carcere» di Nicoletta Dosio e consiglio soprattutto le ultime pagine e il contributo di Italo Di Sabato («Per superare la cultura della pena») dell’Osservatorio sulla repressione: c’è un passaggio sul “legalitarismo” imperante nella cultura degli ultimi anni, che purtroppo non ha nulla a che vedere con la destra, anzi paradossalmente riguarda partiti di sinistra, movimenti e movimentini sedicenti alternativi. Degli abusi carcerari e/o della criminalizzazione del movimento No Tav non sento parlare quasi mai.

Mi dici che Toti in Liguria “ostacola” i consultori familiari: sono d’accordo con te nel giudicare grette le politiche di Toti (e Meloni non sarà da meno) però facciamo un’analisi seria delle mancanze della sinistra. A cominciare dalla divisione ma diciamo anche altro: l’ultima volta che ho votato, nel 2001, scelsi Bertinotti e sai cosa mi sono sentito dire l’indomani, da gente di centro-sinistra? Nientepopodimeno che io e quelli come me avevamo contribuito a far vincere Berlusconi perché Bertinotti si era sfilato dal governo Dalema eccetera. Della serie: «falla cumu la vu sempri cicoria iè» cioè la colpa è sempre del poveraccio che vota.

Forse si tratta di rivoltare e non di rivotare. Lo spiega bene anche Cristopher Lasch nella prefazione di «La cultura del narcisismo»: non si tratta di rifiutare l’esistente passivamente. Il gioco al massacro che la colpa è di chi non vota è un cane che si morde la coda. Lasch dice che non votare deve essere il primo passo per arrivare alla rivolta. E se questo non avviene – o avviene in forme sommerse, clandestine, minoritarie, non codificate – resta però possibile immaginare una rivolta.

Vedo su «Il Fatto quotidiano» un trafiletto: vicino Chieti persone di “un comitato” hanno buttato le schede elettorali giù dal ponte per protestare contro un processo per la riapertura di un ponte fra Abruzzo e Molise che dura da quattro anni e non è ancora completato.

Infine volevo abbozzare una tendenza “colpevolizzante” (per riprendere la cultura della pena di cui prima) che ritorna nella cultura di sinistra e di tanti “insospettabili”: ho visto “amici” di area sinistroide ed equosolidaloide accanirsi all’epoca del green pass contro chi dissentiva: roba da far rabbrividire i peggiori fascisti. Anzi ci sono destroidi che, magari per motivi di convenienza, danno respiro al bisogno di “coscienza individuale”. E’ un punto cruciale: con il vaccino e il green pass – come per il carcere o il voto – non ci salverà il “numero” che annulla la coscienza individuale: è il sistema immunitario, un apparato olistico che dobbiamo difendere e custodire. Per il rimedio medico come per votare serve una partecipazione totale, l’espressione globale della persona. Lo diceva Fromm 70 anni fa, ma anche don Milani e andando indietro pure Leopardi. Non esiste una società felice fatta di individui infelici.

Non si può fermare l’avanzata di Giorgia Meloni con individui infelici, frustrati e autorepressi. Oggi e domani meglio rivoltare e rivoltarsi, che rivotare!

PS: Il collettivo della rivista «Micropolis» (mensile umbro) organizza per metà ottobre una riunione per «discutere dopo la sconfitta»: voglio sperare si parli anche di dare solidarietà concreta a realtà sindacali represse e a lotte che partono dal basso, incluse le poco visibilizzate proteste di questi giorni per contrastare l’aumento delle bollette…

(*) questa la citazione di Lorenzo Milani: «il voto e lo sciopero sono le due armi più democratiche che abbiamo, ma il voto dato ogni cinque anni senza un esercizio quotidiano della responsabilità individuale e civile “è una pisciatella”». Dopo 70 anni la lettura del quotidiano è ancora un esercizio doveroso? Allora la potenza mediatica e virtuale, digitale e cibernetica era nulla in confronto a oggi…

LA VIGNETTA – scelta dalla “bottega”- è di Giuliano Spagnul

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *