Dittico

Dittico

di
Susanna Sinigaglia

Book is a Book is a Book

Trickster-p
&

Sogno 3: la camera degli specchi

Reverie

Ho voluto abbinare queste due performance perché presentano alcune analogie. In entrambe c’è una voce-guida fuori campo che propone un’esperienza interiore; nella prima avviene in gruppo e nella seconda si compie da soli. In ognuna, la voce-guida cerca di accompagnare lo spettatore per mano lungo un percorso alla ricerca-scoperta di qualcosa d’inedito.

 

Book is a Book is a Book

Trickster-p

Come si evince facilmente dal titolo, al centro della performance campeggia il libro. L’oggetto libro costruito appositamente per questa occasione è di grandi dimensioni e spessore. Gli spettatori sono invitati a salire sul palcoscenico trasformato in una specie di biblioteca, con tanto di tavolini su cui è appoggiato il libro in questione e una lampada da tavolo che lo illumina. C’è una voce di donna fuori campo che invita gli spettatori, muniti di cuffie, ad aprire il libro a una certa pagina e inizia a raccontare quanto vi è scritto e raffigurato. Uso il verbo “raccontare” perché la sua non è una semplice descrizione dell’immagine che abbiamo davanti agli occhi, ma una sorta di rievocazione delle circostanze che hanno portato a scegliere quel determinato scritto o foto o disegno che sia.

Mi è rimasta in mente in particolare l’immagine, estesa su entrambe le pagine del libro aperto, di un cortile al buio da cui si vede una finestra illuminata: di notte lo sguardo va dall’esterno verso l’interno, mentre di giorno si sposta in senso opposto, osserva la voce-guida. Poi ci fa notare, nella penombra del cortile, una scaletta appoggiata a un muro che, stranamente, assomiglia a un motivo che troviamo, a diverse pagine di distanza, raffigurato su un graffito di circa diecimila anni fa ritrovato in Valcamonica.

Così di pagina in pagina, di luogo in luogo, di tempo in tempo la voce ci guida in un viaggio dove ritroviamo brani di letteratura accanto a racconti di vita vissuta, annotazioni scientifiche e forse molto altro.

Scrive Cristina Galbiati nella presentazione di questo lavoro: “Avevamo cominciato a lavorare su un oggetto per andare oltre allo spazio, e ci siamo trovati a costruire uno spazio attraverso un oggetto. Uno spazio in cui la mente dello spettatore possa vagabondare…”. E vagabondando, perdersi anche nel tempo.

 

La voce-guida, prima di accomiatarci, ci invita a posizionare il segnalibro giallo – che corre lungo l’incavo fra una pagina all’altra – su un’immagine o una frase che ci abbiano colpito particolarmente. Allora mi accorgo che il segnalibro è stato lasciato dallo spettatore precedente nella pagina che riporta, in inglese, questa frase:

Alice: “Per quanto tempo è per sempre?” – “Bianconiglio: A volte, solo un secondo”.

E lì lo lascio.

 

 

 

 

 

 

 

https://triennale.org/eventi/book-is-a-book-is-a-book

Sogno 3: la camera degli specchi

Reverie

Una “maschera” mi accompagna fino all’ambiente in cui è stata allestita la camera. Non è un labirinto di specchi, bensì una camera proprio come recita il titolo. Si palesa la voce fuori campo, che mi accoglie e dà istruzioni sulle modalità di svolgimento del nostro rapporto-non rapporto. Infatti non è necessario risponderle, solo ascoltare: è una presenza in assenza, una voce interiore. Mi sollecita a non spegnere il cellulare ma, anzi, a scattare foto per portare con me qualche immagine dell’esperienza.

Dà suggerimenti su come ci percepiamo, come c’inganniamo; osserva che lo specchio non mostra ma nasconde e che la maschera non protegge ma cancella.

 

Allora ho pensato alla maschera neutra che ormai impazza in molte performance. E alla violenza di un potere che presenta sempre lo stesso volto o forse non ne ha più nemmeno uno, e così cancella anche quello degli altri.

Mentre all’inizio la voce-guida preferiva che restassi in silenzio, ora m’invita a interloquire con lei e a visualizzare un sogno a occhi aperti, a dargli un titolo. Dopo di che mi dice che fra qualche giorno potrei sognarlo e percepirlo alla stregua di una realtà. Anche se il titolo che gli ho assegnato sembrerebbe un po’ scoraggiante, “sogni inutili”, lasciamo aperta la porta all’inaspettato.

All’uscita dalla camera degli specchi mi sono sentita un po’ come dopo un esame. E infatti è emersa alla mia mente una frase senza pensarla: “non so se sono andata bene”. Guardo l’orologio sul cellulare e mi accorgo che sono solo le 16,18 (sono entrata alle 16). Oddio, allora sono andata male, la voce mi ha invitato a uscire perché non ero abbastanza ricettiva ai suoi stimoli, mi ha trovato rigida… però poi subentra un senso di calma: no, non sono andata male.

Per quanto riguarda l’esperienza, mi è sembrato che Reverie non lasciasse abbastanza spazio alla possibilità di entrare dentro le situazioni che indicava, non intervallando le frasi con i silenzi necessari per concentrarsi. Mi sarebbe piaciuto che la voce rappresentasse quella dello specchio e interloquisse con me intrecciando un dialogo con la mia immagine riflessa.

Ecco quali sono le osservazioni che mi sento di sottoporre a Reverie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

https://triennale.org/eventi/sogno-3-la-camera-degli-specchi

 

Susanna Sinigaglia
Non mi piace molto parlare in prima persona; dire “io sono”, “io faccio” questo e quello ecc. ma per accontentare gli amici-compagni della Bottega, mi piego.
Quindi , sono nata ad Ancona e amo il mare ma sto a Milano da tutta una vita e non so se abiterei da qualsiasi altra parte. M’impegno su vari fronti (la questione Israele-Palestina con tutte le sue ricadute, ma anche per la difesa dell’ambiente); lavoro da anni a un progetto di scrittura e a uno artistico con successi alterni. È la passione per la ricerca che ha nutrito i miei progetti.

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