Stelle… a portata di esseri umani?

Nella «notte di san Lorenzo» mi è capitato di intrattenere (fra piadine, pioggia, stelle cadenti e fuochi d’artificio) alcune persone su… le stelle che vorremmo. Forse a qualcuna/o può interessare la “scaletta” della mia chiacchierata che ovviamente saccheggia (*) la bottega [db]

placcaSondaPioneer

Ho iniziato ricordando che negli ultimi mesi su nei cieli sono successe cosette interessanti per noi umani. Ne ho riassunte velocemente due.

La prima riguarda Rosetta e la cometa: in “bottega” se ne è scritto più volte e dunque rimando ai Tag.

La seconda concerne Kepler. Se vi siete distratte/i ecco in breve di che si tratta.

Fuori dal sistema solare c’è un pianeta di tipo terrestre – Kepler 452b – che orbita intorno a una stella simile al Sole: ha (o in passato ha avuto) acqua liquida. E’ dunque il miglior candidato, fra gli oltre 4 mila simili finora scoperti, per trasferirci quando avremo finito le risorse della Terra. La notizia arriva dalla Nasa, l’ente spaziale statunitense, confermando quello che gli scienziati avevano già fatto trapelare.

Però non fate le valigie, ci sono due problemoni.

Il primo impiccio è che Kepler 452b è a 1400 anni luce, un viaggio lunghetto. La seconda complicazione è che anche Marte e Venere sono molto simili al nostro pianeta ma per noi inabitabili almeno finché non saranno “terraformate” cioè trasformate in modo che gli esseri umani possano viverci: in teoria è possibile, in pratica è tutto (modi, tempi, costi, rischi) da verificare. Dunque è esagerato dire che si tratta di un pianeta gemello del nostro. Ma la notizia è ovviamente importantissima per la scienza. Conferma che l’ipotesi di altri pianeti abitati da esseri intelligenti appartiene alle possibilità concrete. «Abbiamo scoperto il pianeta e la stella che più somigliano alla Terra e al Sole» ha spiegato John Grunsfeld della Nasa: «questo risultato entusiasmante ci porta un passo più vicini a trovare una Terra 2.0». E viceversa: mentre noi cerchiamo gli extraterrestri magari gli alieni stanno venendo qui. Se ancora non ci siamo incontrati è perché la ricerca è appena cominciata. Immaginate un bimbo e una bimba che, in riva a un oceano, riempiono due secchielli d’acqua: quante possibilità ci sono che trovino subito i pesci?

La scienza e, con maggiore libertà, la buona fantascienza hanno immaginato che «il grande incontro» potrebbe avvenire fra razze simili (cioè con alieni più o meno umanoidi) o fra specie radicalmente diverse. Anzi a tal punto differenti che sarebbe difficile trovare una base di comunicazione. C’è un romanzo (anche film, in due versioni) che illustra bene le complicazioni: è «Solaris», scritto oltre 50 anni dal polacco Stanislaw Lem. I terrestri non riescono a comprendere se il pianeta sia un unico, enorme essere vivente (o forse un bambino) in grado di pensare, di leggere le menti degli esseri umani, di manipolarli. Forse il pianeta Solaris si trastulla con gli esseri umani come noi potremmo giocare con le formiche, senza neppure tentare – il che è comprensibile, viste anche le differenti proporzioni – “un contatto”.

A proposito di quelli che noi definiamo animali c’è un’altra vicenda (torniamo dalle parti della scienza abbandonando la science fiction) che va tenuta presente. C’è chi fra gli zoologi considera i delfini intelligenti, oltreché dotati di un linguaggio strutturato, e ha più volte proposto di investire fondi in un progetto per comunicare. Soldi mai trovati e dunque il dialogo umani-delfini resta nel campo delle ipotesi. Però, molti decenni fa, Usa e Urss trovarono invece i soldi per addestrare i delfini a operazioni militari. Una triste metafora. Che sul nostro pianeta si spendano più soldi in armi che in astronomia (e/o educazione, spese sociali, sanità, ecologia…) resta invece un dato di fatto. Se dalle parti di Kepler-452b c’è un’altra Terra speriamo che i suoi abitanti – umani o no – siano così bravi da insegnarci la pace.

Dopo queste due notizie di “attualità” ho provato a ricordare che rapporto abbiamo con le stelle o meglio con i viaggi per raggiungerle.

 

Perché le stelle? Almeno 5 motivi ci spingono a guardare lassù (curiosità; romanticismo-poesia-amore; desideri di conquista; andare altrove cioè migrare per star meglio; di recente la consapevolezza che le risorse del pianeta Terra si stanno esaurendo). Da quello sguardo nasce un desiderare, progettare, tentare di volare in cielo e oltre il cielo verso le stelle, su altri pianeti.

A che punto siamo arrivati?

Alcuni esseri umani hanno messo piede sulla Luna, mentre su Marte per ora abbiamo sbarcato soltanto robot o meglio lander. Costerà moltissimo verso il 2020 impiantare una base (solo “robotica”) su Marte. Io sono molto diviso – insomma faccio a botte con me stesso – se sia giusto spendere tutti questi soldi per lo spazio. Tanti “pro” e tanti “contro”. Ma ho ricordato che per discuterne in modo assennato bisogna partire da un dato: un anno di guera in Irak (o simile) costa all’incirca quanto tutti i progetti per raggiungere Marte. Dunque, se dobbiamo “tagliare le spese” io saprei da dove cominciare…

Ricordate? Andiamo nello spazio per 5 motivi. Per quanto riguarda le ultime tre ragioni (conquista, migrare e risorse finite sulla Terra) qui vicino – cioè nel sistema solare – non c’è trippa per gatti, insomma sappiamo giù che non troveremo quel che vorremmo. Bisogna andare molto più lontano. Si può? Quanto tempo ci vuole? Con gli attuali mezzi (cioè alla massima velocità possibile oggi) per arrivare in una zona “interessante” occorrono centinaia di anni. In questa prospettiva vediamo alcuni scenari della fantascienza che però anche gli scienziati considerano, almeno in parte, interessanti.

1 – il viaggio non è lungo se ci muoviamo alla velocità della luce o anche più in fretta

2 – l’equipaggio dorme (ibernazione) a lungo

3 – un’astronave-mondo (“generazionale”) viaggia per secoli: è così grande che rende possibile a varie studiare, lavorare, giocare… in attesa della meta.

In ogni caso, quando si arriva, troveremo un pianeta identico alla Terra? Altamente improbabile dicono gli scienziati. Immaginiamo allora che la Terra sia tale per 1000 caratteristiche. Noi terrestri possiamo vivere “tranquilli” su un pianeta 714 (cioè con solo 714 di quelle caratteristiche) o su un 904 rispetto a Terra-1000? No, la maggior parte degli scienziati pensa che ci occorra un pianeta 999 o 998, quasi identico al nostro. In caso contrario:

A – ci toccherà adattarci, magari modificando – se sarà possibile – i nostri corpi con l’ingegneria genetica;

B – possiamo vivere sotto cupole (complicato, costoso e noioso);

C – si può tentare di “terra-formare” quel mondo ovvero adattarlo a noi: un’opera gigantesca e ovviamente mai tentata sinora.

Può anche darsi che prima di decidere se quel pianeta ci piace e/o vedere come modificarlo, arrivati in zona troviamo su una simbolica porta il cartello: “fuori da qui, terrestri di merda”. Che si fa? Oppure che troviamo sull’uscio un cartello del tutto incomprensibile; non abbiamo la lapide di Rosetta…e i traduttori automatici fanno schifo persino dall’inglese. E allora? Ci sarà scritto “benvenuti” oppure “go home”?

HO DEDICATO LA SERATA A MARGHERITA HACK, leggendo anche alcune pagine del libro (che ha scritto nel 2010 con Viviano Domenici) «Notte di stelle» ovvero «Le costellazioni fra scienza e mito: le più belle storie scritte nel cielo».

Gran persona Margherita Hack, sempre disponibile oltretutto. Qui in “bottega” potete leggere – Il Big Bang e Margherita Hack – come ha risposto a Sergio Mambrini che, a cena, le chiedeva se l’espansione dell’universo si spiegasse soltanto con il Big Bang…

Se ragioniamo di alieni, di Et, bisogna spendere qualche parola su Carl Sagan, un grande scienziato (e comunicatore).

Sagan entra nell’immaginario collettivo per incoraggiare la scienza all’incontro (che non è certo… ma possibile sì) con entità extraterrestri.
Non facile. Però la possibilità di sfruttare il setacciamento cosmico effettuato dai radiotelescopi terrestri rende già fattibile indagare possibili segnali alieni; 60-70 anni fa sembrava una stranezza, oggi – grazie soprattutto a Sagan – è una pratica normale. Come sintetizza Andrea Mameli, almeno tre perle dobbiamo conoscere della voluminosa eredità scientifica e divulgativa di Sagan: il romanzo «
Contact» (da cui è tratto il film omonimo di Robert Zemeckis del 1997); il progetto di ricerca SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence) e le famose placche poste all’interno delle sonde Pioneer (la più famosa è in apertura di questo post). Ma il testamento di Carl Sagan è anche nella foto scattata nel 1990 dalla sonda «Voyager 1» in cui si vede il pianeta Terra dalla distanza di 6 miliardi di chilometri: «Pale Blue Dot»: la Terra vista dallo spazio profondo e il sogno di Carl Sagan.

Ma dal 1974 Seti ha ricevuto “segnali”? Ovviamente no – lo sapreste, giusto? – ma un dubbio c’è… Ecco come in lo riassumeva Fabrizio Melodia.

E’ la sera del 15 agosto 1977: Jerry A. Ehman sta lavorando a Seti con il radiotelescopio “Big Ear” (Grande Orecchio) dell’università dello Stato di Ohio. Improvvisamente la strumentazione capta un segnale stranissimo, mai registrato prima d’ora, per un lasso di tempo di 72 secondi. La stampa dei dettagli di questo segnale è immediata, Ehman è talmente eccitato dall’evento che sovrappensiero traccia la scritta “WOW” con una penna a sfera di colore rosso al margine del foglio: l’evento è storico, anche se di breve durata. Ehman tenta in tutti i modi di ristabilire il contatto, orientando la gigantesca parabolica del radiotelescopio ma senza successo. Senza entrare in particolari troppo tecnici si può dire che il “messaggio” proveniva dalla costellazione del Sagittario ed era completamente diverso da qualunque segnale fino ad allora percepito.

I tentativi di localizzare nuovamente quel segnale non diedero risultati: Jerry Ehman non ebbe la fortuna dell’astrofisica interpretata da Jodie Foster nel celebre film «Contact» di Carl Sagan. A vuoto anche i tentativi successivi (nel 1987 e nel 1989) per ritrovare “quel mittente”. Ehman tentò anche nel 1995 e nel 1996 utilizzando il Very Large Array, molto più potente del Big Ear, e nel 1999 usando il radiotelescopio da 26 metri dell’University of Tasmania di Hobart: non venne mai rilevato qualcosa di simile al segnale “Wow”.

Si azzardarono diverse ipotesi, una più plausibile dell’altra. Si suppose che la causa del segnale potesse essere dovuta alla scintillazione interstellare di un debole segnale continuo, del tutto simile alla scintillazione atmosferica, anche se non si può ancora escludere la possibilità che il segnale sia artificiale nella sua natura. Ma in seguito un’ulteriore ricerca scientifica stabilì improbabile che si trattasse di un segnale riflesso proveniente dalla Terra. Infatti non era possibile che il segnale fosse su una frequenza di 1420 MHz poiché si tratta di uno “spettro protetto”, ovvero di una larghezza di banda nella quale le trasmittenti terrestri hanno il divieto di trasmettere.

Frank Drake – famoso per la sua “equazione” – per spiegare come mai il segnale non sia più stato rilevato suppose che a inviarlo fosse una civiltà tecnologicamente avanzata che intendeva comunicare con altre civiltà del cosmo: per farlo avrebbe potuto inviare un segnale in tutte le direzioni ma questo avrebbe comportato spendere una gran quantità di energia per creare un segnale relativamente debole e non rilevabile a grandi distanze. Focalizzando la stessa quantità di energia in un fascio più stretto, avrebbero potuto invece illuminare il proprio obiettivo con un segnale molto più intenso e captabile da grandi distanze. Ciò avrebbe fatto sì che gli eventuali ascoltatori ricevessero il segnale solamente per pochi minuti. Un po’ come hanno fatto i terrestri che hanno inviato una sola volta un segnale radio verso lo spazio (fu trasmesso dal radiotelescopio di Arecibo) verso l’Ammasso Globulare di Ercole, che si trova a 25.000 anni luce: conteneva la codifica lineare di un messaggio bidimensionale dove si vedono segnali matematici, un radiotelescopio, un uomo stilizzato e la spirale del Dna. Siamo ancora in attesa di risposta, ovviamente, ma evidentemente non è esattamente come inviare una e-mail o una cartolina da Rimini.

Però se “loro” non ci scrivono o non rispondono… possiamo sempre pensare qualcos’altro oppure andarli a cercare. Dicevano i latini «per aspera ad astra». Buon viaggio.

Per concludere la serata ho letto un testo («Davvero siamo soli?») di Fabio De Sicot rintracciabile qui: Il meglio (forse) del blog – 12

(*) Per questa “scaletta” ho rubacchiato dalla bottega testi miei, di Mauro Antonio Miglieruolo e di altri che citato (Fabio De Sicot, Andrea Mameli, Fabrizio Melodia e Sergio Mambrini).

 

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

4 commenti

  • Daniele, l’intervento è molto bello. Ispira.

    Vi voglio bene. Ecco quindi alcuni commenti severi e una domanda.

    KIS – Keep It Simple. Io sono (stato) un ‘tecnico’ o un ‘esperto’. Mai un esperto di tutto. Mai lo sarò, anche perché si conosce bene ciò che si usa, nella manifattura o nei ragionamenti e nelle discussioni. Quando faccio riferimento a un argomento di cui non sono esperto, da ‘esperto’ in altro indico allora almeno una, ma ancora meglio multiple, fonti (purtroppo: Kuhn, Foucault) ‘istituzionali’ (ripeto, purtroppo: Kuhn, Foucault) ed ‘esperte’ a cui il lettore può fare riferimento, e che io autore valuto molto attendibili. Altrimenti di quel particolare dettaglio non parlo, perché ciò che direi intensificherebbe soltanto il rumore di fondo. Io sono un essere umano, loquace, perché mi piace comunicare per chiarirmi le idee, quindi non sempre riesco a rispettare questa ‘regola aurea’, ma dovrei, e cerco di rispettarla nei momenti di maggiore lucidità.

    Se quindi mi domandi di vagliare tecnicamente tutti i contenuti dell’intervento, non sono in grado, perché non sono un esperto di tutto ! Questo scritto / detto con un abbraccio. E di nuovo grazie per un intervento molto molto bello.

    I pifferai magici. Ovvero: radiazione ! Radiazione ! Radiazione ! Radiazione ! Radiazione ! Radiazione ! Radiazione ! Radiazione ! Radiazione ! Radiazione ! Radiazione ! Radiazione ! Radiazione ! Radiazione ! Radiazione ! Radiazione ! Radiazione ! Radiazione !

    R A D I O A T T I V I T À
    R A D I O A T T I V I T À
    R A D I O A T T I V I T À
    R A D I O A T T I V I T À

    Radiazione.

    Quante volte va ripetuto ?

    A parte le distanze, ed il limite di velocità (la velocità della luce), sempre messo in discussione, perché questa è la migliore (ma: Kuhn, Foucault) ricerca scientifica, ripeto, sempre messo in discussione ma sempre confermato da molte delle migliori esperte appartenenti alla nostra bizzarra tragica meravigliosa romantica specie animale, ripeto, a parte distanze e velocità …

    Nello spazio interstellare, nella Via Lattea (e non stiamo nemmeno a pensare di riuscire a spingerci oltre la Via Lattea), la radiazione cosmica, ovvero … Radiazione !

    Dicevo, la radiazione cosmica è estremamente difficile da schermare. Tutto ciò che può schermarla ha massa e pesa (nei campi gravitazionali, quindi ad esempio sulla Terra), quindi il costo energetico per schermare un ipotetico equipaggio (Chi ? ! ? ! ? ! ? ! ? ! ? ! E selezionato come ? ! ? ! ? ! ? ! ? ! ? ! ? ! ? ! ? ! ? ! ? ! ? ! ) sarebbero molto alti, estremamente alti (secondo me). Vedi anche: http://magnet.ge.infn.it/sr2s-rd.html

    Cito:
    “Space radiation represents a serious health problem for the crews of future, long term missions in deep space. While effective shielding strategies exist for the Solar Particle Events, it is difficult to design an effective shielding for the Galactic Cosmic Rays (CGR), which are the dominant source of the dose for a long duration mission. Different radiation shielding strategies have been devised that may be classified as passive and active shields: the former are based on the ionization losses in materials of sufficiently depth to stop the incident particles, the latter uses electric or magnetic field to deflect the charged particles. Due to their large mass, passive shields for large volume habitable modules are no longer an option and the attention is focused on the more complex, technologically challenging active systems. Among the possible solutions, the more promising is based on huge superconducting coils a bending power sufficient to deflect out of the cockpit charged particles with kinetic energy in the order of 1 GeV.” (http://magnet.ge.infn.it/sr2s-rd.html)

    Quindi, quando parliamo di viaggi, non dico interstellari, ma semplicemente interplanetari nel Sistema Solare (e quindi mi riferisco anche all’idea di Terraformare) …
    Quando lo facciamo, secondo me siamo dei Pifferai Magici.

    È la Terra che va salvata e protetta.

    Quanto agli scenari di lungo termine, Kurt Vonnegut ne ha malinconicamente descritto uno credibile (secondo me) in Galapágos. In qualche modo, la selezione naturale di Darwin si prenderà cura dei nostri eccessi. Non dico altro, invito soltanto a leggere il libro. Molto triste e malinconico. Molto umano. Kurt Vonnegut: Galapágos.

    Sappiamo tutt* di cosa gli uomini sono capaci. Ma una pietra non ha mai scelto di scrivere e scritto la Nona Sinfonia di Beethoven, né ha mai scelto di dipingere e dipinto un quadro di Caravaggio, né ha mai scelto di indagare e poi formulato il Teorema di Amalie Emmy Noether. Kurt Vonnegut: Galapágos.

    Kurt Vonnegut: Galapágos.

    E infine la domanda, direi una domanda ispirata da Theodore Sturgeon – Kilgore Trout – Dibbì.

    Sulla placca inviata in orbita con la sonda Pioneer … Perché l’uomo saluta e la donna no ?
    Ma perché, intendiamo comunicare e trasmettere le nostre discriminazioni e il nostro razzismo terrestre anche altrove ?

    Molti abbracci.

    Ago

    • Daniele Barbieri

      grazie-grazzissime Ago
      viva Vonnegut.
      Anche la mia ignoranza (radiazione di fondo? ne so poco ma conosco un poco Radiazione di Padova) è grande.
      Salvare la Terra? E’ ancora possibile ma durissima. Qui in blog-bottega si poteva leggere che quest’anno l’Earth Overshoot Day (giorno del sovrasfruttamento la TERRA IN ROSSO) è ancora prima del solito, cioè il 13 agosto. Non mi pare che molte/i si preoccupano…forse neppure lo sanno o vogliono saperlo?). Vedremo se a dicembre l’appuntamento di Parigi uscirà qualcosa.
      Sul fatto che nelle placche l’uomo saluti e la donna osservi non ho risposte meditate nè “spiritose”; a pensarci era meglio se tutt’e due salutavano.
      db

  • P. s.: il mio commento è un po’ barocco, ma sono l’animale che sono 😉
    Viva la Terra ! (Speriamo)

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