Amianto in ferrovia: esposizione dei macchinisti

Documento della Aea – Associazione Esposti amianto – inviato a chiunque sia interessato ai temi della equità sociale e sanitaria

di Vito Totire (*)

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L’intensità e la concentrazione di fattori di rischio inducono a ritenere che definire il lavoro dei macchinisti ferroviari un lavoro usurante è purtroppo ancora un eufemismo. Tuttavia sul riconoscimento della maggiorazione pensionistica non solo siamo all’anno zero ma si va a ritroso.

Le valutazioni relative alla esposizione a rischio si fanno fondamentalmente con due metodi:

  • Misurazione del rischio in atto
  • Osservazione, a posteriori, dei dati epidemiologici.

La misurazione dei rischi è una procedura complessa che presuppone non solo la disponibilità di adeguati strumenti tecnici di analisi ma anche l’adeguatezza del metodo di indagine che, per essere efficace, deve includere la partecipazione attiva dei lavoratori (gruppo omogeneo) e il metodo della validazione consensuale nel lavoro comune fra i tecnici della prevenzione e i lavoratori.

Oggi al lavoratore viene richiesta la “prova” della pregressa esposizione (di 25 -30 anni fa) come se quella valutazione non fosse un obbligo del datore di lavoro (anche ben prima, ovviamente, del decreto 626/1994). Dunque il fatto che il datore di lavoro quella valutazione non l’abbia (quasi mai) fatta si ritorce oggi a danno dei lavoratori ai quali viene chiesta la “prova” che, nonostante tutto siano comunque in grado di dare; ma spesso questa prova viene chiesta nella accezione della “prova diabolica” , cioè difficile o impossibile da fornire; tuttavia se una valutazione del rischio attendibile non è stata fatta a suo tempo, purtroppo, esistono dati epidemiologici che fotografano una situazione drammatica. La consapevolezza di ciò è di vecchia data se già nello studio RESO i macchinisti mostravano un eccesso di mesoteliomi; via via che cresceva la capacità di censire le patologie asbestocorrelate (dal 1991 in poi a seguito anche del decreto 277/91) il quadro diveniva sempre più nitido e “pesante”.

Cosa emerge dai dati epidemiologici attualmente disponibili:

emerge un eccesso enorme di mesoteliomi ai danni della coorte dei macchinisti ferroviari italiani;

l’eccesso è talmente marcato da consentire di fare stime quantitative della esposizione e valutare anche se la coorte dei macchinisti possa essere stata esposta a più di 100 fibre/litro.

Le fonti che possiamo consultare sono:

  • Wagner 1960;
  • studi di Cesare Maltoni (istituto Ramazzini)
  • registri mesoteliomi regionali
  • report periodici Renam nazionale (ultimo, il V° dicembre 2015).

Cosa ci dicono questi dati epidemiologici?

Dicono, grazie alle stime proiettive proposte da Iwatsubo, che a una così alta incidenza di mesoteliomi deve essere corrisposto senz’altro un livello di esposizione quantitativamente molto elevato che certamente è andato diminuendo col passare dei decenni ma che non ha ancora esaurito, in quanto ad affetti, la sua azione patogena sui lavoratori.

Certo occorre evitare interpretazioni approssimative che non tengono conto del problema del tempo di latenza; una diagnosi posta oggi è l’effetto di una esposizione iniziata alcuni decenni fa.

Per fare chiarezza dunque potremmo individuare una data di verosimile interruzione definitiva dell’esposizione; ma questa data qual è?

Data la apparente esaustività dei dati dei rapporti Renam saremmo tentati dall’assumere come dato di “fine esposizione” quello qui indicato (anche se non esplicitamente indicato quanto sottinteso); diverse edizioni del Renam nazionale asseriscono che le bonifiche delle carrozze sarebbero state concluse all’inizio degli anni duemila.

QUESTA VALUTAZIONE NON CI TROVA D’ACCORDO; per esempio, come abbiamo socializzato in un documento diffuso in occasione della giornata mondiale delle vittime dell’amianto il 28 aprile 2016, abbiamo reperito sulla stampa quotidiana del 23 marzo 2016 un bando di Trenitalia che programma la bonifica delle guarnizioni di freni e ralle, ancora, in ben 1931 carri collocati presso OMV Milano Smistamento, Marcianise, Cervignano e Torino Orbassano. Ma cercando tramite internet vengono fuori altri bandi, analoghi, un po’ precedenti a questo. Né siamo certi, anche se lo speriamo vivamente, che questi 1931 siano gli “ultimi”.

In sostanza dobbiamo definire in concreto quale può essere stato effettivamente il punto zero, anche per disegnare meglio la cronologica delle esposizioni subite.

Certamente occorre prendere atto del fatto che le norme e i giudici chiedono di dimostrare o argomentare la cosiddetta “esposizione qualificata” (che sarebbe quella a 100 fibre/litro) e che la permanenza di amianto più o meno disgregato non soddisfa questo criterio. Tuttavia si tratta di un argomento complesso sul quale torneremo ma senza sottovalutare che chi, per una certa fase, è stato esposto a meno di 100 fibre, potrebbe essere stato esposto precedentemente a livelli molto più alti.

Torniamo a quel che dicono i dati epidemiologici:

  • Non a caso abbiamo cominciato col citare Wagner: per sottolineare che anche alla data della prima valutazione di certezza del nesso tra amianto e mesotelioma nel gruppo di chi ha contratto la malattia non c’erano solo minatori; c’era anche un manutentore di carrozze ferroviarie; proprio per la chiarezza delle sue osservazioni Wagner insistette, inviando i suoi collaboratori in tutto il mondo, nel sottolineare che anche dosi “basse” (per modo di dire ) possono avere azione patogena; cioè quello che Wagner sostenne (e che l’industria dell’amianto cercò in maniera criminale di occultare) è che la malattia non colpiva solo i soggetti esposti a dosi elevate (appunto i minatori)
  • Su questa scia Maltoni osserva e pubblica casi di mesotelioma fra i lavoratori delle ferrovie ed evidenzia come questi, come è noto, non emergono solo nella coorte delle OOGGRR; anzi Maltoni evidenzia, fra i tristemente noti casi cosiddetti “paralavorativi” anche casi familiari di macchinisti o comunque di personale viaggiante e non appartenente alla coorte delle officine; sono casi come è noto ai danni di persone che hanno coabitato con lavoratori esposti e hanno frequentemente lavato le loro tute;
  • Veniamo infine agli impressionanti dati epidemiologici desumibili dai registri; non citeremo tutti i dati disponibili; partiamo dall’ultimo, cioè il V rapporto Renam pubblicato nel dicembre 2015; i casi riportati nella tabella 65 TRASPORTI TERRESTRI E AEREI alla voce “conduttori di locomotive” sono 65; erano 44 nel report precedente, cioè il IV del 2012; per la verità, sia in questa tabella che in un’altra, compaiono altri casi attribuiti allo stesso profilo di mansione (a titolo di esempio: nel IV report si parla di ulteriori 11 macchinisti, non è chiaro per quale motivo, collocati separatamente dal gruppo dei 44; infine si evidenzia un rischio anche per altre mansioni svolte sia a bordo – personale viaggiante – che a terra; questi ultimi elementi erano noti evidentemente ma confermano la grande diffusione del rischio anche nelle stazioni, nelle massicciate (es. pietre verdi contenenti amianto, ecc); occorrerà chiedere ai colleghi dell’Ispesl come sia possibile decodificare questo riscontro di non facile e immediata interpretazione; a ogni modo i dati sono eclatanti se pensiamo a: 1) la esiguità numerica della coorte da cui i casi sono emersi; 2) le stime della esposizione quantitativa fattibili secondo le proiezioni di Iwatsubo
  • Se vediamo poi la data codificata come “inizio della esposizione” , per dati di incidenza di mesotelioma fra il 1993 e il 2008 nel IV report Renam che è del 2012, il 2000 è ancora citato anche se l’istogramma appare molto più basso dei decenni precedenti; ora per mesoteliomi incidenti censiti fino al 2008 che l’anno 2000 non sia silente pare un dato molto grave e significa che nel 2000 l’esposizione c’era ancora … a meno che non si tratti di entrate nelle ferrovie nel 2000 con alle spalle una pregressa esposizione occupazionale o ambientale correlata ad altre e precedenti occasioni; si tratta di vedere ovviamente se alla pregressa (eventuale/ipotetica) se ne sia sommata una ulteriore; a ogni modo questo dato di fonte Renam non è affatto coerente con l’ipotesi secondo cui le bonifiche all’inizio degli anni 2000 erano già concluse; più coerente invece il dato che abbiamo appena citato con la nostra constatazione della necessità di bonificare carrozze ferroviarie (come abbiamo detto freni e ralle) ancora, e quantomeno, nel marzo 2016;
  • Un flash particolare è quello che ci consentono di fare i dati della Toscana; la Toscana pubblica i dati sui casi diagnosticati nella fase 1988-2006; dividendo questo periodo in due parti, nella prima metà sono stati diagnosticati 3 casi, nella seconda 7; i casi del secondo periodo hanno mostrano un tempo di latenza maggiore; sono tutti elementi da approfondire in quanto complessi (per esempio non c’è accordo tra gli epidemiologi sul fatto che la riduzione della dose di amianto allunghi il tempo di latenza del mesotelioma) ma che confermano la presenza di un rischio di mesotelioma molto alto.

Che fare?

Occorre fare tesoro delle esperienze e del lavoro che abbiamo già fatto fin ad oggi; per intenderci: le argomentazioni sulla lettura dei dati epidemiologici in rapporto alle stime proiettive proposte da Iwatsubo costituiscono un argomento già portato alla attenzione dei giudici e che ha determinato magari sentenze positive di primo grado successivamente respinte dalle corti d’appello; ma eventualmente respinte dalle corti d’appello perché non siamo riusciti a seguire la ctu in primo grado e non in secondo grado (seguire le ctu infatti comporta costi materiali, lavoro, fatica, ecc.).

Allora a nostro modesto avviso, senza affatto escludere i ricorsi individuali e collettivi, OCCORREREBBE LANCIARE UNA CAMPAGNA A FAVORE DELLA FRUIBILITA’ DELLA MAGGIORAZIONE PENSIONISTICA, UNA CAMPAGNA FINALIZZATA A OTTENERE UNA LINEA GUIDA MINISTERIALE (anche con apertura di un dialogo con i vertici nazionali dell’Inps) CHE EVITI DEFATIGANTI E INTERMINABILI RICORSI AI TRIBUNALI, RICORSI GRAVATI DA TEMPI BIBLICI E ONERI ECONOMICI.

Contemporaneamente i ricorsi ai tribunali vanno fatti e sostenuti in quanto è noto che da un certo orecchio le istituzioni “non sentono”.

L’osservatorio

In Sicilia abbiamo avuto un caso “paradossale”, un macchinista che ha un riconoscimento di maggiorazione pensionistica in primo grado; istanza respinta in secondo grado; nel frattempo fa tutti i suoi anni di lavoro a va in pensione senza maggiorazioni. Poi insorgono due patologie asbestocorrelabili; una riconosciuta dall’Inail dopo un primo diniego; riconosciuta, tardivamente, appunto in quanto le tabelle nel 2014 sono cambiate. Legittimamente il lavoratore si chiede: posso ottenere il riconoscimento di maggiorazione pensionistica retroattivamente? In linea di massima, dal punto di vista burocratico, no in quanto se un lavoratore è andato in pensione con il “massimo” non può “splafonare” ulteriormente. MA VISTO CHE E’ INSORTA UNA PATOLOGIA ASBESTOCORRELATA (PER “FORTUNA” OGGI SOTTO CONTROLLO CLINICO) NON E’ CHE QUALCUNO SI E’ SBAGLIATO NEL DISCONOSCERGLI LA MAGGIORAZIONE PENSIONISTICA?

In un Paese civile questo lavoratore sarebbe risarcito per essere stato trattenuto al lavoro oltre il dovuto…

RILANCIAMO DUNQUE LA NOSTRA IPOTESI DI LAVORO: UN OSSERVATORIO NAZIONALE SULLE PATOLOGIE OCCUPAZIONALI DEI MACCHINISTI che sia utile a mettere in luce i veri “esiti” del lavoro sulla salute in considerazione di tutti i rischi compreso il distress, i campi elettromagnetici, il lavoro notturno (non bisogna dimenticare che la Iarc ha classificato il lavoro notturno come fattore cancerogeno 2 A per l’uomo con numerosi organi bersaglio: polmone, vescica , prostata, colon retto e LNH).

Pur non disponendo ovviamente dei dati completi della coorte abbiamo, purtroppo, riscontri frequenti di patologie asbestocorrelabili sia “tabellate” (mesotelioma, laringe, polmone) che collocate in LISTA II (una particolare incidenza ad esempio di tumori del colon).

Tutto questo non solo con la finalità sociale e medico-legale del riconoscimento dei danni ma anche e soprattutto per sostenere la liceità della istanza di anticipazione dei tempi del collocamento in pensione dopo una attività lavorativa così usurante.

BIBLIOGRAFIA

Iwatsubo, Pleural mesothelioma dose-response relation at low levels of asbestos exposure in a French popolatin-dìbased case-control study,American J Epidemiology,vol.148 n.2, pp.133-142

Maltoni ed altri, Asbestos and mesothelioma in railroad workers: 130 italian cases, Med Lav 1995 86, 5:461-477

(*) Vito Totire è medico del lavoro e presidente AEA-associazione esposti amianto e rischi per la salute

 

 

Redazione
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