La malattia cronica della sanità italiana

di Gianluca Ricciato

Malasanità: il 22 giugno 1993 la svolta con l’arresto del ministro Francesco De Lorenzo e poi di Duilio Poggiolini.

 

L’Unità del 23 giugno 1993

Prende sempre lo sconcerto nel leggere le vicende giudiziarie innescate il 22 giugno 1993 con l’arresto del ministro della sanità Francesco De Lorenzo, e poco dopo del direttore del sistema farmaceutico Duilio Poggiolini. Oppure nell’evocare espressioni ormai cult della storia italiana legata al capitolo sanità di Tangentopoli: «sua sanità», «sangue infetto», «malasanità», «Re Mida della sanità». Così è almeno per chi come me in quell’epoca era adolescente e ha assistito in diretta al crollo dall’interno di un sistema politico, svergognato da uno dei suoi poteri costituzionali, il potere giudiziario. E tutta la contraddittorietà che questo fatto si porta dietro in quanto «rivoluzione a suon di manette» e tutta intestina ai poteri dello Stato italiano.

Lo sconcerto però si moltiplica nell’apprendere che oggi quei nomi, quelle aziende private, quelle multinazionali del farmaco, quelle modalità che Poggiolini definì eufemisticamente come un adagiarsi «in quella che voi giudici chiamate situazione di corruzione ambientale»(1) sono in buona parte ancora protagoniste dell’attualità. Lo sconcerto si trasforma allora in dubbio consistente: che quelle modalità di corruzione del sistema sanitario da parte di aziende private interessate principalmente al profitto allora fosse solo agli albori, mentre ora, nel 2020 della pandemia globale, è a pieno regime. E che la rivoluzione italiana delle manette, in questo caso, sia stata solo un tentativo ammirevole ma inconsistente di fermare un sistema di potere troppo forte: la globalizzazione vincente delle multinazionali chimico-farmaceutiche.

Un tentativo dettato in quel momento dallo scoprire però qualcosa di troppo forte, letteralmente osceno: «Le tangenti sul prezzo delle medicine… vuol dire taglieggiare i vecchi, i malati, i più deboli», dissero i giudici allora, allibiti. (2)

Data la mole e la complessità dei fatti da allora emersi, e senza cercare di farne qui una tesina di storia contemporanea, provo ad evidenziarne i tratti salienti rimandando a testi significativi che in questi anni ne hanno parlato. I testi non sono molti, sono alcuni libri e articoli, importanti ma sicuramente insufficienti rispetto all’entità della faccenda. Segno forse anche questo che l’informazione e la cultura italiane, soprattutto quelle di proprietà industriale, non provano esattamente piacere ad evocare queste vicende.

Andiamo quindi con ordine.

Si legge nel capitolo «L’uomo ombra» del libro «Le mani sulla sanità»: «Giovanni Marone, napoletano classe 1946, un passato da simpatizzante missino, di professione assicuratore, figlio di una ricca famiglia partenopea, fa il suo ingresso nel Partito liberale nei primi anni Ottanta. I vecchi liberali rimasti immuni da Tangentopoli lo dipingono come un arrivista senza scrupoli. Nel 1983 si era candidato al Consiglio comunale con scarso successo, poi l’incontro con De Lorenzo […]. Con il passare del tempo, Marone diventa l’uomo di fiducia di De Lorenzo, la sua ombra, il suo confidente. A lui il neoministro affida compiti e mansioni della massima delicatezza e segretezza come, per esempio, quello di incassare le mazzette dalle ditte farmceutiche. Una volta arrestato, vistosi scoperto e destinato a una sicura condanna, sceglie di non fare l’agnello sacrificale del suo mentore politico e vuota il sacco. “C’era la tangente anche sugli spot televisivi della campagna contro l’Aids”»(3).

Continua parlando di Aldo Brancher, prete spretato, ri-fondatore della nuova Famiglia Cristiana in salsa pop e amico di Confalonieri: «Brancher prima venne da me per raccomandarsi che alla Fininvest venisse riservata una maggiore fetta di pubblicità nella campagna anti-Aids. E quando questo privilegio fu certamente realizzato ritornò per mostrarmi un segno significativo di riconoscenza pagando 300 milioni in due rate. I soldi mi vennero consegnati nel mio ufficio di piazza Barberini a Roma»(4).

Il memoriale di Marone consiste di 87 pagine. Il succo principale della sua deposizione è che una serie di ditte farmaceutiche hanno pagato somme comprese tra i 50 e i 300 milioni per vedere inseriti nuovi farmaci di propria produzione nel prontuario nazionale, oppure per vedere ritoccato al rialzo il prezzo di farmaci già presenti. A danno naturalmente della tenuta economica del sistema sanitario nazionale, che viene letteralmente taglieggiato dal privato, come dicono i giudici, e questo molto prima delle privatizzazioni che arriveranno negli anni successivi. Nel momento in cui la sanità pubblica è sotto ricatto degli interessi del capitalismo criminale, il pubblico è già di fatto in mano al privato. Occorrerebbe ricordarsi di questo, quando si invocano posti letto che mancano.

Ma quali sono questi nomi famosi, e quale l’entità di queste tangenti?

«Alcune cifre: 300 milioni ciascuna dalla Segena e dalla Fidia Farmaceutici; 250 milioni dalla Zambelletti; 150 dalla Sanatrix; un centinaio dalla Schiapparelli; 80 dalla Simes. Lo scandalo investe l’intero gotha dell’industria farmaceutica. Il 22 giugno 1993, vengono arrestati Francesco Della Valle, ex amministratore delegato della Fidia, Corrado Lupo della Zambelletti-Smith, Paolo Raimondo della Simes, Andrea Montevecchi e Marino Golinelli della Schiapparelli-Alfa Wasserman»(5).

Nomi che in parte ancora oggi ricorrono nel capitalismo italiano e internazionale, come sanno i più informati di questi argomenti. C’è però un nome, forse  il più importante di tutti, che fa da ponte tra la politica e l’industria: «Il successivo 29 giugno finisce in manette Ambrogio Secondi, presidente di Farmindustria. Avrebbe pagato centinaia di milioni a De Lorenzo per favorire l’azienda Smith Kline di cui è presidente. Da Farmindustria non fanno in tempo a dirsi “addolorati” e a far notare che Secondi è sì coinvolto, ma non in qualità di presidente dell’associazione di categoria, che le cronache riportano un ordine di custodia per Claudio Cavazza, presidente della Sigma-Tau e predecessore di Secondi. Si tratta di uno dei nomi più importanti del settore. Cavazza viene chiamato in causa proprio per il suo ruolo di presidente di Farmindustria, che ha ricoperto dal 1986 al giugno 1992.»(6)

Ambrogio Secondi è presidente della Smith Kline, che di lì a pochi anni, nel 2000, si fonderà con la Glaxo, anch’essa coinvolta nello scandalo sanità degli anni Novanta, per diventare la oggi celebre multinazionale britannica Glaxo Smith Kline, una delle prime produttrici di vaccini nel mondo.

Si legge in un articolo del marzo 2013 di Yahoo Finanza: «In Italia le vaccinazioni obbligatorie per i neonati sono quattro. La legge prevede che i bebè si debbano sottoporre a quelle contro la difterite, il tetano, la poliomelite e l’epatite b. Al di là delle grandi scuole di pensiero: “I vaccini sono utili e indispensabili”; “No, l’efficacia e l’impatto sulla salute sono tutti da dimostrare”, c’è da ricordare un piccolo trascorso che riguarda la punturina contro l’epatite b. Non si scampa, dal 1991 si è costretti a vaccinarsi: a prendere questa decisione fu l’allora ministro della Sanità, Francesco De Lorenzo che, insieme al responsabile del settore farmaceutico del ministero, Duilio Poggiolini, intascò ben 600 milioni di lire dall’azienda Glaxo-SmithKline, unica produttrice del vaccino Engerix B. Adesso, a distanza di oltre vent’anni, con sentenze passate in giudicato dalla Cassazione, il vaccino in questione resta obbligatorio. Sarà sicuramente utilissimo ma qualche dubbio è anche lecito. Di certo, comunque, c’è la sentenza di condanna della Cassazione per il reato legato alla vaccinazione, più altri. La Corte ha deciso di condannare gli imputati poiché hanno percepito “somme da numerose case farmaceutiche, producendo un danno erariale derivato dalla ingiustificata lievitazione della complessiva spesa farmaceutica, determinata dalla violazione degli obblighi di servizio riferibili a ciascuno”. Uno scandalo in piena regola, proprio all’inizio di Tangentopoli. La vicenda giudiziaria, poi, ha avuto anche risvolti recenti. Nell’aprile del 2012, infatti, l’ex ministro Francesco De Lorenzo e l’ex dg del Servizio farmaceutico Duilio Poggiolini sono stati condannati a risarcire lo Stato con oltre 5 milioni di euro ciascuno per i danni d’immagine provocati. La sentenza della Corte di Cassazione ha confermato una decisione dell’aprile del 2011 della Corte dei conti sullo scandalo della sanità del 1982-1992»(7).

Ripensando a quello che è successo negli ultimi anni, è veramente difficile non provare inquietudine. Il quotidiano di Confindustria, Il Sole 24 ore, nell’aprile del 2016 – giusto un anno prima del varo della Legge Lorenzin che decretava l’obbligo di dieci vaccini pediatrici, legge scritta da un celebre consulente italiano della Glaxo, Walter Ricciardi (8) – scriveva trionfante: «GlaxoSmithKline (Gsk), la multinazionale britannica del pharma, raddoppia e decide di scommettere ancora un miliardo in Italia nei prossimi quattro anni. Un investimento sostanzioso e forse addirittura sottostimato rispetto ai programmi mondiali di Gsk, che proprio dalle attività nel nostro Paese conta di incrementare il business del gruppo. […] Non a caso proprio ai vaccini, col business strategico anti meningite, sarà riservato il 60% degli investimenti (600 mln), contro il 40% dedicato al pharma tradizionale»(9).

Come abbiamo visto, nell’aprile del 2012 arriva la sentenza definitiva della Corte di Cassazione al termine dei processi per corruzione e concussione dopo gli scandali dei primi anni Ottanta. I risarcimenti che dovranno pagare funzionari e dipendenti del ministero sono circa 13 milioni e mezzo. Altre accuse invece, in particolare quelle legate alla diffusione di emoderivati infetti e conseguente accusa di omicidio plurimo in cui tra gli altri risultava indagato Duilio Poggiolini, sono recentemente decadute. O meglio secondo il giudice, da un lato «non è stato possibile provare in modo inequivocabile il collegamento tra le trasfusioni di sangue e le malattie che hanno colpito le persone decedute; dall’altro non sarebbe stato giusto condannare gli imputati per quella che, a suo avviso, è stata una grave mancanza di tutto il sistema sanitario nazionale e della classe politica che avrebbe dovuto controllarlo»(10).

Quella del «sangue infetto» è una delle grandi paure collettive che circolarono nella società italiana degli anni Novanta. Ricordo che fu talmente forte il terrore nell’immaginario collettivo, che fu facile qualche anno dopo, nei giorni precedenti il G8 di Genova del luglio 2001, diffondere il rumor deviazionista secondo cui i black bloc avrebbero preparato un numero imprecisato di sacche di sangue infetto con cui contagiare tutta la città durante i giorni del vertice.

«Kelly Duda è il giornalista e documentarista statunitense che ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale lo scandalo del sangue infetto utilizzato per produrre emoderivati. Il documentario realizzato da Duda nel 2006 Factor 8 (nome non casuale, riferito a un elemento essenziale per la coagulazione del sangue) ha portato alla luce la pratica sconsiderata di utilizzare il sangue di detenuti nelle carceri statunitensi, malati di epatite B, per i prodotti destinati agli emofiliaci. Per questi ultimi inevitabile il calvario del contagio. Molti di loro sono morti e in tanti Paesi, Italia compresa, si sono aperti processi per fare giustizia. “Da voi molte persone stanno ancora soffrendo e muoiono per la diffusione di prodotti a base di sangue infetto con provenienza ad alto rischio, come quella dei detenuti americani. Sono venuto in tribunale a Napoli, negli anni scorsi, per condividere le prove raccolte nell’ambito delle mie inchieste giornalistiche, indicando il collegamento tra il sangue proveniente dalla ‘Cummins Prison Farm’, che faceva parte dei richiami finiti nel vuoto della Fda (Food and Drug Administration, ente governativo statunitense che regolamenta i prodotti alimentari e farmaceutici, ndr) negli anni Ottanta, e l’Italia […]. Sono rimasto negativamente sorpreso dall’atteggiamento del procuratore in aula quel giorno. Non ho compreso per quale ragione si volesse opporre alla mia testimonianza. L’ostruzionismo dei difensori degli imputati lo capisco perfettamente, in fondo ero lì per dare un sostegno all’accusa e ai difensori delle vittime, ma l’atteggiamento del procuratore ancora oggi non riesco a comprenderlo. […] Molta verità deve ancora venire alla luce. Questo è il motivo per cui il Regno Unito sta tuttora conducendo un’indagine pubblica sullo scandalo del sangue contaminato. Nell’ultimo anno ho lavorato con le autorità del Regno Unito e posso considerarmi soddisfatto per il supporto fornito. […] Nello Stato in cui sono nato, l’Arkansas, ho dovuto fare i conti con non pochi contraccolpi. Oltre a dover sopportare una campagna stampa, seppur sussurrata, contro di me, ho subito altro. Sono stato pedinato, hanno tagliato le gomme della mia auto. E tra le altre cose la mia casa è stata distrutta»(11).

Interessante è infine nominare almeno un’altra delle vicende interne all’intricato reticolo che oggi chiamiamo «scandalo sanità». E che coinvolge un altro spauracchio classico degli anni Novanta: la cosiddetta mucca pazza. Come molti ricorderanno, l’Encefalopatia Spongiforme Bovina (BSE) o morbo della «mucca pazza» era una malattia neurodegenerativa che colpiva i bovini ma era trasmissibile ad altri animali, compreso l’essere umano, e per questo seminò il panico dagli inizi degli anni Novanta prima in Inghilterra, poi nel resto del mondo, fino a risultare sostanzialmente scomparsa nel giro di un paio di decenni. La mucca pazza entra nell’epopea della malasanità italiana attraverso il famigerato farmaco Cronassial. È Poggiolini stesso che lo tira in ballo in una sua lunga deposizione, quando ormai si rende conto che i tesori accumulati nella sua casa di Monteverde e in quella di sua moglie all’Eur, non lo salveranno dall’uragano giudiziario che lo ha travolto(11). Allora decide di parlare e i nomi che escono fuori sono sensazionali. Vale la pena richiamare alla memoria un articolo del 2001 apparso su La Nuova Sardegna, che ne ripercorre perfettamente la vicenda:

«Chi non ha mai mangiato cervello, secondo il ministro della Sanità Umberto Veronesi, “può stare tranquillo”. Ma tra scandali e corruzione, la certezza di non avere mai trangugiato tessuti cerebrali bovini gli italiani non la possono avere. Dall’inizio degli anni Ottanta e fino al 1994 nelle farmacie della penisola è stato venduto a fiumi un “farmaco miracoloso”, poi proibito, che era proprio un estratto di cervello di vitello e che rispondeva al nome di “Cronassial”. Il farmaco, insieme al Sygen e al Bros, era il prodotto di punta della Fidia di Abano Terme. Un’industria farmaceutica finita in bancarotta e alla quale sono legate alcune delle vicende più gravi di Tangentopoli. Il caso del “Cronassial”, vale la pena di essere ricordato. Perchè è oggetto di una inchiesta della magistratura di Padova che ipotizza che i tessuti bovini in questione non provenissero come dichiarato dal Sudamerica, quanto piuttosto dal Regno Unito. E anche perchè sul caso pesa una dettagliata interrogazione parlamentare: l’hanno presentata due deputati del gruppo misto, gli onorevoli Tiziana Valpiana e Giorgio Malentacchi, e dal 7 dicembre scorso attende ancora una risposta. Negli anni Novanta, poco prima di essere messo al bando, il “Cronassial” aveva portato il fatturato della Fidia a 421 miliardi di lire l’anno (dai 50 della fine anni Settanta). I tre prodotti si vendevano in quantità che hanno toccato i 60 milioni di fiale l’anno. Il progetto scientifico godeva a Roma di grossi sponsor politici – come il senatore Giulio Andreotti, stando ai verbali del superinquisito direttore generale della Farmacosorveglianza, Duilio Poggiolini – ed era coordinato dalla ricercatrice Rita Levi Montalcini, divenuta di lì a poco Nobel per la Medicina (la stampa internazionale scrisse, ma piovvero raffiche di indignate smentite da tutte le parti, che il Premio le era stato assegnato dietro pressioni miliardarie dei vertici Fidia sulla Fondazione svedese). Ma aveva anche buoni amici tra alcuni componenti della Cuf molto vicini all’ex sottosegretario alla sanità Maria Pia Garavaglia. Il “Cronassial” era indicato per la cura di malattie del sistema nervoso, ma veniva anche consigliato come una vera manna per dare semplicemente maggiore energia all’intelletto. Fu prescritto in quantità industriali a giovani, vecchi e bambini. Le vendite volavano e la Fidia guadagnava denari a palate. Nel frattempo, però, la registrazione del “Cronassial” veniva respinta o sospesa da altri paesi come gli Usa, la Gran Bretagna e la Germania. Il dibattito scientifico internazionale verteva sulla dubbia utilità del farmaco a base bovina che in Italia continuava a imperversare. Tra il 1993 e il 1994 il nostro Ministero della Sanità, appena uscito dalla burrascosa gestione di Francesco De Lorenzo e del suo direttore generale per la vigilanza sui farmaci, Duilio Poggiolini, gettò la spugna e mise al bando il “Cronassial” appellandosi alla sua “scarsa efficacia”. “Io stesso – precisa oggi De Lorenzo – insediai la Commissione di esperti del Consiglio superiore della sanità che poi vietò quel farmaco”. Per l’azienda di Abano Terme fondata da Francesco Della Valle (già arrestato nel 1991 dai pm di Mani pulite) il colpo fu fatale. La società – tornata oggi a fare ricerche nel campo della pelle artificiale – fallì nel giro di breve tempo. Per il filone veneto d’inchiesta sulla Fidia, il 27 gennaio scorso, davanti al tribunale di Padova l’ex presidente del gruppo Ennio Arengi (già arrestato nel 1994 dalla tributaria di Napoli per istigazione alla corruzione) ha patteggiato una condanna per bancarotta, falso in bilancio e reati fiscali. La pena complessiva stabilita dai giudici padovani, che hanno accolto la richiesta di congiungere la pena con quella emessa in precedenza dai colleghi partenopei, è stata di un anno e dieci mesi di reclusione con sospensione condizionale. A mettere nei guai Arengi, 7 anni fa, erano state le dichiarazioni rese a verbale proprio da Poggiolini. Parlando per 35 ore con i magistrati di Napoli, l’ex eminenza grigia della sanità aveva raccontato che erano molti i farmaci con sponsor politici. Aveva detto di aver ricevuto offerte in denaro dai vertici Fidia per far alzare il prezzo del “Cronassial”. E parlando di Andreotti aveva aggiunto che nel 1992 il senatore era personalmente intervenuto, presso il suo ufficio, per far sì che il “Cronassial” non venisse cancellato dal prontuario».

Per concludere questa dolorosa disamina, una considerazione personale. La ricostruzione giornalistica degli eventi del 1993 riguardo alle tangenti in ambito sanitario è sicuramente un dovere a cui troppo spesso non si è adempiuto. Ma oggi sappiamo anche che il tentativo di un cambiamento politico-sociale attraverso le manette ha riscosso scarso successo in Italia, e questo non solo in ambito di «sanificazione» del sistema sanitario. I nomi delle aziende coinvolte in quella vicenda, la sudditanza dei sistemi sanitari nazionali alle multinazionali chimico-farmaceutiche, l’opacità nella gestione delle malattie, il business di borsa in cui senza vergogna si brinda alla salita di un titolo grazie alla diffusione di farmaci o vaccini, tutto quello che insomma nel ’900 era in ascesa, oggi è sistema. Ed è sistema culturale, comunicativo, propagandistico, spesso digerito da cittadini che non hanno la minima contezza di cosa significhi affidare le politiche sanitarie nelle mani di affaristi più o meno corrotti, in termini sia di sicurezza pubblica sia di libertà scientifica, materie tanto inutilmente decantate quanto sistematicamente disattese. Un sistema talmente endemico che diviene difficile anche solo comprendere, ad esempio, la portata del fatto che una Glaxo condannata per tangenti in una Repubblica democratica non dovrebbe continuare a influenzare le politiche sanitarie di qullo stesso Stato democratico.

Tutto ciò implica direttamente la tenuta o meno degli stati democratici, questione abilmente nascosta dietro le bagarre sulle fake news, i no vax e i gomblotti. Ma se siamo in mano ad un sistema economico-politico in cui il potere è in mano ad aziende private – e questo sistema, per inciso, si chiama globalizzazione capitalistica – ciò implica che le narrazioni pubbliche riguardanti malattie, farmaci, virus, cure, vaccini hanno fonti quanto meno dubbie, e che sarebbe dovere di qualsiasi politico intellettualmente onesto ed economicamente libero indagare. Ma questa indagine non solo non è in cima all’agenda di nessuna delle sinistre italiane, ad esempio, ma è addirittura quasi sempre avversata ogni narrazione che sollevi tali questioni. Sono queste le motivazioni principali della critica al merito e al metodo con cui è stata varata la Legge 119 sulle vaccinazioni pediatriche del 2017. Trasformare questi legittimi dubbi in bagarre comunicativa, ridicolizzare, aggredire e fomentare l’odio verso chi si pone queste domande, associando il pensiero critico al terrapiattismo, a sette di disadattati antiscientifici con il bubbone in testa, è una modalità terroristica figlia dei De Lorenzo, dei Poggiolini, delle Fininvest e del peggiore capitalismo italiano connivente con la praxis mafiosa. Quella mafia e quel malaffare contro cui qualcuno, osannato a parole in film e recite scolastiche, alla fine del secolo scorso ha lottato una vita intera, fino a saltare in aria.

 

NOTE

(1) D’Amato, Notaristefano, Petti, Le mani sulla sanità, Editori Riuniti (2008), pag. 42

(2) op. cit., pag. 34

(3) op. cit., pag. 30

(4) op. cit., pag. 31

(5) op. cit., pag. 33

(6) Fabrizio Arnhold, Lo scandalo vaccini e la condanna a De Lorenzohttps://it.finance.yahoo.com/notizie/vaccini-tangenti-scandalo-150713160.html

(7) Sulla controversa vicenda dei rapporti tra Glaxo Smith Kline e l’ex attore ed ex presidente del Istituto Superiore della Sanità Walter Ricciardi, ha condotto un’inchiesta la giornalista Giulia Innocenzi, che nel suo libro VaccinNazione. Oltre ignoranza e pregiudizi, tutto quello che non sappiamo sui vaccini in Italia (Baldini e Castoldi, 2018), evidenza come Ricciardi sia sostanzialmente il «ghost writer» della Legge Lorenzin per conto della Glaxo, accuse naturalmente rigettate da Ricciardi. Un estratto del libro qui: https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/prima-lavora-con-le-aziende-poi-scrive-la-legge-sui-vaccini/

(8) Roberto Turno, Vaccini e farmaci, Glaxo scommette 1 mld sull’Italia, Sole 24 Ore del 13 aprile 2016: https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/imprese-e-mercato/2016-04-13/vaccinie-farmaci-glaxo-scommette-1-mld-italia-094838.php?uuid=ACzsSh6C

(9) Duilio Poggiolini è stato assolto per lo scandalo del sangue infetto, The Post, 26 marzio 2019: https://www.ilpost.it/2019/03/26/duilio-poggiolini-assolto-emoderivati/

(10) «Ho denunciato lo scandalo del sangue infetto, ora l’Italia mi accusa di oltraggio», Il Dubbio, 6 maggio 2020: https://euwp08.newsmemory.com/ildubbio/news/2020/05/06/ho-denunciato-lo-scandalo-del-sangue-infetto-ora-litalia-mi-accusa-di-oltraggio/

(11) Montanaro, Ruotolo, Mister & Lady Poggiolini, Pironti 1994

(12) Natalia Andreani, Sotto inchiesta il «Cronassial», medicina a base di cervello bovino, La Nuova Sardegna del 25 febbraio 2001: https://ricerca.gelocal.it/lanuovasardegna/archivio/lanuovasardegna/2001/02/25/SA101.html

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

Gianluca Ricciato

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