Scor-data: 13 febbraio 1944

Alessandro Sinigaglia, morire da “gappista” a Firenze

di Mauro Valeri (*)  

Nel mese di febbraio 1944, la lotta contro il nazifascismo a Firenze si fa più dura e Alessandro Sinigaglia è particolarmente impegnato su più fronti organizzativi. Lavora a uno sciopero operaio, anche come risposta ai licenziamenti effettuati a dicembre, che avevano colpito soprattutto gli operai che avevano rifiutato il trasferimento al Nord. Il 12 febbraio incontra il suo vecchio amico aretino, Romeo Landini, con il quale stila un piano d’azione. Il giorno dopo, la linea ferroviaria Firenze-Roma viene fatta saltare in due punti, sempre nei pressi di Varlungo, paralizzando il traffico per otto ore. A sera, Alessandro ha appuntamento con il comunista empolese Pietro Lari, destinato a rinforzare il movimento partigiano in montagna. Lari è un vecchio amico di Alessandro. Coinvolto anche lui negli arresti del marzo 1928, si era fatto un anno di carcere, ma poi era stato assolto sebbene con l’imposizione di essere sottoposto a una “sorveglianza speciale”. Anche per questo aveva deciso di espatriare, finendo per andare a combattere in Spagna. Con Alessandro aveva condiviso anche l’esperienza del campo di concentramento di Vernet e il confino di Ventotene. Insomma un compagno vero. Forse per questo, o forse perché è in una zona di Firenze dove si sente sicuro, Alessandro abbassa la guardia. L’appuntamento è per l’ora di cena, in una trattoria del centro di Firenze, in via Pandolfini, dove Alessandro va abitualmente a mangiare. Fra l’altro è vicina a via Ghibellina, dove Alessandro ha vissuto per molti anni e dove ancora vive Zaira, la seconda moglie del padre di Alessandro che, in quanto ebrea, vive in gravissime condizioni economiche e di salute, e che Alessandro prova comunque ad aiutare. Anche se tutti i “decaloghi cospirativi” sconsigliano fortemente a chi vive in clandestinità di mantenere le abitudini, Alessandro non riesce a fare a meno di questa esigenza di normalità. Per il resto invece si attiene alle prescrizioni del “buon clandestino”: non porta armi, ha documenti intestati a un tal Giovanni Bugatti e indossa un cappotto di buona fattura, prestatogli dal suo amico Markevitch. A un certo punto, mentre Alessandro e Lari stanno cenando, nel locale entrano due fascisti della banda Carità: Natale Cardini e Valerio Menichetti. Proprio i due a cui era stato assegnato il compito di individuarlo ed eliminarlo. Non è un incontro casuale. Qualcuno ha fatto la spia. I due comunisti tentano di fuggire alla sorte. Lari però viene bloccato immediatamente, mentre Alessandro ha la forza e l’agilità di scappare. Riesce a uscire dal locale e a fare qualche metro di corsa. Poi però viene raggiunto da alcuni colpi di arma da fuoco sparati a raffica dai due inseguitori. Quando cade a terra è già morto. Da vero comandante, è il primo gappista a morire a Firenze.

Sulla morte di Alessandro esistono diverse ricostruzioni, come quella di Francovich. «Mentre alcuni [fascisti della banda Carità] pattugliavano la via Matteo Palmieri, dove si trovava la trattoria in cui Sinigaglia era solito cenare, altri penetravano nel locale. Benché disarmato, Sinigaglia si alzò, pallidissimo ma tranquillo, dal suo tavolo e si avviò verso l’uscita per sfuggire all’insidia. Fuori fu preso. Riuscì a liberarsi dagli aggressori una prima volta e si rifugiò in un portone. Ma fu raggiunto di nuovo. Tentò la fuga una seconda volta, ed era riuscito a percorrere alcuni metri, quando una scarica lo abbatté al suolo». Leggermente diverso il racconto di Barbieri: «Mentre è in una trattoria in via Pandolfini, entrano e si siedono accanto a lui alcuni militi della Muti. Forse lo hanno riconosciuto, forse il suo atteggiamento turbato lo ha tradito. I militi lo guardano. Alessandro chiede il conto e se ne va. I fascisti lo inseguono nell’oscurità, incomincia una sparatoria contro di lui. Alessandro si nasconde nell’androne di una casa, ma è inseguito ed ucciso a revolverate dai militi che come belve gli si accaniscono contro». Una terza versione, forse più romanzata e con qualche imprecisione, la propone Giorgio Bocca: «Il 12 [13] febbraio, di ritorno da Pisa, si ferma a pranzare (?) in una trattoria di via Palmieri (?) con Pietro Lari, un compagno della guerra di Spagna. Siedono e poco dopo entrano due sgherri della banda Carità, due dei “quattro santi” picchiatori e uccisori famigerati: Natale Cardini e Valerio Menichetti, con le loro donne. La tragedia si prepara lentamente con personaggi emblematici: l’oste, gli sbirri, i cospiratori. Uno dei ‘santi’, il Cardini, quando l’oste porta il vino domanda: ‘Lo conosci quello che mangia laggiù?’. ‘Di vista’ fa l’oste. ‘Ma non è questo?’ chiede il fascista che ha in mano una fotografia. Ora il Cardini si alza, va dal Sinigaglia, gli ordina di seguirlo al suo tavolo. Sinigaglia è fra i suoi nemici, sa che la sua sorte è segnata, che non serve mentire. ‘Chiama il maggiore Carità’ dice Menichetti. Il Cardini va al telefono e intanto carica la rivoltella; parla a voce bassa, si volta verso il muro perché la gente non senta. E’ l’ultima occasione, il gappista si è alzato di scatto, è arrivato alla porta, è già in strada mentre l’amante del Menichetti urla: ‘E’ lui, piglialo, lo conosco’. Cardini spara dalla porta, il cadavere di Sinigaglia resterà per un’ora steso sul selciato».

In un’altra versione: «Il Sinigaglia, malgrado gli avvertimenti dei compagni di lotta, continuava a commettere una imperdonabile imprudenza recandosi spesso a mangiare in una trattoria di via Matteo Palmieri, in una zona dove era conosciuto molto bene; la sua presenza venne notata e segnalata al vicino gruppo fascista ‘Dante Rossi’. Nel pomeriggio del 12 febbraio, di ritorno da Pisa, dove si era recato per controllare l’efficienza dell’organizzazione della Resistenza, Sinigaglia sostò a Empoli presso un amico, Pietro Lari, col quale si diresse in bicicletta verso Firenze, dove si recò, con l’amico, nella solita trattoria di Via Palmieri. Questa volta la sua imprudenza doveva riuscire fatale a lui e al suo compagno. Entrarono nel locale subito dopo Natale Cardini con la moglie e Valerio Menichetti con la sua amante, certa Silvia Ravicioli, sorella di un altro appartenente alla ‘Banda Carità’; i quattro presero posto in un tavolo di fronte a quello occupato dal Sinigaglia e dal Lari. A un certo punto il Cardini si alzò, si avvicinò ai due seduti al tavolo di fronte ed ebbe con loro un breve colloquio, invitando il Sinigaglia a recarsi al tavolo occupato dalle due coppie; recandosi poi all’apparecchio telefonico, estraendo la rivoltella e caricandola. A tale vista il Sinigaglia si alzò e con mossa fulminea si dette alla fuga inseguito dal Valerio Menichetti, il quale gridava: ‘piglialo, piglialo, è proprio lui, lo conosco io’. Giunti in strada si udirono alcuni colpi di rivoltella e il Sinigaglia cadde ferito a morte raggiunto da ben cinque colpi».

Paolo Spriano aggiunge alcuni dettagli raccapriccianti: «lo depredano e gli cavano perfino i denti d’oro». E’ un accanimento contro un comunista, che aveva dedicato metà della sua giovane esistenza alla lotta per la libertà e la giustizia. Alessandro era sempre stato consapevole dei rischi che correva e che era costretto a correre in un mondo dominato dal fascismo. In nome di questa lotta, aveva saputo rinunciare a molto, avendo anche molto in cambio. Però non gli è riuscito vedere le sue idee realizzate pienamente. Vedere finalmente il nemico in ginocchio. Vedere trionfare il comunismo. Anche se in molti momenti della sua esistenza gli ideali per i quali lottava sembravano ormai soccombenti e perduti, non aveva rinunciato alla lotta. Forse perché questo era il suo destino, il destino di un ragazzo negro, ebreo e comunista, che ha creduto nella Storia, in quella Storia che dovrebbe avere come scopo ultimo l’emancipazione dell’essere umano verso una vita che valga la pena di essere vissuta pienamente. Benvenuti confessa che: «Seppi intanto che Cinesino era stato ucciso in via Pandolfini, non ne provai meraviglia, sprezzante del pericolo com’era».

Il 14 febbraio un telegramma del questore di Firenze, Manna, indirizzato al ministero dell’Interno, descrive l’omicidio con queste fredde parole: «Iersera qui rimasto ucciso in conflitto con militari organo polizia speciale sedicente Buratti Giovanni identificato in questura per Sinigaglia Alessandro, comunista schedato, già rifugiato in Russia sotto falso nome, ove frequentò scuola leninista, ritenuto organizzatore bande armate. Si riserva ulteriori riferimenti». Sono decisamente altre le parole che merita Alessandro, e, per fortuna, altri hanno provato a scriverle, come ha fatto il suo amico Markevitch: «Sandro non è morto: un uomo non muore quando egli è un’idea che cammina».

A riprova di queste parole, «la popolazione fiorentina reagì con scritte inneggianti ad Alessandro Sinigaglia così profondamente sentite e così numerose, da meravigliare gli stessi appartenenti al Comando Militare Garibaldi». Anche per questo, il nome di Sinigaglia viene assunto dalla 22esima Brigata Garibaldi, forte di oltre 650 partigiani combattenti, che il 6 luglio 1944, insieme alle brigate Lanciotto, Caiani e Fanciullacci entra a far parte della Divisione Arno, di cui è comandante Aligi Barducci “Potente”, che dopo l’8 agosto, quando lui muore, si chiamerà Divisione “Potente”. E’ proprio la brigata “Sinigaglia” a entrare per prima a Firenze la mattina dell’11 agosto 1944, preludio di quella Liberazione per la quale Alessandro aveva tanto lottato.

(*) Mauro Valeri ha rielaborato per questa «scor-data» alcune pagine del suo bellissimo libro «Negro ebreo comunista», pubblicato da Odradek, con il sottotitolo a informarci: «Alessandro Sinigaglia, venti anni in lotta contro il fascismo». Nel recensire, qui in blog, il libro ho sottolineato quanto non sappiamo, dimentichiamo o che vengono rimossi per motivi poco nobili: «Se a questo combattente eroico fu data solamente una medaglia d’argento, se la memoria di Alessandro Sinigaglia si è poi persa, non è solo colpa del fascismo e dei suoi complici ma anche di chi, a sinistra, volle nascondere la vicenda di un dissenziente, di un libero pensatore che sapeva anche disobbedire ai capi del “grande partito”». Gli intrecci nella storia di Alessandro Sinigaglia sono molti e vale scoprirli con la lettura. E’ una vicenda appassionante ed esemplare ma Valeri ha gran meriti non solo per le minuziose ricerche di Valeri ma per il bel piglio narrativo. Nel blog trovate una mia recensione a un altro libro di Mauro Valeri, ovvero «Black Italians», in data 5 aprile 2010.

Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 13 febbraio fra l’altro avevo ipotizzato: 1250: nasce fra Dolcino; 1278: a Verona bruciati 200 catari e valdesi; 1927: tassa sui celibi; 1929: Pio XI chiama Mussolini «uomo della provvidenza»; 1934: Dollfuss massacra gli operai; 1945: bombe a Dresda; 1965: censura contro «Il vicario» di Hochuth; 2006: assurda sentenza del Consiglio di Stato sul crocefisso. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.

Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.

Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info.

Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *