Il ciclo della disinformazione sulle case ‘confiscate’ dall’UE

di Antonio Scalari (ripreso da valigiablu.it)

Nei giorni scorsi diversi giornali e media italiani hanno scritto che l’Unione Europea avrebbe proposto di «vietare» la vendita e l’affitto degli immobili di classe G, cioè gli edifici con minore efficienza energetica. La notizia ha innescato un ciclo della disinformazione e dell’indignazione, con caratteristiche e dinamiche già viste su altri temi.

La direttiva europea, di cui si è parlato in questi giorni, vuole fissare un termine per il passaggio degli edifici di classe energetica G ad almeno quella F e poi E. In ogni paese dell’Unione, il 15% dello stock di edifici, che corrisponde a quelli con le prestazioni energetiche peggiori, dovrà passare dalla classe G a quella F entro il 2027 e a quella E nel 2030, nel caso degli edifici non-residenziali (quelli pubblici, ad esempio); nel caso degli edifici residenziali dovrà invece passare alla classe F entro il 2030 e a quella E nel 2033. Viene proposto, inoltre, il termine degli incentivi per l’installazione di caldaie a gas entro il 2027. La Commissione Europea ricorda che gli edifici contribuiscono al 40% del consumo di energia e al 36% delle emissioni di gas serra dovute ai consumi energetici.

A sostegno della tesi che l’Unione Europa fosse orientata a vietare la vendita degli immobili di classe G, si sono citate bozze di documenti ma senza portare alcuna prova che contenessero davvero una simile proposta. Lo scorso 25 novembre, Euractiv ha in effetti anticipato una bozza, dove tuttavia non si fa alcun cenno a un divieto di vendita o di affitto. A pagina 14 del documento si legge che «in deroga […], un edificio o un’unità immobiliare non conforme alle soglia di cui al comma 1 può essere venduto a condizione che l’acquirente porti la costruzione in conformità alla soglia applicabile al momento della vendita entro [tre] anni dalla data di vendita».

Il testo pubblicato sul sito della Commissione Europea il 15 dicembre risulta modificato, ma di nuovo non si ritrova alcun divieto di vendita o affitto. In una conferenza stampa tenuta nello stesso giorno, Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione e commissario per il clima, ha specificato: «nella nostra proposta non colleghiamo questi standard minimi alla vendita o alla locazione di un edificio, sebbene gli Stati membri possano decidere di farlo e alcuni lo abbiano già fatto».

La proposta è parte di quelle politiche per la transizione energetica ed ecologica che riguardano tutto il nostro sistema economico e produttivo, la produzione di energia, il riscaldamento, i trasporti. Se vogliamo arrestare o fortemente rallentare l’aumento della temperatura del pianeta ed evitare che gli impatti dei cambiamenti climatici sui nostri territori diventino sempre più distruttivi e costosi,  dobbiamo decarbonizzare il sistema e abbandonare i combustibili fossili. L’obiettivo è arrivare alle emissioni zero per il 2050. Ma, nel frattempo, anche migliorare l’efficienza energetica degli edifici e contenere i consumi sono politiche che vanno in quella direzione. Se nel breve termine richiedono impegni, costi e investimenti, questi porteranno anche risparmi e benefici.

Ma di tutto questo non si è parlato di fronte alla proposta europea. Confedilizia, l’organizzazione dei proprietari di casa, ha lanciato l’allarme per il mercato immobiliare. Il suo presidente ha avvertito che «la Commissione europea, per tagliare la testa al toro, proporrà direttamente l’introduzione del reato di “possesso di immobile”» (si scherza, ha aggiunto). Si sono scatenati i titoli dei giornali di destra. L’Europa confisca la casa agli italiani, il delirante titolo di un articolo su La Verità. Si tratta di giornali che già ogni giorno, con qualsiasi pretesto, sparano ad alzo zero contro ogni politica ambientale.

Ma su una testata considerata mainstream e non populista, come l’Huffington Post, si è andati addirittura oltre, dando di fatto dei ladri ai “burocrati” di Bruxelles. Il colpo da topi d’appartamento degli sbadati burocrati di Bruxelles è il sobrio titolo che introduce la rigorosa analisi del condirettore. Le ragioni e gli obiettivi che giustificano le politiche di efficientamento energetico del patrimonio edilizio e i loro potenziali vantaggi anche in termini di risparmi non si nominano nemmeno. Anzi, si sostiene che «rischiamo di pagare il conto di Glasgow». Cioè la COP26, la conferenza sul clima che si è tenuta in Scozia. Eccolo, il bersaglio.

L’Unione Europea vuole scaricare «il costo […] di aver mancato l’occasione di Glasgow per convincere i paesi emergenti, in primis India e Cina, a ridurre le proprie emissioni nocive». Nessuno doveva in realtà convincere India e Cina a ridurle. La Cina aveva già annunciato, prima della COP26, la neutralità carbonica (emissioni zero di CO2) per il 2060. L’India ha fissato l’obiettivo per il 2070. Entrambi i paesi sono determinanti per il peso che hanno nella quantità di emissioni globali soprattutto a causa dell’impiego, ancora molto esteso, del carbone. In ogni caso, la reale ambizione di questi annunci si dovrà misurare soprattutto sulle decisioni e le politiche che verrano messe in atto da qui ai prossimi 10-20 anni, ben prima del 2060 e 2070. Lo stesso tuttavia si può dire dell’Occidente. What about China?e la Cina?, è un argomento strumentale che in Occidente viene spesso impugnato da chi si oppone alle politiche per il clima. Come se l’Unione Europea avesse già raggiunto il proprio obiettivo di emissioni zero. No, non l’ha ancora fatto ed è necessario, per questo, continuare a ridurle. Non basta nemmeno aver fissato un obiettivo più vicino, al 2050. Per fermare l’aumento della temperatura globale, o rallentarlo abbastanza da impedire che oltrepassi 1.5° o 2°, è necessario arrivare a una rapida riduzione delle emissioni di gas serra già nei prossimi due decenni. Infatti, più lenta sarà la loro riduzione, maggiori saranno le emissioni cumulative, cioè totali.

Ma cosa contano i fatti? Poco o nulla. Perché separare fatti e opinioni, perché sforzarsi di fornire uno straccio di contesto, sull’argomento, ai propri lettori? Più semplice urlare a caratteri cubitali in prima pagina, come ha fatto Il Giornale, che titola “FOLLIA EUROPEA, CI ENTRANO IN CASA”.

La polemica è proseguita così, per giorni.

Timmermans, alla fine, è dovuto intervenire per chiarire e ribadire che non è previsto alcun divieto né confisca. Lo ha fatto parlando nel suo, obiettivamente eccellente, italiano. Ha dovuto parlare la nostra lingua, con tono ironico («nessun burocrate di Bruxelles confischerà la vostra casa») per essere sicuro di essere compreso, perché evidentemente questa roba è circolata solo in Italia.

Davanti alle dichiarazioni europee, la stampa italiana ha parlato di “retromarcia“. Confedilizia ha cantato vittoria. È un fenomeno già visto: la dinamica che si sviluppa secondo il copione denuncia-polemica-“retromarcia” di proposte mai avanzate o mai seriamente discusse. Si alimenta grazie alla prassi di un sistema informativo fatto di facile clickbait e di testate che si rilanciano tra di loro come fonti affidabili. E grazie all’ingombrante, rumorosa, pervasiva, cinica propaganda politica. Le “bozze circolate” e le “proposte iniziali” rimarranno comunque impossibili da smentire. Empiricamente non falsificabili, sono giornalisticamente oggetti ectoplasmici che continueranno ad aggirarsi come spettri (“il pericolo scampato”). Ognuno ci potrà leggere ciò che vuole, in base ai propri pregiudizi e alle proprie convinzioni. Mentre i fatti scompaiono.

Il ciclo della notizia si chiude. Rimangono la disinformazione alimentata e circolata nel frattempo e l’astio, così fomentato, contro l’Unione dei Burocrati Europei e le politiche green.

L’antipatia verso le politiche ambientali è aizzata e rinfocolata proprio da questo genere di propaganda, rozza ma che può far presa, che le bolla come fissazioni da ambientalisti fighetti che vogliono imporre le loro idee strampalate al mondo e ignorano le necessità dei meno abbienti che non possono permettersi di adeguare la propria abitazione ai più efficienti standard energetici. Posto che la categoria dei meno abbienti dovremmo collocarla tra i dimenticati inquilini, se la preoccupazione per questa categoria fosse sincera (non lo è) si dovrebbe dunque chiedere che sia lo Stato a sostenere questi interventi. L’equità sociale è un aspetto critico della transizione ecologica ed energetica, è stato detto più volte. Ma questo non è ciò che chiedono certi partiti, giornali e lobby. Non è ciò che interessa loro.

Risparmiare energia, pagare bollette meno care (magari accelerando l’abbandono del gas, il cui costo è la principale causa dell’aumento in corso del prezzo dell’energia), produrre meno emissioni. Questi obiettivi sono interesse di tutti. A partire proprio da chi abita in edifici ancora inadeguati. Meno emissioni non solo di gas serra come la CO2,  che aumentano la temperatura del pianeta, ma anche di composti inquinanti. Anche gli edifici residenziali, infatti, sono sorgenti di inquinanti atmosferici. Tra questi c’è il PM 2.5, a cui si possono attribuire circa 400mila morti premature in Europa, secondo i dati riportati dal covo di burocrati dell’Agenzia europea per l’ambiente. 50mila in Italia. La pianura padana, nonostante i sensibili miglioramenti dei parametri di qualità dell’aria negli ultimi decenni, rimane una delle aree più inquinate in Europa, a causa della densità di popolazione e delle condizioni meteorologiche, influenzate anche dalla sua conformazione territoriale.

Ed è questo il punto. La propaganda, la confusione, la disinformazione o la cattiva informazione hanno questa conseguenza: il loro rumore copre i fatti, oscura le informazioni necessarie a formare una razionale opinione e cancella dal contesto della discussione i seri problemi che, come collettività, è nostro interesse affrontare e risolvere.

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