Scor-data: 12 agosto 1944

Sant’Anna di Stazzema, una strage rimasta impunita

di David Lifodi (*)  

Nei mesi scorsi la Procura di Stoccarda ha respinto il ricorso contro l’archiviazione dell’inchiesta per la strage di Sant’Anna di Stazzema: il 12 agosto 1944, i reparti delle SS, guidati fino al piccolo paese della Versilia dai fascisti locali, uccisero 560 civili disarmati senza lasciare scampo ad alcuno. Per il Tribunale militare di La Spezia non fu un semplice atto di guerra o di rappresaglia, ma un’azione di terrorismo vera e propria.

Al contrario, la Procura di Stoccarda ha sostenuto l’impossibilità di dimostrare con certezza che gli accusati abbiano compiuto un atto programmato e deliberato. Inoltre, sottolinea la stessa Procura, l’assenza documentale di prove che avrebbero potuto inchiodare i responsabili di quella barbara e gratuita carneficina si sommano all’impossibilità di stabilire il numero esatto delle vittime, poiché nella zona si trovavano anche molti rifugiati di guerra provenienti da luoghi vicini. E ancora: la Procura di Stoccarda dichiara di essere consapevole che si tratta di una prova durissima per i familiari delle vittime, ma d’altra parte, aggiunge, la semplice appartenenza di un militare tedesco ai reparti SS non è necessariamente sinonimo di partecipazione alla mattanza di Sant’Anna di Stazzema. In pratica, la storia di quel 12 agosto 1944 è stata riscritta in un’aula di tribunale: eppure, in quel periodo, quella zona era stata definita “bianca”, questo perché accoglieva gli sfollati in fuga dai luoghi di guerra, dopo che i partigiani della X Brigata Garibaldi si erano ritirati da quell’area senza aver mai messo in atto azioni particolarmente significative. Per questo gli abitanti di Sant’Anna non si aspettavano una strage che, ancora oggi, risulta del tutto inspiegabile e gratuita, nonostante solo poche settimane prima a Forno, in provincia di Massa Carrara, le SS, guidate ancora una volta dai fascisti locali, avessero trucidato 68 civili. All’alba del 12 agosto, i nazisti avevano già circondato il paese e fu una strage: prima rastrellarono 140 persone dalle loro case e le fucilarono seduta stante nel piazzale di fronte alla chiesa del paese. Non contenti, i soldati tedeschi devastarono l’edificio adibito al culto e di fronte eressero un’enorme pira in cui arsero le panche della chiesa, le suppellettili e vi gettarono i corpi delle vittime appena fucilate. Infine, terminarono il lavoro uccidendo tutti coloro che si erano salvati in occasione del primo assalto: la gente di Sant’Anna rimase prigioniera nelle proprie case e nelle proprie stalle, chiuse dai nazisti, che uccidevano qualsiasi persona si trovassero di fronte. La furia e la barbarie delle truppe nazifasciste non conobbero ostacoli, ma dei dieci ufficiali delle SS condannati all’ergastolo per l’eccidio del 12 agosto 1944 nessuno di loro ha mai pagato per le proprie responsabilità. Otto sono morti, uno vive in una casa di riposo di Amburgo (Gerhard Sommer) e il decimo, Karl Gropler, continua a negare qualsiasi responsabilità, come i peggiori aguzzini delle dittature sudamericane. Scovato da un inviato del quotidiano torinese La Stampa, che alcuni mesi fa ha dedicato ampio spazio alla sua storia, Gropler ha rifiutato di concedersi al giornalista Niccolò Zancan, che lo aveva rintracciato a Wollin, un paese a settanta chilometri da Berlino. Gropler ha inviato in avanscoperta suo nipote, a cui ha affidato un laconico messaggio: non aveva partecipato al massacro e non intendeva nemmeno arruolarsi nella gioventù hitleriana, ma sono gli stessi documenti ufficiali a sconfessarlo. Il sergente delle SS vi aveva aderito nel 1937, quando la leva era ancora volontaria, e ad inchiodarlo ci sarebbero due verbali firmati di suo pugno in cui asserisce di aver accompagnato un gruppo di civili sulla piazza davanti alla chiesa, quella piazza dove si consumò una vera e propria strage degli innocenti. E ancora, Gropler fa sapere all’inviato de La Stampa, stavolta tramite la figlia, che “il diritto tedesco si basa sul fatto che si deve provare la colpa di ogni singola persona. Io non ho niente da temere perché non ero lì”. Si tratta dello stesso concetto espresso, seppure non con l’arroganza del sergente di Wollin, dalla Procura di Stoccarda. Per fortuna la memoria della strage di Sant’ Anna non è stata condannata all’oblio: i sopravvissuti alla mattanza hanno denunciato i fatti di quel 12 luglio ogni giorno della loro vita, nella speranza di avere giustizia, ma anche affinché atrocità del genere non accadessero mai più. È il caso di Cesira Pardini, medaglia d’oro per aver salvato due sorelle e un bimbo di un anno, di Ennio Mancini ed Enrico Pieri (presidente dell’Associazione Martiri di Sant’Anna), e degli storici quali Carlo Gentile e Paolo Pezzino, che ha dedicato un suo volume, Anatomia di un massacro. Controversia sopra una strage tedesca (Il Mulino, 2007), ai fatti del 12 agosto 1944, ed ha svolto ricerche sui crimini delle SS, coadiuvate dai fascisti locali, anche in Il massacro. Guerra ai civili a Monte Sole (Il Mulino, 2009). In tutto questo non si può fare a meno di notare il comportamento quantomeno ambiguo svolto dalla Germania: se da un lato tutte le tv si sono prodigate nel mostrare il comune cordoglio dei presidenti Gauck e Napolitano, in silenzio di fronte alla lapide che commemora i martiri di Sant’Anna, lascia altrettanto sgomenti la decisione di Berlino, che ha rifiutato l’estradizione del comandante Gerhard Sommer in Italia nonostante la sentenza all’ergastolo comminatagli dal Tribunale militare di La Spezia nel 2005. Del resto, anche il sistema giudiziario italiano non ha brillato per chiarezza: nel 1960 venne disposta l’archiviazione di circa 695 fascicoli relativi agli eccidi nazisti in Italia, riemersi solo nel 1994 in occasione del processo a Eric Priebke, un altro torturatore rimasto sostanzialmente impunito.

La lapide attigua al Museo storico della Resistenza di Sant’Anna riporta la celebre ode di Piero Calamandrei in risposta a Kesselring, comandante delle truppe nazifasciste in Italia, uno dei principali responsabili di alcune tra le peggiori stragi compiute dalle SS nel nostro paese (su tutte le Fosse Ardeatine e Marzabotto) eppure così fiero del suo operato da ritenersi meritevole di un monumento alla memoria. Queste le parole di Calamandrei, che ancora oggi dovrebbe suonare come monito contro ogni forma di fascismo e razzismo (vedi lo “schifezzario” di Affile):  “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché è lì che è nata la nostra Costituzione”.

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 12 agosto fra l’altro – per fermarsi a date recenti – avevo ipotizzato:1956: lettera del vescovo di Prato contro il matrimonio civile; 1976: cade Tall el Zatar; 1977: strano suicidio del generale Anzà; 1988: ucciso Basquiat. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.

Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

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