Il genocidio e la pulizia etnica continuano senza sosta

articoli e video di Alessandro Orsini, Moni Ovadia, Michele Giorgio, Clara Mattei, Piernicola Pedicini, Lee Mordechai, Bashir Al-Sisi, con un disegno di mr.fish

 

 

 

Alessandro Orsini – Le democrazie occidentali, le dittature e l’antropologia culturale

C’è questa idea senza alcun fondamento empirico secondo cui le democrazie occidentali sono sempre migliori delle dittature. Lo studio della storia smentisce questo pregiudizio.

Ci sono dittature che non uccidono nessuno e democrazie che compiono massacri. Gli Stati Uniti e Israele sono due democrazie occidentali. Eppure stanno sterminando il popolo palestinese. Di contro, la Corea del Nord è una dittatura, ma non sta sterminando nessuno.

Sotto il profilo dell’antropologia culturale, l’idea secondo cui le democrazie occidentali sono sempre “migliori” è radicata nella concezione razzista del mondo tipica dell’uomo europeo. Un tempo gli europei pensavano che i bianchi fossero superiori ai neri. Poi il razzismo dell’uomo europeo si è spostato dal colore della pelle al tipo di regime politico. Tuttavia, la conclusione è sempre la stessa: gli europei sono superiori. Gli intellettuali occidentali hanno elaborato molte strategie cognitive per preservare la credenza che l’Occidente sia una civiltà superiore. Poi, periodicamente, arriva una nuova Gaza.

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Sono centinaia i corpi nelle fosse comuni di Khan YunisMichele Giorgio 

300 cadaveri palestinesi allo Shifa, altri 283 corpi recuperati nella fossa comune dell’ospedale Nasser, terminato l’assedio israeliano. Donne, bambini, anziani, alcuni giustiziati e irriconoscibili. L’ennesimo crimine di guerra che l’occidente non vede

di Michele Giorgio da il manifesto

«Vorrei dargli una sepoltura degna e pregare sulla sua tomba, solo questo», diceva ieri in un video una donna affacciandosi sulla fossa comune individuata accanto all’ospedale Nasser di Khan Yunis. Si riferiva al figlio 21enne scomparso da due mesi nella zona del complesso medico più importante nel sud di Gaza, occupato dalle truppe israeliane nelle scorse settimane. Difficilmente riuscirebbe a identificarlo. I corpi sono in avanzato stato di decomposizione. Appena recuperati, per ragioni sanitarie, vengono subito avvolti in sudari bianchi. Solo alcuni sono stati identificati grazie al ritrovamento dei documenti.

Ieri ne sono stati recuperati altri 73, da tre fosse comuni. In quella più grande, scoperta sabato, sono stati trovati 210 cadaveri di giovani e anziani e di donne. «Alcuni erano ammanettati e spogliati dei vestiti, altri sono stati giustiziati a sangue freddo» ha detto un medico del Nasser accusando l’esercito israeliano di aver cercato di «nascondere i suoi crimini» seppellendo frettolosamente i morti. La stessa accusa rivolta a Israele dalle squadre della Protezione civile che nei giorni scorsi hanno recuperato i corpi di circa 300 persone uccise da bombardamenti e combattimenti dentro e intorno all’ospedale Shifa di Gaza city. «Ci aspettiamo di trovare altri 200 corpi nelle fosse comuni», ha previsto Ismail Thawabta, direttore dell’ufficio stampa governativo.

Il calvario di Khan Yunis non è terminato. Nella parte orientale della città ridotta in gran parte in macerie, ieri sono rientrate all’improvviso le truppe israeliane mettendo in fuga le famiglie tornate da pochi giorni nelle abitazioni ancora in piedi. Sono scappate ad Abasan oppure hanno raggiunto i rifugi dell’Onu già pieni di sfollati. Bombe anche su Rafah dove la popolazione e un milione di sfollati attendono l’assalto di Israele. Netanyahu due giorni fa ha annunciato l’avvio di intense operazioni militari a Gaza come unica strada per «distruggere» Hamas e riportare a casa gli oltre 100 ostaggi israeliani.

Tra domenica e lunedì i raid aerei hanno uccisi 22 civili, tra di essi numerosi bambini, a Tel Al Sultan e altre zone di Rafah. I medici dell’ospedale degli Emirati hanno fatto venire alla luce un bimbo operando un taglio cesareo sulla madre, uccisa da un raid aereo. In un video si vede la concitazione dei sanitari dopo il salvataggio e il piccolo che poi viene messo in un’incubatrice. «La madre, Sabrin Sakani, era incinta alla trentesima settimana – ha raccontato un medico – Le condizioni del neonato sono stabili, dovrà restare qui tre 3-4 settimane. Poi dopo andrà dai nonni, zii, uno dei familiari». Un bambino che è nato già orfano.

In Cisgiordania resta forte lo sdegno per l’uccisione di almeno 14 palestinesi, diversi dei quali combattenti, durante la lunga incursione dell’esercito israeliano nel campo profughi di Nur Shams e in alcune aree della adiacente città di Tulkarem. Domenica si sono tenuti i funerali delle vittime, tra cui però non figura più Mohammed Jaber, detto Abu Shujaa, un giovane capo militare del Jihad Islami molto popolare a Nur Shams. Dato per ucciso da Israele, Abu Shujaa è invece riapparso ed è stato portato in spalla da decine di persone. Cadono nel vuoto, intanto, le proteste per i raid dei coloni israeliani nei villaggi palestinesi tra Nablus e Ramallah. Dopo l’uccisione di un adolescente israeliano, almeno quattro palestinesi, tra cui un autista di ambulanza, sono stati uccisi dal fuoco di coloni.

Netanyahu e un po’ tutto Israele, hanno accolto con rabbia l’ipotesi di sanzioni degli Usa, per «violazioni dei diritti umani» in Cisgiordania, al Battaglione Netzah Yehuda. Secondo il premier e il leader centrista Benny Gantz, l’eventuale passo americano sarebbe «il massimo dell’assurdità» e hanno annunciato un’opposizione netta alla decisione. Il Battaglione Netzah Yehuda è stato fondato nel 1999 ed è formato da religiosi ultraortodossi. Ora è impiegato a Gaza. Negli ultimi anni i suoi soldati sono stati accusati varie volte di gravi abusi a danno di civili palestinesi. Se la decisione sarà confermata, rappresenterà un precedente anche per le corti internazionali competenti per crimini di guerra.

Ieri però più che del battaglione degli ultraortodossi, in Israele si parlava della lettera di dimissioni presentata da Aharon Haliva, il generale al comando dell’intelligence militare il 7 ottobre, quando Hamas ha attaccato il sud dello Stato ebraico (circa 1.200 morti, 253 presi in ostaggio). Spiegando che resterà in carica fino alla nomina di un sostituto, Haliva si è assunto la responsabilità per il «fallimento» di quel giorno in cui, assieme ai suoi uomini, si è fatto cogliere di sorpresa da Hamas.  Le dimissioni accresceranno le pressioni su Netanyahu che pubblicamente ha ammesso solo in parte le sue colpe e ha rinviato ogni decisione alla fine della guerra. «Sarebbe opportuno che il primo ministro Netanyahu facesse lo stesso», ha prontamente commentato il capo dell’opposizione Yair Lapid.

È il momento della rivincita dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che assiste i profughi palestinesi. Israele «deve ancora fornire prove a sostegno» delle accuse secondo cui alcuni dipendenti dell’agenzia sono membri di Hamas. Lo afferma l’indagine indipendente guidata dall’ex ministro degli Esteri francese Catherine Colonna. Il rapporto commissionato sulla scia dell’accusa israeliana che almeno 12 dipendenti dell’Unrwa avrebbero partecipato al 7 ottobre, rileva che l’agenzia umanitaria aveva regolarmente fornito a Israele elenchi dei suoi dipendenti da sottoporre a controllo e che «il governo israeliano non ha informato l’Unrwa di alcuna preoccupazione relativa al suo personale». A causa delle accuse israeliane gli Usa, l’Italia e altri paesi occidentali hanno tagliato i finanziamenti all’Unrwa nonostante le enormi necessità di 2,3 milioni di palestinesi a Gaza.

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QUI Le bambine e i bambini di Gaza salutano gli studenti solidali delle università statunitensi

 

 

Sei mesi di crimini di guerra a Gaza – Lee Mordechai

In questi sei mesi Israele ha ucciso i civili di Gaza, distrutto infrastrutture e ospedali, limitato l’accesso a beni di prima necessità e compiuto una progressiva pulizia etnica. Ecco le prove che documentano questa operazione

Negli ultimi sei mesi, Israele ha ripetutamente massacrato i palestinesi di Gaza, causando la morte di ben oltre trentamila palestinesi, di cui circa il 70% sono donne e bambini. Altre decine di migliaia di persone sono rimaste ferite. Queste stime sono probabilmente per difetto, considerando la deliberata distruzione da parte di Israele del sistema sanitario di Gaza, che è l’unica fonte indipendente di questi dati (che sono utilizzati anche da Israele, compreso il suo primo ministro e l’esercito).

Israele ha cercato attivamente di provocare la morte della popolazione civile di Gaza. Lo ha fatto attraverso la distruzione di istituzioni civili o umanitarie – come ospedali o agenzie di supporto–- e chiudendo la Striscia di Gaza alle sue necessità: cibo, acqua e medicine. Di conseguenza, la popolazione di Gaza (soprattutto bambini) ha già iniziato a morire di fame e disidratazione.

A causa della mancanza di medicine, procedure mediche difficili come amputazioni e cesarei sono condotte senza anestesia. Israele si è spinto oltre nel tentativo di distruggere il tessuto della società palestinese prendendo deliberatamente di mira istituzioni culturali come università, biblioteche, archivi, edifici religiosi e siti storici.

Disumanizzazione

Il discorso israeliano ha disumanizzato i palestinesi a tal punto che la stragrande maggioranza degli ebrei israeliani sostiene le misure sopra citate. Innumerevoli video dalla Striscia di Gaza difffusi da soldati dell’esercito israeliano attestano ampi abusi nei confronti dei palestinesi (tra cui violenze crudeli e disumanizzazione), saccheggi continui, ormai la norma, e la distruzione selvaggia di ogni tipo di proprietà senza che vi siano state conseguenze.

Il quadro è confermato da testimonianze palestinesi che descrivono l’esperienza palestinese di morte, distruzione e abusi durante la detenzione da parte dell’apparato di sicurezza israeliano.

Tutte le prove che ho visto suggeriscono nettamente che uno degli obiettivi di Israele è stata la pulizia etnica di Gaza, in parte o complessivamente. Membri chiave del governo israeliano hanno rilasciato dichiarazioni che confermano questo intento in diversi momenti della guerra. Diversi ministeri del governo israeliano hanno pianificato o lavorato per facilitare tale fine. Israele ha sgomberato parti significative della Striscia di Gaza con demolizioni e bulldozer, costruendo allo stesso tempo infrastrutture militari e tentando di confinare i palestinesi in aree limitate della Striscia, già densamente popolata.

L’attenzione globale su Gaza ha distolto l’attenzione dalla Cisgiordania. Lì, le operazioni di Israele attraverso i suoi militari o i coloni dall’inizio della guerra hanno portato all’uccisione di centinaia di palestinesi, alla pulizia etnica di almeno quindici comunità locali e a un forte aumento dei livelli di violenza e di abuso da parte dello Stato israeliano e dei coloni ebrei.

Tutto ciò è stato possibile grazie al forte sostegno della maggior parte dei media mainstream in Israele e in Occidente, soprattutto negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Germania. La campagna a favore della guerra – sostenuta sia dai governi che dai media mainstream di questi paesi – ha legittimato la violenza e le azioni israeliane, distogliendo l’attenzione da molti eventi a Gaza e contribuendo alla disumanizzazione dei palestinesi.

Inoltre, Israele non ha permesso a reporter indipendenti di entrare nella Striscia di Gaza nei sei mesi di guerra finora trascorsi, amplificando la propria voce e limitando la capacità del mondo di comprendere l’esperienza della guerra…

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Un appello carico di sangue e di dolore lanciato dai sindacati dei lavoratori e delle professioni di Gaza

Riceviamo e subito pubblichiamo questo appello “carico di sangue e di dolore” dei sindacati dei lavoratori e delle professioni di Gaza affinché finisca “il silenzio e l’indifferenza dei sindacati internazionali” (fatte salve alcune eccezioni) di fronte al “crimine del secolo” perpetrato contro il popolo palestinese dallo stato di Israele e dai suoi padrini e complici, che – evidentemente – spetta ai lavoratori e alle lavoratrici più coscienti e al sindacalismo militante accogliere e trasformare in azioni di solidarietà di classe, data la profonda integrazione delle burocrazie sindacali europee e occidentali dentro le logiche e le strutture statuali, dentro le logiche e le strutture dell’imperialismo. (Red.)

Cari compagni nei sindacati dei lavoratori in Europa,

Con il cuore pieno di dolore e di sangue, nei campi profughi, tra le macerie e sulle rovine delle nostre officine, fabbriche e negozi completamente distrutti dall’aggressione “israeliana” con armi di fabbricazione statunitense ed europea, proibite a livello internazionale, rivolgiamo questo nuovo e urgente appello a voi.

Invece di festeggiare insieme il giorno internazionale dei lavoratori, viviamo questo giorno mentre siamo occupati a seppellire decine di coloro che cadono martiri ogni ora, in mezzo a una guerra di sterminio contro il nostro popolo, in cui ogni cosa nel territorio è devastata, dagli ospedali e strutture sanitarie, alle scuole, università, strade, infrastrutture e fabbriche. Neanche i bambini non ancora nati sono risparmiati dai bombardamenti israeliani.

Viviamo il crimine del secolo perpetrato contro di noi, e questa guerra distruttiva e le sue catastrofiche conseguenze sul campo, economiche e di vita quotidiana, ci costringono, come sindacati dei lavoratori e delle professioni a Gaza, ad assumerci grandi responsabilità nel raccogliere le macerie del nostro popolo, medicare le sue ferite e dolori, e il nostro ruolo nel trasmettere l’immagine di questa sofferenza senza precedenti e della catastrofe umanitaria e ambientale. Noi, del nostro popolo, non abbiamo potuto e non possiamo più dissociarci da questa realtà. Abbiamo perso migliaia di lavoratori. Nonostante i nostri sforzi nell’aiutare il nostro popolo con il limitato supporto che riceviamo e nel far sentire alta la voce del nostro popolo nelle sedi internazionali, ci siamo scontrati con silenzio e indifferenza da parte dei sindacati internazionali.

Ad onor del vero va riconosciuto il ruolo importante di alcuni sindacati esteri che hanno guidato localmente le proteste contro la guerra di sterminio sionista su Gaza.

Cari compagni dei sindacati e delle federazioni dei lavoratori, una serie di temi emersi durante l’aggressione vanno sottolineati. In particolare:

1) La gravità del crimine e dello sterminio commesso contro il nostro popolo e la vera posizione degli Stati Uniti e dell’Europa, favorevoli all’aggressione, devono essere esposti e denunciati dai sindacati e dalle federazioni, così da affrontarli e contrastarli. E’ necessario continuare la protesta, diffonderla e esercitare pressioni per porre fine all’esportazione di armi statunitensi verso l’entità sionista, e per spingere i governi capitalisti ad abbandonare queste posizioni ostili al popolo palestinese.

2) Vanno denunciate le decisioni di licenziare o terminare i contratti di migliaia di dipendenti e lavoratori a Gaza da parte di alcune istituzioni locali, arabe e internazionali, legate alla guerra di sterminio o finalizzata a privare i lavoratori dei loro diritti e indennità, invece di rafforzare il sostegno a questi dipendenti e lavoratori e attuare pacchetti di supporto al posto del licenziamento. Questo argomento deve essere al centro delle vostre preoccupazioni e lotte.

3) Va denunciato l’atteggiamento remissivo dei sindacati internazionali, inclusa l’Internazionale dei Lavoratori, che si è distinta per posizioni leggere e dichiarazioni di facciata, senza azioni concrete sul campo mirate a pressare i decisori politici e a fermare la guerra di sterminio. Le attività sindacali si sono limitate alle conferenze e alle dichiarazioni, senza approfondire la questione del soccorso o influenzare l’opinione pubblica internazionale per denunciare la vera natura criminale del sionismo e le pratiche dei paesi alleati. Questo problema deve essere affrontato con l’adozione di una posizione efficace e decisa, che si imponga a livello internazionale. Tra le azioni necessarie c’è la lotta per vietare ai sindacati dei lavoratori di tutto il mondo di collaborare con l’entità sionista, considerandola complice nella guerra di sterminio.

In particolare, chiediamo ai sindacati di tutto il mondo, e specialmente a quelli attivi in Europa e negli Stati Uniti, di prendere la decisione di boicottare l’attività economica per protesta contro il loro ruolo nella guerra di sterminio. L’ impatto che i sindacati possono avere negli Stati Uniti e in Europa è significativo, e dovrebbe essere tradotto in un forte supporto sul fronte umanitario per centinaia di migliaia di famiglie di lavoratori, che hanno perso le loro case o le loro fonti di sostentamento, contribuendo a progetti e fondi di assistenza per i lavoratori e assicurando loro sicurezza finanziaria temporanea, in coordinamento con i sindacati palestinesi e l’Internazionale dei Lavoratori, per alleviare la sofferenza di centinaia di migliaia di nostri cittadini.

Cari compagni, vi esortiamo ad essere la nostra voce, la nostra arma e le nostre voci in tutte le capitali del mondo. Ciò che il nostro popolo e i lavoratori, in particolare, subiscono è la peggiore catastrofe conosciuta dall’umanità nel XXI secolo. Questo vi addossa la responsabilità di far sentire la nostra voce e la voce dei nostri operai affamati a tutti, non solo ai vostri popoli e governi, ma al mondo intero. C’è una nazione sotto il fuoco di ogni tipo di munizioni, ma è determinata a vivere e a resistere, e a ricostruire la desolazione che si è creata con la sua pelle, il suo sangue e i suoi sacrifici.

Grazie per i vostri sforzi e buona Festa del Lavoro.

Sicuramente, porteremo il vessillo della vittoria nonostante il massacro e la distruzione.

Dai vostri compagni, i sindacati dei lavoratori e delle professioni nella Striscia di Gaza,

Bashir Al-Sisi, Membro della Segreteria Generale dell’Unione Generale dei Lavoratori Palestinesi – Città di Gaza

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redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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