Il 31 maggio nel male della storia
Testo di Gianni Peteani e Marco Barone. Lettura di Marco Puntin (*)

L’imperdonabile colpa? Essere dalla parte sbagliata della storia di quel momento. Per scelta, per nascita, per convinzione. Chi perché ebreo, chi perché antifascista, chi perché rom, chi perché omosessuale, o Testimone di Geova. Ne partirono una ventina di convogli così da Trieste.
Città violentata nella sua bellezza e identità plurima, latina, slava, germanica in cui la Risiera di San Sabba divenne l’unico lager di sterminio nazista con forno crematorio edificato e messo a regime in Italia e nell’Europa meridionale tutta.
Città mitteleuropea ma diventata il simbolo dell’ecatombe. Dovettero spostare anche la fontana dei Quattro continenti per dar spazio alla cornice del famigerato proclama razzista di Mussolini.
Ci sono voluti 75 anni per commemorare quel lutto della Storia con una piccola targa metallica sul manto di Piazza dell’Unità d’Italia, quel giorno, stridente ossimoro nell’incombere delle leggi razziali, quel maledetto 18 settembre del 1938. Una data. Una data che non puoi dimenticare. Date che segnano il tempo di ciascuno, che incidono la memoria, che cercano di andare oltre l’indifferenza. Date.
Come quel 31 maggio del ’44.
Quando Ondina Peteani, stretta a un’umanità dolente era dentro uno di quei vagoni mentre cercava di respirare un soffio d’aria e a turno sbirciava dalla fessura diventata finestra verso il mondo, di là. Da Trieste a Monaco, alcuni vagoni, quelli con gli uomini, tra cui Mario Candotto di Ronchi, finirono a Dachau, il primo campo di concentramento nazista, aperto il 22 marzo 1933 su iniziativa di Heinrich Himmler. Oggi è un memoriale, importante ma in gran parte snaturato, una ricostruzione di ciò che fu. Il vuoto domina nell’immensità di quella desolazione della periferia tedesca. Ondina, con la sorella di Candotto e le altre donne ad Auschwitz.
In fila per cinque, dopo una viaggio di cinque giorni, estraniarsi, nell’incubo che aveva anche un numero. Uno di quelli che ti porterai dietro per tutta la vita. Non per tua scelta. Perché così doveva essere. Il suo, infertole sulla pelle era il numero 81672.
Numeri. Nella combinazione dei numeri, diciott’anni più tardi, il 31 maggio 1962, conoscerà a modo suo la prima forma di giustizia multimediale, in un mondo diverso. In una nazione di superstiti. In Israele. E non era un film. Era il tempo del processo Eichmann. Passato alla storia come il primo processo a un criminale nazista tenutosi nella terra contesa da Dio.
Era solo un esecutore. Esecutore del male. L’essere esecutore assolve chi è complice dello stesso male di cui è partecipe. Non era questa la banalità del male. Era questa l’essenza del male! Venne impiccato nel passaggio temporale tra il 31 maggio e il 1 giugno del 1962. Il tempo fu ponte di morte e giustizia terrena. A modo suo. Raccolse lo sporco nazista il frutto della sua semina d’odio. Una semina che si diffuse in ogni dove nel corso del suo essere esecutore del male.

Questo testo nasce su impulso di Gianni Peteani in collaborazione con Marco Barone che si ringraziano per la loro instancabile attività di impegno civile.
Si ricordano Ondina Peteani, prima staffetta partigiana d’Italia, i crimini della deportazione nei lager nazisti e il dovere di contrasto e sbarramento a ogni forma di fascismo e intolleranza.
La foto del Silos della Stazione Ferroviaria di Trieste e l’immagine della Risiera di San Sabba (all’inizio dell’articolo) sono di Gianni Peteani.
(*) testo ripreso da www.atuttascuola.it;
qui si può ascoltare la lettura: https://www.atuttascuola.it/wp-content/uploads/2020/05/31-maggio-Lettura-Puntin.mp3
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.