Ancora su «Mole Skin» di Marco Peressi

Recensione di Daniela Pia

Piero Druetto: un operaio specializzato, commissione interna, attivo sindacalista, confinato al reparto verniciature della Fiat, dove finivano gli irriducibili. Gianni Gribaudo: suo amico, aveva la voglia di «cambiare le cose» e leggeva, leggeva per battere la miseria, attraverso il partito. Rosa Montichiari: molto giovane, emanava un profumo «naturale» che aveva tolto il sonno a Piero, corpo turgido e sodo, sulle labbra una sigaretta alla francese. L’ingegnere: arrivato in Fiat quando la fabbrica era stata occupata, si era speso a difesa del padronato, Chantal: la sua donna, dopo la nascita di Martina lascia che la vita gliela racconti lui di riflesso da altri letti.

Le loro storie si intrecceranno negli anni di lotte operaie raccontati da Marco peressi nelle pagine di «Mole Skin» al tempo in cui la Fiat «aveva deciso di licenziare, per dare la svolta», facendo però i conti con la dura resistenza dei lavoratori. Anni caldi, di amori e sogni, di vertenze sindacali vere, di rabbia con la quale alcuni intendevano «Colpirne uno per educarne cento» perchè per loro «l’unica giustizia era quella proletaria». Così era quell’Italia lontana, restituitaci nei suoi fumi, nei suoi fluidi e nelle sue contraddizioni dal binocolo della bella scrittura di Marco Peressi.

Una struttura straniante quella del suo intenso romanzo; chi stia leggendo non è dato saperlo (all’inizio), deve essere un poco distante da quei giorni però. Voce narrante e leggente, capace di provare stupore e fastidio a sentire certi vocaboli con cui si esprimono i personaggi: roba antica. Eppure nella parte finale, questa voce entra dentro la vicenda e svela parte della sua.

Ho amato questo romanzo: l’ho trovato pieno del tempo di uomini e donne vivi, carnale e piacevolmente doloroso, un post-it di ciò che siamo stati e che pochi hanno la forza di continuare a essere.

IN “BOTTEGA” cfr anche «Mole Skin» di Marco Peressi

 

Daniela Pia
Sarda sono, fatta di pagine e di penna. Insegno e imparo. Cammino all' alba, in campagna, in compagnia di cani randagi. Ho superato le cinquanta primavere. Veglio e ora, come diceva Pavese :"In sostanza chiedo un letargo, un anestetico, la certezza di essere ben nascosto. Non chiedo la pace nel mondo, chiedo la mia".

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