Fabio De Sicot: davvero siamo soli?

AMBITO TECNICO-SCIENTIFICO – ARGOMENTO:  siamo soli?


DOCUMENTI

«Alla fine del Novecento la ricerca dell’origine della vita sulla Terra era pronta a riprendere il cammino, ora pienamente integrata fra gli obiettivi dell’esobiologia [Studio della comparsa e dell’evoluzione della vita fuori del nostro pianeta], con un piccolo gruppo di biologi che continuavano a perseguire entusiasticamente la ricerca dell’universalità e uno status di pari dignità con le scienze fisiche che una biologia universale avrebbe portato con sé. In questa ricerca, però, essi si sarebbero dovuti scontrare con i biologi evoluzionisti, molto pessimisti sulla morfologia, se non sulla stessa esistenza degli extraterrestri, che smorzavano, quindi, le aspirazioni di chi cercava di estendere i principi della biologia terrestre, con tanta fatica conquistati, all’universo nel suo complesso o di incorporare tali principi in una biologia più generale.» Steven J. Dick, Vita nel cosmo. Esistono gli extraterrestri?, Milano 2002 (ed. originale 1998)

«Gli Ufo: visitatori non invitati? in conseguenza delle pressioni dell’opinione pubblica, negli anni passati, furono condotte diverse indagini sugli Ufo  soprattutto da parte dell’aeronautica americana, per appurare la natura del fenomeno. […] La percentuale, tra i presunti avvistamenti dei casi per i quali non è stato possibile addivenire a una spiegazione, allo stato attuale delle nostre conoscenze, è molto bassa, esattamente intorno al 1,5 – 2%. Questa piccola percentuale potrebbe essere attribuita in gran parte a suggestioni o visioni, che certamente esistono. […] Sono numerose le ipotesi che possono spiegare la natura degli Ufo. Si potrebbe, per esempio, pensare che all’origine di un certo numero di avvistamenti vi siano, in realtà, fenomeni geofisici ancora poco conosciuti, oppure velivoli sperimentali segreti, senza tuttavia escludere del tutto la natura extraterrestre. La verità è che noi non possiamo spiegare tutto con la razionalità e le conoscenze. […] A quanto sembra, logica e metodo scientifico non sembrano efficaci nello studio degli Ufo per i quali qualsiasi spiegazione è insoddisfacente e/o troppo azzardata.»
Pippo Battaglia – Walter Ferreri, C’è vita nell’Universo? La scienza e la ricerca di altre civiltà, Torino 2008

«Se fosse possibile assodare la questione mediante una qualche esperienza, io sarei pronto a scommettere tutti i miei averi, che almeno in uno dei pianeti che noi vediamo vi siano degli abitanti. Secondo me, perciò, il fatto che anche in altri mondi vi siano abitanti non è semplicemente oggetto di opinione, bensì di una salda fede (sull’esattezza di tale credenza, io arrischierei infatti molti vantaggi della vita).» Immanuel Kant, Critica della ragione pura, Riga 1787 (1a ed. 1781)

«Come si spiega dunque la mancanza di visitatori extraterrestri? È possibile che là, tra le stelle, vi sia una specie progredita che sa che esistiamo, ma ci lascia cuocere nel nostro brodo primitivo. Però è difficile che abbia tanti riguardi verso una forma di vita inferiore: forse che noi ci preoccupiamo di quanti insetti o lombrichi schiacciamo sotto i piedi? Una spiegazione più plausibile è che vi siano scarsissime probabilità che la vita si sviluppi su altri pianeti o che, sviluppatasi, diventi intelligente. Poiché ci definiamo intelligenti, anche se forse con motivi poco fondati, noi tentiamo di considerare l’intelligenza una conseguenza inevitabile della evoluzione, invece è discutibile che sia così. I batteri se la cavano benissimo senza e ci sopravviveranno se la nostra cosiddetta intelligenza ci indurrà ad autodistruggerci in una guerra nucleare. […] Lo scenario futuro non somiglierà a quello consolante definito da Star Treck, di un universo popolato da molte specie di umanoidi, con una scienza ed una tecnologia avanzate ma fondamentalmente statiche. Credo che invece saremo soli e che incrementeremo molto, e molto in fretta, la complessità biologica ed elettronica.» Stephen Hawking, L’universo in un guscio di noce, Milano 2010 (ed. originale 2001)

«La coscienza, lungi dall’essere un incidente insignificante, è un tratto fondamentale dell’universo, un prodotto naturale del funzionamento delle leggi della natura, alle quali è collegata in modo profondo e ancora misterioso. Ci tengo a ripeterlo: non sto dicendo che l’Homo sapiens in quanto specie sia inscritto nelle leggi della natura; il mondo non è stato creato per noi, non siamo al centro del creato, né ne siamo la cosa più significativa. Ma questo non vuol dire neanche che siamo completamente privi di significato! Una delle cose più deprimenti degli ultimi tre secoli di scienza è il modo in cui si è cercato di emarginare, rendere insignificanti, gli esseri umani, e quindi alienarli dall’universo in cui vivono. Io sono convinto che abbiamo un posto nell’universo, non un posto centrale, ma comunque una posizione significativa. […] Se questo modo di vedere le cose è giusto, se la coscienza è un fenomeno basilare che fa parte del funzionamento delle leggi dell’universo, possiamo supporre che sia emersa anche altrove. La ricerca di esseri alieni può dunque essere vista come un modo per mettere alla prova l’ipotesi che viviamo in un universo che non solo è in evoluzione, come dimostra l’emergere della vita e della coscienza dal caos primordiale, ma in cui la mente svolge un ruolo fondamentale. A mio avviso la conseguenza più importante della scoperta di forme di vita extraterrestri sarebbe quella di restituire agli esseri umani un po’ di quella dignità di cui la scienza li ha derubati.»
Paul C. W. Davies, Siamo soli? implicazioni filosofiche della scoperta della vita extraterrestre, Roma-Bari 1998 (1a ed. 1994)


SVOLGIMENTO

È la domanda scientifica più antica del mondo: siamo soli nell’universo? Fra tutte quelle stelle, fra tutti quei corpi celesti, da qualche parte lì fuori esiste davvero una civiltà extraterrestre? Davvero fra i cento miliardi di galassie (e oltre) che popolano l’universo, noi siamo l’unica forma di vita?

L’argomento in realtà può essere trattato su vari piani. Un piano meramente scientifico, che si immerge mani e piedi nella matematica statistica e nell’astrobiologia, ed uno prettamente popolare, che abbraccia fantasie ufologiche di esseri lontani provenienti da altri pianeti. Mi piace in realtà cominciare da un approccio fantascientifico cominciando da Stephen Hawking, astrofisico presso l’Imperial college of London, che ha rivoluzionato letteralmente le nostre conoscenze scientifiche sui buchi neri (e non solo). Hawking, nel brano tratto dal suo ultimo libro “L’universo in un guscio di noce”, cita forse una delle esperienze cinematografiche meglio riuscite nel mondo della fantascienza. Nel mondo di Star Trek il cosidetto “primo contatto” avverrà solo dopo una guerra nucleare globale, e a seguito del primo volo a velocità curvatura che verrà realizzato dall’ingegnere Zefram Cochrane nel 2063. il volo a curvatura, per coloro che trekker non sono, è la capacità che ha una navicella spaziale di curvare lo spazio davanti e dietro di sè, realizzando così un tunnel spazio-temporale per viaggiare a velocità superiori a quelle della luce.

Perché è importante questo passo? Direi per due ragioni. La prima: anche nel mondo Trek la nostra presunta intelligenza viene, per così dire, redarguita dagli autori che ipotizzano un catastrofico futuro nucleare … e una futura salvezza grazie all’ingresso nella grande “federazione dei pianeti”. La seconda: l’intelligenza, citando Hawking, non è necessariamente lo step finale dell’evoluzione biologica, ma solo una delle tante strade che l’evoluzione può percorrere. In fondo gli scarafaggi sono gli esseri viventi più antichi che popolano il pianeta terra. E, con tutto il rispetto per gli scarafaggi, non mi sembra che spicchino per particolare intelligenza…
Siamo appena all’inizio e la trama diventa sempre più fitta. Come in un romanzo noir, ogni domanda ne genera un’altra in un sistema a cascata. E non c’è da stupirsi. Questo modello ha un nome: si chiama “metodo scientifico”, e nacque nel 1609 grazie agli scritti e alle azioni di Galileo Galilei, astronomo e matematico presso la corte della famiglia De’ Maedici. Parliamo di stelle e ci domandiamo se e quanti pianeti abitabili ci siano attorno alle stelle. Parliamo di pianeti e ci domandiamo come e se sia apparsa la vita. Parliamo di vita e ci domandiamo infine che cosa sia la vita. La parola vita, in effetti, al suo interno racchiude molti significati. Ma soltanto uno fra tutti è quello a cui possiamo assegnare la patente di scientificità: un organismo capace di nascere, crescere, riprodursi, interagire autonomamente con l’ambiente e, infine, morire, è definito “organismo vivente”. E allora cosa diferenzia noi da un batterio? Siamo davvero dei batteri evoluti? incredibile a dirsi ma etimologicamente parlando siamo organismi viventi tanto quanto i batteri. Un paragone imbarazzante? Non tanto direi…

Questa importante precisazione viene fatta per incanalarci nel primo vero argomento di discussione. Quando si parla di ricerca della vita nel cosmo, non si intende necessariamente vita intelligente, bensì vita biologica. Organismi unicellulari, batteri ed organismi pluricellulari appartengono (parlando in termini matematici) come tanti sottoinsiemi aperti al grande insieme chiuso degli organismi viventi. In altre parole, cercare la vita nel cosmo non significa mappare l’universo alla ricerca di fratelli umanoidi, ma significa invece interrogarci su come davvero sia apparsa la vita qui sulla Terra, e su quali tipi di vita si siano sviluppati nell’universo. La chimica, la biologia, la fisica, l’astronomia, e infine l’astrobiologia (nata intorno agli anni ’50), sono scienze necessariamente universali, e i loro fondamenti sono esattamente uguali qui e in tutto l’universo.

Fermiamoci un attimo. Non è curioso che per conoscere qualcosa su noi stessi sia necessario osservare degli “universi isola” esterni al nostro? Eppure è quello che facciamo ogni giorno. È più facile osservare (e magari criticare…) i comportamenti e gli stili di vita di chi ci sta vicino piuttosto che osservarci in dettaglio con una lente di ingrandimento. Non è forse la scienza anch’essa un prodotto dell’ingegno umano? Vediamo cosa sappiamo, o meglio cosa crediamo di sapere, sul luogo dove nacque la Terra . Il nostro sistema solare nacque circa 5 miliardi di anni fa dai resti di una supernova. Dapprima le particelle più leggere (gli atomi di idrogeno) si aggregarono per formare la nostra stella (il sole), la nube originaria si condensò, si formò una fascia nebulare (nota oggi come nube di Kuiper-Oort) popolata principalmente da oggetti cometari, e poi, lentamente, al suo interno, cominciarono a formarsi un gruppo di pianeti composti di terra (i pianeti rocciosi) e un gruppo di pianeti composti di gas (i pianeti gassosi). Dunque la vita potrebbe essere apparsa ovunque nell’universo. Ma come sia apparsa è, però, una domanda a cui non sappiamo dare ancora una risposta precisa. Sappiamo di certo che uno degli ingredienti fondamentali è l’acqua. E di acqua, in effetti, qui sulla Terra ce n’era e ce n’è in abbondanza.

Nel1953 Henry Miller, neolaureato presso il dipartimento di fisica de l’University of Chicago, realizzò un famoso esperimento noto col nome popolare di “brodo primordiale”. Riprodusse in un’ampolla la probabile composizione delle acque presenti sul nostro pianeta (una soluzione acquosa contenente metano, idrogeno e ammoniaca), lo bombardò con delle scariche elettriche (la riproduzione dei fulmini atmosferici) e si accorse che, quasi spontaneamente, si formarono degli amminoacidi, i mattoncini per costruire tutta la complessa molecola del Dna.

Ma oggi a che punto siamo?
Da appena un anno stiamo assistendo a una vera e propria rivoluzione nel campo dell’astrobiologia: nel 2009 la missione Stardust rilevò sulla cometa Wild2 alcuni frammenti di amminoacidi, riportando così in auge la vecchia ipotesi della “panspermia”. Secondo questa ipotesi, quelle molecole organiche si sarebbero formate dapprima sulle comete, e, in seguito, sulla Terra avrebbero trovato l’humus ideale per organizzarsi, svilupparsi, produrre proteine, e generare le prime molecole di Dna. Come vedete, per ragionare e indagare sull’origine della vita sulla Terra, siamo dovuti andare a scomodare una cometa con una delle missioni più ardite che l’esplorazione dello spazio ricordi. E allora ipotizzare che sulla superficie di Titano (il più grande dei satelliti di Saturno) potrebbero essere custoditi dei batteri metanigeni, che vivono respirando metano in luogo dell’ossigeno, non diventa più una bizzarra fantasia. Diventa solo una interessante
ipotesi di lavoro su cui ragionare e discutere.

Se da una parte però ci si interrogava sul come fosse apparsa la vita sulla terra, da un’altra parte qualcuno cominciava a domandarsi dove potesse essere apparsa una vita simile alla nostra.

Nel 1995 i due astronomi svizzeri Michel Mayor e Didier Queloz identificarono col metodo del transito il primo “pianeta extrasolare” (51 pegasi b) in orbita ellittica attorno alla stella 51 Pegasi. L’idea dell’esistenza di altre terre in orbita attorno a stelle esterne al nostro sole diventava così, una volta per tutte, un dato di fatto. Da quel lontano 1995 ad oggi, sono stati già scoperti ben 400 esopianeti di grandi e piccole dimensioni. Un bel risultato, certo. Ma anche questa non è una prova dell’esistenza della vita al di fuori del pianeta Terra, ma solo un indizio. E a differenza dei romanzi noir dove tre indizi fanno una prova, nella scienza tre indizi non fanno una prova. Il metodo scientifico può essere riassunto nel motto “chi va piano va sano e va lontano”? Si, ma non sempre…

Seti è l’acronimo per le parole “Search of Extra Terrestrial Intelligence”, e si basa su una famosa equazione scritta dall’astronomo Frank Drake nel 1960. Giusto 50 anni fa, Drake teorizzava che, nella peggiore delle ipotesi, una volta risolta, tale equazione avrebbe portato al risultato di circa 600 Eti sparse nello spazio delle nostra galassia. Nell’equazione vennero inseriti parametri aleatori come “stelle con attorno un sistema planetario”, o “pianeti abitabili che hanno sviluppato una vita intelligente”. Altre stime portano al risultato di circa 5000 Eti sparse per la Via Lattea. E considerando la Via Lattea come una “galassia standard” bisognerebbe moltiplicare questo risultato per cento miliardi, che è il numero stimato della galassie presenti nel nostro universo. È un risultato “astronomico” (mai parola fu più azzeccata) ma che ancora non è una prova.

Quante volte avete sentito dire la frase “sarebbe presuntuoso pensare di essere l’unica forma di vita presente nell’universo”? Io un sacco di volte. Ma la presunzione non sta nella scienza che, fin dai suoi albori, s’interroga e indaga sui luoghi, sulle forme e sulla possibilità di vita, ma in chi, senza dati in mano, presume di avere certezze che gli scienziati invece non hanno. Per affermare bisogna avere dei dati, non degli indizi. E per ora, sebbene gli indizi siano molti, i dati ancora scarseggiano. Siamo però certi di una cosa. Quando su Science o su Nature (le due riviste scientifiche più importanti al mondo) verrà pubblicata la scoperta della prima forma di vita biologica nell’universo, statene certi, di quell’abstract ci si potrà fidare proprio perchè passato al vaglio di una intera comunità scientifica.

Enrico Fermi diceva “Ma se l’universo brulica di alieni dove sono tutti quanti”? Forse stanno aspettando di essere scoperti. O forse no. Chi lo sa. Due sono le probabili risposte: o non ci sono, oppure (dannazione!!) si stanno nascondendo davvero bene…

Buona scienza a tutti.

jolek78 on Email
jolek78
Un tizio che pensava di essere uno scienziato. Si ritrovò divulgatore scientifico. Poi si addormentò su un aereo e si risvegliò informatico. Ma era sempre lui.

9 commenti

  • Sono davvero molto felice di ospitare Fabio, ottimo giornalista scientifico in radio (e purtroppo costretto per campare a occuparsi di tutt’altro e trascurare il lavoro della divulgazione-informazione che pure ci servirebbe come il pane nell’Italia di Berl&Ratz sempre più ignorante). Felice per l’argomento che Fabio ha scelto ma anche perchè mi piace l’idea di mettersi davanti a un foglio bianco e svolgere il tema (della maturità) seguendo le tracce, in poco tempo e con il supporto della sola memoria.
    Questo è appunto il 50° anniversario di Seti e, se non ricordo male (pure io scrivo queste poche righe senza un archivio a supportarmi) anche dell’inizio delle ricerche. Un desiderio, una possibilità, un allargarsi dell’orizzonte che dovrebbe appassionare tutte/i, non solo chi ama la fantascienza. A proposito di science fiction, il tema propone un Dick ma non è il nostro (mio e di Fabio intendo ma spero anche di chi sta leggendo) amato Philip Kindred. Peccato… Magari una bella provocazione del “nostro” Dick avrebbe fornito più ossigeno a chi era rinchiuso nella claustrofobica maturità (o sedicente tale): a esempio quando P. K. Dick spiega che incontrando gli alieni probabilmente scoprirebbe di avere molto più in comune con loro che con i suoi vicini di casa.
    Non mi avventuro su questi sentieri perchè questo blog è pieno di fantascienza (sin troppo? mai troppo secondo me) e invece subito devio dalle ricerche negli spazi esterni a quelle negli spazi interni, qui sulla Terra insomma, non concluse checchè certi pigroni pensino. “Non siamo soli” (senza punto interrogativo) afferma Tobie Nathan – spero lo conosciate già – e mi pare ben lo dimostri: si sta muovendo nell’etno-psichiatria ma con un rigore scientifico che si mescola alla poesia e all’empatia verso quegli esseri umani che tanto spesso sono simili a noi eppure totalmente alieni. A me certe pagine di “Non siamo soli” hanno ricordato il miglior Clifford Simak o il grande, amatissimo e poco compreso Theodore Sturgeon… tanto per restare sulla fantascienza classica. A proposito il libro di Nathan è di una decina di anni fa (vado a memoria) e con un prezzo di copertina quasi stellare; mi pare una buona occasione per ri-visitare (o magari stabilire un primo contatto con) uno di quegli universi affascinanti che abbiamo quasi sotto casa e che si chiamano biblioteche pubbliche. E siccome tutto ciò che è “pubblico” in questi tempi suona come osceno e demoniaco… vi sto invitando a peccare. Sì peccare: numerose/i, in solitudine come in compagnia. Non sprecate l’occasione. Anche perchè fra poco (e non sto scherzando) la gran parte delle biblioteche verrà chiusa… semprechè non riusciamo presto a liberarci del già citato duo delinquenziale Berl&Ratz con il contorno di servi, servi dei servi, falsi oppositori. (db)

  • Fabio De Sicot

    quando vidi su internet le tracce di maturità, e lessi questa del “siamo soli” rimasi basito. come avrebbe fatto uno studente medio a svolgere con cognizione di causa una traccia del genere?

    in molti wall su facebook e twitter si potevano leggere due posizioni distinte: “trovo importante che un tema scientifico come quello dell’astrobiologia sia approdato alla maturità” e “difficilissimo fare un bel tema senza scadere nella giacobbata”. come dargli torto? immaginavo già l’incipit dei temi: “quest’anno non ho studiato nulla, ma ho visto tutte le puntate di voyager e quindi ho un argomento da sviluppare nel tema di maturità. alla faccia del mio prof di scienze. nel 1947 a roswell…” eppure (forse) altri stimoli del genere (e sopratutto professori preparati a farne una critica costruttiva) potrebbero davvero fungere da stimoli culturali alle nuove generazioni. nella mia piccola esperienza non ho mai trovato ragazzi poco desiderosi di imparare, ma solo ragazzi svogliati e tesi a farsi prendere dalla moda del momento.

    trasformiamo la scienza in qualcosa di “cool” e il passo fra l’essere una disciplina “per molti ma non per tutti” ad una disciplina “per tutti” sarà davvero breve…

  • no, non siamo soli nell’universo, anzi lo penso davvero popolato da infiniti mondi e esseri diversi, purtroppo vorrei che ci conquistassero, facessero tutti schiavi di noi perchè almeno si ridiventerebbe tutti uguali mentre ora l’uomo ha perso la propria umanità tal che l’unico posto dove siamo davvero soli è qui, sulla nostra terra. Dir che l’uomo ora è diventato bestia sarebbe un’offesa per le bestie, è ancor più giù in classifica, all’ultimo posto.

    • caro Giampiero, grazie per il commento: non ci conosciamo (sempre che la memoria non mi faccia brutti scherzi) ma condivido la tua analisi che abbiamo perso la nostra umanità e ci comportiamo peggio delle bestie. Sono forse un filino più ottimista e dico: stiamo perdendo; molte persone – non tutte – si comportano assai peggio dei cani, delle zanzare, dei topi. Però continuo a trovare anche persone capaci di generosità, di gentilezza, di empatia, di coraggio (personale e anche sociale, politico). Non credo che siamo soli – lo spero, lo sogno – nell’universo. E se sappiamo guardarci intorno qui sulla brutta Terra dei nostri tempi non siamo neanche qui soli. Nei momenti più duri penso sempre alla frase di Italo Calvino sull’inferno dei viventi e su come opporvisi. Credo che anche tu la conoscerai… In ogni caso speriamo che questa discussione continui qui sul blog (db)

    • io personalmente sto aspettando (e mi sa che posso aspettare parecchio) la prossima evoluzione della razza umana da homo sapiens sapiens a homo novus. non penso che “siamo diventati” bestie. penso che in fondo lo siam sempre stati…

  • I dati che abbiamo oggi per poter ipotizzare l’esistenza di altre forme di vita intelligente nell’universo sono ancora troppo pochi.
    Pertanto ogni idea, teoria, supposizione, non è in grado di darci alcuna risposta attendibile.
    Per ora abbiamo soltanto interrogativi.

    Cioè, anzitutto: una forma di vita intelligente deve essere per forza di cose umana, o umanoide, o comunque restare nell’ambito del “mondo animale” che conosciamo, seppure in forme diverse?
    Non lo sappiamo.

    Potrebbero esistere altre forme di vita – ipotizzate non solo dagli scrittori sf ma anche da scienziati – basati non sul carbonio ma, per esempio, sul silicio?
    E altre ancora, intelligenti o meno, non di “materia” ma sostanziate da energia allo stato puro?

    Se i pianeti che esistono nell’universo sono principalmente di due tipi, roccioso o gassoso, certamente esisteranno altrove corpi celesti simili alla Terra. Ma basterebbe anche una differenza apparentemente minima, infinitesima, col nostro pianeta, per far venire meno uno degli innumerevoli elementi indispensabili al “miracolo” che dà l’avvio ad esseri viventi.

    Dei pianeti gassosi e degli esseri di pura energia inutile parlare, perché ne sappiamo ancora di meno, per quanto affascinanti possano apparire queste ipotesi, che infatti hanno dato luogo a tante storie sf.

    Se ci fermiamo alla ipotetica esistenza di creature simil-terrestri, possiamo solo dire che non si può escludere a priori che ne esistano. Nulla di più.

    La domanda “se esistono, dove sono?” dovrebbe essere posta con estrema cautela. Le forme viventi non durano miliardi di anni. Possono essercene state in passato e potrebbero essercene in futuro. Quasi assurdo pensare che un’altra specie simil-umana sia tuttora esistente: guarda caso, proprio in questi pochi millenni che vedono la nascita dell’uomo. E posto che esistano, chissà dove sono. Se i telescopi intercettano la luce di galassie lontane anche 13 miliardi di anni luce, dobbiamo anche chiederci perché poi i nostri simili potrebbero individuare proprio la Terra, in uno spazio così ampio. Ricordo che anni fa Isaac Asimov fece un suo calcolo sulla possibilità dell’esistenza di pianeti terrestri con forme vitali, per arrivare alla conclusione che ne potevano esistere non più di un paio, uno dei quali la Terra. Nel 1960 l’astronome Drake elaborò un’equazione, poi divenuta celebre, per calcolare la possibilità di vita nella nostra Via Lattea. Recentemente l’equazione è stata aggiornata con nuove intuizioni:

    -http://www.fantascienza.com/magazine/notizie/13425/l-equazione-di-drake-per-il-multiverso/

    Per chi ne sappia più di me, c’è da divertirsi:-)
    Personalmente, io tifo per l’esistenza di forme vitali le più strane. Altrimenti, diamine, perdiamo una bella fetta di fantascienza…
    Eppoi a me piacciono bianchi, neri, gialli, rossi e ET.

    Saluti!

    Vittorio

    • anch’io tifo come Vittorio; e insisto: mentre la ricerca nello spazio esterno continua… qui sulla Terra, dentro il nostro spazio interno, sappiamo riconoscere l’alienità e dialogare? (db)

  • credo che la risposta, se siamo soli o no, sia molto complessa,però calcolando le possibilità, visto che di ogni cosa c’è una infinità di varianti, allora perchè dovremmo essere soli? magari di forme e colori diversi,ma le varianti esistono e sono tantissime.

  • qualcuno lo confondeva con un quasi omonimo vecchio pirata
    ma lui era un pirata…
    … della caccia ai tesori più preziosi: il sapere e l’ignoto assoluto.
    Ieri è morto l’astrofisico Frank Drake, padre del progetto per tentare di raccogliere messaggi da altre civilità nella Galassia. Mi piace pensare che non avesse più la pazienza di aspettare i segnali e abbia preferito andare lui a vedere: lassù e laddove non so… Buon incontro Frank se incontro ci sarà.
    db, a nome spero di tutta la “bottega” e forse di tutte le botteghe degli “infiniti mondi” (come disse un altro pirata: si chiamava Giordano e per il suo ardire fu bruciato in Campo dei fiori)

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