La mafia al Nord Est esiste e…

il libro di Luana De Francisco, Ugo Dinello e Giampiero Rossi vi dice quello che vorreste sapere ma forse “è meglio” non chiedere (meno che mai ai grandi media)

di Fabrizio Melodia

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«Come agisce la mafia al di fuori dei “suoi” territori? E come si organizza quando arriva nel Nord-Est d’Italia? Domande che un tempo suonavano astratte – e per qualcuno lo sono ancora – ma a cui ormai è la cronaca a rispondere. Ecco una famiglia di Cosa nostra che trasferisce il proprio quartier generale da Palermo a Mestre e, tra laguna e terraferma, avvia nuovi business criminali. Oppure ecco i clan della camorra napoletana che scoprono quanto siano ben disposti nei loro confronti gli imprenditori del Triveneto e si infiltrano rapidamente nel tessuto economico della zona. Ed ecco la rete della ’ndrangheta che, riproducendo un modello ormai collaudato anche lontano dalla Calabria, assedia “con discrezione” imprese e pubbliche amministrazioni, conquistando cantieri e appoggi politici tra Verona e Padova». Questo è l’incipit dell’esplosiva inchiesta che negli intenti degli autori Giampiero Rossi, Ugo Dinello e Luana Di Francisco intende squarciare come una lama tagliente il velo di perbenismo e operosa onestà del ricco e miracoloso Nord, fors’anche Est.
Con puntigliosa precisione, in questo libro verrete sprofondati nei misteri della banda di Felice Maniero, fino alla sciagurata amministrazione di Giancarlo Galan, alle mazzette del MOSE e ai disastri ambientali a esso connesso.
Non importa che il ricco Nord Est si sia sempre fatto riguardo dal definirsi mafioso però “loro” sono contro lo Stato vessatorio, “loro” le tasse non le vogliono pagare, esattamente come i “terroni” al Sud. Però “loro” dicono che tutto il Sud vive come parassita sulle spalle delle industrie dell’Italia dabbene e allora… Luoghi comuni certamente fortissimi: non per nulla l’odio instillato da certe etnie – più o meno inventate da certe forze politiche, non solo la Lega Nord – ci ha ormai abituati, da molti anni, a sentire persino proclami razzisti e/o nazistoidi.
Come non ricordare la guerra che si faceva al Nord contro i “terroni” che emigravano alla Fiat e che sottostavano a una mafia peggiore di quella che avevano magari lasciato al proprio paesello?
Nel ricco Nord Est si è sempre avuta l’accortezza di fare i mafiosi non alla luce del sole, si fa tutto di nascosto e guai a far trapelare anche la minima informazione fuori dai canali controllabili.
E’ di recente esploso lo scandalo MOSE ma nel veneziano è da molti anni – cioè da quando nel 1989 fu inaugurata il primo modello di paratia mobile al cospetto di un soddisfatto Gianni De Michelis – che si lotta contro una Grande Opera inutile, dispendiosa e in termini d’impatto ambientale un vero e proprio incubo. Eppure il MOSE si fa, e coloro che protestano (o che solo fanno domande, che chiedono di vedere i conti e i progetti…) vengono additati come nemici del progresso e del Bene, quando in realtà tale opera giova solo alle tasche dei soliti noti.
Come non ricordare la grancassa della banda Maniero o del famigerato Vallanzasca, sicuramente lontanissimi – per nobiltà d’animo – dalla figura di molti briganti ribelli allo sciagurato regno dei Savoia?
Ricordiamo invece la lotta nella fabbriche di Marghera, in particolare alla Fincantieri, dove alcuni coraggiosi operai e sindacalisti per anni hanno denunciato la mafia dei subappalti e delle mancate sicurezze sul lavoro e sulle paghe in nero, con il risultato che persino alcuni operai li accusavano di “scassar i maroni”, come si dice in dialetto. Per non parlare del professor Vallerani e del sindacalista Sabiucciu che per anni sono stati sotto scorta a seguito di alcuni attentati.
Quindi verrebbe da dire “niente di nuovo sotto il sole” – almeno per le poche persone che davvero si informano – se non fosse che in questa inchiesta si assiste a una vera e propria autopsia del sistema mafioso al Nord, con buona pace di chi continua a vedere l’Eldorado dell’onestà … che forse non c’è mai stato.

L’inchiesta mette in luce il tessuto marcio su cui si è fondato questo mito e come i Bossi, i Maroni e i Salvini siano ben lungi da essere santi, almeno quanto la sciagurata gestione Galan, che – per dirne una – ha permesso una speculazione mafiosa quale l’Ospedale dell’Angelo a Mestre.
Un libro che fa pensare, importante: affresco impietoso dell’Italia sconvolta dalla mafia ma anche dalle politiche neoliberiste e aziendaliste (le quali hanno affossato sanità, istruzione, lavoro e Stato sociale in ogni forma di Bene Comune) e che proprio per questo ben si intrecciano con la grande criminalità.
E per concludere in modo degno: «Negare un fenomeno è semplice. Additare la mafia alle giovani generazioni solo come il picciotto con la coppola è ingannarli. Per battere un fenomeno mafioso bisogna vivere e insegnare la bellezza e gli enormi vantaggi della legalità. Se si accettano zone grigie, se si accetta che “in fondo evadere non è nulla”, che “corrompere è un reato minore”, che “era solo un favore”, allora si sono già spalancate le porte alla mafia e all’idea di vivere soggiogati agli interessi di pochi». Da qui dovrebbe ripartire la lotta del NordEst e dello Stato contro le mafie, cpme affermano gli autori alla fine del loro bel libro.

«MAFIA A NORD EST. Corruzione, riciclaggio, disastri ambientali. La prima inchiesta che mostra che la mafia esiste, anche nel profondo Nord»
di Luana De Francisco, Ugo Dinello, Giampiero Rossi
BUR
334 pagine per 14 euri

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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