Altri gravi colpi alla libertà di stampa in Turchia

di Murat Cinar (*)

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Secondo il settimanale «Die Zeit», la settimana scorsa l’ambasciatore tedesco ad Ankara è stato convocato dal ministro degli Affari Esteri turco a causa di una canzone. Sì, esattamente così. Una canzone trasmessa dal canale televisivo statale ARD il 17 marzo, che prende in giro il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Il titolo è «Erdowie, Erdowo, Erdowahn» che prende spunto dall’originale «Irgendwie Irgendwo Irgendwann» del 1984 dell’autore Nena. Secondo un altro settimanale, «Der Spiegel», l’ambasciatore Martin Erdmann ha dovuto spiegare al ministro la cultura satirica della televisione tedesca. La canzone che critica Erdogan in un passaggio dice: «Credimi, se c’è un giornalista che scrive qualcosa che non gli va bene, domani sarà arrestato».

La sensibilità verso la figura del presidente della Repubblica è ai massimi livelli storici in Turchia. All’inizio di marzo il ministro della Giustizia Bekir Bozdag rispondendo a un’interrogazione parlamentare ha comunicato che il suo ministero si era occupato di 1.845 casi di violazione dell’articolo 299 della legge 5377 del codice penale turco, introdotto nel 2005 (vilipendio del presidente della Repubblica), due anni dopo la seconda vittoria elettorale del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP). Nel caso in cui la persona denunciata venisse anche condannata potrebbe restare in carcere fino a 1 anno e 4 mesi. Secondo l’Iniziativa per la Libertà di Pensiero di Ankara (ADOG) l’articolo 299 è un palese impedimento alla libera manifestazione del pensiero e dell’espressione. Secondo il comunicato diffuso dall’ADOG il 6 ottobre 2015 lo stesso articolo era in vigore anche durante il mandato dell’ex presidente della Repubblica Abdullah Gul, ma nonostante i 545 processi aperti non ci sono state condanne. Solo nel primo anno del mandato dell’attuale presidente della Repubblica invece sono state condannate 14 persone.

Nel mirino dell’articolo 299 c’è un po’ di tutto, perfino minorenni. Secondo l’avvocato del tredicenne A.S, Fatma Hopikoğlu, dopo nove mesi di monitoraggio sui social media la sera del 23 febbraio 2016 la polizia ha fatto irruzione in casa sua e l’ha portato in commissariato, per poi rilasciarlo dopo l’interrogatorio. L’accusa rivolta al ragazzino si basa su un post che ha condiviso il 6 giugno 2015, in cui insulta il presidente della Repubblica. A.S. durante l’interrogatorio ha respinto le accuse. La polizia specifica che la segnalazione era arrivata da un utente anonimo.

Un’altra vittima dell’articolo 299 è Gizem Yerik, studentessa presso la facoltà di Belle Arti dell’Università di Uludag nella città di Bursa. Il 26 febbraio 2016 è stata portata via dai poliziotti dall’aula in cui assisteva a un corso e accusata di aver offeso e insultato il presidente della Repubblica con due condivisioni sui social media. Yerik si trova attualmente nel carcere tipo E di Bursa e su internet c’è una petizione online per la sua scarcerazione.

Il 16 marzo 2016 la Commissione di Venezia, organo consultivo del Consiglio d’Europa, ha definito l’articolo 299 incompatibile con le norme europee e ha lanciato un appello al governo turco per la sua cancellazione. Nella relazione preparata dalla Commissione si specifica che, oltre a limitare la libertà di espressione, l’articolo attiva anche meccanismi di autocensura per chi lavora nei media.

L’articolo 299 è ormai diventato un elemento importante per la persecuzione dei giornalisti. Secondo il rapporto annuale pubblicato dalla Rete dei Giornalisti Indipendenti (BiaNet) solo nel 2015 sono stati processati 19 giornalisti e 2 fumettisti a causa di tale articolo e poi condannati a 21 anni, 6 mesi e 19 giorni di carcere.

Attualmente in Turchia 33 giornalisti sono in carcere. Alcuni attendono l’inizio del processo, altri sono stati condannati e altri ancora aspettano di conoscere la loro sorte.

(*) ripreso da www.pressenza.com del 29 marzo, foto di http://www.evrensel.net/

 

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