Esperimento sulla persistenza dell’immagine

di Franco Ricciardiello

Splendida icona in blue-jeans fra gli orrori della guerra, la fotomodella atterra dall’Apache con un balzo atletico. Un marine fa cenno di avanzare china mentre la troupe tv accorre ansimante. Le Alpi sono un muro di roccia intorno Castel Forst, promessa di riparo contro il cielo che sanguina pioggia, dove i profughi hanno cercato scampo dall’artiglieria italiana.

Fraülein!

Lo speaker della tv austriaca addita la frattura orografica intorno Algund, fra i boschi e la provinciale. Una vibrazione aerea, la famosa modella alza gli occhi: sopra la cortina nuvolosa uno Stealth infrange il muro del suono diretto a sud, a caccia di corazzati italiani o per bombardare un ponte a Belluno o Padova. Marines, operatori tv e funzionari Onu si affrettano in fondo alla valle, dove raffiche di pioggia disperdono sottili colonne di fumo.

Ci avviciniamo al luogo dell’eccidio, — commenta lo speaker nel microfono foderato da una sfera di spugna arancio. — Gli italiani conducono la pulizia etnica con atroce diligenza. I profughi cercavano rifugio verso nord, lungo la Venostal: le incursioni aeree Nato li hanno costretti a fermarsi e la colonna di auto è incappata in un’imboscata dell’artiglieria italiana che li ha massacrati senza scampo.

In fondo al prato, oltre frammenti di metallo e stracci bruciati, la fotomodella e il suo corteo raggiungono i corpi dei civili assassinati dall’esercito italiano. Si percepisce nitido il fetore della carne bruciata, agghiacciante impasto di graticola e autopsia che colpisce lo stomaco. La fotomodella è pallida, l’operatore riprende i fagotti di sangue e vestiti ai piedi delle auto carbonizzate, i marines sembrano animati da un intempestivo furore omicida. Le artiglierie da 105 mm si sono ritirate verso Terlan prima dell’arrivo degli americani.

Il microfono arancio si materializza alle labbra della fotomodella, il grandangolo inquadra i capelli biondi, gli occhi turchese, il bavero di stoffa del barbour deformati da strisce di pioggia.

Da un secolo il Sud Tirolo subisce l’oppressione italiana, — dice la vedette con la carnagione pallida e le labbra cianotiche. — La regione ha sofferto una sistematica discriminazione verso i tedeschi da quando queste valli furono conquistate in guerra nel 1918. Adesso che il regime italiano ha rifiutato di firmare la mediazione americana sull’autonomia, penso che l’intervento armato fosse inevitabile. Tutti odiamo la guerra, ma i cosiddetti pacifisti che reclamano la fine dei bombardamenti Nato, seduti comodi davanti alla tv, dovrebbero constatare di persona le atrocità dell’esercito italiano in Sud Tirolo.

Un elicottero sorvola la provinciale diretto verso Meran, a caccia delle artiglierie italiane responsabili dell’eccidio, ma la riluttanza americana verso un intervento di terra rende impossibile proteggere i civili. Implacabile nemesi occidentale, i cruise sparati dalle portaerei nell’Adriatico trasvolano con dubbia precisione l’entroterra: diluvi di fuoco precipitano sulle città italiane nella notte ritmata dal panico antiaereo, eppure l’esercito italiano si ostina nella pulizia etnica. Già un milione di sudtirolesi invadono i campi profughi in Austria, cacciati ferocemente dall’esercito che rade al suolo le case, sbattendo in faccia al mondo seduto davanti alla tv questa raccapricciante esasperazione di nazionalismo.

La fotomodella alza il viso alla pioggia, lacrime violacee di rimmel riproducono sulla sua carnagione perfetta il tracciato delle valli insanguinate dalla pulizia etnica. La telecamera indugia con ostinazione agiografica sui suoi occhi aperti all’eterna domanda, “Perché?”, e la persistenza della sua immagine sulle retine degli spettatori a New York tinge di una sfumatura sessuale la frenesia inesorabile dell’occidente.

L’IMMAGINE è di MAURIZIO MANZIERI

UNA BREVE NOTA DELLA “BOTTEGA”

Questo racconto si collega a «La stretta di mano del Führer» di Diego Rossi e altre narrazioni (dei sabati precedenti) che usano la fantascienza come grimalello per scardinare il futuro prossimo, così vicino al nostro presente ma, a volte, indecifrabile. Racconti contro le vecchie-nuove guerre e intorno ad altri domani possibili. Grazie a chi parteciperào anche solo leggerà. Le parole sono davvero poco nei momenti più drammatici eppure ogni volta riscopriamo che possono servire: nell’agire dell’oggi e nell’immaginare futuri.

 

Pietro Ratto
Nato nel 1965, si è laureato in Filosofia ed Informatica nel 1990 con una tesi in Intelligenza Artificiale. Dal 1995 è iscritto all'Albo dei Giornalisti. Professore di Filosofia, Psicologia e Storia, ha vinto diversi Premi letterari di Narrativa e di Giornalismo. Collabora saltuariamente con il quotidiano La Stampa e gestisce i siti "BoscoCeduo" (www.boscoceduo.it) e "IN-CONTRO/STORIA" (www.incontrostoria.it).
Le sue pagine Facebook e Twitter intitolate "BoscoCeduo" sono quotidianamente frequentate da centinaia di docenti ed alunni italiani.

I suoi libri:
- P. Ratto, "Le pagine strappate", Elmi's World, 2014
- P. Ratto, "La Passeggiata al Tramonto. Vita e scritti di Immanuel Kant", Leucotea, 2014
- P. Ratto, "Il Gioco dell'Oca", Prospettiva editrice, 2015
- P. Ratto, "I Rothschild e gli altri", Arianna editrice, 2015

Pietro Ratto è anche musicista. E' stato infatti fondatore e leader del gruppo di rock progressivo ATON'S (vedi http://www.atons.it oppure, su Wikipedia, http://it.wikipedia.org/wiki/Aton's), uno dei riferimenti più importanti del neo-progressive italiano a livello internazionale, dal 1977 al 1999, con una decina di album all'attivo.

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