Nicaragua: reciproci vantaggi tra imprenditori e orteguismo

La storia di Alfredo Francisco Pellas di origine italiana (e della sua famiglia) che giunse in Nicaragua alla fine dell’Ottocento.

di Bái Qiú’ēn

Il governo rivoluzionario […] Stabilirà una politica fiscale adeguata, che sarà applicata con rigorosa giustizia. (Programa histórico del FSLN)

Nel Sud del Nicaragua, nella costa del Pacifico, su una superficie di quasi 700 ettari una decina d’anni fa sorse un centro turistico suddiviso in circa seicento lotti e denominato Guacalito de la Isla, nel municipio di Tola (departamento di Rivas). «Contando sul pieno appoggio del governo del presidente Daniel Ortega e della compagna Rosario Murillo» (El 19 Digital, 13 gennaio 2013) vi si sono realizzate ville, appartamenti e condomini di superlusso destinati ad attrarre acquirenti di seconde case e investitori residenti negli Stati Uniti e in Europa. Non mancano ristoranti e hotel di lusso, campi da golf, da tennis e piscine olimpioniche. L’investimento per la realizzazione si aggira sui 250 milioni di dollari, con un lauto prestito all’epoca concesso dal Banco Centroamericano de Integración Económica (BCIE). Il valore complessivo attuale è stimato in mille milioni di dollari. «Una volta completate tutte le sue fasi, questo complesso turistico avrà una pista di atterraggio per jet privati, un porto turistico per yacht, un centro commerciale e altri progetti residenziali complementari» (El 19 Digital, idem)

È considerato una delle destinazioni più “esotiche” dell’intero Sud America, secondo varie pubblicazioni del settore: una storia che mostra come sia possibile trasformare il secondo paese più povero del continente in una destinazione di lusso per milionari stranieri dotati di jet privati o di yacht, a un paio d’ore in auto dalla capitale o soli venti minuti in elicottero.

In base alla Legge n. 306, emanata dal governo di Arnoldo Alemán, che stabiliva alcuni incentivi per il settore turistico (pubblicata ne La Gaceta. Diario Oficial del 21 giugno 1999), mai derogata o modificata dal governo orteguista in carica dal 2007, il proprietario è esonerato dal pagamento dell’imposta sui beni immobili (IBI), ossia sulla vendita delle varie proprietà, che valgono singolarmente tra i 350mila e i 3 milioni e mezzo di dollari. l’imposta prevista varia a seconda del valore dell’immobile: dal 2% (su 50mila dollari) al 7% (su 500mila dollari) e via aumentando.

Inoltre, gl’imprenditori del turismo beneficiavano di un taglio sull’imposta sul reddito compresa tra l’80 e il 100% per dieci anni; esenzioni dell’IVA sia per il pagamento dei servizi di progettazione sia per la costruzione e per l’acquisto di materiali da costruzione e accessori per gli edifici; e se decidevano di reinvestire il 35% del valore dell’investimento approvato, tutti questi benefici potevano essere rinnovati per un successivo decennio.

In poche parole, per coloro che investivano nel settore turistico il Nicaragua era il Paese di Bengodi (grosso modo gli stessi benefici valevano e valgono per le Zone Franche e per le imprese minerarie). Tra il 2010 e il 2014 queste esonerazioni furono equivalenti a 1.100 milioni di dollari, il 9,3% di tutta la “ricchezza” prodotta dal Paese in quel periodo, mentre una cinquantina d’imprenditori occuparono posizioni dirigenziali all’interno di vari ministeri.

Parrebbe logico che questo esonero si debba applicare per un periodo transitorio e limitato nel tempo, come incentivo iniziale agl’investimenti in campo turistico (per quanto di élite e non certo di massa). La prima fase del progetto Guacalito de la Isla fu inaugurata il 13 gennaio 2013, mantenendo in vigore il suddetto esonero fino alle proteste popolari spontanee del 2018, trasformandosi in un vero e proprio sussidio per il proprietario: Carlos Francisco Pellas Chamorro, nato a Granada nel 1953. Come se l’uomo più ricco del Paese avesse bisogno di qualche spicciolo per pagare il caffè del mattino.

Con l’eterna segreteria nelle mani di Daniel e la soppressione della formazione dei quadri politici, a partire dalla prima metà degli anni Novanta, l’obiettivo essenziale del FSLN era conquistare il potere politico attraverso processi elettorali e negoziare con le diverse forze politiche e sociali, andando a braccetto con coloro che erano verbalmente i suoi avversari più accaniti: gl’imprenditori e la Chiesa cattolica. Questa linea politica di «amore, riconciliazione e perdono» fu resa pubblica il 19 luglio 2006, nel discorso per l’anniversario del triunfo, promettendo una lotta contro la povertà, un aiuto concreto alle famiglie più vulnerabili (con lo slogan «Arriba los pobres del mundo!») e al contempo una massiccia politica di crediti e sussidi per tutti gl’imprenditori oltre alla cancellazione dei loro debiti.

A tutti gli effetti, grazie al percorso di “omogeneizzazione” avviato assai prima del 19 luglio 2006, quando si trattò di modificare la Costituzione per poter ricandidare Daniel alla presidenza della Repubblica, questo multimilionario (in dollari) si dichiarò favorevole al progetto politico e affermò: «Nicaragua es el primer país que tiene como mandato institucional el modelo de alianzas, consultas y consensos».

Senza dubbio era vero che, all’epoca, il Nicaragua era il primo Paese governato teoricamente dalla sinistra ad avere come mandato istituzionale il modello delle alleanze, delle consultazioni e del consenso tra forze politiche storicamente avversarie. Ma si trattava di alleanze e di un consenso ottenuto anche con prebende che andavano e vanno a scapito delle fasce più povere della popolazione, poiché nelle casse dello Stato entravano ed entrano meno soldi, avvantaggiando con ciò gl’imprenditori e farseli “amici”. Alleanza e consenso persino con gli ex contras, tanto che il candidato alla vicepresidenza, poi vicepresidente al fianco di Daniel per cinque anni fu l’ex banchiere Jaime Morales Carazo, organizzatore della Fuerza Democrática Nicaragüense (FDN) assieme all’ex colonnello della Guardia somozista Enrique Bermúdez Varela e all’affarista Adolfo Calero Portocarrero.

La denominata «Casa Pellas» non è l’abitazione del suddetto Carlos e della sua famiglia, bensì un consorzio (o conglomerato) che include una trentina di lucrose attività imprenditoriali: dalle assicurazioni alle banche, all’informatica e al settore dell’energia, comprese alcune concessionarie di veicoli d’importazione e di macchinari industriali.

All’epoca, nei primi anni della presidenza Ortega, Carlos Pellas rilasciò alcune interviste nelle quali sosteneva che era assai migliorato il “clima” per fare affari. Ragion per cui garantiva il proprio sostegno al modello consociativo che si basava sul semplice patto: il governo non interviene negli affari degl’imprenditori e costoro non mettono naso nelle decisioni politiche del governo. La dualità dell’orteguismo era evidente fin dall’inizio: da un lato il pragmatismo negoziale (pattista) e, dall’altro, il mantenimento della retorica rivoluzionaria.

Grazie a questo sistema, negli anni in cui proseguì l’accordo tra il governo e gl’imprenditori il PIL del Nicaragua crebbe con una media del 5% annuo, assai superiore a quello degli altri Paesi dell’area centroamericana (riconosciuto e applaudito persino dal Fondo Monetario e dalla Banca Mondiale). A tutti gli effetti, con l’avvallo di Washington, per un decennio il settore imprenditoriale ha cogovernato il Paese e avvallato ben 124 leggi su 326, approvate tra il 2008 e il 2017 (il 40%). Nello stesso decennio nessuno sciopero è stato effettuato indetto dai sindacati e Carlos Pellas si dichiarò «fiducioso in questo processo, che è servito enormemente a riconciliare la famiglia nicaraguense». Tradotto in altre parole, per citare un noto aforisma del cavalier Gianni Agnelli, «per fare una politica di destra ci vuole un governo di sinistra».

Un paio di settimane dopo l’inizio delle massicce proteste popolari spontanee, però, sulle pagine de La Prensa del 30 aprile 2018, lo stesso Pellas cambiò parere e, con una giravolta di 180 gradi, affermò in un’intervista che «il modello instaurato nel Paese si è esaurito». Stando a un comunicato ufficiale del Gruppo Pellas relativo a Guacalito de la Isla, nel successivo mese di giugno: «gli ospiti hanno abbandonato il resort e le cancellazioni si moltiplicano, tanto che negli ultimi giorni non abbiamo avuto alcun nuovo ospite. Il Gruppo ha dovuto licenziare i lavoratori [circa 350] a causa della cancellazione delle prenotazioni per i prossimi tre mesi. Con profonda tristezza ci vediamo obbligati ad assumere una delle decisioni più difficili e penose della nostra storia: sospendere a tempo indefinito le attività». Niente più stelle del cinema o della musica disposti a spendere tra i 500 e i 900 dollari al giorno e neppure alcuni membri della Royal Family britannica.

Alfredo Francisco Pellas, d’origine italiana (per la precisione ligure) giunse in Nicaragua alla fine dell’Ottocento (esattamente nel 1877), decidendo di restarvi, e subito si gettò sull’affare assai lucroso del trasporto passeggeri tra i due oceani lungo il Río San Juan e il lago Cocibolca (non esistendo ancora il Canale di Panamá): era il periodo della Febbre dell’oro e i cercatori che volevano recarsi sulla costa Ovest degli Stati Uniti preferivano il viaggio via mare piuttosto che avere a che fare con i pellerossa che difendevano i loro territori ancestrali. Pochi anni dopo Alfredo Pellas cedette questa attività assai lucrativa al magnate statunitense Cornelius Vanderbilt per dedicarsi alla produzione di zucchero di canna, costruendo nel 1890 l’Ingenio San Antonio a Chichigalpa (Nicaragua Sugar Estates Limited). In seguito, i successori avviarono pure la produzione di rum (il Flor de Caña, il Ron Plata e vari altri torcibudella) fino a fondare il Banco de América Central (BAC) nel 1985, poi venduto nel 2010 al colombiano Grupo Aval di Luis Carlos Sarmiento Angulo per 1.900 milioni di dollari. Con tutte le sue attività imprenditoriali in svariati settori, nel maggio del 2021 il patrimonio di Carlos Pellas era stimato in 2.700 milioni di dollari. Le uscite previste dalla legge finanziaria nicaraguense dello stesso anno erano di 81.528,8 córdobas (tradotti in dollari: circa 2.717 milioni) e le entrate previste erano poco più di 80 milioni di córdobas. Il deficit fiscale si prevedeva di coprirlo con donazioni e finanziamenti esteri. Nessun parlamentare né alcun ministro ha mai pensato di far pagare le tasse agl’imprenditori.

Nello stesso anno risultava che nel Nicaragua socialista vi fossero almeno 210 persone con un patrimonio di oltre 30 milioni di dollari ciascuno (per un totale complessivo di oltre 6mila milioni), a fronte di un tasso di povertà estrema che nel 2019 colpiva l’8,9% della popolazione.

Nel corso degli anni, migliaia di lavoratori impiegati nel taglio della canna da zucchero (zafra) contrassero un’insufficienza renale cronica a causa dei prodotti chimici utilizzati. Tra il 2009 e il 2013 morirono 16.566 persone a causa di questa infermità. Tra il 2018 e il 2022 nella sola Chichigalpa (dove ha sede l’Ingenio San Antonio) si registrarono ben 6.499 casi su circa 50mila abitanti (il 12,99%), per la maggior parte dipendenti dell’Ingenio (8.000 dipendenti) costretti a lavori usuranti con temperature assai elevate. Tra il 2002 e il 2012 si calcola che la causa del 75% dei decessi degli uomini tra i 35 e i 55 anni a Chichigalpa sia stata proprio l’insufficienza renale cronica. In questa zona non esistono possibilità di lavoro se non quelle legate alla lavorazione della canna da zucchero.

I lavoratori dell’Ingenio da anni protestano sia a Chichigalpa sia a Managua per queste insostenibili condizioni di lavoro, trovandosi sempre di fronte una polizia in tenuta antisommossa e una magistratura pronta a condannare i protestatari. Ultimo episodio repressivo in ordine di tempo: ottobre 2023.

È risaputo che, anche grazie agli accordi con gli imprenditori dell’epoca, il primo Somoza (Anastasio detto Tacho) si mantenne al potere dal 1937 fino ai colpi di Smith & Wesson sparatigli da Rigoberto López Pérez il 21 settembre 1956. Nel gennaio del 1937 la famiglia Pellas comprò un’intera pagina di giornale per felicitare Tacho per la sua nomina alla presidenza della Repubblica. Negli anni Cinquanta e Sessanta i maggiori gruppi imprenditoriali del Nicaragua facevano capo a Tacho e alla famiglia Pellas. Il grande capitale iniziò a distanziarsi dai Somoza all’epoca del figlio Tachito, quando non aveva più spazi di manovra per sviluppare i propri interessi.

Alcuni decenni dopo, in modo assai simile, finché conveniva economicamente e politicamente, lo stesso grande capitale restò alleato di Daniel. Con l’esplosione della rabbia popolare nell’aprile 2018, mutatis mutandis, si ruppe questo connubio nel momento in cui gli imprenditori tentarono di porsi alla testa delle proteste che non avevano una direzione unica e coesa, essendo spontanee e senza un concreto progetto politico alternativo (se non la cacciata di Daniel e Rosario).

Nell’aprile 2018 Daniel ha commesso l’errore storico di non affrontare le proteste a livello politico, cercando e fomentando lo scontro per lo scontro (ben sapendo di poter contare sulla polizia, sull’esercito e sui paramilitari), ma non valutando la possibilità della rottura del patto con gli industriali e, contestualmente, con la gerarchia cattolica, le due “forze” essenziali che gli avevano consentito di regnare senza grossi problemi fino a quel momento.

La “caccia spietata” agl’imprenditori e ai vescovi che prosegue a tutt’oggi non garantisce comunque al sistema ortego-chayista di poter proseguire senza ulteriori problemi come se nulla fosse. E non sarà sufficiente incrementare le forze di polizia per controllare l’intera popolazione: nel 2007 gli agenti erano 9.290, nel 2020 salirono 16.909 (secondo i dati pubblicati negli annuari statistici della Policía Nacional). Di conseguenza, se nella finanziaria del 2012 alla polizia era destinato meno del 9%, nel 2021 salì a oltre il 10% e ha continuato a crescere negli anni successivi, così come il numero di agenti. Nella legge finanziaria per il 2023 alla polizia e all’esercito erano stati assegnati fondi equivalenti al 13% delle entrate previste. Sia l’esercito sia la polizia dipendono direttamente dalla presidenza della Repubblica. Con una modifica alla Legge n. 872 (Ley de Organización, Funciones, Carrera y Régimen Especial de Seguridad Social de la Policía Nacional) nel luglio del 2023 è stata eliminata la natura sua «professionale e apartitica», oltre a stabilire l’arresto per gli ufficiali disobbedienti o disertori. Alla fine del dicembre 2023 lo stesso Daniel ha proposto di rinominare il Ministerio de Gobernación come Ministerio del Interior, prontamente reso effettivo dall’Asamblea Nacional. Non è solo un cambio di denominazione, stando alle sue stesse parole: «siamo in condizioni migliori per realizzare compiti che non consentono al nemico di portare avanti i suoi piani, perché cospira sempre».

Un tempo si raccontava una barzelletta sui militi della Guardia Nacional somozista: un tizio, passando davanti a un Guardia, si rese conto che stava leggendo il giornale al rovescio e glielo fece notare. Risposta immediata: «Un Guardia legge come gli pare».

Un’altra barzelletta parlava di una pattuglia notturna che trova un cadavere accoltellato sull’Avenida Roosevelt. Poiché l’agente non riusciva a scrivere correttamente il cognome del presidente gringo, il tenente ordinò: «Trasportate il soggetto nella calle Somoza».

Dal 2018 a oggi, buona parte delle reclute sono giovani provenienti dalle zone rurali, senza molte altre possibilità di occupazione, con una bassa scolarizzazione e non professionalizzati. Semplicemente, obbediscono agli ordini superiori. In compenso, tra la popolazione (persino tra i sandinisti “storici”) cala sempre più la fiducia in questa istituzione, che inizialmente era il popolo in divisa.

Che Carlos Pellas & soci non siano più alleati e complici spaventa non poco il potere ortego-chayista, ma sa che deve fare i conti anche e soprattutto con la popolazione e con buona parte degli stessi militanti sandinisti, non tutti e non del tutto omogeneizzati. I quali possono essere solo in parte convinti dalla martellante propaganda. Fino a quando?

Dal canto suo, a Carlos Pellas interessa maggiormente incrementare la vendita di alcoolici (comprese le due marche di birra esistenti nel Paese: Victoria e Toña). Secondo l’OMS, il Nicaragua detiene il record del consumo medio di alcoolici in tutta l’area centroamericana: si calcola un consumo medio di almeno 5,2 litri di etanolo a testa. Fenomeno che coinvolge una grossa fetta della popolazione, dai quindici anni in su e di ambo i sessi. La prima ingestione di alcoolici, droga legale a tutti gli effetti, avviene nel momento in cui i dodicenni iniziano le scuole secondarie e spesso passano a droghe non legali di vario tipo. In base ai dati dell’Encuesta Nacional sobre Consumo de Drogas en Estudiantes de Enseñanza Secundaria de Nicaragua, risalente al dicembre 2009, circa metà degli studenti avevano consumato una droga lecita almeno una volta nella loro vita.

Superfluo ricordare che all’alcoolismo è strettamente connessa la violenza domestica nei confronti dei familiari più deboli.

La problematica dell’alcoolismo era stata affrontata già nel 1999 dal dottor José Baca Arauz nel suo libro El alcoholismo es algo más que una enfermedad (nel quale propose la realizzazione di un programma integrale per la prevenzione e la riabilitazione) ma, a quanto pare, al potere ortego-chayista la realtà non dispiace: un ubriaco fradicio difficilmente potrà creare problemi socio-politici con proteste o altro. Inoltre, dal dicembre 2022 il governo ha aumentato le imposte sugli alcoolici (da 54 pesos a 60 ogni litro), non come deterrente ma per rimpinguare le casse dello Stato, che nel 2023 ammontava a circa 100 milioni di pesos (circa 350mila dollari) e limitare il deficit di bilancio.

Nell’agosto del 2007, pochi mesi dopo il ritorno di Daniel alla presidenza della Repubblica, il Gruppo Pellas annunciò che l’anno successivo sarebbe riuscito a produrre 50 milioni di litri di etanolo e nel 2010 avrebbe raggiunto i 100 milioni destinati in massima parte all’esportazione, notizia ottima per il Governo poiché avrebbe incrementato il PIL.

Se ufficialmente il connubio politico tra la famiglia Pellas e il potere pseudo-sandinista si è ufficialmente spezzato nell’aprile 2018, a tutti gli effetti è oggi tacito interesse comune la vendita massiccia di alcoolici: la prima per mantenere la propria ricchezza, il secondo per addormentare le coscienze. Secondo i dati del Ministerio de Salud (MINSA), il consumo e soprattutto l’abuso di alcoolici provoca l’insorgenza di svariate infermità e che causano oltre 1.200 decessi all’anno (ai quali si devono aggiungere le migliaia morti e feriti in incidenti stradali causati da autisti non esattamente sobri). La responsabilità ricade obiettivamente sia sul produttore sia su chi non attua concrete politiche educative di sensibilizzazione rivolte all’uso responsabile, limitandosi a pronunciare parole che volano nel vento.

Alcuni anni fa, accompagnato dalla famiglia di Managua che mi ospitava, andai in un’osteria poco lontana dalla loro abitazione. Seduti a un tavolino c’erano due uomini. Accanto a loro una pila di almeno quattro casse di birra con bottiglie vuote e sul tavolino almeno sei bottiglie vuote di rum. Da quanto tempo fossero lì a trangugiare non saprei dirlo, ma continuarono a ordinare altre birre a altro rum per almeno un paio d’ore.

Senza dubbio è un caso-limite e non generalizzabile ma, passeggiando al mattino per le vie del Nicaragua (qualunque città va bene), non è difficile dover evitare di calpestare persone “dormienti” sdraiate sui marciapiedi o ai bordi delle strade, intente a smaltire ciò che hanno bevuto nelle ore precedenti. Ciò nonostante è un problema non affrontato e addirittura ignorato nelle politiche socio-sanitarie governative. Dalla serie «Non disturbare il manovratore»: l’Instituto contra el Alcoholismo y Drogadicción (ICAD) del ministero della Salute, creato con la Legge n. 370 del 29 novembre 2000 (presidenza Alemán) e varando pure il relativo regolamento, che dovrebbe «sostenere il processo di recupero delle persone con dipendenze», si occupa essenzialmente delle problematiche legate alle droghe, tralasciando quasi completamente il fenomeno dell’alcoolismo, che aumenta quotidianamente e rappresenta a tutti gli effetti una vera pandemia (accresciuta dopo il 2018 e ulteriormente nel periodo del Covid-19). Purtroppo non esistono ricerche e studi scientifici ufficiali dedicati al problema, nonostante che lo stesso ICAD attesti che almeno il 50% dei nicaraguensi abbia bevuto alcoolici almeno una volta nella vita e i non astemi siano oltre il 64% della popolazione. Situazioni essenziali dell’alcoolismo in Nicaragua, per quanto nos uniche, sono di tipo economico, legate essenzialmente alla povertà e alla disoccupazione.

Nel 2015, alla celebrazione dei 125 anni della fondazione dell’impresa San Antonio parteciparono l’ex comandante Bayardo Arce Castaño (assessore economico di Daniel), il capogruppo del FSLN all’Asamblea Nacional Edwin Castro Rivera e il magistrato Rafael Solís Cerda (testimone di nozze di Daniel e Rosario).

Il precedente 5 settembre 2013 in un incontro pubblico nella Casa de los Pueblos di Managua, difendendo i risultati economici offerti dalla stretta relazione con il Governo, Carlos Pellas affermò con convinzione «Qui [in Nicaragua] esiste un meccanismo in cui la maggior parte delle leggi viene negoziata e si raggiunge il consenso». Dal canto suo, nella stessa occasione, Daniel aveva dichiarato «Eccoci come nicaraguensi, al di là delle ideologie, al di là delle posizioni politiche». Quanto meno sulla questione dell’alcool questo idillio prosegue tacitamente, poiché entrambe le parti ne ricavano un indubbio vantaggio. All’interno di questo accordo di fatto si può inquadrare la chiusura forzata di alcune ONG che si occupavano della problematica, poiché ufficialmente erano dedite a un’attività antipatriottica.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *