Bologna: c’è del marcio in Psichiatria; se…

… la “nuova” strategia è «Picchiamolo»

di Vito Totire (*)

Dopo secoli di pratiche, ricerche scientifiche, psicanalisi, manicomi, esk, stimolazioni elettriche sul cervello, tentativi coraggiosi (ma non del tutto riusciti) di de-manicomializzazione, a Bologna pare aver preso piede una “nuova” terapia, una sorta di psichiatria muscolare : “ie menamo…” come si direbbe fra i bulli delle periferie metropolitane.

Eravamo ancora increduli e sotto shock per i fatti di settembre a Budrio (maltrattamenti in una RSA: per carità “aspettiamo il processo”… anche se ci piacerebbe che certi processi fossero per direttissima). E arrivano i fatti di Bazzano con l’ipotesi accusatoria di botte, mezzi di contenzione punitivi e preventivi.

Quando è troppo è troppo, ma ci siamo chiesti come contrastare “il marcio che avanza. Il marcio che avanza ha un supporto decisivo nella privatizzazione dei servizi: a noi pare che la salute (anche quella mentale) come l’acqua, l’aria, il suolo, sia da considerare un bene comune da sottrarre alla logica del profitto. Ma il marcio avanza imperterrito.

Partiamo da alcune considerazioni che, in parte, solleviamo da decenni in una città e in una regione che possiamo definire “basagliana a parole e manicomialista nei fatti” :

  • In territori in cui hanno capito meglio la legge 180/78 non esistono strutture psichiatriche ospedaliere private; a Bologna e in regione invece queste strutture esistono e, secondo noi, contribuiscono a perpetuare una prassi di fatto manicomialista; non a caso alcune si chiamano (ancora oggi a 45 anni dalla legge 180) “ospedale psichiatrico” magari «accreditato»;
  • Di recente risulta avviato un potenziamento dell’intervento privato in psichiatria destinato ai giovani, prassi che non condividiamo sia perché la gestione è privata sia perché ancora ripropone modelli ospedalieri che devono essere ragionevolmente accantonati;
  • Forse non è un caso che proprio a Bologna qualche anno fa sia comparsa per diverse «patologie» un’offerta (sempre da privati) di trattamenti di stimolazione elettrica cerebrale che, a nostro avviso, non hanno mostrato nessuna efficacia né evidenza terapeutica; cionostante la sanità pubblica, sul tema, tace;
  • La prassi dei servizi pubblici tende a una overdose di trattamenti sanitari obbligatori, di nome e di fatto; su questa overdose nei decenni passati abbiamo tentato di discutere anche in udienze conoscitive presso il Consiglio comunale ma non si è “quagliato” niente; significativo che richiesti i dati dei Ttssoo (i Trattamenti sanitari obbligatori) al DSP – ovvero Dipartimento Sanità Pubblica – la cortese risposta è che non si era grado di fornire questi dati che avrebbero dovuto essere richiesti ai sindaci!
  • Qualche settimana fa il tribunale di Bologna ha assolto tutti gli imputati per la morte di una giovane ragazza internata in un SPDC (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura); prendiamo atto del fatto che la sentenza non ha coinciso con le richieste del pm che invece noi condividiamo Le condividiamo non per “ansia punitiva” (una delle ultime novità del potere economico per cercare di psichiatrizzare la domanda di giustizia) ma perché quell’evento fu la punta dell’iceberg dei danni causati da una overdose generalizzata di psicofarmaci che sempre più inonda il territorio a cominciare dai “luoghi difficili” come gli orrendi Cpr – i cosiddetti «Centri di permanenza per rimpatri» e le abominevoli carceri italiane
  • Quatti quatti i mega dirigenti della sanità pubblica hanno “chiuso” la REMS – la «residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza» – di via TERRACINI a Bologna; non siamo riusciti a ottenere risposta su alcuni problemi, come la presenza del filo spinato; ma ora che ha chiuso (pare a favore di una scelta concentrazionaria: una sola REMS per tutta la Regione a Reggio Emilia) che ne sarà della ex “casa degli svizzeri” stante la progressiva tendenza alla privatizzazione?
  • Si profila il rischio di una nuova “istituzione totale chiusa “ (cioè un Cpr) in Emilia-Romagna, grazie ai progetti del governo Meloni; qualche esponente dell’amministrazione ha detto «a Bologna no»; sarebbe auspicabile che il presidente della Regione in sintonia con questa posizione dicesse «in E-R no»; purtroppo sul tema le amministrazioni locali non hanno “le carte in regola” perchè gli atteggiamenti di rimozione adottati in passato sui CIE/CPT non fanno sperare molto per il futuro;
  • Manca la benché minima idea e proposito di mettere in discussione la gestione del luogo fisico di Bologna che mostra di essere il più gravemente morbigeno in assoluto – per la salute fisica e mentale – cioè il carcere della Dozza (senza dimenticare il minorile, ovviamente)
  • Manca un piano cittadino – ma anche regionale e nazionale – per la prevenzione del suicidio e dell’autolesionismo;
  • Non ci sono piani per il divieto dei mezzi di contenzione fisica: difficile che la psichiatria pubblica salga in cattedra per stigmatizzare gli eventi di Bazzano se due SPDC su tre della Ausl di Bologna usano ancora la contenzione fisica (peraltro il circuito nazionale No-restraint pare aver attecchito solo nel 10-20 per cento degli SPDC a livello nazionale);
  • Un’osservazione sul mercato delle droghe: abbiamo assistito a brillanti operazioni tese a sgominare attività criminali; indagini e azioni repressive doverose ed encomiabili contro lobbies senza scrupoli che si arricchiscono rovinando la salute delle persone; la fondata critica al proibizionismo in verità evidenzia che sgominata una “banda” (fatto di per sé meritorio) il mercato si riorganizza, già qualche giorno dopo, usando maggari come base lo stesso quartiere; MANCA UN APPROCCIO SISTEMICO ALLA QUESTIONE PERCHE’ LE ISTITUZIONI RIMUOVONO PIU’ O MENO COSCIENTEMENTE LA NECESSITA’ DI INTERROGARSI SU LIVELLI E MOTIVAZIONI DEL DISAGIO E DELLA SOFFERENZA CHE C’E’ DIETRO LA “DOMANDA”; IN ALTRI TERMINI NON E’ STATO MAI POSTO SERIAMENTE ALLA RIFLESSIONE COLLETTIVA IL QUESITO SULLE CAUSE E SUI LIVELLI DI INFELICITA’ DIETRO LA RICERCA DI DROGHE; certo non ci attendiamo scelte politiche che possano provenire dal Palazzo: sta a noi indicare ai giovani e ai non più giovani consumatori che questa è una pulsione autolesionista e che una volta caduti nella trappola…è necessario cercare insieme una strategia per uscirne
  • Ennesimo riscontro della dèbacle indotta dalla privatizzazione : oggi si lamenta il fabbisogno di almeno cento farmacisti, a conferma di quanto la decisione di dismettere le farmacie comunali (nonostante la vivace opposizione che quel progetto trovò nel sociale) fosse improvvida e foriera di ulteriori attacchi al diritto alla salute pubblica.

In conclusione.

OCCORRE TIRARE IL FRENO DI EMERGENZA E VOLTARE PAGINA A COMINCIARE DALLA PSICHIATRIA: CHE SIA CONDOTTA FINALMENTE NELL’ALVEO DI UNA GESTIONE PUBBLICA, DEMANICOMIALIZZATA, CAPACE DI FARSI CARICO DEI BISOGNI DELLE PERSONE E CHE PUNTI SU PRATICHE DI INCLUSIONE E CRESCITA DELLE AUTONOMIE INDIVIDUALI, MA TUTTO QUESTO SENZA UN TAGLIO DECISO AI TENTACOLI VENEFICI DELLA PRIVATIZZAZIONE NON E’ POSSIBILE.

PROPONIAMO DUNQUE UNA ISTRUTTORIA PUBBLICA SUL TEMA SALUTE MENTALE A BOLOGNA

LA SALUTE , MENTALE E FISICA, NON E’ UNA MERCE

BASTA CON LA VIOLENZA E IL SADISMO MANICOMIALI

(*) Vito Totire è portavoce del Centro per l’alternativa alla psichiatria “Francesco Lorusso” che aderisce alla RETE EUROPEA PER L’ECOLOGIA SOCIALE

 

 

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