Pena di morte: Florida, Arabia Saudita e…

altri boia di Stato: storie riprese dal “Foglio di collegamento” mensile del Comitato Paul Rougeau. A seguire la presentazione e il sommario nel numero 306 (maggio 29023) con le informazioni utili per chi vuole sostenere le campagne del Rougeau.

 

LA FLORIDA E L’INASPRIMENTO DELLA PENA DI MORTE NEL 2023

Il Governatore della Florida, Ron DeSantis, ha puntato sulla repressione dei reati, attraverso un inasprimento della pena di morte, per ottenere il maggiore consenso politico in vista delle elezioni presidenziali del 2024, per le quali si è candidato. Nei primi 4 mesi di quest’anno DeSantis ha emesso 4 ordini di esecuzione, di cui 3 già eseguiti. La quarta esecuzione avverrà il 15 giugno.

Quando leggo la Costituzione italiana, guardo con orgoglio e ammirazione all’articolo 27 che, sulla responsabilità penale, recita testualmente:

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte.”

Il rispetto della dignità umana e dell’identità della persona nell’applicazione delle pene, nonché la contrarietà alla pena di morte dello Stato italiano, dunque, sono principi sanciti a livello costituzionale e ormai acquisiti, almeno ufficialmente, nella nostra cultura.

Così ancora non è, invece, in tanti altri Paesi del mondo ed è qualcosa a cui guardare con preoccupazione anche in alcuni (troppi ancora) stati degli USA, che da sempre definiamo invece come “esportatori di democrazia”.

Secondo l’ultimo Rapporto annuale di Amnesty International sulla pena di morte nel mondo (https://d21zrvtkxtd6ae.cloudfront.net/public/uploads/2023/05/Rapporto-pena-di-morte-2022_web.pdf), con la Virginia nel 2021si è raggiunto un totale di 23 Stati americani che hanno abolito la pena di morte. Restano 27 Stati che ancora prevedono la pena di morte e, tra questi, California, Carolina del Nord, Carolina del Sud, Idaho, Indiana, Kansas, Kentucky, Louisiana, Montana, Nevada, Oregon, Pennsylvania, Utah e Wyoming (14, ovvero il 52%) non eseguono condanne da almeno 10 anni: in particolare, California, Oregon e Pennsylvania osservano da anni moratorie sulle esecuzioni. Tra questi stessi Stati, Louisiana e Pennsylvania hanno visto recentemente i rispettivi Governatori ufficializzare la loro contrarietà alla pena di morte chiedendo ai rispettivi legislatori di approvarne leggi di abolizione. In Oregon, la Governatrice uscente ha commutato tutte le pene di morte ancora pendenti in ergastolo senza possibilità di uscita sulla parola prima della fine del suo mandato, avvenuto a dicembre 2022. Lo Stato dell’Ohio ha posposto al 2026 le esecuzioni per problemi di approvvigionamento, perché il Governatore teme che, se le compagnie farmaceutiche dovessero sapere che le loro sostanze vengono usate per le esecuzioni, questo potrebbe mettere in crisi l’approvvigionamento dello Stato per quanto riguarda tutti i medicinali, indistintamente.

Il quadro che ne emerge è dunque quello di soli 13 su 50 Stati americani, di fatto, che applicano la pena di morte: un numero esiguo, tutto sommato, prevalentemente riferito agli Stati del sud degli Stati Uniti.

Le evidenze, peraltro, suggeriscono ormai che la pena di morte ha un impatto scarso o nullo sulla deterrenza o sulla riduzione del crimine, ha costi elevatissimi per il bilancio dello Stato e per i suoi cittadini ed è per lo più espressione di discriminazione delle minoranze razziali, etniche e linguistiche, nonché di divario sociale nella somministrazione della giustizia, a detrimento chiaramente dei più poveri e degli emarginati.

Eppure, alcuni Governatori statunitensi, di parte conservatrice, continuano a considerare la pena di morte come un obiettivo da inserire ancora nella loro agenda politica.

Tra questi, il Governatore della Florida, Ron DeSantis, che ha puntato sulla repressione dei reati, attraverso un inasprimento della pena di morte, per ottenere un maggiore consenso politico in vista delle elezioni presidenziali del 2024, per le quali sembra sia imminente la sua candidatura.

Nei primi 4 mesi dell’anno, DeSantis ha emesso 4 mandati di esecuzione, di cui 3 già eseguiti. La quarta esecuzione, salvo eventuali stop dell’ultima ora, avverrà il 15 giugno 2023, ore 6pm locali. In aprile, ha approvato una legge che, riportando indietro di circa 6 anni la normativa statale e sfidando il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte degli Stati Uniti nel 2016, stabilisce che la comminazione della pena di morte possa avvenire senza la raccomandazione di una giuria unanime, essendo sufficienti per questo solo i 2/3 dei voti favorevoli (8 membri su 12).

Ma DeSantis ha fatto anche di più: ha approvato una legge che estende la pena di morte, oltre che ai casi di omicidio, anche ai reati di stupro contro i minori, in contrasto con una decisione della Suprema Corte degli Stati Uniti del 2008, che aveva annullato, sancendone l’incostituzionalità, una legge della Louisiana che consentiva la condanna a morte in questi casi. A quei tempi, diversi assistenti sociali e avvocati difensori condivisero la decisione della Corte suprema, sostenendo, da una parte, che i minori vittime di abusi sessuali avrebbero potuto essere meno disposti a parlare laddove il loro aggressore avesse rischiato la pena capitale e, dall’altra, che gli autori di detti crimini sarebbero stati comunque più inclini anche ad uccidere le loro vittime dopo l’abuso, sapendo di rischiare in ogni caso la pena di morte. Argomentazioni ancora attuali, alla luce di ciò che si sta prospettando in Florida. (Federica)

SEMPLICEMENTE REPRIMERE O RI-EDUCARE? QUESTO È IL (FALSO) DILEMMA

Si può sostenere e votare un Governatore che aspira a diventare Presidente degli Stati Uniti utilizzando a tale scopo il destino di molti condannati e i soldi dei propri connazionali?

Il governatore della Florida Ron DeSantis

Il governatore della Florida Ron DeSantis è repubblicano e confida nell’appoggio dei membri della Corte Suprema degli Stati Uniti e di quella della Florida, che sono ugualmente di maggioranza conservatrice e repubblicana; perciò, è fiducioso di poter ottenere un ribaltamento delle precedenti pronunce e l’approvazione delle sue leggi assurde e forcaiole.

Gli Americani però dovrebbero accorgersi che questo tipo di intervento politico comporterà, oltre che un rinnovato dolore per le vittime e le loro famiglie, nuove sfide giudiziali, nuovi ricorsi nei tribunali, perciò maggiori spese per i contribuenti, in lunghi e faticosi processi penali. Considerato che il valore della Vita non sembra essere un deterrente per chi è ancora pro-pena di morte, forse la questione economica potrebbe essere qualcosa su cui ancora puntare per contrastare questa politica. Si può sostenere e votare un Governatore che aspira a diventare Presidente degli Stati Uniti utilizzando a tale scopo il destino di molti condannati (giustamente e ingiustamente) e i soldi dei propri connazionali per le sue brame di potere? Ci si può veramente sentire rappresentati da qualcuno quando non si è “governati”, nel senso più nobile della parola?

Personalmente, infatti, considero, come vero significato della parola “governare”, la cura sapiente, saggia, attenta e capace di un popolo. “Governare” in questo modo significa avere “autorevolezza” e uno Stato che reprime i reati, uccidendo a sua volta, non credo che ne sia espressione.

Non c’è dubbio che anche “reprimere” sia necessario e che la previsione di una pena e la paura della sua applicazione possano condurre all’osservanza delle leggi. Tuttavia, non è difficile comprendere come si tratti di un’opzione del tutto inutile nei confronti di quei soggetti incapaci, per disabilità o gravi patologie mentali, o per disagi sociali e personali, di apprezzarne lo scopo.

“Educare” per formare una società alla legalità significa invece investire sulla possibilità che ognuno di noi ha di capire. Innanzitutto, si tratta di “educare” lo Stato a capire perché un soggetto ha violato la legge, capire quali siano le cause; significa prendersene cura indagando sul suo passato, sulla sua persona e sulle possibilità di riabilitarla e reinserirla nella società per contribuirne alla crescita.

E poi si tratta di “educare” il cittadino a chiedersi perché una determinata regola giuridica sia stata adottata, insegnandogli al contempo quale regola o urgenza sociale vi sia sottesa, in modo tale che la sua osservanza sia assicurata per libera adesione, senso di responsabilità e appartenenza alla collettività, e non solo per minaccia o repressione.

Per questo guardo con ammirazione all’articolo 27 della Costituzione italiana, anche se occorre ammettere, purtroppo, che pure qui in Italia, nonostante le eccellenti norme della nostra Costituzione, il sistema carcerario è estremamente lacunoso, con prigioni sovraffollate, occasionali (ma non poi tanto) maltrattamenti ai detenuti, gravi problemi legati alla relegazione delle madri con bambini in prigione. Testimone di queste lacune è, tra le altre cose, l’elevatissimo numero di suicidi dei detenuti, molto superiore in proporzione a quello del resto della popolazione libera.

Come ammiro la nostra Costituzione, guardo con altrettanta ammirazione alle iniziative di diffusione di una nuova cultura negli Stati Uniti da parte di associazioni non-profit come la AVSI-USA promotrice di un programma – avviato dall’Association for the Protection and Assistance of the Convicted (APAC) in Brasile ormai da anni – per il reinserimento dei detenuti nella società, per la diffusione della cultura della riabilitazione del condannato e per il superamento di una visione meramente punitiva e ristorativa della pena. In breve, per il superamento di una cultura che ancora ammette la pena di morte come possibile risposta alla commissione di reati.

Qualcosa di rivoluzionario, oggi, rispetto alla cultura su cui si fonda il sistema giudiziario statunitense; qualcosa di visionario, forse, se si pensa alla realtà della Florida, ma sicuramente di “illuminato” se si vuole investire su un cambio di prospettiva.

 

ESECUZIONI IN ARABIA SAUDITADOPO CONFESSIONI OTTENUTE CON LA TORTURA

Per ordine del principe ereditario Mohammed bin Salman, l’Arabia Saudita ha messo a morte tra il 22 e il 23 maggio 2023 quattro giovani della città di Al Qatif, condannati per aver esercitato la loro libertà di espressione.  I giovani sono stati torturati per costringerli a “confessare”

 

Mohammed bin Salman

Hassan Issa al Muhanna, Haidar Hassan Mowes, Mohammed Ibrahim Mowes e Ahmed bin Ali bin Mutoq Al Badr, sono stati sottoposti a tortura per estorcere confessioni. Sono stati condannati con accuse che normalmente non comporterebbero la pena di morte secondo il diritto internazionale, tra cui l’addestramento all’uso delle armi, l’intenzione di contrabbandare e l’associazione con un’organizzazione terroristica. Queste ultime esecuzioni portano a 36 il numero delle condanne a morte portate a termine quest’anno in Arabia Saudita.

Hassan Al Mahanna e Haidar Al-Muwees sono stati entrambi arrestati nel 2013 e sono stati brutalmente torturati, fisicamente e mentalmente, per costringerli a firmare una confessione. Sono stati giustiziati senza preavviso. Mohamed Al-Muwes è stato giustiziato con l’accusa di terrorismo. Anche Ahmed Al Badr è stato giustiziato con l’accusa di terrorismo dopo essere stato arrestato nel 2016 e condannato a 25 anni di carcere. La sua condanna è stata sostituita con la condanna a morte.

Prima di queste esecuzioni, l’Arabia Saudita aveva promesso di porre fine all’esecuzione di minorenni e di persone condannate per reati commessi nella minore età, e aveva anche posto una moratoria sula pena di morte – una pratica che colpisce in modo sproporzionato gli immigrati, che spesso svolgono servizi come corrieri della droga per organizzazioni criminali gestite da cittadini sauditi.

Le esecuzioni in Arabia Saudita non possono essere portate a termine senza il permesso del re o, in sua assenza, del principe ereditario Mohammed bin Salman – conosciuto a livello internazionale con il suo acronimo, MbS. (Il principe ereditario ha guidato il paese per oltre mezzo decennio per conto di suo padre malato, il re Salman al-Saud).

Mohammed bin Salman è stato bandito dalla comunità internazionale per il suo presunto coinvolgimento nell’omicidio del giornalista saudita e collaboratore del Washington Post Jamal Khashoggi in Turchia. Il presidente Biden è arrivato al punto di impegnarsi a trattare l’Arabia Saudita come un “paria” durante la sua campagna. Eppure, dopo l’inizio della guerra della Russia in Ucraina, l’Europa occidentale e gli Stati Uniti hanno permesso a Mohammed bin Salman di tornare sulla scena mondiale. Questi ha risposto giustiziando immediatamente 81 persone, uccidendone altre 115 nel corso dell’anno e ricondannando a morte un altro minorenne.

Quest’ultima esecuzione di massa non lascia dubbi, questa è l’Arabia Saudita di MbS”, ha dichiarato Husain Abdulla, direttore esecutivo dell’ADHRB (Associazione per i Diritti Umani del Bahrain). “Lontano dalle promesse di riforme fatte per attirare investimenti internazionali, o dalle città specchio luminose e scintillanti che compongono i suoi sogni febbrili, la visione del principe ereditario per il suo regno è assai più brutale. La sua Arabia Saudita uccide anziani che hanno confessato di contrabbandare droga sotto atroci atti di tortura. La sua Arabia Saudita uccide giornalisti che personalmente non gli piacciono. La sua Arabia Saudita mette a morte bambini mediante fucilazione”. L’ADHRB condanna la pena di morte in tutte le sue forme, così come il recente monumentale aumento del numero di esecuzioni in Arabia Saudita e chiede al governo dell’Arabia Saudita di porre una moratoria generale sulla pena di morte in vista dell’abolizione, in linea con i suoi impegni ai sensi della Convenzione contro la tortura e l’evoluzione del diritto internazionale.

FOGLIO DI COLLEGAMENTO INTERNO DEL COMITATO PAUL ROUGEAU (numero 306 – maggio 2023): presentazione e sommario.

Questo numero è dedicato in gran parte agli Stati Uniti d’America, Paese da cui ci giunge un’informazione ampia, variegata e dibattuta.

Si parla anche dell’Arabia Saudita e dell’Iran, Paesi che usano in modo intenso e ingiusto la pena capitale e che lasciano filtrare con difficoltà l’informazione in proposito.

Vi ricordo la pagina Facebook Amici e sostenitori del Comitato Paul Rougeau contro la pena di morte. Nella pagina trovate articoli scritti da organizzazioni abolizioniste in tutto il mondo, nonché appelli che potete firmare e diffondere, condividendoli con i vostri amici e  conoscenti.

Gli articoli comparsi nei numeri precedenti del Foglio di Collegamento, ai quali rimandano le note in calce ad alcuni articoli di questo numero, si trovano nel nostro sito www.comitatopaulrougeau.org

Giuseppe Lodoli per il Comitato Paul Rougeau

SOMMARIO

La Corte Suprema degli Stati Uniti risparmia Richard Glossip anche se solo temporaneamente  

Il 3 maggio Darryl Barwick è stato messo a morte in Florida          

La Florida e l’inasprimento della pena di morte nel 2023           

Semplicemente reprimere o ri-educare? questo è il (falso) dilemma          

Esecuzioni in Arabia Saudita dopo confessioni ottenute con la tortura     

In Iran continua l’uso frenetico della pena di morte nonostante la condanna internazionale 


Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 31 maggio 2023

AIUTIAMOCI A TROVARE NUOVI ADERENTI

È di vitale importanza per il Comitato potersi giovare dell’entusiasmo e delle risorse personali di nuovi aderenti. Pertanto, facciamo affidamento sui nostri soci pregandoli di trovare altre persone sensibili alla problematica della pena di morte disposte ad iscriversi alla nostra associazione.

Cercate soci disposti anche soltanto a versare la quota sociale.

Cercate soci attivi. Chiunque può diventare un socio ATTIVO facente parte dello staff del Comitato Paul Rougeau.

Cercate volontari disposti ad andare a parlare nelle scuole dopo un periodo di formazione al seguito di soci già esperti.

Cercate amici con cui lavorare per il nostro sito Web, per le traduzioni. Occorre qualcuno che mandi avanti i libri in corso di pubblicazione, produca magliette e materiale promozionale, organizzi campagne e azioni urgenti, si occupi della gestione dei soci, della raccolta fondi, …

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Redazione
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