Euzkadi. La Nazionale della libertà

La storia mai raccontata della selezione basca di calcio: una squadra antifascista

di David Lifodi

L’orgoglio calcistico dei Paesi Baschi è ben rappresentato da quel catino ribollente che è il San Mamés, lo stadio dell’Athletic Bilbao. La passione per la squadra biancorossa è tale che ad essere coinvolto è stato anche l’italiano Edoardo Molinelli, autore del libro Euzkadi. La Nazionale della libertà. L’autore racconta le peripezie della selezione basca antifascista che, mentre le truppe franchiste conquistavano pian piano la Spagna, incantava tutto il mondo grazie alle prodezze dei suoi calciatori.

La Selekzioa gioca la sua prima partita il 26 aprile 1937 in Francia, contro il Racing. Lo scopo dell’incontro è raccogliere fondi da destinare alle vittime di guerra. Nel frattempo, il franchismo incombe e la Nazionale non farà più ritorno in Spagna, ma intraprenderà un’avventurosa tournèe per sensibilizzare l’opinione pubblica a proposito della causa basca. L’equipo de hermanos, conosciuta anche come la Nazionale antifascista, era composta da giocatori che hanno fatto la storia del calcio, a partire da Isidro Langara, uno dei cannonieri più prolifici insieme a compagni di reparto come Enrique Larrinaga e Luis Regueiro.

Attraverso un racconto piacevole e in un crescendo di giocate di classe, la volontà di onorare sempre la maglia e, allo stesso tempo, farsi portavoce del rifiuto al Bando Nacional e al fascismo che stava avendo la meglio sulla Spagna repubblicana, la Selekzioa nel biennio 1937-1939 fu protagonista di un’epopea sportivo-politica rimasta quasi del tutto sconosciuta, se non fosse stato per Edoardo Molinelli. L’autore descrive ogni singola partita, come se fosse stato lì, sulle tribune degli stadi europei e sudamericani dove si esibiva Euzkadi. Il 1 aprile 1939, quando Franco comunica che la guerra è finita e lui ha preso il potere, la Nazionale basca è già da tempo in esilio e si trova in Messico. La prima partita che disputa dopo la presa del potere da parte del franchismo, Euzkadi la vince 8-2. Si tratta di un’amichevole in vista della ripresa del campionato messicano, la Liga Mayor, a cui si era iscritta la Selekzioa. Molti sono i giocatori che via via si alternano nel giro della Nazionale basca. Alla fine, alcuni, soprattutto a seguito delle difficoltà economiche della squadra, accettano di trasferirsi nel campionato argentino o di militare in alcune squadre messicane, ma ciò che anima Euzkadi e tutti i suoi giocatori sono i valori di solidarietà e di lotta. Ad esempio, i baschi accettano di disputare alcune partite di raccolta fondi per un devastante terremoto che il 24 gennaio 1939 aveva raso al suolo la città cilena di Chillán. Sul campo, Euzkadi non ci sta a perdere ed è protagonista di clamorose rimonte.

La squadra scelse di andare in Messico perché il paese aveva sostenuto attivamente la Repubblica fin dall’inizio della guerra civile. Non solo a Città del Messico viveva una folta comunità di emigrati baschi e spagnoli, ma il governo messicano si era schierato apertamente con la Repubblica spedendo cibo, materiale bellico, offrendo asilo a circa 25mila esuli e inviando un corpo di volontari che combatté tra le fila delle Brigate internazionali. La Selekzioa aveva raggiunto il Messico dopo aver giocato in Francia, Cecoslovacchia e Polonia, dove i baschi si trovarono in una situazione molto difficile. Il governo polacco riteneva infatti Euzkadi una selezione di “comunisti senza Dio” perché identificavano le milizie franchiste come portatrici degli ideali cattolici, senza capire, come  fa notare Molinelli, che “il popolo basco è da sempre profondamente credente e non a caso una delle parti dell’ikurrina, la croce bianca, simboleggia proprio la sua devozione al cattolicesimo”. Ad un certo punto, i calciatori baschi scoprirono anche di essere pedinati dai poliziotti e per questo, quando si prospettò la possibilità di andare a giocare in Unione sovietica, accettarono con entusiasmo.

In Urss l’accoglienza fu decisamente migliore. In occasione della partita contro una selezione di Leningrado il Vladimir Lenin Stadion, 27mila posti, si esaurì in poco tempo a fronte delle oltre 218.000 richieste. Tuttavia, la Selekzioa fu costretta a fare i conti con la Fef, la Federazione spagnola di calcio, istituita dal franchismo e ritenuta unica rappresentante del calcio spagnolo. Euzkadi, ovviamente, non fu riconosciuta dalla Fef che, anzi, minacciava sanzioni, sciaguratamente sposate dalla Fifa, alle formazioni che intendevano incrociare comunque i tacchetti con quelli dei calciatori baschi. A Cuba la Selekzioa disputerà solo pochi match, in Argentina nemmeno uno, tanto da convincersi a tornare in Messico, dove sfiorerà la vittoria del campionato.

Se la squadra, soprattutto nelle prime trasferte europee, ad eccezione della Polonia, aveva raccolto una cifra consistente da devolvere alle vittime di guerra, in America latina Euzkadi ebbe molte più difficoltà, soprattutto per il tentativo dei franchisti di porre ogni volta degli ostacoli insormontabili. “La loro commovente dedizione”, scrive Molinelli, “non verrà ricompensata adeguatamente né dal governo basco né dalla storia, che per almeno quarant’anni condannerà all’oblio la grande avventura della selezione basca e la statura morale di coloro che la resero possibile”. Solo il 18 ottobre 1987 il governo basco omaggiò i reduci della Selekzioa. Fu il capitano Luis Regueiro a dare il calcio d’inizio prima del derby tra Athletic Bilbao e Real Sociedad al San Mamés, il tempio del calcio basco.

Euzkadi. La Nazionale della libertà

di Edoardo Molinelli

Hellnation libri – Red Star Press

2016

€ 18

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

2 commenti

  • Grazie per la segnalazione, David. E’ una storia meritevole di maggiore attenzione, che dimostra il ruolo politico di rottura spesso rivestito dal calcio nel corso del ‘900. Ricorda in qualche modo la storia della nazionale algerina in esilio che tra il 1957 e il 1962 disputò molte partite a supporto del Fronte di Liberazione Nazionale (e viene spesso ricordata come la rappresentativa del FLN). Mi permetto solo un appunto, che è anche una richiesta di chiarimento. La federazione calcistica spagnola (RFEF-Real Federación Española de Fútbol) venne fondata nel 1913, e tra il 1936 e il 1939, durante la guerra civile, non fu operativa ma non venne nemmeno sciolta. Riprese l’attività con la nomina di un nuovo presidente alla fine della guerra. Quindi l’appunto che fai o che fa il libro si riferisce probabilmente al nuovo presidente, non a una nuova associazione tout court.
    Max

    • Edoardo Molinelli

      Salve Max, sono l’autore del libro, mi hanno segnalato questa bellissima recensione (grazie mille David!) e ho notato il tuo commento, quindi vado a rispondere. Durante la Guerra Civile la Spagna si spaccò in due e così fece anche il calcio spagnolo: in pratica per 3 anni vi furono due federazioni calcistiche, quella della Repubblica (a cui erano affiliati i baschi) e quella della Spagna franchista; la FIFA per un po’ nicchiò, poi (quando la guerra volse a favore dei nazionalisti) riconobbe come unica federazione ufficiale la seconda. Fu questo organismo a non riconoscere Euzkadi e a premere affinché la FIFA squalificasse tutti coloro che fossero scesi in campo contro la selezione basca. Un saluto!

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