NOTAV & art18, per l’innovazione e il progresso

di Rom Vunner

Undici anni fa si diceva “un altro mondo è possibile”, poi ci pensò un colpo di pistola in piazza Alimonda a dire che le cose non stavano così. Pochi mesi dopo le Torri Gemelle e non solo un altro mondo non era più possibile ma guerra e distruzione tornano a farla da padrone. Milioni di persone scesero in piazza contemporaneamente per dire no alla guerra e, anche se non sembra vero, Facebook non c’era ancora e la maggior parte non usava il computer per comunicare ma milioni di persone scesero in piazza lo stesso giorno per dire no.

Da quel momento anche il movimento contro la guerra è quasi scomparso e il suo versante istituzionalizzato ha iniziato a spalleggiare le operazioni di aggressione militare all’estero. Dopotutto se ne vedono i risultati: in Iraq l’azione di peace keeping ha fatto cadere un pericoloso regime dando spazio a un casino in cui l’Islam la fa da padrone. In Afghanistan siamo andati per far togliere il burqa alle donne a cui lo avevamo fatto mettere per far crollare la rivoluzione comunista. Per questo si è finanziato l’islamismo che poi è stato abbattuto sterminando un numero indicibile di persone di ogni genere ed età per instaurare un regime islamico. Un po’ prima avevamo regalato a guerriglieri vicini ad Al Qaeda, e leader nel traffico internazionale di eroina, un pezzo della Serbia. Contemporaneamente i partiti più democratici e progressisti ci hanno detto che il lavoro era finito, bisognava spingere le aziende a delocalizzare e spingere sul terziario avanzato. Il tutto in un turbinio di crescita continua e infinita. Almeno così secondo i bocconiani e le più alte figure della Commissione Europea e della Banca Europea.

Certo non potevamo non adeguarci e così, finita la paura del comunismo, non c’era più pericolo di sfruttamento: i padroni non temendo più il comunismo si sarebbero tramutati in teneri alleati, consiglieri fidati, insomma dei fratelli e non più dei nemici. Per questo ci siamo potuti permettere di far cadere qualunque diritto e divenire i più precari d’Europa.

Visti gli ottimi risultati di questo, e apprezzando le capacità di analisi dei bocconiani e dei loro simili, abbiamo oggi fatto l’ultimo sforzo: per il nostro bene abbiamo permesso una deroga alla democrazia, per un po’ il Parlamento (come già postulato da Berlusconi) ubbidisce solo al Governo. Con il porcellum si era già riempito il Parlamento non di politici ma di yes man, figuri la cui carriera e presenza in Parlamento dipende dal grado di sudditanza alle segreterie, ma si vede che non bastava.

Questa deroga alla democrazia è ben evidente nella vicenda del TAV e della riforma del lavoro: non importa nulla, si fa così, anche se non ha senso o, almeno, lo ha per gli interessi di pochi. Non c’è una spiegazione tecnica, una spiegazione del perché le cose devono essere fatte così, è così e si fa così.

Chissà se si può tornare indietro. La scienza ci direbbe di no, il tempo è irreversibile, mutata una situazione non si torna allo stato precedente, si ha comunque un cambiamento. Quale cambiamento è la parte ancora aperta: se non si può tornare indietro la scelta, allora, potrebbe essere tra una feroce tirannia e una forma avanzata di partecipazione diretta basata sull’autorganizzazione, un modo innovativo e moderno per superare la forma novecentesca e ormai fallimentare dei partiti e dei padroni.

Rom Vunner

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