Il Brasile ruralista riallunga le mani sulle terre indigene

Colpo di mano bolsonarista al Senato: tramutata in legge la tesi – appena respinta dalla Corte suprema – del «limite temporale». E i giudici indennizzano gli invasori.

di Claudia Fanti (*)

 

 

Foto: https://www.brasildefatomg.com.br/

 

È durato appena una settimana il sollievo dei popoli indigeni per la bocciatura da parte del Supremo tribunale federale, per 9 voti a 2, della tesi del «marco temporal» (che riconosce loro solo il diritto alle terre già occupate prima dell’entrata in vigore della Costituzione, il 5 ottobre 1988). La doccia fredda è arrivata mercoledì, con la dichiarazione di guerra del Senato alla Corte suprema – con l’approvazione di un progetto di legge che accoglie la tesi appena respinta – e con la decisione del Stf di mandare un regalo di consolazione agli invasori di terre indigene.

A CONCLUSIONE del cosiddetto «processo del secolo», infatti, i giudici hanno fissato nuovi criteri per il processo di demarcazione, riconoscendo, secondo la proposta di Alexandre de Moraes, il diritto dei «proprietari in buona fede» a un indennizzo corrispondente al valore dell’intera proprietà – e non solo delle migliorie realizzate come prevede la Costituzione -, a meno che l’area indigena non sia stata già ufficialmente demarcata.

Ed era esattamente quello che temevano i popoli originari, convinti che il significativo aumento del valore degli indennizzi possa di fatto paralizzare i già lunghissimi processi di demarcazione, la cui durata può estendersi oggi fino a 25-30 anni.

Non ha invece per fortuna avuto seguito la proposta del giudice Dias Toffoli – dagli effetti realmente mortali per le comunità indigene – di flessibilizzare il diritto di usufrutto esclusivo delle terre garantito loro dalla Costituzione, così da consentire le attività minerarie e la costruzione di centrali idroelettriche.

Alla mano tesa ai latifondisti da parte del Stf sulla questione degli indennizzi la potente bancada ruralista ha comunque risposto picche, approvando nel giro di poche ore – prima alla Commissione di Costituzione e giustizia del Senato e poi nella plenaria della Camera alta – del progetto di legge 2903, definito dagli indigeni «Pl del genocidio», che già aveva ricevuto il via libera della Camera dei deputati e della Commissione di agricoltura e riforma agraria del Senato.

Come se i giudici del Stf non si fossero appena pronunciati, a schiacciante maggioranza, contro l’applicazione di un limite temporale alla demarcazione delle aree indigene, il Senato, con 43 voti a 21, ha trasformato in legge la famigerata tesi ruralista, aggiungendo altre misure non meno letali: il divieto di ampliamento delle terre indigene già demarcate, la violazione del diritto al loro uso esclusivo da parte delle comunità, il via libera alla cooperazione tra indigeni e non indigeni per attività economiche, l’autorizzazione al contatto con i popoli isolati in caso di azioni di pubblica utilità.

Difficile che tale iniziativa – un esplicito atto di guerra nei confronti del Stf, accusato di violare le prerogative del Congresso – possa prosperare: anche nell’ipotesi impensabile che Lula non eserciti il diritto di veto, o in quella, assai più probabile, che i parlamentari a loro volta lo ribaltino, la legge verrebbe comunque dichiarata incostituzionale dalla Corte suprema.

MA, NELLO SCONTRO TRA POTERI che si annuncia sempre più minaccioso, la bancada ruralista ha già pronta una contromossa. Non erano neppure passate 24 ore dallo storico verdetto del Stf e già il senatore Hiran Gonçalves protocollava una Proposta di emendamento costituzionale (Pec 048/2023) per introdurre nella Costituzione del 1988 la tesi del marco temporal, con la firma di tutto il peggio del bolsonarismo e dintorni: da Hamilton Mourão a Sergio Moro, da Tereza Cristina a Damares Alves fino a Flávio Bolsonaro.

Un’offensiva così rabbiosa della bancada ruralista era del resto prevedibile: secondo il dossier Os invasores dell’Osservatorio sull’agribusiness in Brasile «De olho nos ruralistas», non solo i latifondisti al Congresso usurpano circa 96mila ettari di terra appartenenti ad aree indigene, ma diversi di loro hanno anche ricevuto in campagna elettorale ingenti finanziamenti da parte di fazendeiros invasori.

(*) Link all’articolo originale: https://ilmanifesto.it/il-brasile-ruralista-riallunga-le-mani-sulle-terre-indigene

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *