Migrantes. Clandestino verso il sogno americano

Il diario dell’attivista Flaviano Bianchini, che intraprende il viaggio affrontato ogni giorno da migliaia di migranti centroamericani per raggiungere gli Stati Uniti

di David Lifodi

“Le merci e le persone possono migrare. Sono le persone che non possono farlo”: è questa la constatazione di Flaviano Bianchini, ambientalista, attivista per i diritti umani e fondatore di Source International, trasformatosi in Aymar Blanco, migrante peruviano che si mette nell’impresa di attraversare il Centroamerica per giungere negli Stati Uniti come fanno, ogni giorno, migliaia di persone desiderose di conquistarsi il sogno americano.

Dalla sua esperienza, rischiosa e avventurosa, è nato Migrantes. Clandestino verso il sogno americano, diario di viaggio di un militante per la giustizia sociale che ha deciso di intraprendere il percorso verso gli Usa alle stesse condizioni dei migranti. Ne è derivato un libro che non è soltanto denuncia dell’inferno che sono costretti a vivere i migranti in transito dal Centroamerica agli Usa: Flaviano-Aymar sperimenta in prima persona quelle che sono le ingiustizie sociali del continente latinoamericano, sopravvive ad incontri poco piacevoli con gli uomini dei cartelli della droga, condivide con i suoi compagni di viaggio le umiliazioni imposte dall’infame e corrotta polizia messicana e si trova a fare i conti con le ronde fasciste dei minutemen una volta che ha oltrepassato la frontiera tra Messico e Stati Uniti. “Fino a pochi anni fa”, osserva Flaviano nel suo libro, “migrare era una virtù. Negli anni ’50 e ’60 negli Stati Uniti veniva incentivata l’immigrazione su larga scala e fino al 1965 una legge consentiva a chiunque arrivasse sul suolo statunitense di restarci”. Nascosto nel doppiofondo del cassone di un furgone, Flaviano-Aymar entra in Messico dal Guatemala: sarà solo la prima, durissima, tappa del suo percorso a ostacoli verso gli Stati Uniti. Dal Guatemala, paese da cui Bianchini diversi anni fa era stato cacciato e interdetto a rientrarvi per aver pestato i piedi al governo di turno a causa del suo lavoro di denuncia contro le multinazionali estrattive, i migranti che vogliono raggiungere il Messico non possono far altro che affidarsi a dei contrabbandieri. La loro vita, compresa quella di Flaviano, è appesa ad un filo: sono nelle mani dei coyotes e dei polleros per arrivare negli Stati Uniti, ma ancora prima devono essere dei fantasmi e muoversi nell’oscurità per evitare di essere avvistati dai temibili Zetas, dai Caballeros Templarios o da altri cartelli della droga, i quali hanno spesso al loro servizio la polizia messicana. Flaviano Bianchini, divenuto Aymar Blanco, peruviano di Pucallpa, città dove effettivamente ha vissuto per anni, sceglie di fare questo viaggio senza alcuna protezione. Il passaporto, che potrebbe garantirgli salva la vita se avesse deciso di metterlo nel suo zaino, Flaviano lo ha spedito al suo amico Jaime, a Città del Messico. Presto Flaviano-Aymar si rende conto che i migranti sono carne da macello, ma mai abbandona il suo proposito di raggiungere gli Stati Uniti. Non solo: aldilà di un’esperienza personale comunque molto forte, Bianchini non perde la lucidità per osservare il continente in cui ha vissuto tanti anni: registra le storie di tanti suoi compagni di viaggio, dal colombiano che non può tornare al suo paese perché è un informatore dell’Eln e rischia grosso ai salvadoregni che hanno deciso di abbandonare San Salvador per evitare di dover pagare il pizzo alle maras e sono pronti a tutto pur di sfuggire alle loro violenze. Eppure, nota Flaviano, “lungo la frontiera Messico-Usa ci sono ancora più di tremila maquiladoras” e la Bestia trasporta “prodotti che negli Stati Uniti non sarebbero legali, per far produrre da persone che negli Stati Uniti non sarebbero legali, con modalità che negli Stati Uniti non sarebbero legali, prodotti che invece sono legalissimi tanto negli Stati Uniti quanto in tutto il resto del mondo”. Già, la Bestia. Invece di aprire le frontiere e garantire il diritto a migrare, gli Stati Uniti hanno pensato di erigere anche un muro: se i migranti muoiono saltando o scendendo dalla Bestia, oppure nel deserto, o ancora in una retata di polizia o cartelli della droga, non è un problema degli stati. I migranti sono abbandonati a loro stessi, il libero scambio esiste solo per le merci, ma non per le persone e il lodevole servizio delle Case dei migranti, messo in piedi da Padre Alejandro Solalinde, insieme a quello della società civile e di famiglie che sfidano il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina pur di aiutare Flaviano-Aymar e tanti suoi compagni di viaggio, resta una goccia nel mare dell’illegalità diffusa che regna in Messico. Ad esempio, proprio Flaviano, quando si augurava di poter essere ospitato in una casa del migrante, scopre che non sempre sono posti sicuri: proprio quella dove pensava di trovare riparo era stata assaltata giorni prima dalla polizia e quindi per un po’ non era in grado di ospitare nessuno.

Per un Aymar-Flaviano che ce la fa, grazie anche alla sua esperienza di anni e anni vissuti in America Latina, molti non riescono a raggiungere gli Stati Uniti, ma anche quelli che arrivano sul suolo a stelle e strisce avranno una vita dura. Bianchini constata amaramente che “la stragrande maggioranza dei migranti si ritrova a lavorare nelle fattorie maneggiando pesticidi e fertilizzanti per dodici ore al giorno, e con una paga da fame. Molti di loro non arrivano a guadagnare neanche cinque dollari l’ora. Così come nel sud Italia con i pomodori e le arance, qui è lo stesso con il mais e la soia. La moderna forma di schiavitù è questa”. L’altra, invece, consiste nel vedersi sistematicamente negato il diritto a migrare ad opera di governi impegnati solo a costruire muri, barriere e ronde di ogni tipo.

Migrantes. Clandestino verso il sogno americano

di Flaviano Bianchini

BFS edizioni, 2015

 

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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