MilanOltre 2023 -1986-2024 Back to the Future – 2

susanna sinigaglia

MilanOltre 2023

1986-2024 Back to the future – 2

M

Compagnie Marie Chouinard

Avevo molto ammirato le coreografie di Marie Chouinard al festival nel 2015, con Henry Michaud: mouvements, e nel 2016 con «Hieronymus Bosch, The Garden of Earthly Delights».  Ero rimasta affascinata dalla sua creatività, dalle immagini sorprendenti e stupende che sapeva creare sulla scena, quasi riproducendo con i suoi danzatori i quadri cui si ispirava. Marie Chouinard, infatti, non è solo coreografa ma è un’artista a tutto tondo: regista, autrice di libri illustrati da lei, di poesie, opere d’arte visiva. Questo grande eclettismo traspariva e quasi irrompeva dalle sue coreografie.

Ora mi è sembrato di trovarmi davanti a una svolta nel suo lavoro; certo è passato molto tempo dal 2016 ma adesso la sua ricerca mi sembra da una parte molto più concettuale, quasi che voglia dare corpo alle idee dopo aver dato corpo alle immagini, dall’altra più sensoriale.

In scena le danzatrici e i danzatori indossano parrucche dall’acconciatura simile a quella che vediamo nei geroglifici egiziani: sono di colore fluorescente rosso bordeaux, arancione, blu. Le vesti hanno colori altrettanto sgargianti: arancione, verde, giallo. L’impulso iniziale della danza viene dal respiro; dall’espirazione esce il suono della voce – registrato da un microfono collocato sul pavimento – che come una convulsione scuote tutto il corpo.

I suoni sono inarticolati, esprimono tutta la gamma delle emozioni cui danno forma i movimenti della danza; a volte sono liberatori, a volte sgomenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A volte sembrano voler rifare il verso al vuoto chiacchiericcio di futili conversazioni, o ricordano grida di animali. A volte i performer assumono posizioni che rievocano quella della sfinge, a volte si librano nell’aria come uccelli.

 

 

 

 

 

 

 

 

In un certo senso con questo lavoro Marie Chouinard torna alla sua ricerca primaria che ha come base il corpo e il respiro. In un commento sul proprio lavoro che risale al 2000 leggiamo:

La fonte della mia ricerca è stata sempre il corpo, in particolare l’ascolto del silenzio e il respiro che dà forma all’“invisibile” materia della vita. Alla radice di ogni nuovo lavoro c’è sempre quel che chiamo il “mistero”, un’ignota vibrazione che mi attraversa, m’interpella in un modo quasi ossessivo. Il mio lavoro consiste nel catturare questa vibrazione primordiale, nel “mettermi in sintonia” con lei per certi versi, nel collocarla nello spazio e nel tempo con una struttura e una forma appropriata… Lo faccio dal 1978: ascolto attentamente la pulsazione vitale del corpo fino al suo punto di cristallizzazione in un nuovo ordine. https://www.mariechouinard.com/english/marie-chouinard/

Ecco, credo che queste parole riassumano bene l’essenza di M, la sua logica intrinseca.

 

Radical Vitality

Compagnie Marie Chouinard

Il secondo lavoro che la compagnia ha proposto al festival è un’antologia di brevi coreografie di Marie Chouinard, alcune anche inedite. Tranne il primo, interpretato da un’unica performer e che ci comunica la tristezza della solitudine, del ripiegamento su di sé, i successivi – un altro assolo e vari duetti – sono tutti percorsi da una vena d’ironia e umorismo anche quando sembrerebbero ritrarre situazioni drammatiche: è la forza della tragicomicità. Per esempio davanti a quello che potrebbe intitolarsi Riso/pianto, il pubblico resta sconcertato dal continuo e ripetuto passaggio dal riso al pianto dei due protagonisti, un uomo e una donna: quando l’uno piange, l’altra ride e sembra beffarsi del pianto del partner; lo stesso accade nello scambio di ruoli. È il continuo alternarsi in un gioco crudele, talmente “umano” da strappare un sorriso amaro.

Un altro duetto che mi ha particolarmente coinvolto è quello che nasce e si sviluppa sull’aria per soprano di Haendel Lascia ch’io pianga, composta all’inizio del ‘700 per due suoi lavori minori ma che fu soprattutto nota dopo essere stata usata nell’opera Rinaldo.[1] L’interprete femminile del duetto è l’unica performer italiana della compagnia, Valeria Galluccio. Ho visto una grande maturazione in lei, non solo per quanto riguarda la danza ma anche per la maschera interpretativa. E proprio nel suo personaggio dolente si affaccia quel non so che di grottesco che ricorda le protagoniste femminili del cinema muto, quando nella loro disperazione, al culmine del melodramma, si aggrappavano alle tende.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si conclude così, quest’anno, la partecipazione di Marie Chouinard e della sua compagnia a MilanOltre. Restiamo in curiosa attesa degli sviluppi della sua arte coreografica, sempre innovativa e sorprendente.

Taca tè

Sanpapié/Lara Guidetti

Taca tè, in dialetto emiliano, significa “comincia tu” e già quest’espressione sembra racchiudere una specie di sfida. Interpretata dalla giovane Francesca Lastella e dal più anziano Antonio Caporilli, la performance si sviluppa intorno a un duetto che alterna espressioni d’amore e amicizia a momenti duri di confronto e scontro, quasi un corpo a corpo. Da un lato il partner azzarda un quasi corteggiamento verso la giovane, ammirato dalla sua avvenenza e fluidità, dall’altro vorrebbe imporle la propria  autorità. Ma lei si ribella, gli sfugge, cerca a sua volta di sedurlo per prendere il sopravvento nella coppia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nello stesso tempo, i due si rispecchiano l’una nell’altro, sanno d’essere la faccia di una stessa medaglia, che il tempo incalza e rincorre entrambi. Così si arriva alla pacificazione, alla resa non incondizionata ma dignitosa, che significa riconoscimento reciproco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I lavori che recensisco di seguito fanno parte della sezione “Vetrina Italia domani”

Caronte

Camilla Montesi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

È un bell’assolo di 25 minuti quello che presenta Camilla Montesi. Nella sua creazione coreografica, la giovane sembra impegnata in una strenua lotta interiore, in un tragitto che si sviluppa lungo tutto il perimetro dello spazio. Inizia voltandoci le spalle, quasi alle prese con un interlocutore immaginario verso il quale gesticola, argomenta, si contraddice. Sembra un lungo discorso, come di qualcuno impegnato a parlare mentre attraversa a lunghi passi, su e giù, una stanza vuota. E il titolo, Caronte, accenna proprio a questo attraversamento la cui meta non è certa, tenendo così avvinto il pubblico dall’inizio alla fine del suo lungo discorso.

Dear Chatbot[2]

Silvia Galletti

 

 

 

 

 

 

 

La performance di Silvia Galletti – percorsa da una sottile ironia – si sviluppa tutta intorno all’interazione fra la giovane e il chatbot chiamato Charlie. Inizia con Charlie che porge le sue condoglianze alla giovane per la morte della madre e prosegue con la conversazione che s’instaura fra i due. La performer chiede a Charlie di suggerirle degli spunti per dare vita a brevi coreografie, che ogni volta lei esegue con grande creatività e divertimento suo e del pubblico. Questo curioso scambio si ripete per tutta la durata della performance: uno spettacolo di grande originalità.

 

Affollate solitudini[3] Teens – 8 soli

È una recente sezione di MilanOltre dedicata alla danza adolescente. Sono allieve e allievi di quattro scuole milanesi: l’Accademia Susanna Beltrami/DHHD/DanceHaus, il Liceo Coreutico Tito Livio, il Centro Aida e il Centro ArteMente, di cui avevo visto un paio di lavori l’estate scorsa in “Visioni in danza” nell’ambito della rassegna “Estate al Castello” (vedi La bottega del 7 agosto). Sono tutte scuole di danza contemporanea, anche se i loro programmi includono lo studio della danza classica.

Le danzatrici e i danzatori sono giovanissimi ma già riescono ad affermare un proprio stile e un approccio personale alla danza, come poi emergerà dall’intervista che rivolge loro il conduttore della serata. Chi esegue la coreografia non sempre corrisponde a chi l’ha ideata e perciò alla fine le ragazze e i ragazzi che si presentano sul palco per essere intervistati sono ben più di 8. La prima domanda che viene loro rivolta è “quando hai iniziato a studiare danza” seguita da “che cosa ti ha spinto a questa scelta”. Le risposte sono a volte sorprendenti, a volte buffe, o anche serie. Per esempio una ragazza spiega che ha scelto la danza a causa di una sua difficoltà. Infatti questa disciplina ha proprietà molto positive per la salute sia fisica sia mentale, e mette in moto le endorfine necessarie al benessere della persona. Inoltre il linguaggio della danza, come quello delle arti visive, è universale, capace di unire e affratellare le genti sotto tanti cieli: una qualità quanto mai necessaria in momenti come i presenti.

[1] Lascia ch’io piangaMia cruda sorteE che sospiriLa libertà

Il duolo infrangaQueste ritorteDe’ miei martiriSol per pietà

[2] Per i profani come me, riporto la definizione di “chatbot” trovata online: il chatbot è un software che simula ed elabora le conversazioni umane (scritte o parlate) consentendo agli utenti di interagire con i dispositivi digitali come se stessero comunicando con una persona reale.

[3] Curiosamente, ho scoperto che alla fine di settembre è stato pubblicato un libro di Ugo La Pietra che s’intitola Viviamo affollate solitudini. Si sarà ispirato a questa sezione di MilanOltre?

Susanna Sinigaglia
Non mi piace molto parlare in prima persona; dire “io sono”, “io faccio” questo e quello ecc. ma per accontentare gli amici-compagni della Bottega, mi piego.
Quindi , sono nata ad Ancona e amo il mare ma sto a Milano da tutta una vita e non so se abiterei da qualsiasi altra parte. M’impegno su vari fronti (la questione Israele-Palestina con tutte le sue ricadute, ma anche per la difesa dell’ambiente); lavoro da anni a un progetto di scrittura e a uno artistico con successi alterni. È la passione per la ricerca che ha nutrito i miei progetti.

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