«Coronavirus il nemico invisibile»

Ignazio Sanna sul libro di Enrica Perucchietti e Luca D’Auria

Dal giorno in cui mascherina (https://disinformazione.it/2020/05/23/dalla-maschera-al-preservativo-alluncinetto/) e guanti sono diventati obbligatori per avere accesso agli esercizi commerciali ancora aperti ho cominciato a chiedere a farmaciste, commesse di panifici e cassiere di supermercati: come ci si sente a vivere in un film di fantascienza? Le risposte erano tutte simili e caratterizzate da un senso di disagio misto a stupore: «É tutto così strano!»; «stamattina quando mi sono svegliata per un attimo ho creduto che fosse tutto un sogno»; «proprio così, un film di fantascienza!».

E un richiamo alla fantascienza introduce «Coronavirus il nemico invisibile. La minaccia globale, il paradigma della paura, la militarizzazione del paese» (Torino, Uno Editori,12,90 euro) di Enrica Perucchietti e Luca D’Auria. Infatti la parte prima, “Cybervirus”, si apre citando «I am Legend», il romanzo (1954) di Richard Matheson dal quale sono stati tratti tre film: L’ultimo uomo della Terra (1964) di Ubaldo Ragona, con l’icona dell’horror di quell’epoca Vincent Price, 1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra (The Omega Man) (1971) di Boris Sagal, con Charlton Heston, e l’omonimo Io sono leggenda (2007) di Francis Lawrence. con Will Smith.

La cupa realtà del famigerato lockdown in cui ha scaraventato tutti noi la pandemia denominata Covid-19 è ben descritta nell’ultima pagina del prologo: «Barricati in casa a lavorare o a fare indigestione di serie TV, abbiamo abbandonato la nostra natura di esseri sociali in virtù di quella virtuale. Abbiamo ceduto la nostra libertà in cambio dell’illusione della sicurezza». La parola «illusione» è una delle principali chiavi di lettura di questo libro. E ancora: «Tutti tracciati con lo smartphone come in un vero e proprio scenario distopico: una dittatura sanitaria. Senza certezza sul futuro. Ubriacati di paura».

Segue una “Breve cronistoria dell’origine della pandemia. I punti ancora oscuri” che parte dal 2014, con la costruzione del famoso laboratorio di biosicurezza di Wuhan, e arriva al marzo 2020. Fanno pensare le apparizioni, in ordine sparso, della Fondazione Bill & Melinda Gates, del Segretario di Stato USA Mike Pompeo, che commenta con toni vagamente minacciosi i recenti accordi commerciali fra Italia e Cina, e del Canadian National Microbiology Laboratory, teatro delle attività di un gruppo di ricercatori cinesi in contatto con il già citato laboratorio di Wuhan. Ma ciò che fa più impressione è l’esecuzione a New York il 18 ottobre 2019 di «una simulazione di pandemia del massimo livello, il cui nome in codice è ‘Event 201 Pandemic Exercise’»1 (https://www.centerforhealthsecurity.org/event201/about ). E sempre nell’ottobre 2019 «centinaia di atleti delle forze militari americane erano a Wuhan per i Military World Games»2 (Fonte: CNN).

Probabilmente tutto ciò può far venire in mente a qualcuno il complottismo casareccio di uno dei tanti personaggi ideati da Maurizio Crozza (https://www.youtube.com/watch?v=qYmhHzXkDGU). Ma la vita è una cosa, la TV un’altra… E non può essere sufficiente a stare più tranquilli sapere che il 12 marzo «viene ridotta l’operazione ‘Defender Europe 2020’, che ha suscitato polemiche e preoccupazioni sul web: 30mila soldati dispiegati in Europa, di cui 20mila americani (il più grande dispiegamento di soldati americani in Europa dalla fine della Guerra Fredda) per una serie di esercitazioni militari»3. Nè aiutano a fare chiarezza gli scambi di accuse fra Trump ed esponenti del governo cinese come Zhao Lijian sulla responsabilità della diffusione del virus. Poi ci sono strani movimenti finanziari (dicembre 2019), alcuni aspetti a dir poco controversi del Patto di Stabilità UE, la posizione delicata dell’Italia rispetto alla competizione economica, non sempre trasparente, tra Cina e USA, o i rapporti economici e militari fra Cina e Iran, uno dei Paesi più colpiti dal Covid-19. Non meno inquietante il caso di Li Wenliang, il giovane medico cinese che per primo segnalò l’insorgere della malattia, sottoposto per questo a intimidazioni da parte delle autorità governative, e che fu tra le prime vittime del coronavirus.

Questa pandemia ha sottolineato e amplificato le differenze tra i Paesi europei che, come è noto, hanno affrontato il problema in modi diversi.

Enrica Perucchietti, ricordando gli studi sulla psicologia delle masse di Edward Bernays e Walter Lippmann, sottolinea come l’opinione pubblica sia facilmente manipolabile attraverso l’informazione. Un punto sul quale riflettere, tra MES e quant’altro, è questo: «[…] è bene fare attenzione a come si comporteranno le istituzioni straniere nei confronti dell’Italia nei prossimi mesi. Dovremmo chiederci se […] la “percezione” di una minaccia globale stia spingendo lo Stato italiano ad adottare misure estreme, ingannato o eterodiretto da soggetti esterni e per altri interessi»4. E poche righe più avanti: «Come in passato, non possiamo non prendere in considerazione che la tutela della salute possa essere strumentalizzata e utilizzata per imporre limitazioni della libertà, abituando i cittadini a restrizioni sempre più invasive della libertà e della privacy. Persino a disincentivare l’utilizzo dei contanti in quanto ricettacoli di germi e batteri o a mappare i cittadini»5. E su questo aspetto si cita la presa di posizione del noto filosofo Giorgio Agamben (intervenuto sul quotidiano il manifesto) ma anche le opinioni di Diego Fusaro e Jacques Attali. Non meno inquietante il contenuto di un documento della Fondazione Rockefeller, denominato Memorandum Rockefeller, disponibile sul sito web ufficiale della fondazione stessa: «Il regime di controllo di stampo orwelliano sfocerà nel 2025, anno in cui ormai non saranno più i cittadini a decidere democraticamente, ma i governanti per loro»6.

La paura è un’arma molto potente per far accettare alle persone ciò che in condizioni normali non accetterebbero. E l’economia capitalista ha in serbo un bel po’ di trucchetti per raggiungere i propri scopi attraverso “l’economia del disastro”, come spiegano le citazioni da Naomi Klein, Loretta Napoleoni e Milton Friedman. Prima di lasciare la parola (scritta) al suo co-autore Luca D’Auria, Enrica Perucchietti cita opportunamente il capolavoro di George Orwell 1984 per quanto riguarda la creazione di un nemico che giustifichi le decisioni più eterodosse da parte di chi gestisce il potere. Mi chiedo se Orwell avrebbe mai immaginato che le sue geniali intuizioni sarebbero state riprese e fatte proprie, ciascuno a suo modo, dai Berlusconi, dai Bush e dai Putin per la creazione, almeno in parte, delle proprie forme di democratura, come si definiscono oggi. La Perucchietti conclude che il Covid-19 è l’equivalente odierno del personaggio orwelliano Emmanuel Goldstein, presenza invisibile ma incombente, incarnazione prefabbricata del Male.

Il quadro si completa ricordando l’allarmismo ingiustificato una decina di anni fa per un’epidemia che in realtà non c’è stata, e che ha prodotto soprattutto un’indagine sull’azienda farmaceutica svizzera Novartis, con i danni prodotti dallo sconsiderato progressivo smantellamento della sanità pubblica per favorire indebitamente quella privata.

Luca D’Auria inaugura la terza parte del libro indicando l’avvento del Covid-19, qui datato febbraio 2020, come un momento di transizione epocale, che segna il passaggio dall’uomo animale sociale e politico – come teorizzato da Aristotele nell’antichità – all’uomo animale virtuale. Insomma la pandemia come linea di confine tra la condizione primigenia e quella, già introdotta nei decenni precedenti, che segna la civiltà umana come virtuale nel senso di digitalizzata. E infatti «l’hashtag Tutto andrà bene è il motto mitico e allucinogeno del mondo virtuale all’interno del mondo altrettanto virtuale della parte comunicativa e non sanitaria della pandemia sanitaria»7. D’Auria prosegue dedicando un capitolo alla “bolla” che definisce simbolo della nuova realtà virtuale, simile alle monadi di Leibniz.

Il capitolo successivo si apre con una dichiarazione dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) riportata dal quotidiano Il Messaggero secondo la quale «il coronavirus avrebbe rappresentato una pandemia che avrebbe messo in ginocchio il mondo in modo peggiore di quanto accaduto con il terrorismo»8. Il fatto che questa dichiarazione risalga al 12 febbraio 2020 la fa sembrare incongrua rispetto a quanto accaduto nel mondo fino a quel momento.

Credo che D’Auria descriva al meglio il fenomeno coronavirus e il suo impatto sugli individui che compongono la nostra società quando scrive: «É possibile affermare che sia il prodotto più tipico del mondo di oggi: c’è e non c’è. Vive nella bolla di ciascuno ed è interpretato e vissuto nella bolla individuale»1. Seguono riflessioni sul mutato rapporto fra mondo esterno e mondo interiore dai tempi della fisica newtoniana a quelli odierni in cui, citando en passant filosofi come Baudrillard, Locke e Cassirer, è sempre più incontestabile che la realtà oggettiva non è data in quanto tale ma può esistere soltanto in quanto filtrata dal sistema cognitivo elaborato dal cervello di ciascun individuo. Il capitolo che conclude la parte terza, “Credo ut intelligam”, sorprendentemente appare un po’ come un corpo estraneo nel testo, con il suo parallelo a dir poco ardito tra la fede in (un) Dio e la realtà virtuale del nuovo mondo digitale. Il fatto che il titolo latino sia una citazione dal teologo cattolico medievale Sant’Anselmo d’Aosta inficia tutto il ragionamento successivo, per il semplice fatto che si basa sul presupposto, evidentemente fallace, che credere nell’esistenza di Dio sia la condizione necessaria per poterlo capire. Il problema sta tutto nel fatto che si rovescia il processo logico di base: non si crede più a ciò che viene dimostrato dai fatti ma si cerca di convincere i fatti a dimostrare una propria credenza. Com’è noto i fatti, spesso dispettosi da questo punto di vista, se ne infischiano e procedono per la loro strada senza lasciarsi corrompere da questa o quella credenza. La spiritualità è un concetto estremamente serio, che non si lascia inscatolare da tesi preconcette, tanto meno poi quando queste costituiscono un armamentario strumentale alla costituzione e al consolidamento nel tempo di un potere reale, politico, economico e quant’altro, che viene accettato in maniera acritica (per fede, appunto) da chi questo potere lo subisce.

Nella quarta parte troviamo, fra gli altri, un capitolo sulla giustizia, uno sull’infosfera, uno sulla globalizzazione, tutti buoni per spunti di riflessione, ma che avrebbero avuto bisogno di essere più approfonditi, anche se capisco che la natura di instant book del testo (il che forse spiega anche qualche refuso di troppo) non l’ha consentito. Segue la citazione del pur lodevole Cipi Jay da Codogno, che mi sembra peccare di una certa superficialità, perlomeno se consideriamo che viene esageratamente definito l’artefice della «Woodstock dell’animale virtuale»2. Infatti, non solo il DJ lombardo sembra nulla più che un onesto mestierante, uno come tanti in Italia e nel mondo, ma introdurlo citando in apertura di capitolo le traduzioni in italiano di titoli di U2 e Patti Smith, pur senza nominarli, gli dà una responsabilità ben al di là delle sue possibilità. Infatti la scaletta che ho sentito in rete (www.facebook.com/cipyjay/videos/269617234156821/) abbonda di musica commerciale, che forse potrà restare nella storia del costume, ma di certo non resterà nella storia della musica. Certo, se avesse usato musiche più sofisticate, non dico un Aphex Twin (https://www.youtube.com/watch?v=2XK_FnzVfpo) ma almeno i Basement Jaxx (https://www.youtube.com/watch?v=x2wUbgAAydY) il paragone avrebbe acquistato decisamente più senso.

Infine – forse per rendere omaggio al motto latino dulcis in fundo – l’ultimo capitolo tocca il tema probabilmente più delicato, occupandosi della restrizione delle libertà costituzionali introdotta dagli ormai famigerati DPCM, i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Nella visione di D’Auria, dal punto di vista della filosofia morale, il governo Conte si muoverebbe nell’ambito della tradizione culturale solidarista di Auguste Comte, laddove invece l’approccio del governo Johnson nel Regno Unito sarebbe da collocare nella tradizione culturale dell’utilitarismo di Jeremy Bentham. A giudicare dalle notizie giunte in questi mesi, si dovrebbe concludere che, a differenza di quello dei Paesi del mondo governati da conservatori o da estremisti di destra, il primo approccio considera più importante la salute dei cittadini rispetto alla loro libertà di movimento. E soprattutto ha piena legittimità costituzionale, nonostante i tentativi di strumentalizzazione delle destre, basato com’è sull’articolo 16 della Costituzione Italiana: «[…] Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o sicurezza». Ciò detto, una situazione così eccezionale giustifica più di un dubbio sulle sue modalità di attuazione, considerato anche il fatto che vale erga omnes, risultando molto difficile, soprattutto nella fase iniziale di una pandemia, stabilire con certezza sufficiente chi ha contratto il virus e può, involontariamente, diffonderlo, e chi invece non lo ha contratto. Non a caso il già citato Giorgio Agamben sul quotidiano il manifesto ha stigmatizzato quella che ha definito la creazione, in questo modo, di «un’area grigia», cioè «l’impossibilità di distinguere con nettezza di confini il bene giuridico dal male giuridico, cioè i diritti, i doveri e le facoltà dei cittadini e il conseguente diritto-dovere d’intervento preventivo e punitivo da parte dello Stato»3. D’Auria non ne dà conto, ma su Micromega Paolo Flores D’Arcais ha polemizzato sulla questione con Agamben, a mio giudizio senza tener conto adeguatamente di tutti gli aspetti di una situazione così spinosa, tale anche perché inedita. Com’era prevedibile anche in questo capitolo si forniscono interessanti spunti di riflessione ma, a mio avviso opportunamente e forse anche inevitabilmente, la questione resta aperta, perché in realtà non si presta a facili soluzioni. Non ci resta che vedere gli sviluppi nell’immediato futuro.

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Ignazio Sanna

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