DEL MODO TENUTO DAL MIGLIERUOLO NELLO AMMAZZARE BERLUCIFERO LUCIFERONI

DEL MODO TENUTO DAL MIGLIERUOLO NELLO AMMAZZARE AMMAZZARE BERLUCIFERO LUCIFERONI, BELZEBOTTI ANDREBÙ, SATANALEMA BAFFO, EL DIAUL PROD, BAFOMETTO BAFASSINO, INOLTRE DELL’OTRE, MATTEOZZO RENZELLI, OLIVEROTTO DA FERMO  et Alia

di Mauro Antonio Miglieruolo con le immagini di Yacek Yerka

                                                                                             “Non demonizzate Berlusconi”

                                                                     I Berlusconidi

 

“Non demonizzate la TV”

Raiset&MediaRai

 

“Non demonizzate il racconto”

                       Io

 

1

Lasciate che vi descriva il Diavolo, senza ridere, per carità, mi immobilizzereste ai blocchi di partenza. Se non volete credere che è alle vostre spalle pronto a ghermirvi, riempirvi di contumelie e accusarvi di essere parassiti (voi che producete tutto, anche quello che LUI consuma) sappiate che è alle mie, pronto a intervenire se mi capiterà d’uscire dal seminato. Il che, per LUi, equivale a mentire sulle sue qualità di figliodiputtana (figliodiputtana cancellato) gentiluomo che delle fregature (cancellato delle fregature) dei benefici all’Umanità ha fatto la sua principale ragione di vita.

Dunque io scrivo di ogni possibile menzogna (cancellato menzogna) verità su Satanasso, Belzebù, Bafometto, Lucifero o qualunque altro nome vogliate attribuire al loffio (loffio cancellato) senza mutande, il tridente, perennemente incazzato, con gobba o meno, con mascara o meno che, silenzioso e subdolo (cancellato subdolo) cauto si è spostato al mio fianco e mi fissa arcigno, quasi stesse preparando una nuova ladronesca riforma delle pensioni.

– Che stai facendo? – chiede.

– Eseguo i suoi comandi, Eccellenza. Come d’accordo…

– Vedere… – fa diffidente.

Gli porgo la mezza pagina piena della mia calligrafia minuta e disordinata, appena leggibile e porgendola mi inchino (mi inchino sempre al potere, figuriamoci allo strapotere). Legge con difficoltà, infatti, nonostante mi sia sforzato di non orripilarlo con i miei scarabocchi. Legge e aggrotta la fronte.

– Tutte queste cancellature… – dice in tono critico. Riprende a leggere. Sbuffa. – Come te lo devo dire? A pugni o bastano le parole?

Solleva un enorme maglio unghiuto bruno rossiccio peloso poderoso terrificante e lo appoggia sulla mia poco venerabile cervice. Avverto il duro delle nocche. Acciaio puro. Nichel Cadmio, ma pesante. Per un momento mi sembra di avere depositato sulla testa l’equivalente del Cosmo intero. Il pugno viene sollevato e io tutto divento sollievo.

– Devi mentire, sistematicamente mentire, capito stronzettino? Mentire e nello stesso tempo dare la rappresentazione esatta e lusinghiera, ripeto LUSINGHIERA, del sottoscritto. Se poi ti capitasse di scrivere qualche cacchiata non cancellare, prepara la smentita. E, se necessario, la smentita della smentita. Questo è il metodo, funziona, ha sempre funzionato; anche questo è il Diavolo, Signore della Menzogna, Politicante per Vocazione, mentitore spudorato, colui che mente anche quando, per ingannare meglio, occorre dire la verità, che infatti dice. Non sono mica uno qualsiasi, IO. IO sono il Signore di Mille Mondi (mi correggo: Signore di Mille Cosmi); mica un aspirante dittatorello qualsiasi, basso, con supertacchi e il riporto. Tienilo bene in mente: ti stai occupando del Capo di Infinite Legioni, dell’Imperatore del Male. Del Dominatore delle Galassie, il Padrone della Via Lattea, lo capisci o no? Dalle tue parole deve risultare il Grandioso che mi contraddistingue, l’Immenso, l’Insuperabile e Invincibile! Il Potere Assoluto rivestito di Arbitrio Totale!

(Gran vanitoso questo Diavolo, no?)

Guaisco qualcosa. Lui tende le orecchie d’asino (cancellato d’asino) di pipistrello (cancellato pipistrello), alla Berlusconi (cancellato due volte alla Berlusconi, il Diavolo è molto permaloso), insomma, tende le orecchie e basta.

Mi affretto a ripetere con voce meno flebile:

– Si tratta di bozze, Sig. Diavolo. Di primissimi appunti.

– Vabbé! Vabbé! Vedremo cosa saprai combinare… – e se ne va.

Mi rituffo nel lavoro.

Ci provo, almeno. Il grande schermo a parete davanti alla scrivania si accende e esibisce me stesso che scrivo. Smetto di scrivere.  Il me stesso dall’altra parte interrompe pure lui e mi guarda. Ci guardiamo. È già successo e risuccede due o tre volte al giorno. Provo una intensa sensazione di straniamento che si traduce in una specie di crisi della personalità. Non so più chi sono e dove sono. Se sogno o son desto. Se immagino o vivo. Se c’è il diretto calcolo del Diavolo dietro oppure è costume ordinario di quelle insondabili, fredde località extraSolari.

Fisso il tizio sullo schermo e dico. Lui mi fissa e dice: – Sei tu o sono io? – Che cavolo di domanda! Stupida proprio! Comunque non sono interessato a formulare quesiti intelligenti. Mi interessa capire. Mi interessa analizzare le mie sensazioni. Quel che provo ora, subito dopo la sorpresa iniziale e il barcollare dell’IO di fronte all’Io… quel che provo è una curiosa, paradossale sensazione di divertita curiosità. Mi chiedo il perché di quelle immagini. Mi stanno riprendendo? E perché? Non mi riprendono, però. È evidente che non lo fanno. Noto infatti le leggere sfasature tra i suoi movimenti e i miei, tra le sue parole e le mie, il tempo minimo della comunicazione, e ne deduco che deve trattarsi di una delle tante diavoleria che regnano nell’Inferno.

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Pongo attenzione. Sì, c’è qualcosa che ci differenzia. Un qualcosa di dinamico, che si muove, muta, che lentamente mi trasforma in qualcosa d’altro. Sullo schermo apparentemente rimango me stesso, eppure divento diverso. Prima lentamente, poi sempre più veloce. La differenziazione cresce, si amplia. Dopo un po’ leggo sul suo viso un’espressione che non corrisponde al mio umore del momento. È certo buffo sentirsi dire le stesse cose che stai dicendo da un alter ego sullo schermo; ma più buffo ancora è vederlo “sviluppare”, assumere via via connotazioni differenti e infine blaterare osservazioni apparentemente prive di senso.

– Che guardi, stronzo? – fa il mio alter ego dall’altra parte dell’ultrapiatto, luminoso e non so bene quanti pollici. Olografico, per giunta. 3D quasi solido.

– Anche tu mi guardi, – osservo.

– Io ti posso guardare, tu no.

– Ah, sì?

– Guarda che ti prendo a calci nel culo!

Gesù! Sto per esclamare, ma mi trattengo. Passerei i miei guai, se lo facessi. Non è ammessa fare propaganda alla concorrenza da queste parti. Sarebbe lo stesso che dalle parti di Windows si facesse appello alla Apple.

Lo schermo si spegne e posso riprendere il mio “lavoro”. Smetto di impiastrare il foglio e riprendo a snocciolarvi quel che so sul Diavolo. Queste ultime parole, naturalmente, non le scrivo con la mia amata trattopen, ma digitando direttamente sulla tastiera del Computer e postando le parole man mano che le stendo (così evito spiacevoli richieste di spiegazioni da parte di Sua Diffidentissima Eccellenza Cavaliere del Lavoro Berlucifero Luciferoni).

Il Diavolo, dunque. La descrizione. È alto pressappoco, ma meno di un normale Italiano e più di un Pigmeo, salvo quando decide di mostruosizzarsi e di diventare più alto di un Gigante e appena meno di Dio; peserà circa quasi un Black Hole (difficile reggerlo) ed è certo l’essere più forte e dotato del mondo. Rossobruno, sembra bruciacchiato, puzza di scorregge andate a male (LUI lo chiama profumo) ed ha timore reverenziale per gli uomini (un po’ meno per le donne. Le donne, in determinate circostanze, possono essere più cattive degli uomini; in genere però preferiscono moderarsi, darsi un contegno…), evita di prenderli di petto, sapendo che potrebbe rimetterci. Sostiene che siamo un sacco pericolosi e che anzi ci è debitore, sono stati proprio i pensieri e le convinzioni di noi uomini a crearlo. A noi infatti deve gli orribili occhi a fanale, il naso  a benna e le braccia idrauliche. Per la propulsione usa un vecchio ma efficientissimo motore rotante Wankel (molto silenzioso) ed ha, di serie, incorporato un lanciarazzi Katiuscia e tre Cannoni Laser a Ricarica Solare (anche un po’ ecologico questo diavolo d’un Diavolo). In più dei normali difetti umani, ha la dotazione completa degli ordinari poteri paranormali, tra cui spicca, moltiplicato per mille, Prestidigitazione e Cura dell’Immagine. Ha anche un sacco di Canali Televisivi  e un Transatlantico di Soldi (neppure lui sa bene quanti). Lo si distingue per le brutte orecchie, la bassa statura e la calvizie. Non sopporta gli si rubi la scena e che qualcuno lo consideri uno fra i tanti. Egli è infatti più che UNO: è Teratrino, cioè la Trinità moltiplicata miliardi di volte (qualcuno, malignamente, con facile gioco di parole, dice invece “teatrino”. Ma con il Diavolo, nonostante i suoi modi ridanciani, c’è ben poco da scherzare!)

È proprio questo il guaio essenziale dell’aver a che fare con lui. Ché non è solo. In giro per l’universo esistono milioni di suoi cloni, quanti non è dato sapere, anche perché aumentano in continuazione. Ci si può fare un’idea approssimativa del loro numero considerando che il Capo porta sul petto a caratteri fiammeggianti il numero di serie 666 preceduto da quindici zeri; e che gli adepti più recenti hanno dovuto ricorrere all’espediente di anteporre prima una, poi due, infine tre lettere al numero di serie…

Ma rieccolo. Posto svelto le ultime frasi, assumo la dovuta espressione angelica (angelica da angelo ribelle), l’atteggiamento ossequioso e mi pongo in attesa.

2

– Che fai? – chiede il Diavolo.

– Penso.

– Ti ho visto digitare sulla tastiera…

– Ah, quello… chattavo con una tipa di Antares. Sembra disposta a incontrarmi…

– Ti pago per scrivere, non per andare in cerca di avventure.

– Mi dovresti pagare, ma non lo fai. Fin’ora non ho visto una lira. Una che sia una.

– Non cambiare discorso. Niente faccende carine, qui; storie d’amore ecc.

– Ma quella è sposata! In Chiesa!

Cambia subito faccia.

– Ah, si? Bravo! – borbotta. E si allontana.

Riprendo in mano la mezza pagina e aggiungo: il Diavolo è un tipo in gamba. Capisce al volo quel che gli può tornare utile. E approva tutto quello che gli torna utile.

Metto il foglio da parte e aspetto che torni. So che tornerà. Presto. Torna, infatti. Tiene tra due dita un cartoncino con su un indirizzo e-mail e lo deposita sulla scrivania.

– Vedi quello che puoi fare, – bofonchia ri-andandosene.

Leggo la nota allegata all’indirizzo. Moira. Tettona. Bionda. 58 Kg con l’osso. Sui trenta. Buon carattere. Cattolica. In piena crisi coniugale. Sotto, in corsivo, la nota aggiuntiva stesa in caratteri fiammeggianti dal Diavolo in persona: ha un debole per i calvi.

 

(Anche Gran Ruffiano questo Diavolo!)

 

Questa volta sono io a andare da LUI. Gli restituisco il foglietto.

– Che è? Una specie di anticipo? – chiedo.

– Non te l’avevo detto che pago in natura?

– No. E poi questo non è pagare. È pagarsi. Tutto tuo il vantaggio…

– Eh! Eh! – fa. – Sono nel ramo business non in quello beneficenza, amigo,  cosa credi? Commercio, Pubblicità e Finanza. Non si sfugge.

– Credo di avere diritto che il pagamento torni a mio vantaggio, che cavolo!

– Tipo?

– Soldi. Salute. Sicurezza. Roba così. Una vita tranquilla, felice…

– Sei matto? Per riempire di scarabocchi alcuni fogli bianchi? Ti ha dato di volta il cervello?

– È quello che mi spetta… quello che spetterebbe a chiunque per il solo onere di aver avuto a che fare con te.

– A te non spetta niente, giovanotto. Solo di rendermi un servizio. Mettitelo bene in testa. O devo provvedere a forza di pugni?

Un brutto tipo, il Diavolo. Uno con cui non è raccomandabile averci a che fare. Il classico Padrone. Pardon, scusate, il classico Datore di Lavoro. Alias: Datore di Miseria.

– Abbiamo un contratto, – obietto.

Tu hai un contratto. Io ho te. E tanto mi basta.

Mastico amaro. Scalpito. Mordo il freno. Digrigno i denti. Questo al Diavolo piace. Sorride (da qualche parte qualcuno muore). Desidero strozzarlo. Ma è troppo grosso. Sono costretto a desistere.

– Mi rivolgerò ai sindacati.

– Fai pure. Ho buoni rapporti con loro. Concertazione, si chiama. Sai di cosa parlo, vero? Tutti lo sanno, anche se fingono di non saperlo. Sono quei tipi che vi danno modo di sfogarvi con qualche scioperetto e qualche manifestazione di tanto in tanto e di guadagnare qualche euro in più e che comunque sarebbe un guaio non ci fossero, neppure quel minimo vi toccherebbe; né quel minimo di freno alla gang della Confindustria (amici miei) che si scoccia un sacco per le punture di spillo che subisce, ma che in fondo è contenta (sono contento anche io), perché ve ne state buoni e non vi fate venire idee strane in testa. Tipo, prendersi tutto. E io poi come farei, con la gente tranquilla, soddisfatta, senza rodersi tutto il giorno per quello che subisce?

So, sì. Lo so perché sono stato uno di quelli che si rodono. Che fanno tutto il lavoro che c’è da fare, perennemente ostacolati da coloro che dovrebbe organizzare e invece sanno solo vessare e disturbare e tirare su carrettate di soldi, vessando te, insultando te, tiranneggiando te. Dirigenti, li chiamano. Manager. Amministratori Delegati. Kapò, dovrebbero chiamarli. Ladri e aguzzini!

Lascio perdere, per non incacchiarmi più di quanto già non sia a causa del Diavolo e torno alle mie scritture. Butto giù qualcosa d’altro da mostrargli, caso mai servisse, e riprendo a digitare sulla tastiera. Lo schermo sul davanti della scrivania torna ad accendersi. Il tipo che vi appare, seduto come me dietro una scrivania ingombra di aggeggi elettronici, mi fa uno sberleffo.

– Che combini? – chiedechiediamo. Siamo di nuovo uguali e tali restiamo. La differenziazione non ha inizio. Non sempre succede. Alcune volte sì. Altre no.

Aspettiamo, non succede niente.

Sospirando lascio perdere. Sospirando lascia perdere. Non è certo lui che può fornirmi le risposte che mi mancano. Lui ne sa quanto me di quello che sta succedendo.

Probabilmente è tutta lì la storia dell’Inferno. Quel vano interrogarsi nell’impossibilità di rispondersi. E sulle possibilità di espandersi, del peggio che sta dietro l’angolo. Oppure ancora sta nel vedersi vivere, nella sottolineatura di quell’assurdo in cui ci costringiamo. Sulla Terra una certa distrazione ci permette di non far caso (non far caso per sopravvivere), ma qui all’Inferno non è consentito. Te la sbattono in faccia la tua vita, il tuo assurdo, l’incredibile non senso di quello che fai o che credi di fare.

Probabilmente, essendo ospite a metà, un vivo trascinato in quelle plaghe con un compito specifico, lavori forzati della penna, il peggio mi viene risparmiato. Ho solo un assaggio di quel che mi sarebbe spettato fossi uno dei tanti trapassati. La pena a rate. Un po’ sì, un po’ no, accendersi e spegnersi del televisore, io che mi auto patisco per la metà, per un quarto, un ottavo… Tuttavia non mi faccio illusioni. Non è detto che, terminato il mio compito, non mi afferri con le sue unghiute, possenti mani e mi strozzi lentamente per godersi il raro spettacolo della fine di uno scribacchino. Che ne posso sapere io?  Solo che sono nei guai, è evidente. Il Diavolo mi tiene prigioniero, chiuso a chiave, gettata via la chiave, nella sua Megavilla di Arcore. Un enorme albergo sotterraneo diecistelle di cinquemilioni (o cinquemiliardi?) di stanze, migliaia di saloni e suites, centinaia di piscine, campi tennis, boschi, fiumi, alcune montagne e un vulcano. Io sono relegato al decimo seminterrato, Suite Ciclamino, un trilocale superaccessoriato, due letto, pranzo, bagno, angolo cottura, termoascensore, posto auto, aria condizionata. Ho a disposizione un PC di ultima generazione Processore Condor a 6000 Mh, masterizzatore per supporti da 1 TeraByte, 3 HD interni, stampante A3 laser a colori, collegamento satellitare e video 39 pollici a rifrazione controllata. Ho anche un grande letto sul quale non mi è consentito dormire (ho una brandina per questo) a meno che non ci salga con uno del mio stesso sesso o con almeno altre due persone. In questo caso posso farvi tutto quello che voglio. Dormirci, al limite. Il problema è che con uno del mio stesso sesso non voglio, mentre con più d’una persona sono loro a non volermi. Sostengono che sono fiacco, mi distraggo, perdo il ritmo, dopo la prima sono già a terra! Quel letto lui lo chiama “Piana dei Miracoli” e, a volte, “Via per la Santità”, parola che per LUI equivale a esclamare dannazione! Non che il Diavolo creda ai peccati, non è un minchione; sa che i peccati non esistono; o meglio esistono solo nella testa di chi li commette. Uno fa qualcosa che ritiene male e dato che crede che è male, male è! Quindi, giù all’inferno, a rimpinguare le Casse di Luciferoni; giù nelle pelose, rudi, crudeli braccia del Presidente dei Presidenti del Consiglio!

Dunque, “Via per la Santità”! ma anche “Ring dei Dementi”.  Usa un linguaggio tutto suo particolare, il Diavolo. Dice in continuazione “L’Anima della Pubblicità è il Commercio” invece di “il Commercio è l’Anima della Pubblicità”, come sarebbe più giusto e consueto; e qualche volta “mi consenta”. Però con me quest’ultima locuzione non l’ha mai adoperata, forse perché sa che avendomi sotto contratto, può consentirsi tutto.

“Mi consenta!” lo sento tuonare proprio in questo momento mentre inforca un tizio che non ha fatto nulla di male nella vita salvo credere in LUI e nel liberismo, permettendo così ad altri di far male. Molto male.

Vedendo come riduce il poveretto, scotendolo e sbattendolo, gettandolo in terra per poi ripigliarlo, mi viene da vomitare. Non vomito. Sarebbe poco piacevole fare la stessa fine. Meglio comportarsi in modo da rimandarla il più in là possibile.

– Tu, che hai da dire? – mi interpella brutale arrogante il Diavolo.

– Niente, Signore. Nulla.

– Perché quelle facce, allora?

– Disdetta, Sig. Diavolo, Eccellenza. Non so bene come descrivere l’episodio.

– E come lo vorresti descrivere? Come lo hai visto, no? Metti giù e fammi leggere.

Con mano tremante stendo le seguenti righe:

Un’insigne corteo di Signorine-grandi-tette (solo Signorine-Grandi-tette sono ammesse da queste parti), debitamente sgambettante s’espande sul set. Le Signorine roteano, saltano, si sbracciano, marciano diligentemente avanti e indietro, voltano le spalle al pubblico e mostrano le rotondità posteriori. A un segnale convenuto convergono al centro, dove formano un cerchio molto stretto. La soubrette spinge il busto in avanti, verso la telecamera, onde esibire meglio i solenni attributi femminili. Sorride. Ammicca. Fa “ciao ciao” con i ditini. Il cerchio si apre e scopre il mezzobusto rotante del Diavolo in persona. È travestito da presentatore televisivo. Il travestimento non arriva a nascondere il ghigno orrendo e i cornetti che spuntano dal cranio nudo. E neppure che è assiso, segato a metà, con le budella debordanti, su un pilastro circondato da fiamme (le solite fiamme). Completato un mezzo giro (tutto sul mezzo il Sig. Diavolo in questa fase) alle sue spalle appare un tizio tremante, seminudo, sporco delle sue stesse feci che gli colano tra le gambe. Si tratta di  un vetusto politico d’annata, di quelli immarcescibili che sembrano non dover morire mai, ma poi infine schiattano anche loro.

Riappare il Diavolo tutto denti, 32 su 32 in mostra.

– Di Diavolo ce n’è uno, – afferma. – Tutti gli altri son nessuno.

Si stacca fluttuando dal piedistallo (non ha gambe), afferra un forcone da fieno con cui infilza il flaccido malcapitato urlante. Sollevato, il flaccido muove convulsamente mani e piedi e urla. Il sangue schizza.

Io pure, schizzo merda.

Il Diavolo legge quello che ho scritto e si spancia.

– Ah! Ah! Ah! – tuona (il mondo trema) dandosi colpi formidabili sul ventre a tamburo, ché neanche un Budda. Il ventre però non risuona come un tamburo. S’ode un rombo lontano ed ecco che lo schermo accanto alla scrivania si accende e esibisce una mezza Apocalisse. Montagne che franano, fiumi che straripano, bombe nucleari che scoppiano… Il Diavolo smette di darsi gran colpi sulla pancia e la situazione si normalizza. Non appena finito di sganasciarsi, il Diavolo, cioè 666, tutto contento esclama: Ti sei cacato sotto dalla paura, eh?

Non posso negarlo. La puzza che aleggia intorno non me lo permette.

– Vado a darmi una pulita, – annuncio tutto tremante.

– No, Fiorellino. Ti preferisco così, con la merda al culo! Scrivi, invece! Ricomincia a scrivere!

Ricomincio a scrivere.

 

Sul palcoscenico appaiono alcuni precari. Facce scure. Vedono 666 e le espressioni diventano combattive.

– Ci siamo rotti! – affermano a gran voce.

– Peggio per voi, – risponde 666. – Fate due fatiche. La prima ad arrabbiarvi, la seconda a calmarvi….

– Mi sa tanto che rompiamo tutto. Anche te.

– Provateci e faccio intervenire i Marines. Se non basta chiamo Talema e ve la vedete con lui. Ci penserà lui a mettervi buoni.

I giovani capiscono l’antifona, fanno un po’ di chiasso e se ne vanno. Anche perché sono apparsi un milione di poliziotti vestiti da marziani che si incitano l’un l’altro ululando: daje al comunista!

666 intanto canta, racconta barzellette e promette soldi a tutti. Gli passa a portata di forcone un giovane insanguinato. Ha un occhio gonfio come un cocomero, una ferita lacerocontusa sulla schiena e vari bernoccoli in testa. Bernoccoli democratici, si capisce. 666 sfodera gli artigli, l’aggranfa e lo lancia in alto. Un volo di venti metri minimo. Ricade urlando sulle unghie ad  artigli predisposti in verticale, sui quali si infilza come su delle lance. Sangue, urla, budella e merda dappertutto, molta merda. Altra esplode nei miei calzoni.

Risata agghiacciante del Diavolo.

 

 

– Perfetto, – commenta. Intanto ridacchia e scorreggia, come lo scostumato che è. – Finalmente qualcosa di valido, di significativo, – aggiunge. – Stai ingranando, ciccio.

– Sì, – consento. – Mi comincio a orientare. Le cose qui però funzionano a modo loro, non è facile capirle. A volte mi sembra di vivere in una Commedia, anzi no, una Parodia. Altre in una Tragedia.

666 si sganascia.

– Ma bravo il mio scribacchino! – commenta dandosi una gran manata sulle cosce. È seduto sull’affusto di un cannone, al posto del cannone. Giocherella con il suo enorme attrezzo sessuale. – Scommetto che basta uno schizzo per distruggere quella Città, – scommette.

Appare una città lontana. Una città Mediorientale. Minareti. Cupole. Tetti piatti e bassi. Facciate bianche. Il Bazar… La città d’un tratto si copre di rovine. Smorfia di 666.

– È arrivato prima Cespuglio con le sue bombe intelligenti, – commenta deluso. – Beh! Sarà per un’altra volta. Cosa mi dicevi? Ah! Sì, che non capisci. Ma cosa c’è da capire? Questo è l’Inferno, no?

– Sì, l’Inferno. Quindi diverso, opposto persino. Ma è anche mutevole, sfuggente, arbitrario addirittura… la realtà svaria, si contorce e contraddice.

– Anche sopra, lassù, al Piano Terra, è così.

– Là un po’ la capisco. Qui no.

– Beh! Lassù lo schermo è uno per tutti, qui ognuno ha il suo. Uno schermo Tridi con il quale può interagire. In più c’è il Mio sul quale appaiono solo gli eventi significativi (stabilisco IO quali siano veramente significativi). Niente a che vedere con i Film che ti giri da solo e ai quali dai il nome di realtà. Qui valgono solo film che fanno ingrassare e divertire ME. A ME diverte vederti con la merda al culo? Tu stai con la merda al culo. Mi diverte diventare Presidente del Consiglio? Mi faccio eleggere Presidente del Consiglio. E se non mi eleggono, oltre a chiamarli “comunisti” e “toghe rosse” faccio cambiar loro idea a furia di schiaffoni. Mi diverte prelevarti a casa, proprio mentre stai dando gli ultimi ritocchi al libro che potrebbe renderti famoso? Ti prelevo e tu, giocoforza, sei costretto a scendere nell’Inferno ancora vivo per lavorare per ME. Per ME, comprì?

– Senti, diavolo d’un Diavolo, non mi prendere per il culo…

– Ridotto come sei, mai!

– La verità: come funziona ‘sta cosa?

Solleva un sopracciglio.

– ‘Sta cosa?

– Dato il contesto non ritengo opportuno essere più esplicito.

– La verità, poi… la verità qui! Da me! Allora sei davvero scemo. Allora davvero non hai capito niente!

– Mi basta sapere dello schermo Tridi. E dell’interazione…

– Vuol dire che puoi modificare la tua realtà nel momento stesso che la osservi sullo schermo.

– Ma come? Se sono fuori dallo schermo!

– Sei dentro e fuori, giuggioletta, stronzettino. La vita è questa. Tu ti vedi agire, ma puoi concepirti con intenzioni differenti da quell’azione, assumere iniziative differenti. Credere in possibilità differenti. Puoi cambiare. A secondo dell’intensità che immetti nella visione ottieni una variazione di pari importanza nello sviluppo della tua esistenza. Si tratta di fisica quantica, cagone superno, se capisci di cosa sto parlando: dell’Osservatore che influenza i processi materiali, che modifica l’ambiente in cui opera, nello stesso tempo in cui modifica se stesso in quanto Osservatore. Anche lassù, dalle tue parti, è lo stesso. Lo fate o non lo fate senza però sapere di farlo o non farlo. Qui no, qui non lo puoi ignorare. Inoltre hai un supporto fisico che ti agevola nelle scelte. La Mia TV. Attraverso lei puoi tutto. Tutto, capisci? Sei una specie di Dio, il Dio di te stesso. Ti determini se vuoi determinarti e credi di poterlo fare. Lo strumento è quello schermo che vedi lì. Accanto alla scrivania. Lo accendi e decidi in che direzione vuoi andare.

Lo fisso scettico.

– Dov’è il trucco? – domando legittimamente e prudentemente. Dopotutto si tratta del Diavolo. Del Diavolo in persona. Di Luciferoni Berlucifero preso in una delle sue peggiori manifestazioni. Del grande 666 che qualcuno, per renderlo meno anonimo definisce Belzebotti Andrebù e con qualche altro nome ancor meno onorevole.

– Trucco? Che trucco?

– Ci deve essere un trucco. Con te c’è sempre!

Ride. Ride in un modo che a momenti mi caco sotto per la terza volta. Smette di ridere e io smetto di stringere lo sfintere. Passato pericolo!

– Non si tratta di trucchi, ma di tener conto della MIA volontà. Della MIA programmazione. La MIA programmazione supera quelli di tutti gli altri messi insieme. Cioè, tu hai tanti canali, tante opportunità, infiniti bivi sui quali operare le tue scelte. I canali e i programmi però sono stabiliti dal sottoscritto. Da ME, capisci. Puoi cambiare finché vuoi, ma Canali e Programmi sono frutto della Volontà Imprescindibile del Tuo Signore e Padrone.

– Non sei il mio signore e padrone.

– Lo sono che tu lo voglia o meno. Lo sono con le maiuscole, non nel modo insipido con cui pronunci tu. IL TUO SIGNORE E PADRONE.

Decido di lasciar perdere. Che mi conviene andare al sodo, piuttosto che polemizzare con il teppista, mafioso, serial killer, secondo solo al Presidente degli Stati Occidentali, che ho di fronte.

– Insomma, – tento di sintetizzare. – Io qui sono un Dio a Sovranità Limitata. Come l’Italia, l’Iraq e il futuro, sempre più fantomatico, Stato Palestinese.

– No. Tu sei uno stronzo cacadubbi. Uno che ha tanta voglia di fare una brutta fine. Uno che è in procinto di prendersi un gran calcio nel culo!

– Gesù! – mi viene irresponsabilmente spontaneo esclamare. Lo dico e con fulminea intuizione mi chino. Appena in tempo. Il Diavolo è partito con un ceffone dei suoi migliori; un ceffone che, oltre a sfrangermi come una zucchina marcia, mi avrebbe sicuramente proiettato oltre Ophiuco. Con relativo rimbalzo e ritorno. Lo stesso basta il vento prodotto dalla mano a badile per fami volare una decina di metri. Ricado imprecando. È questo a salvarmi. Le imprecazioni. 666 si calma. Un sorrisetto compiaciuto appare su quella che, con molta cattiva volontà, si potrebbe definire bocca. Una bocca senza labbra. Un orrendo puteolente taglio orizzontale che gli divide in due la faccia.

– Eh! Eh! Eh! – satanizza tutto contento. – Si può sempre contare su queste Sue Creature. Bene ideate. Fatte proprio per me. Mi si confanno, somiglianti un sacco. Gajardissime. Anche tu, stronzettino, subdolo, sordido, sordo stronzettino, abbiamo molto in comune noi due.

Non i quattrini, penso. Che poi è la cosa che più importa. Tengo per me il pensiero. Se pure sono subdolo, sordido, sordo non però scemo. Non abbastanza da provocare ulteriormente le sue ire. Per di più, ho ben altro per la testa, che star dietro alle sue insultanti insinuazioni. Ben altro per la testa e ben altro sul fondo dei pantaloni. Qualcosa che pesa e puzza. Vado a ripulirmi, pertanto, lunga doccia tonificante e conseguente necessario pisolino. Mi addormento rilassato, eppure ancora preda di pensieri foschi e desideri frustati. Il desiderio di essere liberato dal fosco padrone di tutto, in quanto padrone dell’informazione e formazione.

Il risveglio mi trova, a sorpresa, di buon umore. Ottimista. Ignoro il perché ma sento, credo di poter risolvere i miei problemi. Evidentemente è vero, una buona siesta porta sempre consiglio. Non so ancora come, ma credo di poter combinare qualcosa di buono con me stesso nonostante me stesso. E nonostante l’infernale situazione in cui Luciferoni mi ha proiettato.

3

Per contentare Sor 666, a chiusura della giornata, scrivo quanto segue:

Il Potere di Satana si basa essenzialmente sulla TV. Cioè sull’informazione, che poi vuol dire formazione. Formare i gusti, le inclinazioni, il modo di pensare della gente. Satana È formazione. O meglio: controllo sull’informazione sulla quale si basa la formazione. Il suo Tallone d’Achille è INTERNET, il Tallone d’Achille d’ogni sistema di potere è INTERNET. Ancora nessuno è riuscito a stabilire un controllo decente (cioè, assoluto) sul WEB. Il giorno in cui Luciferoni riuscirà a mettere le mani anche su questo spazio l’eterna partita tra Bene e Male verrà risolta a suo favore.

Subito dopo, quale fondamento del Potere, ci sono i soldi. 666 ne ha tanti, non tanti da renderlo il più ricco dei Mille Universi (il Papa sembra ne abbia di più); ma sufficienti a permettergli di mantenere la sua salda presa sull’intero Sistema di Mondi Primari e Mondi Collaterali.

Al terzo posto stanno gli ultrapoteri tra in quali spiccano la Persuasione Occulta e Persuasione Palese, Bella Presenza, Fotogenia e Minimalismo nei Pensieri. Ha inoltre pugni e aggressività adeguata ai suoi compiti, che sono far frittata degli avversari e polverizzarli con gli Incrociatori Lanciamissili messi a disposizione dalla Marina Americana. Può far fare a chiunque quel che più gli è comodo; e chiunque fa di buon grado quello che LUI vuole. Dicono che paghi bene (non so, ancora io non ho visto una lira) pronto cash, sia largo nei benefits e inviti i migliori faccendieri nel suo Hotel da cinquetriliardi di camere, migliaia di saloni e suites, centinaia di piscine, campi tennis, boschi, fiumi, alcune montagne e un vulcano.

Non mi soffermo sulle sue altre qualità, fin troppo note, quali la Malvagità Assoluta, l’Insigne Capacità di Mentire, l’Ignoranza Incancrenita, la Millanteria Illimitata, l’Avidità Totale e la Vanità Inconsulta.

La verità è che Luciferoni, con i suoi modi, le sue stravaganti iniziative, le sue TV, fa cultura. Fa opinione. Influenza i costumi e determina gli orientamenti. Il Mondo è suo, di 666. Con l’ipnosi di un semplice aggeggio, il Telecomando, ha conquistato gli Universi. Con un complesso sistema di SuperTette, Conti in Banca, Scuole di Zapping e Imbonimenti a Catena lo tiene saldamente in pugno.

– Bravo, – commenta il Diaul leggendo quel che ho appena scritto. – Tuttavia non basta. Da te pretendo di più. Molto di più. Più Grandiosità, più Immagine, più Potenza. Di uno che ha scritto di miliardi di astronavi in movimento ottenere il massimo è il minimo.

Mi ritirai pensando che, davvero, il mondo è ben strano. Uno riceve uno straccetto di fama e per quello straccetto finisce per mettersi nei guai!

Mo’ che potevo inventare?

Un donnaiolo, 666! Uno che acchiappa. Uno super. Capace di farsene 51 per notte. 51 vergini, dico, più di Ercole, non cinquantuno donne qualsiasi. Un’impresa aver a che fare con una vergine. Le devi trattare bene, con cura, altrimenti si rompono (nel senso che si scocciano). Ti guardano dall’alto in basso. Non collaborano, non ti guidano, neppure ci provano, in certi frangenti, a prenderti per il naso. Il lavoro, la fatica son tutte tue!

Si ignora quante mogli abbia; legioni sono le concubine e vertiginosamente frequenti gli incontri occasionali. Don Giovanni, Casanova e il mio amico Franco sono nulla confronto a LUI, il nerboruto, rossigno, infaticabile, atletico, stortignaccolo, puzzolente rappresentante dell’ideale virile. Forte come un toro, di coda e di braccio, nelle sue incarnazioni minori è capace di sollevare, con una mano, un elefante. La Mafia gli ha delegato i compiti Finanziari e la P2 ha accettato di affiliarlo. Ambedue hanno rischiato grosso. Se non intervenivano le Toghe Rosse a mettergli un po’ di pepe al culo e i bastoni fra le ruote, alla lunga, sarebbe stato LUI  ad affiliare loro.

Non ho la possibilità di continuare oltre. Il Diavolo mi afferra per un’orecchia. La torce. Urlo.

– Chi ti ha autorizzato, stronzettino, a citare la Mafia, eh? Chi? E la P2 cosa c’entra? Ci fai o ci sei, di’? NON LO SAI CHE DI CERTE COSE NON VOGLIO SI PARLI?

– Ma lo stalliere…

Torce l’orecchio più forte. Urlo più forte.

– Che stalliere e stalliere! Fatti i fatti tuoi, imbecille. Lo vuoi capire o no che di certe cose non ti devi impicciare?

– Basta. Basta. Pietà!

– Ma che pietà e pietà! Datti da fare, piuttosto. Ripulisci il tutto e vai avanti.

Ripulisco il tutto e vado avanti.

4

Per la verità mi abbiocco di nuovo in un angolo qualsiasi, all’interno del giardino pensile che decora i dintorni del complesso che include la mia suite, un ruscello e il centro commerciale. Paesaggio squallido, come potete immaginare. Terra arida, incolta, abbandonata alle erbacce. Qualche albero tende le braccia scheletriche verso il cielo, come per una preghiera o nell’ultimo atto di una recita, la catarsi dell’ecatombe generale. Polvere vulcanica si alza ad ogni passo e quando tira vento è meglio starsene tappati in camera. Esplosioni occasionali all’orizzonte, che si fa rosso, mentre funghi giganteschi si alzano qua e là e stazionano minacciosi per giorni e giorni. Prove generali (di che?), chiama LUI  tutto quel bailamme, ma io credo si tratti dello sfogo, i suoi personali bubboni, dei suoi occasionali malumori. C’è però un olivo che s’ostina a proiettare una fetta d’ombra nella calura agostana che, nonostante i condizionatori che pompano aria fresca a tutto spiano, permane ovunque. Anche l’acqua del ruscello è calda. Calda e sulfurea. Emana un sentore di uova marce che ostacola la completezza del mio raccoglimento. Più che altro però è il dolore all’orecchio a ostacolare il riposo. Mi appisolo lo stesso, acconciato sotto le misteriosa palmetta in vena di contrastare il giallo dominante con un po’ del suo pallido verde. I rami che oscillano spinti dalla brezza leggera che spira a folate, apre e chiude la prospettiva del sole artificiale, lassù a cinquecento o mille metri d’altezza, suggeriscono la soluzione che cerco. In verità si tratta della soluzione che ho già dentro, nel profondo labirintico del mio essere e della quale occorre soltanto mi renda conto. Me ne rendo conto e salto su con la mia richiesta.

– Posso fare un po’ di zapping? – chiedo.

666 mi guarda storto.

– Che è questa novità?

– Vorrei prendere familiarità con i bivi che mi sono offerti…

– Esempio?

– Un canale dove l’orecchio mi faccia un po’ meno male…

– In tutti ti farà male. Ho stabilito così. Cosa credi, di aver a che fare con quello strano tipo che fingete di adorare, quello che perdona sempre? Io non perdono mai. Se punisco, punisco. Male ti fa e male continuerà a farti. 

– Ho detto, un po’ meno male…

Scrolla le spalle.

– Fai pure. Cambia finché ti pare. Tanto rimani sempre nel e in mio Dominio.

Cambio per un po’. Constato che è vero. Sempre IN suo Dominio resto. Ogni avventura dell’esistenza contempla, per quel giorno e quell’ora, a parte la condanna al lavoro forzato di penna, un solenne mal d’orecchi. Posso solo peggiorare, entrare in commedie dove l’orecchio mi è stato addirittura tagliato; oppure dove vengo bastonato e sodomizzato da suoi sicari; non sottrarmi a quel minimo disdicevole di costrizione. Pur saltabeccando qua e là, come facciamo tutti, nell’illusione di scegliere, mentre veniamo scelti, resto inevitabilmente sotto la sua maleodorante cappella.

Niente. Cambio diecimila volte senza concludere niente. Non esistono alternative decenti a chi si aggira negli sconfinati, fittizi territori del Diavolo. Posso passare dalla Commedia al Dramma, alla Tragedia, non cambiare la sostanza della condanna caduta sul mio capo.

Sconfitto dalla noia, sopraffatto dalla indignazione, abbandono me stesso all’ultima delle disavventura nella quale mi sono contemplato e mi giro verso il Diavolo. 666 mi fissa sogghignando.

È davvero come dicono, penso. Solo un povero Diavolo. Un perdente, un illuso, un predestinato alla frustrazione. Incapace di imparare dall’esperienza, incapace di crescere. Troppo furbo per crescere. Troppo superbo per potersi riparare dai contraccolpi derivanti dai suoi stessi atti. Chi diavolo mai potrà ritenersi in grado di sfidare il Diavolo, e metterlo nel sacco? Pensa LUI,  tapino. Impossibile. Certe possibilità Lui non le contempla. Nessuno oserà affrontarlo.

– Qual è il tuo debole? – chiedo distrattamente, fingendo di voler conoscere. Non me ne importa un fico: è tanto per confondere le acque. – Da quale piede zoppichi, diavolo d’un Diavolo?

– Eh! Eh! Eh! Ti piacerebbe saperlo, eh?

– Servirebbe a completare la tua biografia. Ti umanizzerebbe, cosa credi? Ti farebbe diventare più vero e credibile…

– Eh! Eh! Eh! Furbo, l’amico…

– Parlo di empatia, di identificazione…

– O di come mettermelo nel culo?

– Ma no! No.

– Eh! Eh! Eh!

– Non ridere. Tanto ci posso arrivare lo stesso da solo.

– Ma davvero?

– E che ci vuole? Da come ti conci, un cavernicolo; e dall’attrezzo che ti sei fatto crescere, non per usarlo, perché sarebbe impossibile, ma per far vedere che ce l’hai, a occhio e croce direi si tratta di sesso. È il sesso, vero?

– Il sesso mi rende più forte, altroché! Anche voi potrebbe rendere più forti, ma vi siete lasciati fregare. Attraverso l’idea che il sesso sia una faccenda sporca sono riuscito a mettermi sotto tutti, a far dell’umanità il mio parco buoi…

– No no, non me la fai. Tu ci sguazzi nel sesso. Ci sguazzi perché sai che può essere brutale, animalesco.

– Oh! Oh! Oh! Anche mangiare, defecare, litigare ecc. Tutto nell’umano può apparire nella forma deteriore che mi conviene…

– Magari mi sbaglio. Magari sei solo uno sfacciato esibizionista e un timido guardone. Infatti stai sempre con l’occhio appiccicato al buco della serratura per vedere, casomai, di poterci prendere in castagna.

– Eh! Eh! Eh!

– Ti piace farti notare. Le tua apparizioni hanno sempre un che di astruso e clamoroso. Pentagrammi, fiamme, vapori sulfurei, voci cavernose, sfondi apocalittici, toni suadenti o minacciosi: delle recite formidabili.

Lo sguardo gli diventa sognante. È rapito, nel suo personale mondo dei sogni.

– Sì, sono un grande attore, IO, – ammette volentieri.

– Beh, guarda un po’ qui…

Mi affretto a zippare su un canale satellitare ultraporno. Appaiono alcuni tizi in piena azione. Mugghiano, si torcono, fanno le facce. Sembrano dannati in libera uscita.

– Guarda quei tizi, guarda…

666 fischia.

– Forza ragazzi, – afferma. – forza che fra un po’ vengo a prendervi. Mi vi pappo come niente.

– Anche io, – gli faccio eco. – Ti pappo come niente.

Distratto com’è ne approfitto per fare l’unica che può salvarmi. Che può salvarci. Non mi limito a cambiare canale. Lo spengo proprio il televisore. Insieme a me, nell’Universo Alternativo Collaterale provocato con quel semplice gesto, milioni, miliardi di altri utenti, spengono la TV. inconsapevoli alimentatori di Satana, spengono la TV. Tre TV oscurate tutt’insieme.

E l’umanità è salva e il Diavolo fottuto.

Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

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