Scor-data: 1 settembre 1963

Inizia la lotta di liberazione del popolo eritreo

di Francesco Cecchini (*)  

Salutiamo il popolo eritreo nell’anniversario dell’inizio della lotta di liberazione con una loro canzone: Segun besai! Avanti compagni!

Awot n Hafash! Vittoria al popolo!

Carta geografica dell’Eritrea

Bandiera nazionale eritrea

Il nome Eritrea deriva dal greco erythros che significa rosso, in relazione al Mar Rosso, un antico libro di geografia s’ intitola Periplus Maris Erytraei, Periplo del Mar Rosso. Il nome venne poi ripreso dai colonialisti italiani.

Con la seconda guerra mondiale in Africa Orientale, la sconfitta dell’Impero fascista italiano nel 1941, l’occupazione militare degli inglesi e il loro protettorato, le condizioni degli eritrei non migliorarono. Per gli imperialisti inglesi l’Eritrea ebbe poca importanza, anche i porti di Massaua e Asab furono marginali. L’Eritrea fu per loro terra di conquista, un bottino di cui impossessarsi; smantellarono e portarono via tutto quello che poterono, innanzitutto attrezzature e macchinari di fabbrica. Dopo tre anni dal cambio di padrone, nel 1946, l’economia era fortemente in crisi, il tasso di disoccupazione alto, la vita degli eritrei peggiorata ulteriormente.

Nel 1950 le Nazioni Unite, su pressione degli Stati Uniti decisero l’annessione dell’Eritrea all’Etiopia, come nazione federata. L’Italia in cambio del Protettorato fiduciario sulla Somalia accettò. Cambiò di nuovo il padrone, all’Imperatore Mussolini e agli imperialisti subentrò l’imperatore Hailè Selassiè. Durante gli anni 50 gli eritrei reagiscono con proteste ed episodi di guerriglia sporadici e disorganizzati che non portano a nessun risultato per mancanza di unità. Il nuovo padrone trasformò in circa 10 anni la federazione in annessione tout court e l’Eritrea si trovò a essere ancora preda di un colonialismo, esercitato, questa volta, da un Paese africano. Il padrone nero è però l’ultimo della serie. Un anno prima dello scioglimento della federazione e dell’annessione all’impero etiope, nel luglio del 1960, al Cairo venne fondato il Fronte di Liberazione Eritreo (FLE), guidato dal giornalista Idris Mohammed Adem.                                                 

Il primo settembre 1961 iniziò la rivoluzione eritrea. Quel giorno un gruppo di guerriglieri attaccò un posto di polizia nella provincia del Barka.

Gli eritrei e le eritree prendono il fucile

Fu l’avvio di un percorso accidentato che durò trent’anni.

I primi anni furono caratterizzati dalla mancanza di visione rivoluzionaria e di strategia militare del FLE il quale piuttosto che unire il popolo eritreo lo divise secondo l’etnia o la religione. L’ FLE raggruppava assembramenti nazionalistici che volevano certamente l’indipendenza, ma erano dominati da borghesi e la loro analisi della situazione economico-sociale era debolissima. Acriticamente l’ FLE aveva applicato il modello della resistenza algerino dove i gruppi armati erano divisi per regione, senza una vera e propria direzione centrale e senza l’unità culturale e linguistica del popolo algerino. Le varie unità regionali non parlavano la stessa lingua. Una forte contraddizione fra teoria che predicava l’indipendenza dell’Eritrea e pratica che favoriva le divisioni interne e il nemico etiope. Questi quando attaccava isolatamente un’unità della resistenza eritrea sapeva che sarebbe stata lasciata sola. Negli anni 70 alcuni militanti progressisti sia musulmani che cristiani decisero di fondare un fronte d’ ispirazione marxista, Il Fronte di Liberazione del Popolo Eritreo (FPLE) al cui comando politico militare era Isaias Afwelki.

Isaias Awelki

Il programma del FPLE non valorizza solo l’aspetto pur importante della lotta armata ma delinea una rivoluzione socialista:

Emancipazione / liberazione delle donne

 

Una guerriera del FPLE

 La guerra di liberazione ha visto, fin dal 1976, una forte partecipazione femminile, tanto che alla vittoria finale circa il 30% dei guerriglieri erano donne.

Organizzazione di consigli democratici nei villaggi

Riforma agraria

Istruzione per tutti

                                                                    

 

L’ Eritrea, dovette combattere, contando sulle proprie forze, contro venti e maree di tutto il mondo: prima contro l’Etiopia imperiale di Haylé Sélassié appoggiata dagli Stati Uniti poi contro l’Etiopia “socialista” del DERG di Mariam Mengistu aiutata da armi e truppe dell’Unione Sovietica e di Cuba. L’Italia fu al a fianco dell’Etiopia, sia quella di Selassié che quella di Mengistu.

L’imperatore Sélassié, salvato da Israele da un tentativo di colpo di stato nel 1961, presentò l’Eritrea come una minaccia araba per il Cono d’Africa. Intervenirono quindi anche i sionisti, Israele. Specialisti israeliani in controrivoluzione addestrarono una forza d’ élite etiope di circa 5000 uomini: la Brigade flamme. Oltre gli Stati Uniti anche l’ Europa fornì appoggio politico e militare all’ imperatore. Ben comprendendo il suo potenziale pro-imperialista e pro-neocolonialista premettero perché l’Oua, l’Organizzazione per l’ Unità Africana, avesse sede ad Adis Abeba. Negli anni 60 l’Oua – dietro suggerimento degli Stati Uniti e dell’Europa – si prodigò per evitare guerre di liberazione nazionali colorate di rosso affinché venissero rispettati “i confini nazionali”. Cosa di meglio per il Negus che da buon Imperatore non voleva cedere parte dell’impero cioè l’Eritrea.

Selassié comunque nel 1974 fu rovesciato da una rivoluzione “socialista”, che però non volle concedere l’indipendenza al popolo eritreo. Chi vinse furono i militari che rifiutarono una transizione verso una democrazia socialista e repressero nel sangue gli studenti e gli intellettuali rivoluzionari. Si parlò di 10mila morti. Anche i militari progressisti vennero epurati. Il DERG, Consiglio di Coordinazione delle Forze Armate – alla cui testa vi fu per due lunghi periodi, Mariam Mengistu – trasformò il Paese in una dittatura militare che non volle assolutamente cedere l’Eritrea che credeva propria, Il DERG entrò nel campo d’influenza dell’Unione Sovietica e questa in cambio lo sostenne contro il FPLE.

Fino ad allora la lotta degli eritrei aveva conquistato posizioni e prestigio nella popolazione. La politica etiope di villaggi incendiati e civili massacrati non aveva portato a nessuna sconfitta dell’FLPE, sia sul piano militare che su quello politico. Dopo l’esecuzione nel 1975 di quasi una sessantina di studenti, l’adesione degli studenti al Fronte fu di massa. Senza alleati internazionali la capacità politico-militare del Fronte di Liberazione fece del nemico la principale fonte di rifornimento di armi: dai fucili, ai mitra, dall’all’artiglieria pesante ai carri armati quasi tutto fu preso ai nemici.

L’ intervento dei russi e dei cubani complicò la vita al del popolo eritreo e alla sua lotta. La marina sovietica nel Mar Rosso al largo delle coste bombardava le postazioni eritree. Tremila sono i i consiglieri militari che Krusciov inviò oltre a 1000 carri armati, 1500 blindati, 90 aerei da caccia. Forte di tutto questo, Menghistu lanciò nel febbraio 1982 un’offensiva che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto cancellare il Fronte di Liberazione del Popolo Eritreo. La campagna chiamata Stella Rossa vide 150mila soldati etiopi invadere l’ Eritrea e dar vita alla più grande guerra in Africa dopo la seconda guerra mondiale.

La “Stella Rossa” etiope inflisse gravi perdite al Fronte, vinse anche battaglie, ma non la guerra e tramontò spegnendosi.

Approfittando del conflitto tra Etiopia e Somalia, il FPLE riuscì a lanciare offensive contro le forze di Adis Abeba. Nel 1988 in una battaglia di 4 giorni, da 17 al 29 marzo, fu conquistata Afabet: una Dien Bien Phu per l’Etiopia e i suoi alleati.

Poco dopo l’Unione Sovietica si rese conto dell’errore di sostenere una dittatura militare contro la lotta di un popolo per la propria indipendenza e annunciò di non voler rinnovare l’accordo di cooperazione militare con Mariam Menghistu.

Nel febbraio 1990 il FPLE lanciò l’operazione Fenkil e liberò dopo duri combattimento la città di Massaua.

La dittatura militare venne travolta da contraddizioni interne e dalla vittoria del Fronte di Liberazione del Tigrè che conquisterà Adis Abeba, deponendo il DERG e Menghistu  che nel maggio 1991 fuggì in Zimbabwe.

In Eritrea l’esercito etiope fu sconfitto definitivamente e cacciato dal Paese. Il 24 maggio del 1991 il Fronte entra ad Asmara.

L’FPLE ENTRA AD ASMARA

Esercito eritreo

La dichiarazione ufficiale di indipendenza è del 24 maggio 1993 dopo un referendum plebiscitario monitorato dall’ONU. L’Eritrea è stato il penultimo Stato divenuto indipendente in Africa (dopo di lei il Sud Sudan nel 2011). Il secondo più giovane quindi, la cui indipendenza arriva dopo trent’ anni di quella degli altri Paesi dell’Africa.

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(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

Redazione
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