Il programma è Buen Vivir

di Gabriela De Cicco (20 gennaio) per Awid, Association for Women’s Rights In Development
Intervista alll’economista ecuadoriana Magdalena León di Remte, la Rete delle donne latino-americane per la trasformazione dell’economia;  traduzione e adattamento di Maria G. Di Rienzo.

L’approccio del “ben vivere” (“buen vivir”, o “sumak kawsay” in Quechua) promuove la vita ed il bilanciamento fra esseri umani ed altri esseri viventi, in modo da coesistere in armonia con la natura. L’Ecuador, come la Bolivia, ha incluso ii concetto di “ben vivere” nella propria Costituzione ed entrambi i Paesi considerano la natura come un’entità legale portatrice di diritti.

AWID: Per favore, parlaci dei processi che hanno condotto all’inclusione del “Buen Vivir” nella Costituzione ecuadoriana.

Magdalena León (ML): L’Assemblea Costituzionale dell’Ecuador redasse una Costituzione che passò per referendum nel settembre 2008. Creammo un’Assemblea Costituzionale con ampio mandato al fine di costruire nuove fondamenta per il Paese. La nostra sfida era ricreare lo Stato e avevamo un’agenda ambiziosa, che intendeva cambiarlo interamente. Fummo in grado di includere il “Buen Vivir” perché provenivamo da una traiettoria che aveva messo in questione non solo il neoliberismo, ma anche il sistema capitalistico nel suo insieme, a livello nazionale e regionale.
Quando pensammo all’Assemblea Costituente in Ecuador, con un cambiamento radicale al suo orizzonte, esaminammo non solo i saperi che avevamo accumulato noi, ma anche quelli della regione latino-americana, per essere in grado di identificare le istanze chiave che sarebbero state ridefinite da quell’orizzonte.

AWID: Una volta incluso nella Costituzione, quali furono i passi successivi?

ML: La fase dell’Assemblea Costituzionale fu un momento straordinario in Ecuador. Venivamo da un periodo di instabilità e di tali terribili fallimenti nel maneggio dell’economia e della politica da parte dei settori tradizionali, che erano perciò completamente screditati e l’intera società era concentrata sul trovare alternative: così, non fu difficile far passare la nuova Costituzione.
Al momento di decidere la propria agenda come governo, “Alianza País” – lo spettro di organizzazioni e movimenti ora al potere – si impegnò in un esercizio molto innovativo di costruzione collettiva, aggiungendo altre agende alla propria. Collezionarono proposte e alternative che non erano mai circolate tramite i canali convenzionali prima d’allora, neppure attraverso quelli della Sinistra, inclusa la diversità sessuale e agende radicali femministe. Ci chiedemmo: guardando con la lente femminista come sarebbe la proposta di ricreare lo Stato? E in qualche modo facemmo in modo di imprimere nella Costituzione la visione risultante.

AWID: Che impatto ha avuto la visione femminista sulla nuova Costituzione?

ML: Da un lato, nella parte della Costituzione che si occupa dei diritti umani abbiamo continuità, affermazione ed approfondimento, ma la novità stette nel ridefinire il sistema in cui avremmo vissuto. Abbiamo sostenuto con forza “Buen Vivir”, persino ridefinendo ciò che si identifica come lavoro ed i suoi scopi, nonché le definizioni di “sistema economico” e “regime economico”.
“Buen Vivir” trovò presto un’eco nella nostra visione femminista, poiché condividiamo la stessa visione della vita e della riproduzione della vita come asse al posto del mercato. Nella precedente Costituzione, il lavoro era inteso come impiego formale, mentre altre attività erano considerate informali. Abbiamo fatto in modo di ridefinire il lavoro, come attività che produce beni e servizi – sia nel mercato sia nella sfera pubblica – allargando lo scopo del diritto al lavoro e dei diritti correlati al lavoro. Tutte le forme di lavoro non pagato sono state riconosciute, e l’economia di cura è stata prevista in forma diretta o indiretta. L’economia è stata trasformata in sociale e solidale, considerando i diversi modi di organizzare la produzioni e la proprietà. Nella fase neoliberista le donne non erano invisibili, erano visibili ma legate ad un’agenda di anti-povertà, non ad un’agenda di definizioni economiche nel loro insieme. Questo è stato il salto che abbiamo fatto.

AWID: Dopo quasi quattro anni come stanno andando le cose e qual è il ruolo del movimento delle donne?

ML: Prima dell’Assemblea Costituzionale il movimento delle donne scelse di partecipare al processo trasformativo, usando l’opportunità per definire dove il Paese stava andando e come. Abbiamo usato tutti gli spazi disponibili, ma senza avere abbastanza capacità. Ammetto che ci piacerebbe avere più abilità, più possibilità per produrre proposte fattibili e strumenti per rendere realizzabile questa grande e nuova visione, ma facciamo quel che possiamo in uno spazio di compartecipazione e contributo alle politiche pubbliche. Quel che sta accadendo nel movimento delle donne è simile a ciò che accade ad altri movimenti in periodi di aggiustamento del focus e di riposizionamento. Alcune si stanno ancora attenendo ad agende settoriali e non vedono che la nuova agenda è stata in grado di andare oltre.
La realtà è che il sistema capitalistico è ancora egemonico; settori che rappresentano il potere economico e politico sono stati colpiti, ma ci sono ancora. Il cambiamento non avviene senza contraddizioni e conflitti – e questo è il punto in cui siamo ora. Fino a che grado la Costituzione è stata recepita e implementata? Questa è l’agenda a lungo termine e dobbiamo avvantaggiarci di questo momento per compiere avanzamenti il più possibile, prima che altre forze ed altri interessi si riprendano.

AWID: Come proposta, il “ben vivere” si applica sia alle zone rurali sia a quelle urbane?

ML: Al Social Forum delle Americhe le nostre compañeras di São Paulo dicevano: “Suona grandioso, ma in che modo funziona in una città come la nostra?”. E noi chiedevamo loro: “Non respirate, non consumate acqua e cibo ed energia? In questo modo avete relazione con gli elementi base della vostra vita”.  Perché “Buen Vivir” è questo, è il mettere gli elementi base della vita al centro: la loro esistenza, la loro riproduzione, le condizioni in cui sono prodotti e come renderli sostenibili nel tempo. Ciò si applica alla contadina Mapuche che lavora la terra e alla funzionaria di banca, così come ai loro corrispettivi maschili. Stiamo parlando dei processi della vita, degli elementi della vita e di come sono connessi al lavoro. Questo implica mettere il lavoro come asse portante e ci permette di rimettere in esso le istanze di cura, e le donne.
Le interpretazioni tradizionali vedevano il lavoro di cura come qualcosa di orribile che nessuno voleva fare; storicamente, è stato assegnato alle donne come obbligo. Ma se consideriamo il fatto che tutte le forme di vita hanno bisogno di cura (la vita umana, la natura, l’acqua, la terra) allora la cura diventa una categoria chiave e non c’è cura senza lavoro, perciò la nostra comprensione del lavoro cambia, non solo del lavoro non pagato, ma del lavoro in generale. Dobbiamo rivalutare il lavoro in tutte le sue forme e riesaminare come tali forme sono remunerate, nel mentre consideriamo altri modi di bilanciare la distribuzione del lavoro stesso. Allora possiamo ripensare le città, la vita urbana e la vita lavorativa industriale.

AWID: A livello di regione latino-americana come vedi le alternative ai modelli di sviluppo prevalenti? E che cooperazione può fornire l’Ecuador?

ML: Il recente “Summit di America Latina e Caraibi sull’integrazione e lo sviluppo” ha evidenziato l’eccezionale momento politico che stiamo vivendo, ma è anche una situazione fragile e potrebbe essere temporanea. Perciò i Paesi latino-americani come l’Ecuador, il Venezuela e la Bolivia hanno il compito di dimostrare che un altro modello è praticabile ed è possibile.
Allo stesso tempo, la profondità dei cambiamenti a livello nazionale è assai dipendente dalle dinamiche regionali che contribuiscono ad un mutamento nella bilancia di potere per renderla più ampia e più globale. Per esempio a livello monetario, finanziario, i nostri dilemmi e problemi non possono essere risolti su base nazionale, ma necessitano di essere risolti su base regionale, e qui è determinante la nuova architettura finanziaria. Perché al di là di quanto indipendenti siamo nei singoli Paesi, il grado di dipendenza del nostro sistema finanziario dal sistema economico internazionale pone un limite alle nostre aspirazioni se ci manca il sostegno di un progetto più regionale (o se manchiamo di farne parte): un progetto che generi linee guida e indicazioni su un differente bilanciamento del potere, rendendo i cambiamenti possibili.

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