«Il genio delle donne»: i libri di…

Piergiorgio Odifreddi e di Chiara Rossi sotto il microscopio di Liliana Cori

Piergiorgio Odifreddi

«Il genio delle donne. Breve storia della scienza al femminile»

Rizzoli

Anche Odifreddi – come Angela Saini (*) – parla di alcune donne insignite del Nobel, 7 sul totale di 20, fra il 1901 e il 2019, mentre gli uomini sono stati 594, e sottolinea questa enorme sproporzione commentando le vite di cui racconta nel libro.

L’autore presenta donne che hanno lavorato come scienziate nei campi più diversi, alcune ben note e altre meno conosciute. Molte storie raccontano di come uomini “illuminati” vengano folgorati dalle sorprendenti capacità di donne, che si trovano in un ruolo che la società non ritiene adatto a loro, come nel caso di Sophie Germain, la quale in effetti si finse un ragazzo per iniziare, a fine Settecento, una corrispondenza con il famoso matematico Joseph-Louis Lagrange.

Interessante il racconto di attività scientifiche portate avanti per passione e nel tempo libero, con studi e invenzioni geniali. Come l’attrice Hedwig Kieseler-Hedy Lamarr, che aveva dato scandalo sui grandi schermi in gioventù negli anni ’30 ed ebbe una vita burrascosa da attrice bellissima e ammirata; fuggita perché ebrea negli Stati Uniti, aveva abbandonato gli studi di ingegneria ma nel 1942, come contributo nella lotta contro il nazismo, brevettò con George Antheil un dispositivo per il controllo di sistemi missilistici, capace di cancellare le interferenze nelle radiocomunicazioni. Il dispositivo, CDMA – Code Division Multiple Access – è ancor oggi utilizzato per la condivisione delle bande di trasmissione e l’inventrice ricevette diversi premi, mentre la data del suo compleanno, il 9 novembre, è diventata Giornata dell’Inventore (Tag der Erfinder) in Germania, Austria e Svizzera.

Fra le donne famose: le due Curie che hanno lavorato sugli elementi radioattivi e Lisa Meitner, nota per non aver ricevuto il Nobel per la chimica del 1944, attribuito a Otto Hahn per la scoperta della fissione nucleare, cui lei aveva sostanzialmente contribuito. Si riportano molte controversie, le discussioni, fonti informative che trattano vicende scientifiche e storie personali, alla ricerca di particolari meno conosciuti o curiosi: un’abbondanza di informazioni e intrecci non facili da seguire ma tutto sommato un racconto che prova ad essere piacevole, a volte anche con battute.

Le 27 scienziate di cui parla Odifreddi hanno attraversato i campi più diversi: Ipazia, filosofa alla fine del 300 ad Alessandria; Ildegarda di Bingen, monaca benedettina nel 1000 che venne nominata Dottore della Chiesa Cattolica; diverse matematiche nel 1700 e 1800; le Curie, cioè Marie e Irène Joliot; la Meitner; Milena Maric, moglie di Einstein con i suoi (possibili) contributi alle teorie del geniale marito. C’è Barbare McCkintock, botanica che studiò la diffusione del mais nelle Americhe seguendo le evoluzioni del patrimonio genetico, c’è Rita Levi-Moltalcini, Nobel per la medicina. E ancora Dorothy Hodgkin (biochimica e cristallografa britannica) ma anche – sorprendentemente – Margareth Thatcher che fu conosciuta, oltre alle durissime politiche di austerità con pesanti costi sociali, per la consapevolezza dell’importanza della ricerca scientifica e per la sua amicizia proprio con la Hodgkin.

Nella lista delle escluse dal Nobel la cinese Chien-Shiung Wu (in questo caso per la fisica nel 1957, nonostante avesse lavorato con i due vincitori) e la famosa “rapinata” dal Nobel per la scoperta del DNA cioè Rosalind Franklin.

Fra le astronome Henrietta Leavitt e Jocelyn Bell: quest’ultima è quacchera e seguendo le orme di Maria Mitchell, che a metà 1800 aveva scoperto la cometa che porta il suo nome, studiò le stelle pulsar, a neutroni ruotanti. Anche lei, ci racconta l’autore, non ha condiviso il Nobel del 1974 con i suoi due co-autori ma nel 2018 ha vinto i tre milioni di dollari del premio Breakthrough, assegnato per le invenzioni che “portano avanti” l’umanità, e lo ha devoluto interamente ad aiutare bisognosi studenti di fisica.

Fra le viventi anche l’afroamericana Katherine Johson, che subì in prima battuta la discriminazione per il colore della pelle e, assunta dalla NACA – poi NASA – come calcolatrice, dette un contributo matematico essenziale ai voli spaziali (**). E ancora Tu Youyou, farmacista che diresse gli studi sulla malaria dell’Istituto di Medicina Tradizionale di Pechino, scoprendo il principio attivo antimalarico contenuto nell’Artemisia annua e poi la Diidrartemisina, una sua variante dieci volte più potente, che hanno avuto risultati eclatanti nella riduzione dei morti per malaria nel mondo per un periodo, finché non sono emersi ceppi di Plasmodium resistenti anche a questi prodotti.

Fra le contemporanee anche Ilaria Capua, virologa, poi deputata, di cui si raccontano le imprese scientifiche ma anche il fango di accuse sui media attorno a vaccini e accordi con le imprese produttrici; e qui Odifreddi ne approfitta per sferrare un attacco generalizzato ai media sensazionalisti, per accusare la magistratura di portare avanti accuse infondate e il Parlamento di essere senza speranza. Con qualche piccola apertura – ma solo per il giornalismo e la magistratura – relegata a un paio di paragrafi.

Infine tra le viventi l’ungherese Judith Polgar, nata nel 1976, scacchista, terza di tre sorelle con la sua stessa passione: offre la possibilità di illustrare le teorie a proposito della mancanza di logica delle donne, che impedirebbe diventino eccellenti in questo che potrebbe diventare sport olimpico nel 2024. Ma queste sorelle sono brillanti eccezioni e Odifreddi avanza l’ipotesi caritatevole che le donne non sono mai state grandi scacchiste forse perché non vogliono …. «o forse, come suggerì una volta il campione mondiale Alechin, perché dimostrano la loro intelligenza tenendosi lontane dagli scacchi».

Emozionante il racconto della breve vita di due astronaute americane delle missioni Space Shuttle – Christa McAuliffe e Judith Resnik – che persero la vita nel gennaio 1986, quando il Challenger esplose in volo poco dopo il decollo, mentre la prima astronauta in orbita era stata la sovietica Valentina Tereskova nel 1963.

Interessante e tragica la storia della matematica iraniana Maryam Mirzakhani, vincitrice di premi da adolescente e poi della medaglia Fields, la maggiore onorificenza nel campo matematico, morta a soli quaranta anni. La sua figura, nonostante le repressioni dell’Iran khomeinista contro le donne, viene ricordata anche nel suo Paese con grande rispetto, e il Congresso Internazionale delle Donne Matematiche ha stabilito il 12 maggio, anniversario della sua nascita, come Giorno delle Matematiche.

Racconti avvincenti quindi quelli di Odifreddi, che si concludono con un capitolo sorprendente e paradossale, soprattutto dopo aver letto Angela Saini. Ricorda altre scienziate, i tanti Nobel mancati, un po’ di dati UNESCO sulle carriere e l’educazione affermando che ormai siamo alla parità, e ci si dovrebbe aspettare di vedere emergere un po’ di più «’sto sesso “debole” ai vertici delle carriere e nei palmares dei massimi riconoscimenti, Nobel compresi». Seguono tre brevi paragrafi che raccolgono con semplicità disarmante secoli di luoghi comuni: l’incremento non si riscontra per motivi «culturali e naturali di vario tipo: sociologico, psicologico e biologico».

Dal punto di vista sociologico la discriminazione non c’è più ma lo stereotipo dello scienziato maschio “tende a dissuadere” le donne dall’intraprendere la carriera scientifica. Poi le donne litigano fra di loro per il potere, e sono anche antipatiche, e non vengono scelte, perché bisogna sapere che «le carriere e i premi dipendono comunque dalle disposizioni soggettive dei superiori e dei giurati». (Giuro, c’è scritto solo questo!)

Dal punto di vista psicologico «molte donne sembrano percepire istintivamente non solo una difficoltà di conciliazione, ma anche una vera e propria incompatibilità tra la ricerca e la maternità». Probabilmente dipende dall’odore nauseabondo delle biblioteche, e le donne – notoriamente istintive come i chihuahua – capiscono che lì sarà difficile procreare e si allontanano. (Lo giuro di nuovo, c’è scritto solo questo, ma supportato dalla dichiarazione di Rita Levi Montalcini che non le andava di avere figli, e dall’ammissione che Maria Salomea Skłodowska – più conosciuta come Marie Curiee Dorothy Hodgkin furono madri felici!)

Dal punto di vista biologico l’autore cita alcune metanalisi di test sulle prestazioni matematiche di uomini e donne con sempre lievi differenze a favore degli uomini. E «si può anche notare che le donne sembrano indirizzarsi spontaneamente più verso discipline scientifiche concrete e legate alla vita». E’ l’istinto, quello citato prima, che dirige verso mattarello e mestolo, per fornire di cibo la prole appena svezzata?

Ma è sulle prospettive future che si gioca la partita culturalmente più ardita del nostro autore: «i fattori biologici non si possono forse cambiare ma quelli culturali certamente sì»; ci sarà un aumento delle donne negli alti livelli delle carriere scientifiche «ma rimarrà probabilmente un residuo di ostacoli psicologici alla parità, alla luce del fatto che molte donne continueranno a non essere interessate al perseguimento di posizioni dirigenziali… che pretendono un totale coinvolgimento emotivo o mentale, oltre a un orario di lavoro di ottanta ore settimanali». Ma sono gli uomini che dovrebbero cambiare non accettando più questi ritmi e simili pressioni; beate le donne che non ci provano neppure perché non vogliono!

E’ chiaro che l’autore – scrivendo un libro fra i tanti simili che si stanno pubblicando in quest’ultimo periodo – ha cercato di provocare reazioni irritate o indignate …. ma avrebbe dovuto usare argomenti sofisticati o teorie un po’ condivisibili. Così invece si è dato il voto da solo, completato dal fatto che ha copiato il titolo del libro da quello di Chiara Rossi, pubblicato nel 2009 da Edizioni il Molo.

Chiara Rossi

«Il genio delle donne»

Edizioni il Molo, 2009

Siamo nel mondo della Chiesa cattolica e la veneziana Chiara Rossi analizza i pregiudizi che derivano dalla mancata conoscenza della dottrina sulla donna. Siamo dalle parti di Ratzinger che precede gli attuali sommovimenti del papa argentino, insediato nel 2013.

Chiara Rossi usa una chiave storica e ricorda una serie di donne nella storia, non solo scienziate. A partire dalla propria esperienza di consulente per la tutela delle acque della Regione Veneto e mamma, parla di una dimensione che non deve contrapporsi agli uomini ma, all’insegna della parità, essere alla base di una collaborazione per costruire un mondo migliore.

Anche qui non manca la “naturale propensione” per l’aiuto, il senso pratico, la difesa della vita, della pace, dell’ambiente e dei diritti, come parte integrante del «genio delle donne», quella scintilla positiva pronta a cambiare il verso della società, con nuovi contenuti che solo le donne saprebbero portare.

L’operazione innovativa e positiva è cercare di motivare perché le donne, secondo l’autrice, non sono emarginate nella Chiesa ma valorizzate nella famiglia e nelle professioni, dove i compiti dovrebbero essere sistematicamente condivisi con gli uomini. Infatti l’impegno della donna nella famiglia è necessario ma non sufficiente, e il completamento di se stessi – donne e uomini – è nel lavoro, sia retribuito che volontario. La soluzione è nell’impostare diversamente i rapporti nelle coppie e nel lavoro, puntando sulle nuove generazioni per un cambiamento urgente e profondo.

Le donne presentate da Chiara Rossi vanno da figure bibliche, fin dalla creazione della donna, in paradiso, all’Antico Testamento e ai Vangeli, dove Gesù aveva un atteggiamento ben lontano dalla misoginia di alcuni discepoli. L’autrice affronta i temi della violenza e del maschilismo con le diverse interpretazioni del ruolo della donna nel tempo. Ma in quali campi il contributo del “genio femminile” sarebbe prezioso? La risposta della Chiesa non lascia dubbi: «praticamente in tutti», riferendosi soprattutto a Giovanni Paolo II e a Ratzinger. Meno male che scrive “praticamente tutti”, perché il tema del ruolo della donna nelle gerarchie ecclesiastiche non viene per niente affrontato.

C’è la Madonna, molte sante e dottori della Chiesa, come Caterina da Siena e Teresa d’Avila, Madre Teresa di Calcutta. Fra le italiane l’autrice parla di Lina Merlin e Tina Anselmi, Laura Conti e di Rosanna Capacchione, giornalista de «Il mattino» minacciata dal clan dei Casalesi. Poi Livia Turco, Maria Rita Lorenzetti, Giovanna Melandri, Loredana Capone, Rita Levi Montalcini, ancora in vita quando uscì il libro, e molte altre.

Si trovano Angela Merkel, Rigoberta Menchù, Vandana Shiva, Naomi Klein, Ségolène Royal, Ursula Von der Leyen, che oggi è Presidente della Commissione Europea, madre di sette figli. Molte cattoliche come Janne Haaland Matlàry, politica norvegese convertita a 25 anni, o Mary Robinson, avvocata, presidente della Repubblica d’Irlanda e a capo della Commissione per i diritti umani dell’Onu. Poi Tarja Kaarina Halonen, presidente della Repubblica di Finlandia; le statunitensi Nancy Pelosi e Hillary Rodham Clinton; Aung San Suu Kyi nel Myanmar; Ellen Johnson Sirleaf eletta nel 2005 presidente della Liberia; Maria Osmarina, brasiliana ministra dell’Ambiente con il presidente Lula; l’argentina Cristina Fernandez Kirchner, che ha fatto due mandati da presidente; Wangari Maathai, ambientalista e donna politica keniota, madre di tre figli, che ha ricevuto il Premio Nobel per la pace nel 2004; Ingrid Betancourt, politica franco-colombiana che è stata sei anni prigioniera dei guerriglieri; la giornalista russa Anna Stepanovna Politkovskaja assassinata nel 2006 nell’ascensore del suo palazzo e Shirin Ebadi, avvocata iraniana, Premio Nobel per la Pace nel 2003.

Le vite di queste donne sono avvincenti e sono accompagnate da vicende meno famose, con un capitolo dedicato agli uomini “illuminati”. L’ultimo capitolo è ricco di dati relativi al ruolo della donna nella società in Europa e in Italia, con le leggi specifiche, le diverse carriere e la formazione, con proposte per lo sviluppo di pratiche differenti e per la creazione di nuovi spazi culturali e nella legislazione. In sintesi un bel libro pieno di persone – donne e uomini – attive e ispirate al bene pubblico, pieno di proposte positive e creative.

(*) cfr qui la recensione al suo libro «Inferiori: come la scienza ha penalizzato le donne»

(**) la sua storia è stata raccontata nel film ««Hidden Figures» (in italiano «Il diritto di contare») cfr Matematica Nera

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

8 commenti

  • Quindi, se ho capito bene, il grande Odifreddi patrocina magnanimamente qualche Nobel ma femmina, proprio nel contesto attuale in cui incidentalmente il pinkwashing va alla grande, ma lo fa senza manco capire il contesto attuale, e scippando il titolo di un altro libro di una donna con lo stesso argomento.
    Bon.
    So quale leggere.
    Grazie, Liliana!

  • già, ci si poteva aspettare di più da un libro uscito nel 2019! Comunque, il libro di Chiara Rossi non si trova adesso in distribuzione, ma speriamo di averlo presto disponibile da scaricare on-line! vi terremo informati! LC

  • piergiorgio odifreddi

    cara liliana,

    grazie per la lettura e l’attenzione. solo un paio di commenti:

    1) il titolo, come quasi sempre succede nell’editoria e nel giornalismo, non è mio, ma editoriale, appunto. il mio era “top models”, per le motivazioni presentate nell’introduzione del libro.

    2) mi stupisce veder chiamare il mio riassunto delle giustificazioni femministe alla sottorappresentazione delle donne nella scienza “un disarmante riassunto di secoli di luoghi comuni”. semmai, è vero il contrario: per secoli nessuno si è posto il problema, semplicemente giudicando le donne inferiori, e solo nel novecento le femministe hanno snocciolato esattamente le ragioni che ho brevemente riassunto. vedi, ad esempio:

    https://en.wikipedia.org/wiki/Women_in_STEM_fields

    evidentemente quelle ragioni sono deboli, e se una non è allertata non capisce appunto se sono luoghi comuni o slogan femministi (forse perché non c’è poi troppa differenza fra i due estremi). personalmente non ho affatto mirato a “provocare reazioni irritate o indignate”. semmai, a far riflettere sul problema, raccontando storie dalle quali ciascuno può trarre le conclusioni che vuole, e indicando in conclusione alcuni spunti di approfondimento. in altre parole, ho mostrato degli esempi pratici, e non ho scritto un saggio teorico sull’argomento.

    3) su chiara rossi non mi pronuncio. come disse de benedetti (il giornalista, non l’industriale): “non l’ho letta, e non mi piace”… (per ovvi motivi, almeno per chi mi conosce).

  • Caro Piergiorgio,
    grazie della gentile risposta alla recensione. Mi spiace molto che non le venga la curiosità di leggere Chiara Rossi! è un gran peccato, e non posso capire gli ovvi motivi perché non la conosco abbastanza. Se per caso cambia idea, le mando il libro.
    Sulle argomentazioni per la mancata presenza delle donne quelle mostrate nel capitolo finale non sembrano quelle di voci femministe. Se fosse così varrebbe la pena di presentarle anch’esse nella storia , e allora ci sono tante voci femministe ben più articolate, in particolare Angela Saini – che spero vorrà leggere se non lo ha fatto – recensita da me in questo stesso blog alla fine del 2019.
    Un caro saluto e buon lavoro

    • Cara Liliana,

      condivido i contenuti della tua recensione. Aggiungo solo che, oltre al titolo copiato “a sua insaputa”, anche il sottotitolo “Breve storia della scienza al femminile” è fuorviante: si tratta di medaglioni scollegati tra di loro dove prevale la descrizione dei contributi maschili alla scienza piuttosto che l’interesse per le biografie delle scienziate (vedi la ricostruzione delle biografie di Rosalind Franklin, Lise Meitner, Maryam Mirzakhami), quando non le si demolisce come nel caso di Mileva Maric-Einstein cui si attribuisce perfino la schizofrenia del figlio e si nega con compiacimento, ma senza prove, qualunque contributo alle teorie del marito. Le biografie – che dovrebbero esaltare il genio femminile – sono percorse da un sottile veleno misogino per screditare le donne e renderle odiose come nel caso di Barbara McClintock descritta come “un maschiaccio dal carattere scostante e dalla lingua affilata che le complicarono i rapporti con gli esseri umani” o di Rosalind Franklin dai “modi aristocratici e scostanti, mutuati dalla sua classe sociale e dal carattere anaffettivo e solitario, manifestato fin dall’infanzia e testimoniato dalla sua inesistente vita sentimentale”… Viene da concludere, come nei processi per stupro, che se le hanno rubato la foto che mostrava la struttura del DNA, se l’era proprio cercata… Mi fermo qui, il libro mi sembra un’ operazione commerciale che, se vogliamo restare in campo maschile, fa rimpiangere il bel saggio di Gabriele Lolli “La crisalide e la farfalla. Donne e matematica”.

      Ciao Sara

      PS. Secondo Odifreddi le scienziate di cui tratta il suo libro sono “le vere Top Models”, ma lo sa che miss America 2019 è una ricercatrice e che le donne possono e devono essere quello che desiderano al di là delle aspettative degli uomini?

  • Alcuni commenti sul libro di Odifreddi.
    Alcune biografie sono, nel complesso, interessanti, arricchenti e danno onore alle figure femminili presentate. Apprezzabile è il fatto che siano riportate manifestazioni di stima rivolte da scienziati uomini (per es. Gauss) a scienziate donne, e casi in cui c’è stima e incoraggiamento da parte del marito nei confronti degli interessi scientifici della moglie (es. Lord William King e Ada Lovelace), o una fattiva collaborazione scientifica tra i coinugi (Curie). Ma molti, troppi sono ancora i pregiudizi. Ad esempio, riguardo a Mileva Maric, l’autore esalta di fatto il marito Einstein e non perde occasione per evidenziare le défaillances di lei (rispetto al marito): la bocciatura, la sua depressione e schizofrenia, il non rispondere nel merito (in materia di fisica) alle lettere del marito, il non prendere la parola nelle discussioni scientifiche, il suo essere dopo un po’ di tempo una “semplice madre di famiglia”, ecc.. e questo con una connotazione che appare a chi legge come volutamente “distruttiva”, non tanto per condannare stereotipi imperanti. Inoltre, in più biografie (Maric, Youyou, Montalcini…) si sottolinea l’ “impossibilità” ad essere nello stesso tempo madre e scienziata: si narra (Maric, Youyou) di figlie letteralmente abbandonate in tenera età dalle madri per dedicarsi alla ricerca (non c’era altra soluzione? Possibile?), o di rinuncia a priori alla famiglia e alla maternità (Montalcini) (Peraltro, anche io tratto della Montalcini e dei suoi meriti scientifici, e parlo di come in ogni caso lei è stata “madre”, nel senso di educatrice e modello, per molti giovani). E’ vero, l’autore presenta anche i coniugi Curie, che hanno due figlie e le spronano a studi di alto livello, ed altri limitati casi in cui cita la presenza di figli. Ma poi, come mai tace che la Mirzakhani aveva un marito e una bambina? Nel mio libro, invece, dimostro che è sempre possibile l’essere al contempo una scienziata di alto livello e una buona madre (vedi la biologa Antonella Viola), anche di molti figli, per giunta (vedi l’ingegner Patrizia Livreri). Ancora: Odifreddi, come ricorda anche Sara Sesti, evidenzia il carattere difficile e arrogante, oppure scostante e anaffettivo di alcune donne (Sophie Germain, Rosalind Franklin, Barbara McClintock): era necessario? A cosa è servito evidenziare tali caratteristiche? Il libro è inoltre disseminato di digressioni su contributi maschili alle scoperte, in molti casi non funzionali alla descrizione dell’attività delle donne in questione. Infine: era così rilevante rimarcare che i Curie avessero inculcato alle figlie l’anticlericalismo, così come affermare che la maggioranza degli scienziati è atea, se poi si parla (giustamente) di santa Ildegarda di Bingen e di un’astronoma quacchera? (E comunque, il libro di Odifreddi l’ho letto, anche se non sono atea). Meno male che alla fine l’autore dice: “dovremmo domandarci se posizioni o lavori del genere, che richiedano un tale livello di intensità e dedizione, siano aspirazioni sensate da avere in assoluto: non soltanto per le donne, ma anche per gli uomini!”. Appunto. Domandarsi sempre, tutti, perché e per chi si sta lavorando.

  • piergiorgio odifreddi

    cara sara,

    grazie anzitutto per l’interesse e la lettura. rispondo brevemente ad alcuno dei tuoi punti (se posso permettermi il “tu”).

    1) come ho già detto sopra, il titolo, come quasi sempre succede nell’editoria e nel giornalismo, non è mio, ma editoriale, appunto. il mio era “top models”, per le motivazioni presentate nell’introduzione del libro.

    2) su mileva maric, mi sembra assurdo dire che “si nega senza prove qualunque contributo alle teorie del marito”. semmai, dovrebbero essere coloro che pensano che ci siano questi contributi, a produrre le prove. il fatto è che la maric è un pessimo esempio di esempio di “donna scienziata”, e la si è tirata per i capelli in una polemica senza senso (fatta, in alcuni casi, soprattutto per attirare l’attenzione su chi la polemica l’ha fatta: vedi la richiesta della greison di attribuire alla maric una laurea postuma, ovviamente rifiutata dal politecnico di zurigo). einstein non era sicuramente un uomo e un marito esemplare, ma questo non ha nulla a che vedere con i contributi scientifici della moglie. in altre parole, non è maschilismo negare i contributi di una donna dove non ci sono, semmai è femminismo deteriore volerglieli attribuire dove non ci sono.

    3) il caso della frankin è più complesso, perché nel suo caso i contributi alla scoperta della struttura della doppia elica ci sono sicuramente. ma non sono così determinanti da permettere di dire che sia stata lei a scoprirla, invece che watson e crick. nel capitolo su di lei ho voluto, a rischio di essere noioso e pedante, spiegare esattamente quali sono stati i sei o sette passi che hanno portato a quella scoperta, e chi li ha fatti. sono cose tecniche, che andrebbero discusse in maniera tecnica. se no, di nuovo, si rischia di fare propaganda, soltanto perché watson è antipatico o perché la franklin è morta anzitempo, cose che sono ininfluenti sulla discussione.

    4) sulla franklin e sulla mcclintock, ho riportato alcuni loro lati caratteriali negativi, esattamente come di altre ne ho riportati di positivi. di nuovo, non è misoginia dire che QUALCHE donna ha avuto problemi caratteriali: lo sarebbe dire che TUTTE li hanno. e mi sembra di nuovo femminismo deteriore pretendere che si debba sempre parlare bene di qualunque donna, a prescindere, anche nei casi in cui ci sono motivi per non farlo. lo possono fare coloro che pensano per stereotipi astratti, ma quando si parla di individui reali, c’è uno spettro variegato, e ciascuno (uomo o donna che sia) dev’essere trattato in maniera oggettiva. se no si fanno agiografie (come spesso si fanno, sulle donne e sugli uomini), e non biografie.

    5) non capisco cosa significhi l’osservazione che “miss america 2019 è una ricercatrice”: uno dei capitoli del mio libro parla di hedy lamarr, che era un’attrice, considerata “la donna più bella del mondo”. ma questo non permette certo di dedurre che allora il modello femminile proposto da “miss america” o da hollywood non sia, proprio quello, costruito in base alle aspettative degli uomini. naturalmente, se una donna desidera fare la “top model”, nel senso deteriore del termine, ovviamente può farlo: e infatti, una buona parte delle donne sceglie di farlo. ma poi non può lamentarsi se viene considerata una “top model”, e non una ricercatrice.

    6) quanto al fatto che un libro sia “una operazione commerciale”, non è certo una novità, visto che i libri si vendono, e non si regalano. ma se uno vuol vendere molte copie di un libro sulle donne scienziate, anzitutto sarebbe meglio che fosse donna, e non uomo, perché altrimenti rischia di trovare molte lettrici prevenute. e poi, in ogni caso, dovrebbe cercare di seguire accuratamente gli stereotipi di genere che vanno per la maggiore, e che in parte sono ripetuti nel tuo commento, invece di riportare onestamente i fatti, sulla base delle informazioni che ha…

  • piergiorgio odifreddi

    cara chiara,

    grazie anche a te (se posso permettermi il “tu”) per l’interesse e la lettura..

    1) su mileva maric ho già risposto sopra. ammetto che il capitolo su di lei sia “volutamente distruttivo”, ma non certo della sua persona, quanto piuttosto del caso che è stato sollevato ad arte e a sproposito (come ho già detto) sul suo contributo ai lavori di einstein. se nessuno l’avesse tirata in ballo senza motivo, non sarebbe stato necessario andare a rivangare la sua vita, i suoi lati oscuri e le sue tristi vicissitudini. ma personalmente trovo più onesto dire la verità, quando è spiacevole, che mentire, quando è conveniente.

    2) non ho certo sottolineato nel libro “l’impossibilità di essere madri e scienziate”. piuttosto, ho citato casi di donne che hanno ritenuto (loro, non io) che fosse impossibile conciliare le due cose (montalcini, franklin), così come ho citato casi contrari, di donne che sono state felicemente “mogli e madri”, per usare una espressione che la montalcini aborriva (kovalewskaja, curie, hodgkin). non ho citato la mirzhakhani, perché nel suo caso mi sono concentrato sul suo contributo matematico. i miei volevano essere ritratti letterari, non biografie complete, alle quali ho rimandato al fondo del libro.

    3) non vedo come tu possa dire che nel tuo libro (che purtroppo non ho letto) hai dimostrato che “è SEMPRE possibile essere scienziate e madri”: hai portato esempi al proposito, e l’ho fatto anch’io, ma ci sono anche i controesempi già citati, che mostrano che non è affatto SEMPRE possibile farlo. a volte si, e a volte no: dipende dalle donne, e non c’è una posizione condivisa delle interessate al proposito.

    4) sul carattere scostante di alcune donne, ho già risposto nel commento precedente. ma non ho capito se il tuo (e altrui) argomento sia che NESSUNA scienziata (o addirittura nessuna donna) ha mai avuto un tale carattere, o se invece pensi che non si debba dire che l’ha avuto (e perché, in tal caso). per la franklin, ad esempio, molte delle agiografe femministe americane usano lo stesso argomento, del carattere scostante, a proposito di watson: lo si può dire per gli uomini, e non per le donne? io ho detto che l’avevano entrambi, e che per questo non andavano d’accordo. il che spiega in parte il loro rapporto tempestoso, e dunque è rilevante per il racconto (ma NON per la determinazione di chi ha scoperto la doppia elica).

    5) sulla religione, è sicuramente rilevante il fatto che la stragrande maggioranza degli scienziati (uomini o donne) sia atea o agnostica, secondo le statistiche (93 per 100 per la “royal society”, 85 per 100 per “avvenire”). ma poiché maggioranza non significa tutti, non ho problema a nascondermi dietro un dito, e dire che qualche scienziato (uomo o donna) è religioso, quando lo è. e comunque, nel caso dei curie l’anticlericalismo era rilevante, perché non si trattava di un fatto secondario, ma di una scelta apertamente controcorrente di vita e di educazione. così come è rilevante il quaccherismo della bell, che secondo me è uno dei motivi che le hanno permesso di prendere così bene l’esclusione dal premio nobel, in un caso in cui c’è stata sicuramente una discriminazione nei suoi confronti (a differenza dei casi sbagliati su cui a volte la propaganda femminista si concentra, dalla maric alla franklin).

    6) sono contento che almeno tu abbia apprezzato la mia posizione finale, a proposito del modello maschile di vita e di ricerca. finora sei l’unica ad averla notata (non solo qui, ma in generale).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *