Frecce Tricolori: la propaganda di guerra uccide

 del «Comitato 23 settembre» (*). A seguire una breve nota di db.

LA PROPAGANDA DI GUERRA UCCIDE

La guerra in casa la portano oggi le Frecce tricolori, orgoglio e vanto della nostra aeronautica militare, che periodicamente solcano i cieli del bel paese sgasando in bianco, rosso e verde tra gli ohhh di meraviglia di piccole o grandi folle col naso all’insù.

Una propaganda costosissima. Ogni aereo costa 20 milioni di dollari, quindi la pattuglia, che ne conta dieci, è stata pagata 200 milioni di dollari. Un’ora di volo costa 50.000 euro. L’esibizione del virile coraggio dei nostri piloti, capaci di volare rasoterra e di piroettare nel cielo, fratelli gemelli di quelli che si preparano coscienziosamente a lanciare bombe nei teatri dove la guerra si fa, val bene questo prezzo.

Ma per il reddito di cittadinanza non ci sono soldi, ovviamente.

Di questo rituale propagandistico ieri ne ha fatto le spese una bimbetta di 5 anni, di nome Laura, e tutta la sua famiglia che, più o meno gravemente ferita, è comunque distrutta dal “fatale incidente”. Un danno collaterale di poco peso, merita sì è no un minuto di compunto silenzio in attesa che ricominci la bagarre.

Questo governo non si farà scoraggiare dalla morte della piccola Laura. Anzi siamo sicuri che darà ancor più fiato alla propaganda bellica, al richiamo alla patria, ai tricolori che sventolano sempre più numerosi negli stadi. Si sa che lo sport è il terreno dove la propaganda nazionalista passa in modo massiccio e praticamente indolore. Alla retorica dello sport che unisce, si sostituisce sempre più chiaramente lo scontro che divide. Quello in cui atleti e pubblico cantano con demenziale ardore l’inno nazionale, di cui, grazie al linguaggio ottocentesco con cui è scritto, ben pochi capiscono il significato. L’Italia che ripudia la guerra “s’è desta” (magari si destassero veramente milioni di sfruttate e sfruttati dallo stato soporifero in cui sono caduti). “Dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa” (qui sarebbe da chiedersi quanti italiani, parlamentari compresi, sanno chi è questo Scipio) e infine, “dov’è la vittoria, le porga la chioma (che vuol dire?) che schiava di Roma iddio la creò”. Qui bisogna aver fatto il classico per sapere che la rasatura era un trattamento riservato agli schiavi. Comunque, è necessario tenere bene a mente che gli elementi fondamentali ci sono tutti: Iddio, la Patria, la vittoria di Roma non per meriti ma per volontà divina… E tutti a cantare simili demenzialità sventolando il tricolore. E’ vero, nel riferimento manca la famiglia, potremmo chiedere di partecipare alla famiglia di Laura, appena avrà tempo.

Insomma, di propaganda si può morire, e non è la prima volta. In un terribile “incidente” avvenuto nel 1988 fa in Germania, dove le frecce si esibivano in trasferta, uno degli aerei precipitò sulla folla facendo 80 morti. Qualche ripensamento? Assolutamente no.

Questi episodi cadono prontamente nell’oblio. Dobbiamo amare il nostro esercito, i nostri ragazzi. Non bastano i contenuti guerrafondai delle scuole, ora bisogna esibire anche il contenitore adatto. Ma sì, cosa vuoi che siano, sono solo zainetti! A dieci anni ti fingi un combattente della Folgore come cinquant’anni fa ti fingevi cow-boy…

Non è uno scherzo, e siamo in grave ritardo nel rispondere a tutto questo. L’ideologia nazionalista, individualista, concorrenziale, machista, razzista, inoculata goccia a goccia per decenni, ora sta diventando una marea. Solo la mobilitazione di massa potrà fermarla. La dobbiamo costruire. 

Dobbiamo gridare a gran voce ancora una volta: MAI PIU’ FIGLI PER LE VOSTRE GUERRE!

(*) Ripreso da “Il Pungolo rosso” con questa nota: «Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo la sferzante presa di posizione delle compagne del Comitato 23 settembre sull’uccisione di Laura Origliasso, una bimba di cinque anni, da parte di una Freccia Tricolore precipitata durante un‘esercitazione nelle vicinanze di Torino. Se non bastassero le altre, una ragione in più per essere a Ghedi, il 21 ottobre a batterci contro la guerra in Ucraina, la propaganda di guerra, i “giochi di guerra”».

UNA NOTA DI DB (cioè Daniele Barbieri)

In “bottega” confronta Frecce Tricolori a Imola. Non sono contento e Le 4 F: feste, farina, forca, frecce (tricolori). In passato mi è capitato più volte – come giornalista che si è occupato di alcuni misteri e della strage di Stato del dicembre 1969 – di ricevere una difficile domanda sulla “collisione” di Ramstein (in Germania) dove il 28 agosto 1988 le Frecce Tricolori si scontrarono precipitando sulla folla: morirono 3 piloti e 67 persone fra il pubblico. La domanda è questa: «fra i piloti ce n’erano due legati alle indagini di Ustica, è credibile che sia stato (Stato?) un sabotaggio per eliminare loro?». La mia risposta onesta è: «non lo so». Però il fratello di Ivo Nutarelli, uno dei piloti morti, si è sempre detto assolutamente convinto della radicale inesattezza della versione ufficiale; Giancarlo Nutarelli, nel corso degli anni ha più volte raccontato “dettagli” che le analisi sull’incidente non vollero prendere in considerazione. Dal 2013 Giancarlo Nutarelli è entrato nella “Associazione vittime della strage di Ustica” e, seguito dall’avvocato Daniele Osnato, porta avanti una battaglia contro le Istituzioni per fare luce.

 

 

 

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Un commento

  • Chelidonio Giorgio

    “Fratelli d’Italia, l’Italia s’è destRa…”.Questa fin troppo facile battuta mi era sgorgata molti anni prima che la “sorella d’Italia” abusasse delle prime tre parole dell’inno nazionale per farne titolo del suo partito. Quelli che non si sono destati sono gli innumerevoli italiani (specie giudici, parlamentari e laureati in giurisprudenza in genere) che non hanno fatto una piega (“gnanca un plissé” cantava Jannacci) davanti ad un simile abuso di “copy right” nazionale.
    Chissà se Goffredo Mameli si è rivoltato nella tomba…

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