Erpenbeck, Ghinelli, Greco, Macchiavelli, Tartaglia e due Rodari

7 recensioni di Valerio Calzolaio

 

Gianni Rodari

«Filastrocche in cielo e in terra»

introduzione di Luciana Littizzetto; nuova edizione per il centenario (1° edizione 1960 con le illustrazioni di Bruno Munari)

Einaudi ragazzi

Italia democratica e repubblicana. Centouno strampalate magistrali splendide filastrocche di Gianni Rodari, alcune di quattro righe, altre di ottanta, perlopiù con meditate rime, godibili in ogni momento della nostra vita qualunque sia la nostra attuale fase esistenziale. Fatevele leggere se siete in là con gli anni e se vi è capitato già di averle lette voi a figli o nipoti, vi entrerà ancora della musica dentro, comprenderete meglio pensieri o emozioni che erano forse sfuggiti. Sono divise per divertenti argomenti educativi, una bella pagina rossa a separarne sette: la famiglia punto e virgola, la luna al guinzaglio, il vestito di Arlecchino, i colori del mestiere, il mago di Natale, un treno carico di filastrocche, le favole a rovescio. Spesso hanno un obiettivo pedagogico, giusto uno, magari implicito: come si motiva un elemento grammaticale, come si descrive un colore, come si fa l’amore coi numeri, come si memorizza una sequenza o un’operazione, come si traduce un’astronomica notizia di prima pagina. Ma non è obbligatorio, non è sempre necessario sapere perché si gode e a che serve. Il potere è della fantasia e la fantasia va messa al potere. Se fosse vivo dovrebbero inserirlo in ognuna delle task-forse sul Covid-19, inventerebbe il modo giusto per comunicare e responsabilizzare, demistificare frasi fatte e luoghi comuni, evitando moralismi ordini conformismi. Come spiega Littizzetto nell’introduzione del bel volume: «la fantasia e la realtà abbracciate in una danza di parole… Pulite. Essenziali. Non sbrodola mai… È mirabile la sua conoscenza del mondo dei piccoli, la capacità sopraffina di entrare nella loro stessa modulazione d’onda e spargere semi buoni… i valori, quelli che noi, così politicamente corretti e scorrettissimi, diamo ormai per scontati. C’è la tolleranza, l’accoglienza, il rispetto del diverso, la bellezza dello stare in pace… Riprendiamo in mano Rodari. Seminiamolo nelle teste dei nostri bambini». E degli adulti, non si fa per dire.

Nel 2020 ricorrono i due anniversari decisivi per il Maestro Giovanni Gianni Rodari, maestro elementare, clandestino e partigiano, inviato e cronista, pedagogo, uno dei più grandi scrittori del Novecento, il sesto autore italiano più tradotto al mondo: la nascita povera (Omegna, sul lago d’Orta, 23 ottobre 1920) e la prematura morte (Roma, 14 aprile 1980).

Nel 1970 vinse il prestigioso Hans Christian Andersen, il premio Nobel per la letteratura per ragazzi. Ma scriveva per tutti, non visse spensierato, sperimentò generi diversi, inventò linguaggi. Dalla narrazione leggera di tanti piccoli oggetti e mestieri ci ha consegnato uno sguardo allegro e acuto sul mondo, attraverso fiabe, poesie, racconti, romanzi e queste magiche filastrocche, un punto di vista denso di valori semplici e necessari, amicizia solidarietà pace, sempre a partire dalla realtà quotidiana di un bambino, che sia a casa o a scuola, nel parco o in movimento, con attorno oggetti animabili da un respiro vitale, da un tocco d’artista (con gusto, olfatto, odorato, vista, udito, voce, ascolto) attento a un approccio ironico tanto alla scienza quanto alla tecnologia. Scrisse tanto, da educatore democratico e da giornalista militante, inventando la grammatica, l’aritmetica, la storia e la geografia della fantasia: insegnare e imparare giocando e scherzando, delicatamente insieme, disarmati alla pari, con misurata proprietà di parola, senza mai farci la morale. Prendiamo lo spunto degli anniversari per rileggerlo tutto, a caratteri grandi e con tanti spazi bianchi sulla pagina. Verrebbero da fare almeno 101 esempi sulle cose rimarchevoli delle 101 filastrocche contenute nel bel volume rilegato e cartonato, riedito per l’occasione. Le sue filastrocche sono state tradotte in 47 lingue diverse. Il portale 100giannirodari.com riporta tulle le pubblicazioni e le iniziative in corso, convegni mostre laboratori creativi, in biblioteche, librerie, musei, luoghi della cultura di tutt’Italia (e non solo).

 

Jenny Erpenbeck

«Storia della bambina che volle fermare il tempo»

traduzione di Ada Vigliani (originale Geschichte vom alten Kind 1999)

Sellerio

120 pagine, 12 euro

Berlino, pare. Fine secolo scorso. La polizia ferma una ragazza in strada di notte con un secchio vuoto in mano. Appare smarrita, confusa, sbiadita. Dice di avere quattordici anni e poco altro, è grande e grossa tipo un alto barilottino, ha i capelli neri e smunti, cammina lenta curva sfuggente. La lasciano nel principale orfanatrofio, al confine con la foresta. Lei si adatta silenziosamente, cerca solo di occupare uno degli ultimi invisibili posti nella gerarchia della scuola. Sono tutti gentili, si sistema nel dormitorio con biancheria pulita a rotazione, frequenta le lezioni, sbaglia di proposito, si sa immutabile (e non ci sono specchi per verificarlo), lentamente dimagrisce e cambia aspetto. L’esordio letterario di Jenny Erpenbeck (Berlino Est, 1967) fu un toccante lungo racconto di successo (dedicato alla madre), la Storia della bambina che volle fermare il tempo (nel titolo italiano). L’autrice ha scritto poi ancora molto e bene, premiata in Germania e all’estero.

 

Pietro Greco

«La scienza e l’Europa. Volume 5: dal secondo dopoguerra a oggi»

prefazione di Giulio Giorello

L’Asino d’oro edizioni

Europa. 1943-2015. Nella prima metà del secolo scorso, l’Europa è stata sconvolta una guerra civile durata oltre trenta anni, alla cui fine si è profondamente modificata la sua posizione nel mondo, l’antico primato risulta andato perduto. L’asse scientifico e la capacità d’innovazione, conseguentemente la centralità geopolitica, si spostano poi nel Nord America e, in misura minore, in Unione Sovietica. Nei primi anni della seconda metà del secolo, l’Europa sembra voler e poter risorgere dalle proprie ceneri, ben presto riesce lentamente ad affermare il nuovo modello di welfare: una progressiva integrazione istituzionale e un diffuso benessere sociale, entrambi fondati sulla produzione di nuova conoscenza e sulla collaborazione fra Stati. Eppure emergono via via anche i limiti e le contraddizioni del processo e soprattutto una nuova incrinatura nel rapporto con la scienza: all’inizio del XXI secolo, la spesa dell’Europa in ricerca è inferiore a quella media del resto del mondo, per la prima volta nella sua storia dopo la rivoluzione scientifica del Seicento. Sono cresciute sia la diffidenza verso la conoscenza che le spinte centrifughe dei nazionalismi. Appare in crisi lo stesso concetto di solidarietà, aleggiano ovunque sentimenti di ostilità e di odio, manifestazione di un’inquietudine profonda, cui si potrà far fronte solo ricercando con determinazione una nuova sostenibilità, sociale ed ecologica. Come spiega Giorello nell’introduzione del bel volume sul rapporto contemporaneo fra scienza ed Europa: “emanciparsi dai pregiudizi potrebbe sembrare un lusso da intellettuali privilegiati. Ma è proprio grazie a tale liberazione che si possono ottenere, in tempi più o meno brevi, quei successi a livello pratico – dalla ingegneria alla medicina – che fanno emergere migliori condizioni di vita. Senza illusioni, ma con sobria lucidità; senza privilegi, o meglio senza alcuna forma di discriminazione”.

Il miglior giornalista scientifico italiano vivente, a lungo formatore dell’intera categoria, il chimico Pietro Greco (Barano d’Ischia, 1955) ha completato un’opera immensa, il rapporto della piccola e marginale appendice occidentale dell’Eurasia con la scienza, partendo dalla motivata tesi che per millenni la situazione della seconda è stata principale causa dei successi e delle crisi della prima. L’ottima narrazione del quinto e ultimo saggio alterna con chiarezza e profondità la sintetica ricostruzione storica, i fenomeni e gli eventi della geopolitica, con la disamina degli avanzamenti nelle varie discipline scientifiche, comparando sempre il quadro europeo rispetto a quello mondiale. I primi tre capitoli descrivono la situazione degli esausti popoli europei “dopo la catastrofe” e fino al 1989: avevamo perso tutti, “noi” europei (oltre ai mortiferi risultati dei campi di battaglia militare); vi fu subito un enorme massa di migrazioni forzate che in meno di dieci anni ricollocarono ben cinquanta milioni di persone fra i vari Stati del continente; paure e divisioni rallentarono progetti comuni con la splendida eccezione del Conseil européen pour la recherche nucléaire, il Cern a Ginevra dal 1954 (su spinta italiana); si concretizzarono poi le tappe del noto processo di integrazione, che però non tenne abbastanza conto del dramma della guerra fredda e della svolta tecnologico-produttiva realizzata negli Stati Uniti, soprattutto grazie alla nuova “società della conoscenza” impostata da Vannevar Bush, consigliere presidenziale. Il quarto capitolo contiene sette minuziosi godibili paragrafi, ciascuno dedicato a una disciplina della scienza europea: fisica, matematica, chimica, biologia molecolare, medicina e salute, neuroscienze, medicina della mente (qui forse è parziale il quasi esclusivo riferimento a Fagioli). Gli ultimi due capitoli valutano presente e futuro: lo smarrimento europeo e la crescente crisi a partire dal 1991 (e fino almeno al 2008), anche nel confronto con la conquistata nuova centralità asiatica, in particolare della Cina, il quinto; i punti deboli da controllare e i punti di forza da sviluppare per un effettivo rilancio dell’Europa, basato sul ritorno alla scienza e al welfare State, il sesto. Prezioso indice finale dei nomi.

 

Lorenza Ghinelli

«Tracce dal silenzio»

Marsilio

334 pagine, 14 euro

Rimini, pare. Giugno 2018. Nina da un anno è divenuta sorda, ora ha dieci anni, di giorno porta un audioprocessore, un impianto cocleare a pile. Quella notte non lo ha ma si sveglia lo stesso, sente come una musica uscire, allegra e inquietante, dal citofono della casa, confusamente intuisce che sta accadendo qualcosa. La mattina dopo si scopre che più o meno alla stessa ora è stato ucciso un ragazzo in un parco abbastanza distante, sgozzato e amputato del mignolo. I genitori sono molto presenti, le stanno sopra pur non andando più d’accordo fra loro; Sara, la madre architetta, imputa a Marco Panni, il padre insegnante, una responsabilità nell’incidente stradale della figlia. Nina viene subito portata dal medico per capire cosa è accaduto al suo udito, perché ha sentito qualcosa senza apparecchio. L’impianto è perfetto, l’esame audiometrico uguale al precedente, forse Nina conserva alcuni suoni nella memoria uditiva della sua precedente vita, il dottor Ascanio le tranquillizza, poi trova un espediente per restare solo con Sara, hanno intrecciato una segreta relazione ormai da vari mesi. Lauro, la vittima dell’omicidio, era stato incolpato di violenza carnale nei confronti di una coetanea, ma poi le accuse erano cadute per mancanza di prove; frequentava la stessa scuola del 16enne Alfredo, l’ottimo protettivo fratello maggiore di Nina, lui alle prese con una timida adolescenza e con frequenti episodi di bullismo verso altri e altre. La famiglia ha traslocato da poco, hanno per vicina di casa l’84enne Rebecca Fattori che vive con l’anziano pezzato Furia e alleva conigli, perseguitata ancora da drammatici ricordi della guerra, 73 anni prima. Nina ha perduto l’amata nonna, le si affeziona, Rebecca l’aiuta con la gatta Carmilla (come la rivista italiana online) e a fare le torte, nasce proprio un rapporto intenso, mentre cresce un clima di misteri, ricatti, aggressioni. Anche l’assassino è ancora in agguato, per altro con lo studente non era stata la sua prima volta.

La brava scrittrice multimediale Lorenza Ghinelli (Rimini, 1981) esordì con un successo dieci anni fa, ha mantenuto alta la qualità letteraria, torna ora alle iniziali atmosfere allusive da favola noir. La narrazione è in terza persona su due piani temporali: la complicata convivenza dei protagonisti di oggi, soprattutto i componenti della famiglia Panni, soprattutto fratello e sorella da una parte, al passato; i drammi e la breve biografia parallela di Rebecca bimba e del fidanzato della sorella maggiore uccisa, in corsivo e meno frequentemente, dall’altra parte, al presente. Il testo trasuda senza compiaciuti fronzoli le paure o la follia dei personaggi, spesso radicati nel loro maturo percorso infantile (da cui la copertina). La violenza è sempre dietro l’angolo, di diverse origine e forma, perlopiù drammaticamente compassionevole (non quella dei fascisti), e non mancano i colpi di scena. L’autrice riesce con acume e garbo a dar conto della sordità acquisita di una giovinetta e dell’universo di nuove sensazioni, in evoluzione fra macchine uditive e ricostruzioni mentali (da cui il titolo). Si bevono alcolici di vario tipo, più per emotività che per gusto. Il brano chiave proviene del passato ma assorbe il presente: Enzo, Aita e Trio Lescano interpretano “Ma le gambe” (1938), grazie a un jukebox Wurlitzer 850 Peacock.

 

Angelo Tartaglia

«Clima. Lettera di un fisico alla politica»

Edizioni GruppoAbele

92 pagine, 10 euro

Pianeta Terra. 2020. Alcuni hanno l’irragionevole speranza che dialogando, cercando di capire e di spiegare, ognuno di noi si renda conto che alla fin fine guardare lontano nello spazio e nel tempo è più conveniente del chiudersi in sé stessi; perseguire l’interesse generale salvaguarda anche nel migliore dei modi l’interesse personale e non viceversa. Il grande fisico in pensione Angelo Tartaglia (Foggia, 1943), piemontese d’adozione, già ordinario di Fisica presso il Politecnico di Torino, ha deciso di scrivere una lettera al presidente del Consiglio e, per il suo tramite, alla politica in generale. Coglie l’occasione della maggiore attenzione per la scienza e forse per i temi della sostenibilità, connessa alla drammaticità dell’epidemia che stiamo vivendo, per formulare dubbi e proposte sulle evidenti contraddizioni nella narrazione degli organi di informazione, nelle politiche istituzionali, nelle politiche aziendali. La questione cruciale è quella del clima. Sembra vi sia ormai un consenso generale sul fatto che il rapido mutamento climatico sia un complesso di fenomeni più che reale: da un secolo e mezzo a questa parte vi è stata una crescita della temperatura superficiale del nostro pianeta (circa 1,3 °C dal 1880 a oggi), più marcata nelle regioni artiche che in quelle tropicali, con conseguenti innalzamento del livello medio dei mari (di circa 20 centimetri), aumento dell’intensità e frequenza degli eventi meteorologici estremi, ampie migrazioni forzate di masse di disperati. Tuttavia, «guardandomi intorno, mi pare di non cogliere molti indicatori di politiche di prevenzione/mitigazione, né su scala nazionale né su scala regionale né su altra scala: sembrerebbe quasi che si preferisca intervenire dopo che qualche guaio si è verificato, non prima. Eppure generalmente costa meno prevenire che curare, tanto più che in qualche caso la cura potrebbe risultare impraticabile… Lei, quale strada pensa di seguire?». L’autore suggerisce di muoversi bene e in fretta sulla base di analisi concrete.

È colpa nostra, dobbiamo aver ben chiara la premessa dell’azione: la responsabilità dell’aumento della temperatura risiede nei processi di combustione provocati dall’umanità per ottenere maggiore disponibilità di energia, che immettono nell’aria tanta anidride carbonica e, attraverso una pluralità di fenomeni specifici, riscaldano l’atmosfera. Dunque, non c’è scelta: bisogna abbattere le emissioni di CO2 di origine antropica, tagliare la ricerca (e le relative trivellazioni) di combustibili fossili (anche quella e quelle sostenute dall’Italia o da gruppi italiani), riconsiderare i miti della crescita dei consumi energetici e delle grandi opere. Non sarà l’innovazione tecnologica a salvarci: la tecnologia riguarda le applicazioni della scienza, l’innovazione avviene e avverrà comunque all’interno dei vincoli che le scienze fisiche hanno scoperto e vengono scoprendo. La presenza di limiti fisici invalicabili si esprime con uno slogan semplice e chiaro: non c’è nessun “pianeta B”. Un’azione decisa per ridurre le emissioni appare anche come una questione di giustizia e di redistribuzione della ricchezza: il combinato disposto di crescita e competizione partorisce diseguaglianze crescenti e un tracollo prossimo venturo. Ciò significa anche cambiare le regole del gioco economico. Una transizione ecologica richiede una radicale trasformazione anche nella sfera della consapevolezza, un’azione auto-pedagogica per sconfiggere la triade egoismo-ignoranza-superstizione, ancor più urgente in questi tempi di pandemia Covid-19. L’autore conclude la lettera con le grandi parole di un poeta: le Operette morali di Leopardi hanno ancora molto da insegnare.

 

Loriano Macchiavelli

«33 indagini per Sarti Antonio» (in volume unico, la prima edizione in quattro volumi da Mondadori: 2005-2008)

SEM

984 pagine, 20 euro

Bologna, Italia. 1977-2008. Se il noir italiano di quest’ultimo mezzo secolo ha avuto un maestro primus inter pares quello è il grande Loriano Macchiavelli (Bologna, 1934). Quando pubblicò un racconto giallo (dicembre 1997) aveva già presentato con successo quattro romanzi (il primo nel 1974) con inimitabile stile e lo stesso protagonista, originario dell’appennino, a Bologna da quando era in polizia, senza donna fissa (a parte la Biondina, una cara fedele prostituta) con il vizio del caffè. Nel 2005 si è poi saggiamente pensato di raccogliere tutti i racconti con Sarti: quelli fino alla morte del personaggio nel 1987, le cinque storie “postume” del 1991 quando apparve la prima serie tv, le avventure da risorto 1994-2001, poi quelle dal 2002 fino all’ultimo testo elaborato appositamente per la raccolta nel 2008. Altrettanto opportunamente tutto il ben curato materiale viene ora ripresentato con le mille pagine delle “33 indagini per Sarti Antonio” in unico delizioso cartonato volume.

 

Gianni Rodari

«Cento Gianni Rodari. Cento storie e filastrocche. Cento illustratori»

Einaudi Ragazzi

2019 (edizione per il centenario)

Italia democratica e repubblicana. Cento strampalate magistrali splendide filastrocche, favole, avventure, brevi novelle, estratti di racconti, storie di Gianni Rodari, godibili in ogni momento della nostra vita qualunque sia la nostra attuale fase esistenziale. L’idea bella di questo volume celebrativo consiste nella selezione di esattamente cento testi di Rodari pubblicando a fianco a sinistra cento diversissime colorate inedite tavole, ciascuna realizzata per l’occasione da un affermato autore contemporaneo, quasi tutti italiani, donne e uomini. L’ordine è quello alfabetico degli illustratori, da Antonella Abbatiello (la filastrocca “Un bambino al mare”) a Margherita Zichella (la fiaba “La domenica mattina”). Non possono più esserci Bruno Munari (1907-1998) ed Emanuele Luzzati (1921-2007), ovviamente ci sono anche Francesco Altan (la filastrocca “Alla formica”) e artiste o artisti che hanno ri-illustrato specifici volumi che escono sempre quest’anno come Beatrice Alemagna (“A sbagliare le storie”), Manuele Fior (“Pianoforte Bill”), Camilla Pintonato (“La freccia azzurra”), Gaia Stella (“Bambini e bambole”), Olimpia Zagnoli (“L’omino di niente”).

Illustrare oggi la geniale fantasia letteraria di Gianni Rodari implica abbinare una danza grafica di vite e colori a una danza di parole pulite ed essenziali, pensate per educare attraverso magia e stupore, tolleranza e accoglienza, il rispetto del diverso, la bellezza dello stare in pace, valori che servono a noi adulti almeno quanto ai bambini e alle bambine. L’intreccio, l’empatia, la sintonia fra testi e tavole stanno non nella corrispondenza materiale, piuttosto nella fedeltà alla sorpresa emotiva e allo scarto cognitivo. Per capirla, la realtà va reinventata, contraddetta, introiettata con la personale accettazione dell’altro e del vivere sociale. Meglio aggiungere un punto interrogativo a ogni regola da rispettare per farla diventare “nostra”. E Giovannino Perdigiorno è un vero punto di riferimento pedagogico. Il volume contiene 56 filastrocche, 28 tratte dal magnifico “F. in cielo e in terra”, 6 da “Prime fiabe e f.”, 3 da “F. lunghe e corte”, 4 da “Il secondo libro delle f.”, 12 da “Il libro degli errori”, una da “I viaggi di Giovannino Perdigiorno” e 2 da “F. per tutto l’anno”; 44 fiabe e storie, 2 da “Fiabe lunghe un sorriso”, una da “Le avventure di Cipollino”, una da “Novelle fatte a macchina”, 37 da “Favole al telefono”, una da “Il libro dei perché”, una da “La freccia azzurra” e una da “Tante storie per giocare”. Le pagine complessive sono quasi trecento visto che circa la metà dei cento testi non si conclude a destra della tavola e si sviluppa su più (sempre poche) pagine. Lo spunto è sempre un oggetto della realtà quotidiana di un bambino, che sia reale o immaginario, che sia a casa o a scuola, tutto animato da un respiro vitale e da un tocco d’artista (con gusto, olfatto, odorato, vista, udito, voce, ascolto), attento a un approccio ironico tanto alla scienza quanto alla tecnologia, senza mai farci la morale. Prendiamo lo spunto del centenario dalla nascita di Rodari e degli altri suoi anniversari del 2020 per rileggerlo tutto, a caratteri grandi e con tanti spazi bianchi sulla pagina. Il portale 100giannirodari.com riporta le pubblicazioni e le iniziative in corso, convegni mostre laboratori creativi, in biblioteche, librerie, musei, luoghi della cultura di tutt’Italia (e non solo). Stanno uscendo su Rodari anche biografie e saggi aggiornati, meglio dare uno sguardo di persona in libreria.

 

Redazione
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